del dr. Jon Kabat Zinn
I sette pilastri
Per coltivare la consapevolezza e utilizzarla per guarire non basta seguire
meccanicamente delle istruzioni. Nessun processo di apprendimento autentico
funziona così. L’apprendimento e la trasformazione sono possibili solo in
uno stato di apertura e ricettività. Nella pratica della consapevolezza
dovrai portare tutta te stessa. Non basta assumere una posizione meditativa
e aspettare che succeda qualcosa.
L’atteggiamento con cui ti accosti alla pratica è di cruciale importanza: è
il terreno in cui potrai coltivare la tua capacità di calmare la mente e
rilassare il corpo, di concentrarti e vedere con chiarezza dentro di te. Se
il terreno del tuo atteggiamento è povero, cioè se il tuo impegno e
l’energia che porti alla pratica della consapevolezza sono scarsi, ti sarà
difficile coltivare calma e rilassamento con una certa continuità. Se il
terreno è inquinato, cioè se cerchi di importi il rilassamento e sei
ansiosa di ottenere dei risultati, non crescerà nulla e presto ti
convincerai che per te la meditazione non funziona’.
Coltivare la consapevolezza meditativa è un processo di apprendimento del
tutto nuovo. La nostra mente è così abituata a pensare di sapere quali sono
i nostri bisogni e i risultati a cui dobbiamo arrivare, che è facile cadere
nella trappola di cercare di controllare il processo e dirigerlo a modo
nostro. Ma questo atteggiamento è esattamente l’opposto di quello che
facilita il lavoro della consapevolezza e della guarigione
La pratica della consapevolezza richiede solo che facciamo attenzione e
guardiamo le cose così come sono. Non occorre che cambiamo nulla. E la
guarigione richiede un atteggiamento di ricettività e accettazione,
richiede una sensibilità alle connessioni e alla totalità. Nessuna di
queste cose può essere forzata, proprio come non puoi costringerti ad
addormentarti. Puoi creare le condizioni adatte per il sonno e poi
lasciarti andare. Lo stesso vale per il rilassamento: non lo si ottiene con
la forza di volontà. Lo sforzo di rilassarsi produce solo tensione e
frustrazione. Se ti accosti alla pratica della meditazione avendo già
deciso fra te e te che non funziona, è difficile che possa esserti utile.
Non appena proverai qualche dolore o senso di disagio, ti dirai: «Ecco, lo
sapevo che i miei dolori non se ne sarebbero andati», oppure: -Lo sapevo
che non sarei riuscita a concentrarmi. Troverai confermato il tuo
pronostico negativo e abbandonerai la pratica.
Se ti accosti alla pratica della meditazione nell’atteggiamento del vero
credente’, sicura che questo è il cammino che fa per te, che la meditazione
è ‘la risposta giusta’, è probabile che presto ti ritroverai delusa. Appena
ti accorgerai di essere ancora la stessa di sempre e che il lavoro della
consapevolezza richiede energia e dedizione, non solo romantica fede nel
valore della meditazione, il tuo entusiasmo si raffredderà notevolmente.
Secondo la nostra esperienza nella clinica per lo stress, i pazienti che si
accostano alla pratica con un atteggiamento scettico ma aperto sono quelli
che ottengono i risultati migliori. L’atteggiamento di queste persone è
simile a quello di uno scienziato che intraprende un esperimento: -Non so
se questo lavoro funzionerà o meno, ho i miei dubbi, ma sono disposto a
sperimentare, a metterci tutta la mia energia e a vedere che cosa succede-.
Perciò l’atteggiamento con cui pratichiamo determina in larga misura i
benefìci a lungo termine della pratica.
Per questa ragione, coltivare deliberatamente certi atteggiamenti aiuta a
ottenere il massimo dal processo della meditazione. Le intenzioni creano le
premesse per ciò che può accadere. Mantenere vivi certi atteggiamenti verso
la pratica è in effetti parte integrante dell’addestramento alla
consapevolezza; è un modo per canalizzare la nostra energia con la massima
efficacia, ai fini della crescita e della guarigione.
Nella pratica, così come la insegnamo nella clinica per lo stress, sette
aspetti dell’atteggiamento con cui ci accostiamo alla meditazione sono i
pilastri fondamentali del lavoro. Essi sono: non giudizio, pazienza, mente
del principiante’, fiducia, non cercare risultati, accettazione e ‘lasciare
andare’. Questi atteggiamenti vanno coltivati deliberatamente nella
pratica. Essi non sono indipendenti: ciascuno di essi è legato a tutti gli
altri. Quando sviluppi un particolare aspetto, questo accelera la crescita
di tutti gli altri. Poiché sono i fondamenti di una solida pratica di
meditazione, li descriverò in questo capitolo, prima di parlare delle
tecniche specifiche, così che tu possa familiarizzarti con essi fin
dall’inizio Una volta avviata la pratica, può valere la pena che tu rilegga
di quando in quando questo capitolo per ricordarti di continuare a nutrire
il terreno del tuo atteggiamento, affinché la tua pratica della
consapevolezza possa crescere rigogliosa e fiorire.
