I GRANDI MISTICI E LE GRANDI VIE SPIRITUALI 6
da “Enciclopedia olistica”
di Nitamo Federico Montecucco ed Enrico Cheli
La danza di YU
di Carlo Moiraghi
Intorno alla figura di Yu il grande, mitico imperatore cinese, gravitano molteplicità di leggende.
Meglio, è la figura di Yu che gravita ovunque nella leggenda e si fa viva qua e là, frammentaria e
frequente. Nel mito taoista il nome di Yu ritorna, come una nota, un richiamo alla regola. E’
intreccio di storie diverse. Uomini, dei, geni, animali, astri, catastrofi.
La nascita della società umana. Storie di intimità familiari, salvamenti, sequele dinastiche,
congiure divine. Scontri ed incontri rari e indicibili, casuali ed umani. E’ epopea di uomo che dà
ordine e pace alla terra e diviene sovrano. Dove un mito finisce od inizia, da lì un altro si snoda
verso il passato o il futuro. E le differenze sottolineano la fondamentale unità e verità del
racconto. E’ occasione per noi di esperienze di cosmi, deità, società, individui, convergenti nella
figura di Yu. Susseguirsi di primi piani e ampi lunghi dissolti, evidenze di contraddizioni che
danno forma a sillogismi e complementarietà emozionali. E ovunque viviamo quell’impressione di già
visto, di già vissuto, che è soglia di affiorare di coscienza.
La partecipazione, l’intenzione di noi che ascoltiamo è quella dei nostri ricordi.
L’immediatezza delle immagini è quella dei nostri sogni.
Le immagini scorrono, perimetri diversi di impreviste isole di verità. L’orizzonte della coscienza
delinea cosi varietà di profili, antichi luoghi di consapevolezza solo in metafora espressi.
Il rotondo della volta celeste poggia sulle quattro montagne. Sono le colonne agli angoli del
quadrato di Terra.
Kung-Kung, Genio del Vento, mostro serpente dal volto umano, semina terrore. Il messo imperiale,
armato di luce, lo ferisce a morte. Ma quello si avvinghia in spire alla Montagna di Nord Ovest. E’
colonna del Cielo. La spezza. Il Cielo scricchiola, in parte va in pezzi. Sono cascate di massi e
diluvi. Cede di lato, poi si assesta. Da allora il cielo è così, un poco inclinato sul tavolato
terrestre.
Nuwa, la figlia del Dio delle Acque, cattura la Grande Tartaruga. Le taglia le zampe. Ne fa nuove
colonne del Cielo. Poi ripara la volta azzurra crepata, con pietre dei cinque colori. Ancora oggi di
notte le vediamo risplendere. Le stelle. Riporta ordine in terra. Sposa il fratello Fuhsì. Noi umani
proveniamo da loro.
Kun, trasformato in tartaruga mostro a tre gambe contende all’imperatore il potere. Se vincesse
sarebbe il disordine. Ma è il sovrano che vince nella gara di danza. Kun è esiliato ai confini
dell’impero.
Uno dei figli del Sole, Kun, scatena le Grandi Acque a sconvolgere Cielo e Terra. E Yu è suo figlio.
Figlio di chi ha tentato il diluvio.
Comunque sia, nel diluvio la storia di Yu prende avvio. E’ diluvio durante l’impero di Yao. Ed ecco
Kun. Ancora lui. Ma qui Kun è figura dell’uomo forte, l’eroe, colui che nell’immagine procedente era
il malvagio ed il reo. Il consiglio dei capi gli affida il compito di fare discendere le acque.
Nove anni di sforzi. Kun tenta di opporsi alle acque. Argini e dighe. Fallisce. Condannato. Yao
lascia l’impero a Shun. L’inondazione continua e chiamano Yu, il figlio di Kun, al compito fallito
dal padre. Tredici anni di fatiche indicibili. Scava i letti dei ruscelli, draga i fiumi e li
approfonda fino al mare. Ridisegna canali di scolo, valli, montagne, spartiacque. Li fa conformi
all’Ordine, di cui ha ed è immagine.
