I Mantra nella Meditazione
Testi ed immagini compilati e supervisionati da Marco Stefanelli
Vac o Vak è l’elemento fondamentale di ogni formula mantrica, è sia un verbo (parlare) sia un sostantivo femminile; quest’ultimo, a sua volta, ha la doppia valenza di parola e di voce, ovvero del suono che la produce. Ogni parola contiene poi intrinsecamente un significato supremo (para), sottile (sukshma) e materiale (sthula). Pertanto, nel suo senso più elevato, Vac è il Verbo divino nella sua funzione creatrice e nello stesso tempo il suo effetto sottile e il suo effetto materiale. Nel momento in cui la divinità produce un movimento attraverso il verbo, questo diventa “para vac”, la parola suprema. In seguito l’impulso creativo, sempre mediante il verbo, diventa parola sottile che avvia la creazione e, infine, entra nella realtà sotto forma di suono dell’ “uovo cosmico” nel cui stadio più alto si trova il Brahaman. Da questo stato matrice si genera Shabda, il suono. Infine questo si manifesta nell’uomo mediante le lettere e il linguaggio parlato.
Se avessimo la possibilità di udire il suono prodotto dalla forza creatrice, avremmo scoperto il nome archetipico di tutte le cose, ma il nostro orecchio fisico non ha tali capacità. Secondo le sacre scritture, oggi lo Yogi può giungere a questa meta ambita tramite l’approfondimento dello Yoga, che poi trasmette ai suoi discepoli. Il Mantra shastra cioè i mantra “rivelati”, indicano attraverso i Bija Mantra (mantra ‘semi’), i nomi archetipici delle cose.
La tradizione vedica insegna che la totalità del mondo è nata dal “suono spirituale”, per cui il Signore Supremo che porta a compimento la creazione servendosi di tale suono è detto Shabda Brahaman. Il percorso evolutivo procede dal sottile, o spirituale (ciò che non si riesce a vedere con gli occhi, cioè dal mondo non-manifesto), al materiale (ciò che Maya ci fa scorgere, il mondo manifesto). L’insegnamento vedico sostiene che ci sono anche tre stadi dell’emanazione del suono spirituale: il primo è il piano sottile (Para); il secondo fa ancora parte del piano sottile ma a un livello inferiore, ed è Pashyanti; il terzo, più vicino al piano materiale, ma non ancora distinto in esso, è Madhyama. Il suono articolato ha a sua volta due forme, una sottile e una materiale ed è dal suono articolato che le singole lettere, le sillabe e le frasi si sono manifestate.
Un mantra è composto da lettere che, combinate in sillabe e parole della lingua sanscrita (emesse con la bocca) e dotate di un suono fisico (ascoltato con l’orecchio), danno forma e consistenza materiale al suono sacro (colto dallo spirito, dal Sé). Ogni elemento o categoria dell’universo ha il proprio suono archetipo. Ciò vale, per esempio, per i cinque elementi etere, aria, fuoco, acqua e terra, i cui suoni (Ham, Yam, Ram, Vam e Lam) possono già di per sé costituire dei mantra. Ma ciò che caratterizza normalmente i mantra mistici sono i suoni particolari di cui si serve la tecnica/disciplina (Sadhana) impiegata per mettersi in relazione con la divinità prescelta (Ishta Devata).
Chiunque abbia conoscenza delle discipline spirituali indiane, avrà sentito parlare del Mantra-Japa. È una disciplina meditativa che permette, pronunziando sommessamente determinate sillabe sanscrite sacre, di mandare, per dirlo con un termine psicoacustico, in “risonanza” la mente che è la più acerrima nemica dell’Atman, l’Io superiore, l’anima individuale, il Sé che si deve realizzare per tornare a far parte del Tutto.
La ripetizione di un canto, di una affermazione o di una preghiera, aiuta a creare una spirale di energia che attira tutti i nostri pensieri verso la sfera spirituale trasformandoli e purificandoli. In India questo genere di “preghiere cicliche” si chiama “Japa” e la lingua usata è il sanscrito.
Il sanscrito, nato in un’epoca di profonda spiritualità, contiene nelle sue sillabe dei suoni che i grandi saggi dell’India ritenevano provenienti dai Mondi Spirituali.