Non giudizio
Coltiviamo la consapevolezza assumendo l’atteggiamento di testimoni
imparziali nei confronti della nostra esperienza. Questo richiede che tu ti
renda conto del costante flusso di giudizi e di reazioni alle esperienze
interne ed esterne in cui sei coinvolta, e che impari a distaccartene.
Quando cominciamo a fare attenzione all’attività della nostra mente, spesso
ci stupiamo di scoprire che giudichiamo costantemente il contenuto della
nostra esperienza Quasi tutto ciò che vediamo o con cui entriamo in
contatto viene etichettato dalla mente come ‘buono’ o cattivo’. Reagiamo ad
ogni esperienza in termini di quello che riteniamo essere il suo valore per
noi. Alcune cose, persone ed eventi sono classificati buoni’ perché, per
una ragione o per l’altra, ci fanno sentire bene. Altri vengono altrettanto
immediatamente classificati ‘cattivi’ perché ci fanno sentire male. Il
resto viene classificato come ‘neutro’ perché ci sembra che non abbia una
particolare importanza per noi. Le cose, persone ed eventi che
che appartengono a quest’ultima categoria li escludiamo quasi dal campo
della nostra attenzione: di solito sono quelli che troviamo più noioso
osservare. L’abitudine di classificare il contenuto della nostra esperienza
in base a giudizi, innesca un insieme di reazioni meccaniche di cui non ci
rendiamo conto e che spesso non hanno alcun fondamento obbiettivo. La
costante attività giudicante della mente ci rende difficile trovare uno
stato di pace interiore: la mente si comporta come uno yoyo, che tutto il
giorno va su e giù lungo la corda dei nostri giudizi positivi e negativi
Se vuoi verificare per te stessa questa descrizione, prova a fare
attenzione a quante volte nel corso di dieci minuti, mentre sei occupata in
una delle tue normali attività quotidiane, sorge in te un giudizio del tipo
mi piace’ o ‘non mi piace’. Per arrivare a una gestione più efficace dello
stress, il primo passo è renderci conto di questa attività di giudizio
automatica della nostra mente, aprendo la possibilità di liberarci dalla
tirannia dei giudizi.
Durante la pratica della consapevolezza, è importante riconoscere questa
attività giudicante della mente ogniqualvolta si presenta e assumere
l’atteggiamento di un testimone imparziale, osservandola semplicemente.
Quando un giudizio si presenta, non occorre che lo reprimi. Basta che tu te
ne renda conto. Non si tratta di giudicare il giudizio come sbagliato,
complicando ulteriormente le cose. Per esempio, supponiamo che tu stia
praticando l’osservazione del respiro, come nell’esperimento del capitolo
scorso e come faremo spesso in seguito. A un certo punto può darsi che la
tua mente dica qualcosa come -Che noia-. O: Questo non funziona-. O: -Non
ci riesco-. Questi sono giudizi. Quando si presentano, è importante che tu
li riconosca come tali e che ricordi che la pratica comporta una
sospensione dei giudizi e la semplice osservazione di qualsiasi cosa si
presenti, compresi i tuoi pensieri giudicanti, senza lasciarti coinvolgere
e senza agire su di essi in alcun modo. Poi ritorni all’osservazione del
respiro.
Pazienza
La pazienza è una forma di saggezza. Essa nasce dalla comprensione e
accettazione del fatto che le cose hanno un loro naturale tempo di
maturazione. Un bambino può provare ad aiutare una farfalla a uscire dalla
crisalide aprendo il guscio: ma questo ‘aiuto’ non è particolarmente
benefico per la farfalla. Un adulto sa che la farfalla può uscire dalla
crisalide solo al momento giusto e che il processo non può essere
accelerato artificialmente.
In questo spirito, durante la pratica della consapevolezza, coltiviamo la
pazienza nei confronti del nostro corpo e della nostra mente. Ci ricordiamo
deliberatamente che non c’è ragione di irritarci con noi stessi perché la
nostra mente è costantemente occupata a giudicare o perché ci sentiamo
tesi, agitati o spaventati o perché pratichiamo già da un po’ di tempo
senza aver ottenuto risultati. Invece, ci lasciamo lo spazio per vivere
queste esperienze. Perché? Perché sono comunque la nostra esperienza del
momento! Sono la nostra realtà, la nostra vita così come si sta
manifestando in questo momento. Perciò le trattiamo con lo stesso rispetto
che avremmo per la farfalla racchiusa nella crisalide. Perché cercare di
scavalcare certi momenti per arrivare ad altri ‘migliori? Dopo tutto,
ciascun momento è la nostra vita così com’è in quel momento.