Non si oppone ma asseconda l’inondazione. Il suo impegno è premiato. Le acque discendono. E’
imperatore. Dà inizio alla dinastia Hsia.
Yu ha potenti alleati.
Dal Fiume Lo viene la Grande Tartaruga, e porta sul carapace il Lo Shu, Lo Scritto del Fiume.
Immagine dell’ordine celeste.
Dal Fiume Giallo viene il Cavallo Drago e sul manto reca l’Ho Thu. Il Disegno del Fiume. Immagine
dell’ordine terrestre.
Figure e disposizioni di numeri evidenziano rapporti e leggi naturali. I Quadrati Magici, ove numeri
e astri, divinazione matematica geometria logica coincidono. Segni precisi dei codici cosmici. Le
Nove Sale. E’ a questi parametri che Yu impronta il lavoro.
Con questi metri misura le Nove Montagne, i Nove Fiumi, le Nove Paludi e li rende così luoghi
sicuri. Fonde il metallo dono dei Nove Pastori, e forgia i Nove Calderoni, ove incide forme ed
immagini di tutti gli esseri sotto il cielo. Gli emblemi del mondo. Seppellisce i Nove Calderoni
nelle Nove Regioni della Terra, e assicura così ordine e pace all’impero.
In verità è Yu stesso, l’uomo, la voce, la statura, il passo, è lui il metro degli equilibri fra
Cielo e Terra. E gli Dei che lo riconoscono gli forniscono i diagrammi divini. Ma è Yu è l’unità di
misura.
Così la strada, il cammino che Yu segue durante l’impresa, correndo qua e là per tutta la terra a
prestare soccorso, diviene modello dell’ordine di cui è espressione. Le impronte di Yu sono segni
rituali. Non cammino ma danza ed archetipo. La danza di Yu, che ancora oggi vive. Ove il percorso e
l’impronta calca l’ideogramma Wang, il Pontefice, il Re, il mandato divino. E’ questo il ritale
terrestre. E’ la verticale che riunisce i tre segni orizzontali, il Cielo, I’Uomo, la Terra. E’ il
Cielo fatto Uomo in Terra. E nei tratti puoi riconoscere le nove regioni.
In altra grafia, la danza di Yu dà figura al mondo, è spirale di vita, e al centro dà forma al
Grande Maggiore, l’Orsa Maggiore, che è porta celeste fra l’Uomo e il Cielo. E’ questo il cammino
celeste della danza di Yu. I due fondamentali percorsi di questa danza rituale, reciproci e
complementari, evidenziano il quadrato ed il retto da un lato, dall’altro la spirale e il cerchio.
Sono la Terra ed il Cielo dell’uomo, ed è Yu, lo zoppo, il diverso, che con il suo passo strascicato
li attua. E’ l’ordine dell’asimmetrico, la nota legge del Li. E in entrambi i momenti, le impronte
spaiate dei cammini di Yu segnano e insegnano in Terra e in Cielo i Numeri e nel numero chiamano
equilibri di unità e di totalità.
Yu è tutto preso nel compito. Mani e piedi coperti di calli e ferite si trascina al lavoro. Yu è
zoppo.
A Nord ha consolidato la Montagna delle Pietre Accatastate che produce il ferro delle spade luminose
che fendono la giada. E’ il monte Kunwu che il serpente maligno aveva spaccato. E senza posa si
aggira ad ispezionare l’universo, lui che è l’incontro dell’universo esteriore e dell’universo
interiore. Proprio lui che è zoppo. E’ la danza siderale. La danza dell’unità e ddla diversità. Le
impronte segnano nel cielo la ruota cosmica, e al centro è la porta sul precedente e
sull’indifferenziato. E’ l’uscita dal tempo e dallo spazio, l’entrata nella matrice.