La mente tende ad allontanare l’individuo dall’Infinito, dandogli l’illusione di essere autosufficiente e spingendolo all’egotismo. Soltanto riuscendo a purificare e controllare la mente (Manas), l’Atman risale alla percezione più alta e di nuovo si avverte l’appartenenza ad un Tutto che è Spirito Divino. Lo stesso concetto altamente spirituale, seppur metaforizzato in termini più materiali, è ripreso dal Cristo. “Così come il corpo e le membra sono una cosa sola, così Io e il Padre mio siamo la stessa cosa”. È il concetto di micro e macrocosmo, l’uno “dentro all’altro” e viceversa.
Attraverso il mantra, la cui sillaba più potente è il famoso “OM” o “Aum”, i maestri buddhisti più potenti riescono addirittura a scoprire le cause di un malore fisico e, intervenendo a livello energetico, riescono a curare malattie a volte anche in stadio avanzato o terminale.
I suoni fondamentali del sanscrito o “Bijamantra”, se pronunciati correttamente, sono in grado di effettuare degli enormi cambiamenti nell’ordine naturale delle cose o nella nostra natura.
Gli antichi saggi vedici avevano il raro talento di dire moltissime cose in forma essenziale (sutra). OM ne è un esempio. Spesso la semplice sillaba OM viene usata con questo scopo. OM è infatti il mantra sommo, armonizzato com’è con la pura essenza di tutte le vibrazioni, esso stesso è Vibrazione Cosmica: creazione, conservazione, dissoluzione. OM (AUM).
Ascoltare o intonare l’OM ci aiuta anche a rilassarci consapevolmente, assumendo una postura comoda ma controllata, rilassata ma vigile, che permetta al respiro di fluire liberamente e profondamente. La posizione migliore è quella a gambe incrociate del Loto nello Yoga, oppure sedere confortevolmente con la schiena dritta ma non rigida e il collo dritto con il mento appena abbassato. Il corpo, stressato da sforzi e tensioni, reagirà subito positivamente al suono dell’OM.
La recitazione di OM può essere più o meno prolungata, ma è importante che termini con la vibrazione della M in tono più acuto del resto, anche se, come consonante labiale, prodotta a labbra chiuse. All’attacco si fanno vibrare il respiro e la lingua per mezzo della laringe e del palato come fossero una cassa di risonanza. Il suono di A è gutturale, e parte dal fondo della cavità della bocca. U si ottiene dal movimento in avanti della lingua, provocato dall’emissione della forza energetica dell’espirazione e finisce sulle labbra, che a questo punto si chiudono per dare luogo alla M.
Se con la OM si vuole attivare il Prana, alle tre lettere corrispondono tre fasi respiratorie, addominale per la A, toracica per la U e clavicolare per la M. L’obiettivo finale, dopo la presa di coscienza del movimento del respiro e l’interiorizzazione del suono, è quello di un controllo della propria energia respiratoria.
Il simbolo grafico della sillaba OM (AUM) è composto di tre tratti curvilinei, un semicerchio ed un punto. Indica i tre stati di coscienza: A = veglia (Jagrat) associato a Brahma e quindi alla Creazione, al guna Tamas e al corpo grossolano; U = sogno (Svapna) associato a Vishnu e quindi alla Conservazione, al guna Rajas e al corpo sottile; M = sonno profondo (Sushupti) associato a Shiva e quindi alla Dissoluzione, al guna Sattva e al corpo sottile; nonché alla Coscienza Suprema che li pervade e la Totalità indifferenziata della Trimurti (triplice forma) associata al Brahman e allo stato di Turya. Il semicerchio sotto il punto indica l’infinito ed accenna al fatto che il pensiero limitato non può comprendere la profondità e l’altezza del punto che rappresenta la Coscienza assoluta. La curva inferiore più grande simboleggia lo stato di veglia, la curva piccola simboleggia il sogno mentre la curva superiore rappresenta l’inconscio o sonno profondo.
Nella genesi indù Dio, completo in se stesso, emette un pensiero creatore sottoforma di Suono primordiale (OM) che per potersi esprimere concretamente deve manifestarsi come Trimurti: Brahma, colui che genera; Vishnu, colui che espande e conserva; Shiva, colui che dissipa “l’illusione” che la materia sia l’unico aspetto dell’esistenza. La triade si esprime a livello sonoro con la combinazione di “Tonica di base”, “Quinta” ed “Ottava superiore”, che rappresentano la forma melodica del canto dell’OM.