Praticando la meditazione, inevitabilmente scopriamo che la mente ha una
spiccata tendenza a far di testa sua’. Come abbiamo già visto nel capitolo
scorso, una delle sue attività favorite è quella di vagare nel passato e
nel futuro e perdersi nei pensieri. Alcuni pensieri sono piacevoli, altri
sono carichi di ansia e , di dolore. Ma sia in un caso sia nell’altro il
pensiero esercita una tremenda attrazione sulla nostra attenzione. Durante
gran parte della nostra pratica, i pensieri sopraffanno la percezione del
momento presente. La pazienza è particolarmente preziosa quando la mente è
agitata. Ci aiuta, nello stesso tempo, ad accettare questa tendenza della
mente al vagabondaggio e a ricordarci di non lasciarci coinvolgere nei suoi
viaggi.
Pazienza significa anche sapere che non occorre riempire tutti i momenti
della nostra vita di attività e di pensieri, per arricchirli. Anzi, proprio
il contrario è vero. Pazienza è essere semplicemente aperti a ogni momento
e accettarlo nella sua pienezza così com’è, sapendo che, come la farfalla
nella crisalide, le cose maturano quando è il loro tempo.
Mente del principiante
La ricchezza dell’esperienza del momento presente è la ricchezza della vita
stessa. Troppo spesso lasciamo che i nostri pensieri e le nostre presuma
conoscenze ci impediscano di vedere le cose così come sono. Tendiamo a dare
per scontato il quotidiano e perdiamo di vista la straordinarietà
dell’ordinario’ Per cogliere la ricchezza del momento presente, dobbiamo
coltivare quella che è detta, nello Zen, mente del principiante’: una mente
che è disposta a guardare ogni cosa come se la vedesse per la prima volta.
Questo atteggiamento è particolarmente importante nel praticare le tecniche
di meditazione descritte nei prossimi capitoli. Qualsiasi sia la tecnica
praticata, è importante che ci accostiamo ad essa con la ‘mente del
principiante’, lasciando cadere ogni aspettativa basata su esperienze
precedenti. L’apertura della ‘mente del principiante’ ci permette di
restare ricettivi a nuove possibilità e di evitare di cadere
nell’atteggiamento di routine dell’esperto’, che spesso crede di sapere più
di quanto non sappia in effetti. Nessun momento è uguale a un altro:
ciascun momento è unico e contiene possibilità uniche. La mente del
principiante’ ci ricorda questa semplice verità.
Un esperimento interessante è coltivare la ‘mente del principiante’ nella
vita di tutti i giorni. Quando incontri una persona che ti è familiare,
prova a chiederti se la vedi con occhi limpidi, così com’è, o se la vedi
attraverso il filtro dei tuoi pensieri e delle tue opinioni su di lei. Puoi
fare questo esperimento con i tuoi figli, con tua moglie o tuo marito, con
i tuoi amici e colleghi, perfino con i tuoi animali domestici, se ne hai.
Puoi farlo con i problemi che ti si presentano quotidianamente. Puoi farlo
quando sei in mezzo alla natura: riesci a vedere il cielo, le stelle, gli
alberi, l’acqua, le pietre così come sono in questo momento, con mente
limpida e sgombra? Oppure li vedi attraverso il velo dei tuoi pensieri?
Fiducia
Sviluppare una fiducia di fondo nella tua esperienza e nelle tue
sensazioni, è parte integrante dell’addestramento alla meditazione. È
meglio fidarti della tua intuizione e della tua propria autorità, anche se
puoi fare degli sbagli’, piuttosto che cercare sempre una guida fuori di
te. Se in un certo momento una certa cosa non la senti giusta, perché non
rispettare la tua sensazione? Perché scartare o sottovalutare quello che
senti solo perché una certa autorità o un certo gruppo di persone la pensa
diversamente?
Questa fiducia in te stessa e nella tua fondamentale saggezza è molto
importante in tutti gli aspetti della pratica della meditazione. Essa ti
sarà particolarmente utile nella pratica dello yoga: facendo i vari
esercizi, è importante che rispetti i messaggi del tuo corpo quando ti dice
di fermarti o di alleggerire una certa posizione, altrimenti potresti farti
male.
Alcuni, quando si addentrano nella pratica della meditazione, si fanno
talmente influenzare dalla reputazione e autorità dei loro insegnanti da
non rispettare più le proprie sensazioni e intuizioni. Vedono
nell’insegnante una persona molto più ‘avanzata’ e saggia e ritengono di
doverlo imitare in tutto, obbedire e venerare come un modello perfetto.