Il metro di accesso è la diversità del camminare di Yu lo zoppo. Il suo passo claudicante è la
chiave dell’ordine non ripetitivo, la regola cosmica. La danza diviene così cosmica. Bei-dou, l’Orsa
Maggiore è il palco e la porta della rappresentazione.
Gli spiriti siderali, i Governatori del Cielo ci sono compagni nel rito. Alla Luna lo sciamano
chiede perdono, al Sole chiede vita, all’Orsa chiede di cancellare la propria morte, ai Pianeti di
segnare la propria immortalità. La danza immette così nella vita oltre la terra. Dall’Orsa Maggiore,
l’Occhio del Cielo, non vi è limite per lo sguardo celeste. Si intravedono le Stelle Nere, che
formano nel cielo un’altra Orsa, Scura, che segna la prima proprio come l’ambra segna nella terra
l’immagine del corpo.
Con l’Orsa a piombo sul capo, lo sciamano dispiega il manto di seta con le stelle dipinte, e
rivestito di stelle, con la dritta dell’Orsa davanti a sé, danza. Attento a non calpestare Zhen-ren,
la terza stella, e nessuno racconta di averio fatto. E danza in un senso e nell’altro, poiché
Bei-dou, I’Orsa, è l’Origine e il Ritorno.
Segnate le stelle dell’Orsa sulla stuoia, lo sciamano vi è disteso sopra. Il piede sinistro è sulla
stella Fu, il destro sulla stella Bi, le braccia sono incrociate sul torace, la mano destra è sulla
quarta stella, la sinistra sulla seconda. Nella meditazione prende forma la Divinità che risiede
nell’Orsa, lo sciamano ne assorbe l’essenza. Il suo corpo è ora luminoso. Le stelle dell’Orsa sono
ora sette ragazzi che alimentano lo sciamano della Luce dei Sette Tesori. E’ così che dalle stelle
dell’Orsa viene nutrimento per gli organi e il corpo dell’adepto.
Poi lo sciamano si alza. Il passo claudicante di Yu è ora il fremito del medium in trance.
Con la mano sul cuore e l’aitra che segna il passo successivo, lo sciamano calpesta la stella. Con
gli occhi chiusi trattiene il respiro ed ingoia la saliva. Il piede destro in avanti, il sinistro
indietro. Allora porta più avanti il piede destro, e solo quando lo appoggia rilascia il respiro.
Poi richiama il piede sinistro. Questo è il passo. Invocata, appare allora la divinità.
Il rituale recita: “Marciare sulla rete celeste è l’essenza del volo nei cieli. Lo spirito della
marcia sulla terra, la verità del movimento dell’uomo”.
Or ora il è matrimonio di Yu. Ma il diluvio ed il compito chiamano. Yu abbandona la giovane sposa e
la casa. Per tredici anni non li vede né lei né il bambino. Trascurare la famiglia e se stesso.
Infangato e stravolto, tre volte davanti alla soglia di casa di passaggio, non entra. Deve andare.
Non ha tempo per sé. La pioggia lo lava, il vento lo pettina. Ogni istante è prezioso per arginare
il diluvio.
Si è spinto fino alla Terra del Nord, fino all’Oceano del Nord.
Ha raggiunto la Montagna Anfora a forma di Vaso, da cui sgorga la Sorgente Divina. Ha conosciuto
1’Acqua Miracolosa.
Si è recato nel Paese delle Genti Nude, e per entrarvi si è levato le proprie vesti e le ha
riindossate solo al ritorno.
Yu è sra abbruttito. Ha forma e movenze di orso. Yu è orso. Orso è deità di stabilità e di potenza.