Il Mantra o Mantram (come viene chiamato in alcune regioni dell’India) è una potente e breve formula sonora spirituale che ha la capacità di trasformare ed elevare la coscienza. Non c’è nulla di ipnotico o di magico, è solo una questione di pratica e soprattutto di non scoraggiarsi se non si ottengono subito i risultati sperati. I Mantra vedici non servono per ottenere uno stato di ipnosi o auto-ipnosi, piuttosto servono per liberare (trayate) la mente (manas) dall’energia illudente. Il Mantra ha la funzione di dominare le funzioni mentali, soprattutto quelle automatiche ed inconsce, che sono i veri disturbi della personalità e sono molto più coatti di quelli che il soggetto individualmente sappia di avere. Quando pratichiamo il mantra stiamo richiamando il più grande potere che siamo in grado di concepire: possiamo chiamarlo Dio, Realtà Ultima o Sè interiore, qualunque nome gli attribuiamo, con il mantra stiamo richiamando la parte migliore che c’è in noi. E’ una pratica che si riscontra sia nelle tradizioni occidentali, dove prende il nome di Nome Santo, sia nella tradizione induista che in quella buddhista, dove prende appunto il nome di Mantra. E’ fondamentale che una volta scelto il mantra non lo si cambi, per non rischiare di fare come il contadino che per trovare l’acqua, scava innumerevoli buche in superficie senza risultato, mentre se avesse impiegato lo stesso tempo per scavarne una sola profonda l’avrebbe sicuramente trovata.
Tutte le grandi tradizioni e culture hanno prodotto potenti formule spirituali per poter richiamare questa Realtà Ultima che, nella tradizione cattolica e in molte altre (soprattutto in quelle ortodosse), prende il nome appunto di Nome Santo o Nome Divino. Queste formule fanno parte di una più vasta serie di preghiere anche se il mantra non è una vera e propria preghiera; con la preghiera, infatti, noi chiediamo qualcosa, mentre con il mantra cerchiamo di avvicinarci al divino. Il mantra ha anche una funzione calmante a livello mentale ed è uno dei modi più semplici per manifestare la presenza del divino. Quando lo ripetiamo mentalmente (soprattutto nelle prime volte per chi non ha ancora sviluppato tecniche di meditazione) è molto importante non distogliere l’attenzione, dopo aver raggiunto un certo livello di pratica lo si potrà anche intonare.
La funzione dei cosiddetti “suoni mantrici” consiste nel mettere in movimento energie ferme, bloccate o latenti e condurre la mente verso uno stato armonico. La ripetizione (Japa) di suoni mantrici, sia vocalizzata che mentale, agisce, tra l’altro, sugli emisferi cerebrali sincronizzandoli tra loro e attivando le zone connesse alla corteccia cerebrale. I suoni funzionano anche come degli “assorbenti” e dei “conservatori” di sensazioni vive, che emergono quando vengono evocate tramite il suono. Questa facoltà è tipica della forza del mantra. Possiamo quindi parlare dei mantra come di “parole-suono” che utilizzano gli archetipi del linguaggio in un senso diverso da quello dei linguaggi verbali moderni. I mantra riflettono un uso antico del linguaggio, e infatti provengono da antichi idiomi che posseggono chiavi particolari per attivare le emozioni, le energie e lo spirito dell’uomo, più che i sensi della logica e della razionalità.
La ripetizione del mantra è una antica tecnica dinamica con la caratteristica di possedere un potere cumulabile, infatti più lo si ripete più esso affonda le proprie radici nella nostra coscienza, tanto che continueremo a ripeterlo mentalmente senza nemmeno rendercene conto. Per quanto riguarda la scelta del mantra, questa dipende sicuramente dalla società e quindi dalla cultura in cui si è cresciuti, se si è cattolici è possibile che si prediliga un mantra cattolico, è anche vero però che ci sono persone che, proprio per questo tipo di aspetto, sono refrattarie a determinati mantra; in questo caso si possono utilizzare delle formule che non presentano il nome implicito della divinità. Essendo i mantra delle formule, conviene utilizzarne alcuni tra quelli testati e di potere sicuro (non è utile crearne di propri) per invocare la divinità.