Questo atteggiamento è del tutto contrario allo spirito della meditazione,
che sottolinea il fatto di essere te stessa e di trovare in te la tua
guida. Chiunque imiti un’altra persona, per quanto autorevole e saggia, va
nella direzione sbagliata.
È impossibile diventare uguale a qualcun altro: la sola cosa a cui puoi
aspirare è diventare più pienamente te stessa. È questa, anzi, la
motivazione fondamentale per intraprendere il cammino della meditazione.
Gli insegnanti e i libri possono solo indicare la direzione. È importante
essere aperta e ricettiva a quello che puoi imparare dagli altri, ma in
ultima analisi solo tu puoi vivere la tua vita, ciascun momento di essa.
Praticando la consapevolezza, pratichi anche un’assunzione di
responsabilità, la responsabilità di essere te stessa e di imparare ad
ascoltarti e ad avere fiducia nel tuo essere. Più coltivi questa fiducia
nel tuo proprio essere, più troverai facile aver fiducia anche negli altri
e contattare la loro bontà di fondo.
Non cercare risultati
Quasi tutto quello che facciamo lo facciamo per ottenere un certo
risultato. Ma nella meditazione questo atteggiamento può essere un
ostacolo. In questo la meditazione è diversa da ogni altra attività:
perché, malgrado richieda un lavoro e una concentrazione di energia
particolari, in ultima analisi la meditazione è non fare. Non ha altro
scopo che quello di permetterti di essere te stessa. L’ironia è che lo sei
già! Sembra un paradosso e una follia: ma questo paradosso può indicarti un
nuovo modo di rapportarti a te stessa, un modo in cui il cercare di
arrivare da qualche parte lascia sempre più il posto al semplice essere.
Questo è coltivare l’atteggiamento di ‘non cercare risultati’.
Per esempio, ti siedi a meditare e pensi: -Adesso mi rilasso-. Oppure: -Non
sentirò più il mio dolore. O: “Diventerò una persona migliore. O:
-Raggiungerò l’illuminazione. Così facendo, hai già programmato un’idea di
come dovresti essere. Ad essa si accompagna inevitabilmente l’idea che non
vai bene così come sei. Il presupposto sottostante è: -Se fossi più
rilassata, o più intelligente, o più impegnata, o più questo, o più quello,
se il mio cuore fosse più sano, se il ginocchio non mi facesse male, allora
sarei ok. Così come sono ora, non vado bene -Questo atteggiamento è un
ostacolo allo sviluppo della consapevolezza, che richiede semplicemente di
fare attenzione a qualsiasi cosa stia succedendo al momento. Se sei tesa,
fai attenzione alla tensione. Se provi dolore, stai con il dolore meglio
che puoi. Se ti stai criticando, osserva l’attività della mente giudicante.
Osserva semplicemente. Ricorda: ci limitiamo a permettere qualunque cosa
viviamo di momento in momento, semplicemente perché è ciò che è, è la
nostra vita in quel momento.
I pazienti che arrivano alla clinica per lo stress, vengono in genere su
indicazione dei loro medici curanti per qualche problema specifico. Quando
si presentano, chiediamo di mettere a fuoco tre obiettivi, che desiderano
raggiungere. Ma poi, spesso con loro grande sorpresa, suggeriamo loro di
non cercare di fare progressi verso il raggiungimento di quegli obbiettivi
nel corso delle otto settimane. Se un obbiettivo è quello di ridurre il
dolore o l’ipertensione o l’ansia, raccomandiamo loro di non cercare di
alleviare il dolore, di abbassare la pressione o di liberarsi dall’ansia,
bensì soltanto di restare nel presente e di seguire attentamente le
istruzioni per la meditazione.
Come vedremo più oltre, nella meditazione la via migliore per ottenere
risultati è quella di non cercare di ottenere risultati, e di concentrare
invece l’attenzione sul vedere e accettare le cose così come sono, momento
per momento. Con pazienza e con una pratica regolare, il movimento verso i
risultati avverrà da sé. Esso sarà uno sviluppo spontaneo: tu ti limiti a
fargli spazio e a invitarlo dentro di te.
Accettazione
Accettazione significa vedere le cose così come sono nel momento presente.
Se hai mal di testa, accetta che hai mal di testa. Se pesi qualche chilo in
più di quanto vorresti, accettalo come una descrizione dello stato attuale
del tuo corpo. Prima o poi è inevitabile accettare che le cose sono così
come sono, anche quando si tratta di una diagnosi di cancro o della morte
di una persona amata.
Spesso arriviamo all’accettazione solo dopo aver attraversato periodi
emotiva mente difficili di rimozione e di rabbia. Questi passaggi sono fasi
naturali del cammino verso l’accettazione e fanno parte del processo di
guarigione. Ma, lasciando da parte per ora le grandi calamità della vita,
le ferite la cui guarigione richiede di solito parecchio tempo, nella vita
di ogni giorno spesso sprechiamo una gran quantità di energia nel resistere
a ciò che già di fatto è così com’è. Cercando di forzare le situazioni a
essere come vorremmo che fossero creiamo solo ulteriori tensioni che
ostacolano la guarigione, la crescita e il cambiamento positivo.