E di rapporto con il caotico, il trascendente, il demoniaco. Yu è deità ambivalente. E’ uomo,
salvatore, portatore di ordine. E’ entità sovrumana, in rapporto con spiriti e dei. In rapporto con
caos e disordine. Da lì trae potere, vigore. Per il compito immane. Yu dunque ora è orso. La moglie
lo vede. E’ orso, lei fugge, lui la sta per raggiungere e vergogna e paura la trasformano in pietra.
Roccia dura. Yu sopraggiunge. Era gravida. La roccia si spezza.
Nasce Chsu. Il figlio di Yu. E’ la dinastia che continua, è il passato che ritorna. La tradizione ci
informa che anche l’imperatore Chou, il figlio di Yu, vide il terremoto e 1’inondazione. I Tre Fiumi
della provincia del Nord ruppero gli argini e strariparono, e Chou, come suo padre, dovette porre
rimedio.
Il tempo corre come la nuvola in cielo. Dinastie come giornate.
I potenti al mattino sono dimenticati la sera. Il nuovo riflette 1’antico. La storia giunge là dove
era iniziata. Secoli dopo Yu il Grande, inaspettati due draghi fanno visita ad un re Hsia. Sono
buone anime di antenati. Donano al re la loro bava schiumosa. Avvolta in una stoffa, riposta in uno
scrigno prezioso, la bava del drago è nascosta. Alla dinastia Hsia succede la dinastia Shang. Poi
vengono i Chou. Il decimo sovrano dei Chou ordina di aprire lo scrigno. II suo nome è Li e suona
come quell’altro Li, l’Ordine Asimmetrico della Natura, la Regola Cosmica. Ed egli ordina, secondo
il proprio nome, ciò che è nelle cose.
Aprono dunque lo scrigno. Stupore. La schiuma inonda il palazzo. Spavento. Le regine inviate nude di
fronte alla bava dilagante suscitano incantesimi. La schiuma si rasforma in lucertola nera e corre
agli appartamenti muliebri. Una vergine la nasconde. Sette anni dopo, fatta donna, ingravida e
partorisce una bimba che va sposa al Re di quel tempo di nome Yu. E nel nome di questo, secoli e
secoli generazioni e generazioni più tardi, ritorna quell’altro Yu, il Grande, lo Zoppo, l’Antico.
Lo stesso. Come nel fondo del pozzo riflesso.
Il cerchio si è chiuso a nodo su tempi storie, esperienze, emozioni elemento di coscienza. E noi
leggendo sciogliamo quel nodo e l’evento ci riconosce. La danza ci invade.
Tai Ji Quan
Tai: massimo, supremo.
Ji: Livello, limite, aspetto.
Quan: combattimento, pugno, confronto, azione.
Tentando una traduzione: Supremo aspetto del movimento a mani nude.
Origini
Bisogna considerare due tradizioni e due luoghi: la Scuola esterna Waijia, ed il tempio di Shaolin.
La provincia dello Henan verso il 500 d.C. vide l’arrivo dell’India. di Ta Mo, Bodhidarma, 28°
patriarca del Buddhismo indiano Dhyana, tradizione che in Cina è conosciuta come Ch’an, e più tardi
in Giappone come Zen. Ta Mo, persona fisica, gruppo di monaci o personaggio mitologico che fosse,
portò la grande influenza indiana su tutta la tradizione cinese, e ciò che ora ci interessa, diresse
una scuola di Tai Ji Quan, basata sulla forza esterna, fisica e sul lavoro muscolare.
La Scuola interna, Neijia, ed i monti Wudang
Nella provincia di Hubei, Zheng Wu, divinità guerriera che risiede nella Stella Polare, insegnò in
sogno a Zhan San Fen nel 1200 d.C. la forma neijia che predilige 1a forza interna e il lavoro
energetico.
In altra tradizione Zhan San Fen fu illuminato osservando un combattimento tra un serpente ed un
uccello. Il serpente si muoveva rotondo, continuo, flessuoso, l’uccello aveva affondi bruschi e
repentini. Il serpente ebbe la meglio ed il maestro taoista improntò la forma alla fluidità e al
movimento rotondo e a spirale.