Per quanto riguarda i grandi Mantra, cioè quelli di importanza storica e di provato potere, bisogna distinguere tra quelli personali e quelli impersonali. I primi si riferiscono all’aspetto personale della Divinità. Anche se Dio è presente in qualsiasi aspetto del mondo fenomenico, si è manifestato pure sulla Terra sotto diverse forme che ogni religione ha identificato secondo una determinata figura. Per i cristiani si è manifestato come Gesù Cristo 2000 anni fa, per gli induisti 5000 anni fa nella figura divina di Sri Krishna e per i buddhisti come il Buddha Compassionevole che ha rinunciato alle ricchezze per poter predicare l’armonia e l’unità tra tutte le genti. E’ importante notare che qualsiasi figura, nelle varie religioni, non è mai venuta a predicare nuove verità o insegnamenti, ma a ricordarci che facciamo parte di un tutt’uno e il nostro scopo è quello di riunirci e di vivere in armonia con gli altri cercando di aiutare il prossimo.
Nell’ambito delle religioni orientali le più importanti sono sicuramente l’induismo ed il buddhismo. Nell’induismo le figure più importanti sono Rama e Krishna. La parola Rama è formata dalla particella Ram che significa gioia, quindi Rama è colui che colma di durevole gioia, ripetendo questo mantra ricordiamo a noi stessi la fonte di gioia duratura nel profondo di noi. La figura di Rama è anche collegata ad una tradizione epica letteraria induista chiamata Ramayana in cui si narrano appunto le vicende del principe Rama che combatte per sconfiggere le guerre intestine del suo popolo e per riacquistare l’amore della sua sposa e il suo trono. E’ molto facile identificarsi con questa figura perché anche noi, ogni giorno, a modo nostro, dobbiamo combattere le nostre guerre e affermare i nostri diritti. Nella tradizione induista esistono tre concetti: la creazione, la conservazione e la distruzione. Krishna significa colui che affascina tutti e ci attira a sé, ed è la figura più importante e rappresenta la conservazione dell’Universo.
La letteratura vedica infatti raccomanda il Maha-mantra, il Mantra supremo:
Hare-Krishna-Hare-Krishna Krishna-Krishna-Hare-Hare
Hare-Rama-Hare-Rama Rama-Rama-Hare-Hare
Krishna e Rama sono due nomi della stessa Persona Suprema, Hare è il vocativo di Hara o Hari che significa colui che ci rubò il cuore, ed è l’energia d’Amore di Dio.
Secondo un tradizione indiana quando il Signore creò l’uomo decise di rubargli il cuore e di nascondersi nell’unico posto in cui l’uomo non avrebbe mai cercato e cioè nella propria coscienza. Con questo mantra cerchiamo di ricordare che spesso i problemi che vediamo dall’esterno, in realtà, sono dovuti ai “mostri” che si muovono dentro la nostra coscienza. Quando ripetiamo questo Mantra ricordiamo anche l’infinito ed eterno potere che conserva e protegge l’Universo. Quindi il Maha-mantra significa: “O Signore che attrai e dai piacere a tutti, o energia del Signore, Ti prego, concedimi il puro servizio devozionale di Amore”.
La Kali-santarana Upanishad spiega: “Queste sedici parole sono fatte apposta per contrastare i dannosi effetti dell’attuale età di discordia e di ansia”. Il Narada-pancaratra aggiunge: “Tutti i mantra e tutti i metodi di realizzazione spirituale sono riassunti nel Maha-mantra Hare Krishna”.
Om Namo Bhagavate Vasudevaya è un mantra vedico che significa “Offro i miei omaggi alla Verità Suprema che discende come figlio di Vasudeva, Bhagavan Srì Krishna”, si recita come ringraziamento prima della lettura dei testi sacri.