Per esempio, se ti senti grassa e il tuo corpo non ti piace e sei disposta
ad apprezzarlo solo il giorno in cui avrà il peso che vuoi tu, questo
atteggiamento non ti aiuta, genera un circolo vizioso. Non amando il tuo
corpo, sei meno sensibile alle sue esigenze e meno capace, per esempio, di
fornirgli l’alimentazione di cui ha bisogno. Se vuoi uscire da questa
situazione frustrante, sarà bene che tu prenda in considerazione la
possibilità di amarti così come sei ora, perché ora è il solo momento in
cui puoi amarti. Ricorda, ora è il solo momento che hai a disposizione per
qualsiasi cosa! Ogni cambiamento passa in primo luogo attraverso
l’accettazione di te stessa così come sei.
Quando assumi questo atteggiamento, dimagrire diviene meno importante e
diviene anche molto più facile. Coltivando l’accettazione crei le
condizioni preliminari per la trasformazione.
Accettazione non significa che deve piacerti tutto di te o che devi
assumere un atteggiamento passivo e rinunciare ai tuoi principi e ai tuoi
valori. Non significa che devi essere soddisfatta delle cose così come sono
o rassegnata. Non significa che non devi cercare di liberarti delle tue
abitudini autodistruttive o che devi tollerare l’ingiustizia, per esempio,
e rinunciare a ogni impegno per cambiare il mondo. L’accettazione di cui
parlo è semplicemente una disponibilità a vedere le cose così come sono. È
l’atteggiamento che pone i presupposti per una azione appropriata nella tua
vita, di qualsiasi cosa si tratti. È molto più facile agire con convinzione
e con efficacia quando abbiamo una chiara immagine di come stanno le cose,
che quando la nostra visione è velata da giudizi e desideri. Nella pratica
della meditazione, coltiviamo l’accettazione prendendo ogni momento così
come viene e vivendolo nella sua pienezza. Non cerchiamo di sovrapporre
all’esperienza le nostre idee su cosa dovremmo sentire, pensare o vedere,
bensì restiamo ricettivi a ciò che sentiamo, pensiamo e vediamo in questo
momento. Di una cosa possiamo essere certi: che ciò che è oggetto della 1
nostra attenzione in questo momento cambierà, offrendoci l’occasione di
coltivare l’accettazione di ciò che si presenterà nel momento successivo.
Lasciare andare
Si dice che in India vi sia un sistema particolarmente astuto per catturare
le scimmie. Il cacciatore fa un buco in un guscio di noce di cocco,
abbastanza grande da lasciare appena passare la mano della scimmia. Poi fa
due buchi più piccoli, vi fa passare una corda e fìssa la noce di cocco
alla base di una palma. Dentro alla noce di cocco mette una banana. La
scimmia scende dall’albero, infila la mano nel guscio e afferra la banana.
La forma del buco è tale che la mano aperta della scimmia ci passa, ma il
pugno chiuso no. Alla scimmia, per liberarsi, basterebbe lasciare andare la
banana. Ma, se dobbiamo credere al racconto, sembra che la maggior parte
delle scimmie non sia disposta a farlo.
Spesso la nostra mente resta intrappolata proprio come quelle scimmie,
malgrado tutta la nostra intelligenza Perciò coltivare il non attaccamento,
la capacità di lasciare andare, è fondamentale per la pratica della
consapevolezza. Quando cominciamo a fare attenzione alla nostra esperienza
interna, ben presto scopriamo che ci sono pensieri, sentimenti e situazioni
che la mente vuole trattenere. Se sono piacevoli, cerchiamo di prolungare
questi pensieri, sentimenti e situazioni o di rievocarli continuamente.
Analogamente, ci sono pensieri, sentimenti e esperienze che cerchiamo di
evitare, da cui vogliamo proteggerci perché sono Spiacevoli, dolorosi o
spaventosi. Nella pratica della meditazione, mettiamo deliberatamente da
parte la tendenza della mente ad attaccarsi a certi aspetti della nostra
esperienza e a respingerne altri. Lasciamo invece che l’esperienza sia
quello che è e la osserviamo istante per istante. Il non attaccamento, il
lasciare andare, è una forma di accettazione delle cose così come sono.
Quando notiamo che la mente tende ad attaccarsi a qualcosa o a respingere
qualcosa, possiamo ricordarci di lasciare andare quegli impulsi, di
proposito, per vedere che cosa succede. Quando ci ritroviamo a giudicare la
nostra esperienza, possiamo lascia e andare quei giudizi. Ci limitiamo a
registrarli, senza dare loro ulteriore energia. Accettandoli come
esperienza del momento, li lasciamo andare. Similmente, quando si
presentano pensieri legati al passato o al futuro, li osserviamo e li
lasciamo andare.