Nel tempo si svilupparono cinque scuole: la scuola Chen, la vecchia struttura, la scuola Yang, ora
la più popolare, la grande struttura; la scuola Wu, la media struttura; la scuola Hao, la piccola
struttura; la scuola Su, la struttura del passo vivace.
Significati energetici. Brevi cenni
Il Tai Ji esprime l’armonia della trasformazione dell’universo. La ciclica evoluzione di ogni forma
esistente; di ogni organismo vivente. Raffigura l’equilibrio dinamico esistente tra lo yin e lo
yang, i due aspetti materico e sottile, sempre presenti in ogni manifestazione. Il Tai Ji
rappresenta la nascita di un aspetto dall’altro, la prevalenza, il declino, sempre nel segno della
continua trasformazione Il Tai Ji Quan interpreta a livello umano questo movimento universale, in
una successione armonica di movimenti nei quali l’uomo concretizza l’alterno prevalere dello yin e
dello yang, l’eterno loro reciproco succedersi. Durante l’esecuzione della forma, il Maestro di Tai
Ji Quan diventa, per così dire, un Tai Ji, un centro vitale ed energetico; un “perno” del movimento
dell’universo.
L’individuo rientra nell’unità, gli aspetti mentale e corporeo si identificano. L’individuo si
identifica con l’altro da sé. L’esterno e l’interno si riuniscono. L’unità del “vivente” prende
forma.
Questo è evidentemente un punto di arrivo, per noi lontano e forse non possibile. Ma in questa
direzione è il lavoro. Lavoro che ha sempre come presupposto l’assoluta unità del nostro organismo
funzione vivente, e che si deve quindi fin dall’inizio svolgere nel nostro campo, esteriore, cioè
nel movimento fisico, corporeo, muscolare, come nel nostro campo interiore, intimo, mentale, per
promuovere la riunione dell’esteriore e dell’interiore nella totalità del movimento energetico.
Riunione favorita dal libero fluire vitale che il Tai Ji Quan sviluppa. Da sottolineare ancora come
nel Tai Ji Quan ritornano i concetti energetici propri della Medicina Tradizionale Cinese.
Yin e Yang, vuoto e pieno, piccola e grande circolazione, cinque elementi, Qi, Jing, Shen, ne sono
infatti fondamenti energetici.
Insegnamento tradizionale, moderno, corsi brevi
L’insegnamento tradizionale vede l’istruttore compiere l’esercizio e gli allievi cercare di imitare.
Metodo certo lungo e faticoso per l’allievo, ma che permette di fare reale esperienza corporea del
movimento considerato, imparando insieme, per cosi dire, nel corpo e nella mente, ciò che è nel
senso di questa arte.
Il bisogno tipicamente occidentale di sveltire i tempi di apprendimento ha introdotto metodiche di
insegnamento più finalizzate. Il risparmio di tempo è comunque compensato da un apprendimento che è
prima mentale, e solo in un secondo tempo fisico.
L’istruttore cioè analizza e spiega il singolo movimento, scomponendone le successive fasi, e
osserva l’esecuzione dell’allievo evidenziandone gli errori.
Sta poi all’allievo, fra una lezione e l’altra, ripetere l’esercizio fino a viverlo nei corpo.
Supportato in questo da sintetiche dispense illustrative.
I corsi che propongo sono in questa ottica, e intendono considerare il Tai Ji all’interno degli
insegna
menti propri della Medicina Tradizionale Cinese. Sono corsi teorici pratici stringati, che vogliono
es
sere insieme informativi e formativi. Ove ilTai Ji sia valutato come traduzione ed esperienza sul
proprio corpo dei concetti energetici ben noti a chi pratica Medicina Tradizionale Cinese. Corsi
introduttivi ma che già permettono un fattivo apprendimento della prima delle tre parti della for
ma a solo, secondo lo stile Yang.
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