Un verso del Rig Veda è anche uno dei mantra vedici più sacri, è detto Gayatri Mantra ed è rivolto a Surya, il dio solare nella forma di Savituh. Le ventiquattro sillabe che compongono il Gayatri Mantra sono:
Om Bhur Bhuvah Svah Tat Savitur
Varenyam Bargho Devasya Dhimahi
Dhiyo Yo Nah Prachodayat
Dalle ventiquattro sillabe di Gayatri emanarono le scritture più antiche conosciute dall’uomo: i “Veda”. Gayatri è il simbolo della conoscenza spirituale nell’uomo. Questa conoscenza ha tre stadi: il momento in cui sorge, il momento in cui è pienamente manifesta e il momento in cui entra nella pace eterna. Il sole che sorge all’alba simboleggia la vita spirituale ed il sole che tramonta la sera simboleggia l’intera materia della conoscenza. Quando non vi è sole, ne luce, questo rappresenta la notte buia dell’Anima secondo la Bibbia, o Shivaratri per gli induisti, la notte buia di Shiva. Gayatri deve essere praticata all’alba. Dopo degli anni può essere ripetuto mentalmente, ma inizialmente deve essere ripetuto a voce alta. Essendo un mantra vedico, la sua ripetizione controllata da alcuni accenti, non è come ripetete altri mantra in sanscrito.
Il Gayatri Mantra si distingue in modo unico nel settore del Sanatana Dharma. Fra gli innumerevoli Mantra che si trovano nelle scritture vediche, il Gayatri è il supremo.
Manu dice che il Gayatri Mantra ci conduce verso la vetta dello splendore spirituale, verso la saggezza e la longevità. Salva chi lo canta e lo recita. Si sa che il suono stesso è Brahma. La combinazione delle parole è tale che la recitazione e la vibrazione prodotta dal canto del mantra, presuppone uno stato di mente, che favorisce la libertà interiore e la liberazione. Se tradotto letteralmente significa: “meditiamo sul luminoso ed adorabile Savità, che dirige la nostra intelligenza verso la realizzazione di tutti i nostri desideri, e che è il creatore di tutti i tre mondi”. “Meditiamo sulla sua lucentezza in modo che possa illuminare il nostro intelletto”. Molto brevemente significa: “Meditiamo sulla gloria del creatore di questo universo, che allontana tutti i peccati e le ignoranze. Possa illuminare il nostro intelletto”. Il Gayatri Mantra trae la sua origine nel Rig Veda (III. 62. 10.) ma appare anche in altri Veda e varie altre scritture, come la Manu Samitha, il Sankhya Sutra, le Upanishad, ecc. Dettagli elaborati su questo Mantra, inclusi i suoi vari significati, si trovano nella Chandogya Upanishad (CAP. 13), e nella Taittiriya Aranyaka. Anche nella Devi Bhagavata, si trovano dei dettagli su questo Mantra con altri significati. I Sadhaka del Gayatri Mantra sanno che le 24 lettere di questo Mantra, rappresentano le 24 fasi o princìpi, che si presentano durante l’evolversi dell’uomo da Dio, e che ogni lettera significa una fase.
Lo scopo di questo mantra è quello di trascendere i primi tre piani, quello fisico, mentale ed astrale. Ciò significa che io non esisto solo in questa forma fisica: ho un’esistenza duplice e triplice. Poi ci sono i tre piani più elevati o spirituali, seguiti dallo stato ultimo. Quando l’uomo è in grado di elevarsi, egli trascende ogni corpo fino ad arrivare al settimo piano. Comunque, quelle persone che non sono in grado di far fronte alle loro situazioni psichiche o emozionali, troveranno problematica questa trascendenza. Non tutti vogliono trascendere e anche quando uno lo desidera potrebbe non avere qualificato sé stesso. La trascendenza priva della illuminazione dei primi tre piani è una questione non molto pratica.
Om-Namah-Shivaya è sempre un mantra indiano, è una supplica alla divinità Shiva che rappresenta il terzo aspetto, la distruzione. Invochiamo questo mantra per porre fine al nostro egoismo e al nostro senso di separazione; è importante perché indica anche una caratteristica del Signore che, pur amandoci, alle volte ci fa soffrire. Questa sofferenza non deve essere vista come una punizione, ma come un campanello d’allarme per indicare che non stiamo percorrendo il giusto cammino.
Om-Mani-Padme-Hum è il più importante dei mantra buddhisti e impersonali, non fa riferimento alla figura divina ma sta ad indicare il Gioiello che è nel loto del cuore. E’ una figura molto bella perché questo gioiello è il tesoro che è perennemente nascosto nel nostro cuore. Il cuore viene visto come il loto, figura ricorrente nel buddismo: ha la caratteristica di poter crescere anche in zone paludose senza che i suoi petali vengano sporcati e intaccati dal terreno fangoso. Il loto è il simbolo perfetto della purezza e testimonianza della purificazione dalle nostre colpe quando ripetiamo questo mantra.