Se una cosa ha una presa tanto forte sulla nostra mente che ci è diffìcile
lasciarla andare, possiamo dirigere l’attenzione sulla sensazione del
trattenere. Trattenere è l’opposto di lasciare andare. Così facendo,
possiamo imparare molte cose sui nostri attaccamenti e sul loro effetto
nella nostra vita, e anche sull’effetto dei momenti in cui finalmente
lasciamo andare La disponibilità a esaminare attentamente i nostri
attaccamenti, in ultima analisi, ci aiuta a scoprire molte cose anche
dell’esperienza opposta. Perciò, sia che ‘riusciamo’ a lasciare andare o
meno, la pratica della consapevolezza continua a insegnarci qualcosa, se
siamo disposti a osservare.
L’esperienza di lasciarsi andare non è un’esperienza strana e sconosciuta:
la incontriamo ogni sera quando ci addormentiamo. Ci sdraiamo su una
superficie morbida, in un luogo tranquillo, spegniamo la luce e lasciamo
andare la nostra mente e il nostro corpo. Se non riusciamo a lasciarci
andare, non riusciamo ad addormentarci. Quasi tutti abbiamo vissuto momenti
in cui la mente non voleva acquietarsi quando andavamo a letto. È questo
uno dei primi segni di un livello di stress elevato. Magari non riuscivamo
a liberarci di certi pensieri che ci coinvolgevano troppo. In quei momenti
se cerchiamo di costringerci a dormire è peggio Perciò, se la sera riesci
ad addormentarti, sei già un’esperta nel lasciarti andare! Ora basta che
impari ad applicare questa capacità anche alle situazioni della vita desta.
Impegno e autodisciplina
Coltivare il non giudizio, la pazienza, la fiducia, la mente del
principiante’, il non cercare risultati, l’accettazione e il ‘lasciare
andare’ ti aiuterà molto a mantenere e ad approfondire la pratica delle
tecniche di meditazione che incontrerai nei prossimi capitoli.
Oltre a questi atteggiamenti, ti occorrerà anche un particolare tipo di
energia e di motivazione. La consapevolezza non cresce semplicemente perché
hai deciso che è una buona idea essere più consapevole. Per sviluppare una
solida pratica di meditazione, ti occorre anche un forte impegno a lavorare
su di te e abbastanza autodisciplina da perseverare nella pratica quando
incontri delle difficoltà.
Nella clinica per lo stress la regola base è che tutti praticano: nessuno è
semplicemente spettatore. La presenza di parenti o amici è accettata solo
se si impegnano a praticare esattamente come i pazienti, quarantacinque
minuti al giorno, sei giorni alla settimana. Medici, studenti di medicina,
infermieri e terapisti di varie discipline che fanno internato nella
clinica, devono tutti impegnarsi a praticare lo stesso programma di
meditazione dei pazienti. Senza questa esperienza personale, non sarebbero
in grado di capire il percorso dei pazienti e il tipo di sforzo che occorre
per lavorare sulle energie della propria mente e del proprio corpo.
L’impegno che richiediamo ai partecipanti durante le otto settimane del
corso è simile a quello di un allenamento atletico. Un atleta che si allena
per una certa gara non si esercita soltanto quando ne ha voglia, per
esempio quando è bel tempo o ci sono dei compagni che si allenano con lui o
quando ha tempo. Si esercita regolarmente, ogni giorno, con il bello o con
il brutto tempo, quando è di buon umore e quando non lo è.
Ai nostri pazienti suggeriamo lo stesso atteggiamento. Fin dall’inizio
diciamo loro: -Non occorre che ti piaccia; basta che lo fai. Alla fine
delle otto settimane ci dirai se ti è servito oppure no; per ora, quello
che ti chiediamo è di mantenere la continuità della pratica.
Per molti di loro l’impegno di un allenamento intensivo è in se stesso
un’esperienza nuova, e ancora più nuova è l’esperienza di un lavoro
sistematico nella sfera dell’essere. La disciplina della pratica richiede,
in una certa misura, una riorganizzazione della vita, per creare un
intervallo di tempo indisturbato di quarantacinque minuti il giorno per la
meditazione. Questo intervallo di tempo non si materializza per magia nella
vita di nessuno: esso richiede che tu ridistribuisca la tua giornata e le
tue priorità in modo tale da liberare il tempo per la pratica. Questo è uno
dei versi per cui, partecipare al programma per la riduzione dello stress,
può comportare un ulteriore stress a breve termine.
Tutti noi insegnanti della clinica consideriamo la meditazione parte
integrante della nostra vita e della nostra crescita personale. Perciò non
chiediamo ai nostri pazienti un impegno che non sia anche il nostro.
Sappiamo quel che chiediamo perché lo facciamo anche noi: conosciamo lo
sforzo che occorre per fare spazio nella propria giornata alla pratica
della meditazione, e conosciamo anche il valore di vivere in questo modo.
Tutti coloro che desiderano entrare a far parte del personale della
clinica, devono avere alle spalle anni di addestramento alla meditazione e
portare avanti una solida pratica quotidiana di meditazione.
I pazienti sentono, perciò, che il programma che viene loro proposto non è
un palliativo, bensì un addestramento avanzato’ alla mobilitazione delle
risorse inteme, per guarire e per affrontare le difficoltà della vita. Il
nostro impegno personale comunica la nostra convinzione che il viaggio che
invitiamo i nostri pazienti a intraprendere è l’avventura di una vita
intera, un’avventura degna di essere vissuta e un’avventura in cui ci
troviamo insieme. Il senso di essere impegnati in un’impresa comune
facilita la perseveranza nella disciplina della pratica quotidiana.
Per attingere alle risorse che la meditazione può mobilitare in te, ti
suggeriamo di scegliere un particolare intervallo di tempo da dedicare alla
pratica, ogni giorno, o almeno sei giorni alla settimana, per almeno otto
settimane. Già il solo fatto di dedicare a te stessa questo lasso di tempo
ogni giorno sarà un cambiamento positivo nel tuo stile di vita. Le nostre
vite sono tanto complicate e la nostra mente è tanto occupata e irrequieta
che, specialmente all’inizio, è necessario sostenere e proteggere la
pratica della meditazione riservandole un tempo e, quando è possibile,
anche un luogo speciale, un luogo in cui ti senti particolarmente a tuo
agio.
Questo tempo e questo spazio devono essere protetti dalle interruzioni, in
modo tale che tu possa permetterti di essere semplicemente, senza doverti
preoccupare di nulla. Non sempre questo è possibile; ma, se è possibile, è
di grande aiuto programmare le cose in questo modo. Una misura del tuo
impegno è il fatto di essere disposta a staccare il telefono o di lasciare
che qualcun altro prenda messaggi per te. Essere a casa solo per te stessa
è già un grande ‘lasciare andare’ e già di per sé questo può darti un
grande senso di pace.
Una volta preso l’impegno di praticare in questo modo, l’autodisciplina
entra in gioco nel portarlo avanti. Impegnarci per qualcosa che desideriamo
è facile, ma perseverare nel cammino anche quando incontriamo degli
ostacoli e ancora non vediamo i risultati’, questo dà la vera misura del
nostro impegno. È qui che interviene la tua scelta cosciente di praticare
ogni giorno, che tu ne abbia voglia o meno, che sia compatibile con altri
impegni della giornata o meno, con la determinazione di un atleta.
Praticare regolarmente non è così difficile come potrebbe sembrare, una
volta che hai deciso di farlo e hai stabilito un certo tempo da dedicare
alla pratica.
Tutti abbiamo una certa capacità di autodisciplina. Per far da mangiare
ogni giorno ci vuole una certa disciplina. Per alzarsi la mattina e andare
a lavorare ci vuole una certa disciplina. E certamente ci vuole anche per
dedicare tempo a te stessa. Nessuno ti paga; e probabilmente non avrai il
sostegno dei compagni di pratica di cui dispongono i partecipanti ai nostri
programmi. Dovrai trovare da te le tue motivazioni.
Forse la possibilità di reggere meglio alle pressioni della vita o di
essere più sana e più felice o di essere più rilassata e fiduciosa è per te
una motivazione sufficiente. In ultima analisi sei solo tu che puoi
decidere perché ti assumi questo impegno.
Alcuni incontrano una certa resistenza a prendersi tempo solo per se
stessi. L’etica cristiana ci ha condizionato a sentirci in colpa quando
facciamo qualcosa per noi stessi. Alcuni scoprono di avere una vocina
interna che dice loro che questo è egoismo o che non meritano questo tempo
e questa attenzione. Spesso riconoscono in essa messaggi ricevuti
nell’infanzia: -Non essere egoista, pensi solo a te stessa. Occupati
piuttosto dei tuoi fratelli.
Se senti di non meritare di prenderti tempo per te stessa, perché non fare
anche di questo sentimento un tema di osservazione nella tua pratica della
consapevolezza? Da dove proviene? A quali pensieri o giudizi è associato?
Riesci ad accettarli? Sono veri?