Per quanto riguarda l’aspetto impersonale, è stato definito con vari epiteti quali: l’Assoluto, il Vuoto, la Realtà Ultima, nell’induismo evidenziato con il termine “Brahman”. Questi termini sono comunque inadeguati in quanto la concezione della parte impersonale della divinità è al di fuori del concetto causa-effetto, spazio-tempo ed è collegata alla “Teoria vibratoria” che sta alla base della creazione dell’Universo, formulata da saggi indiani millenni fa e poi ripresa ultimamente dalla fisica moderna, teoria secondo cui l’intero mondo fenomenico consiste di vibrazioni. Tutte le cose che noi vediamo nel mondo fenomenico in realtà sono energia che vibra, la vibrazione più bassa sarà la materia percepibile con i sensi, man mano che saliamo di livello, di vibrazione e quindi di energia abbiamo ciò che non viene percepito dai sensi, quindi le emozioni, lo stato mentale, l’anima. Il simbolo perfetto dell’aspetto impersonale della natura divina, cioè la vibrazione più sottile, è la sillaba OM (Amen in cristiano). Questo concetto viene ripreso sia nel Vangelo secondo Giovanni dove si dice in principio era il Verbo ed il Verbo era presso Dio ed il Verbo era Dio, sia nel Rig Veda, uno dei testi più antichi della tradizione induista dove si dice in principio era Brahman presso cui era il Verbo ed il Verbo era in verità Brahman. Si noti come due culture così distanti in realtà si basino sullo stesso principio. Questa figura impersonale, cioè l’OM, non può essere utilizzata da sola perché noi non possiamo rispecchiarci in qualcosa di impersonale che non riusciamo neanche a concepire con la nostra mente: E’ meglio sempre fare riferimento a figure che hanno “camminato” sulla terra e quindi che ci possono ispirare, eventualmente si può aggiungere l’ OM ad un mantra personale così da evidenziarne anche la natura impersonale.
La parola Mantra è formata da due particelle: Man deriva da Manas che significa mente e Tra deriva da Trayati o Traya che significa liberare e proteggere, Tri significa attraverso. Il mantra serve quindi per liberare la mente dai pensieri tossici e le ansie del mondo materiale come se si attraversasse il mare simbolico e capriccioso della mente. Questa similitudine è molto azzeccata in quanto la mente assomiglia proprio al mare che in alcuni giorni è in burrasca mentre in altri è calmo. In questo mare riusciamo a vedere solo gli strati superficiali e non il profondo dove in realtà sono nascoste le cause dei nostri mali, le paure, l’ansia, la brama. Il mantra serve a controllare questi pensieri fortemente condizionanti.
Di frequente i conflitti che ci rendono difficile concentrarsi sono alla base di gravi disturbi fisici e fin troppo spesso ci fanno sprofondare nella depressione. La maggior parte della gente non intravede alcun modo di cambiare la situazione e alla fine la accetta come un fatto inevitabile, ma in realtà è solo un condizionamento. Nel profondo di noi stessi abbiamo immense risorse che possiamo utilizzare per avere il controllo della nostra mente, senza intenderlo come un atteggiamento freddo e rigido. Molte persone, specialmente quelle molto istruite, pensano che un controllo impedirebbe il libero scorrere dei pensieri, eppure a nessuno viene in mente di mettere in discussione la necessità del controllo e della disciplina quando ci si deve impadronire di abilità di tipo fisico. Bisogna saper superare le barriere tra conscio ed inconscio attraverso un processo che i grandi mistici chiamano “calmare” o “fermare” la mente, cioè porre ogni processo mentale sotto il nostro completo controllo, anche a livelli mentali più profondi. Più la mente diventa calma e stabile, più riusciamo a realizzare, nella vita quotidiana, il nostro vero diritto alla sicurezza, alla gioia e ad acquistare quell’instancabile energia nell’operare per il benessere del prossimo. Quando siamo preoccupati, inquieti o mossi da un bisogno urgente di soddisfazione personale a spese del nostro prossimo, il mantra può trasformare queste emozioni in una fonte di forte potere e aiutarci a non agire e parlare impulsivamente: questo non significa reprimere le emozioni, bensì usarle, invece di farci usare da esse. Un’enorme quantità di energia vitale viene dispersa nell’oscillazione della mente tra ciò che ci è gradito e ciò che non lo è, quando siamo prigionieri di preferenze e avversioni, di opinioni ferme e abitudini rigide non possiamo agire al nostro meglio né conoscere una vera sicurezza. Viviamo alla mercé di circostanze esterne: se le cose vanno come diciamo allora siamo contenti, in caso contrario siamo depressi. E’ difficile modificarsi, essere elastici e accettare qualunque cambiamento, ma possiamo provarci. Le persone che hanno sviluppato questa preziosa qualità sono in grado di riprendere la loro posizione ogni volta che la vita prova a farle cadere.