Se ritieni che aiutare gli altri sia la cosa più importante, può valer la
pena di considerare che la misura in cui sei in grado di farlo dipende dal
tuo proprio equilibrio. Prendere tempo per ‘accordare il tuo strumento’ non
è quindi una scelta egoistica: è piuttosto una scelta intelligente. Per
fortuna, anche coloro che incontrano questo tipo di resistenza la superano
rapidamente quando si rendono conto degli effetti della pratica della
consapevolezza non solo sulla qualità della loro vita, ma anche su quella
dei loro rapporti con gli altri.
Suggeriamo a ciascuno di trovare il proprio orario migliore per praticare.
Il mio è la mattina presto. Mi piace alzarmi un’ora prima di quanto farei
altrimenti e meditare o fare yoga. Mi piace essere in piedi senza aver
niente da fare salvo vivere nel presente e stare con le cose così come
sono, mentre la mia mente è sveglia e ricettiva. So che non dovrò
rispondere al telefono e che il resto della famiglia dorme, così che non ho
la sensazione di sottrarre del tempo che dedicherei a loro. La meditazione
e lo yoga la mattina presto hanno un’influenza positiva su tutto il resto
della mia giornata. Quando comincio la giornata in uno spazio di quiete e
di attenzione, nutrendo la sfera dell’essere e coltivando la calma e la
concentrazione, sono più consapevole e rilassato per tutto il giorno,
riesco a riconoscere meglio i primi segni di stress e a gestirli più
efficacemente.
Quando dedico tempo al mio corpo e faccio un po’ di esercizio, stirando le
giunture e i muscoli, il mio corpo si sente più vivo ed energico. Giungo
anche a conoscerlo meglio e durante la giornata sono più attento ai punti
di tensione o di dolore, per esempio la parte bassa della schiena o il
collo.
Ad alcuni dei nostri pazienti piace praticare la mattina presto, ad altri
no, oppure non hanno la possibilità di farlo. Lasciamo che ciascuno
sperimenti e scelga per sé il momento più indicato. La sola eccezione è che
all’inizio non è consigliabile praticare la sera tardi, perché è difficile
mantenere desta l’attenzione e la concentrazione quando si è stanchi.
È importante essere ben svegli quando si pratica la consapevolezza. Se mi
sento addormentato la mattina quando mi alzo, mi spruzzo acqua fredda sulla
faccia finché non mi sento perfettamente sveglio. Questo può sembrare un
po’ spartano, ma deriva solo dall’apprezzare l’importanza di essere del
tutto svegli nella pratica. Consapevolezza è essere completamente svegli.
Non si coltiva la consapevolezza rilassandosi fino al punto in cui
sopravviene il sonno. Perciò suggeriamo ai nostri pazienti di fare tutto
quel che occorre per essere completamente svegli quando praticano, anche
una doccia fredda se è necessario.
La potenza della tua meditazione sarà pari alla potenza della tua
determinazione a diradare la nebbia dell’inconsapevolezza. Confusione,
fatica, depressione e ansia sono stati mentali potenti, che possono
sabotare anche le migliori intenzioni di praticare regolarmente. Sono
quelli i momenti in cui la tua determinazione ha il massimo valore e ti
sorregge nella continuità della pratica. Una pratica regolare contribuisce
a darti una certa stabilità e capacità di recupero anche nei momenti di
turbamento emotivo, di confusione e di inerzia. Sono questi alcuni dei
momenti più fruttuosi per praticare: non con l’intenzione di liberarti
della confusione o dei sentimenti spiacevoli, ma con quella di osservarli e
accettarli.
Visione
Nell’attraversare le tempeste che incontrerai durante il viaggio verso la
consapevolezza, un sostegno importante sarà la tua visione personale, la
visione di ciò che desideri per te stessa. Magari è una visione di che cosa
o chi potresti essere una volta liberata dalle risposte meccaniche della
tua mente e dalle limitazioni del tuo corpo. Per alcuni è una visione di
salute raggiante, per altri di rilassamento, di amore, di pace, di armonia
o di saggezza. La tua visione è ciò che è più importante per te, ciò che
ritieni fondamentale per essere il meglio di te stessa, in pace con te
stessa e intera.
Il prezzo dell’interezza non è niente di meno di un impegno totale e di una
salda fiducia nella tua capacità di manifestare quell’impegno in ogni
momento. C.G. Jung ha detto: -Il raggiungimento dell’interezza richiede che
la persona metta in gioco tutto il proprio essere. Niente che sia meno di
questo basta: non esistono scorciatoie, surrogati o compromessi.- Quello
che proponiamo ai nostri pazienti e a noi stessi, in ultima analisi, è
qualcosa di più della disciplina di una pratica quotidiana: perché è solo
quando la meditazione diventa un modo di vita che essa rivela tutta la sua
potenza.
Con queste premesse, che ti possono aiutare ad entrare nell’atteggiamento e
nello spirito più profìcui per la pratica della meditazione, possiamo ora
addentrarci nella pratica stessa.
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