Il prof. Ferrini, nel suo libro “Yoga e salute olistica”, a proposito dei pensieri condizionanti, dice:
“Non sono il cervello o la mente che pensano. Il cervello è lo strumento fisiologico attraverso cui la mente si manifesta, ma la fonte del pensiero è il purusha. Non è l’occhio che vede, ma siamo noi che vediamo; l’occhio è solo uno strumento, come lo sono gli occhiali ad esempio. Quando infatti l’atman diparte dal corpo, al momento della morte, l’occhio non vede più. Occhi, corde vocali, cervello, sistema nervoso centrale, sono tessuti fatti di atomi che non possiedono coscienza, la riflettono soltanto, come il rame del filo elettrico non è l’elettricità, ma il canale attraverso il duale essa scorre. I sensi, i nervi, l’intera e magnifica macchina che è il corpo umano sono strumenti dell’atman. Lo Yoga permette di imparare a ben utilizzarli, ma il suo scopo supremo è giungere alla conoscenza del sé. Yoga è educare corpo e mente ad abitudini di vita sobrie, salutari, virtuose. La sua pratica apre a capacità di meditazione profonda, che permettono di intervenire progressivamente sul proprio inconscio, purificando con impressioni positive gli accumuli di suggestioni negative patogene. Ciò è importante anche a livello preventivo, poiché tutto quel che ci accadrà nella vita sarà la conseguenza di ciò che è scivolato nell’inconscio. Dentro l’inconscio possono convivere pulsioni animalesche, come ad esempio il figlio che uccide la madre; si tratta di eventi tragici scaturiti da potenti pulsioni inconsce, da fantasmi e mostri che, agitandosi nella mente profonda, producono una turbata razionalità, la quale può originare crimini di ogni sorta. Intere società sono degenerate in questo modo
La scienza dello Yoga si prefigge di liberare la mente dalle suggestioni più grossolane e involute, trasformando e sublimando i contenuti psichici inferiori fino alla loro completa decontaminazione”. E ancora “Per la salute del corpo è sufficiente che la mente non forzi indotti artificiosi, che blocchino il regolare svolgersi dei processi vitali: le ghiandole endocrine, il sistema immunitario, tutto funziona benissimo naturalmente purché non si introducano abitudini di vita sbagliate. Le malattie originano invero da squilibri psicologici e da avidya, mancanza o carenza di consapevolezza della natura spirituale del sé.
La mente è in continuo subbuglio, non si “spegne” mai, nemmeno durante il sonno. Per non subirne la continua induzione coercitiva al soddisfacimento di desideri effimeri ed involutivi, primariamente sesso e denaro, che ingenerano sfinimento, depressione, malinconia, si rende necessaria la pratica applicazione del pensiero positivo.
Dobbiamo trattare la mente come strumento, impararne la tecnologia, conoscerne il funzionamento attraverso la filosofia, dalla quale la psicologia prende sostanza. Dalle grandi verità dedotte dalla filosofia si traggono, infatti, quei principi che possiamo sperimentare con successo nel mondo. La comprensione e l’applicazione corretta di tali verità pongono le basi per una scienza psicologica risolutiva e per una sociologia utile al progetto organizzativo umano, ma per una salute veramente olistica non sono ancora sufficienti.
Senza gli alberi, gli animali, il cinguettio degli uccellini in primavera, le piante, il sole, la luna, le stelle, il cielo, il mare ondoso, i fiumi con le loro correnti, il giorno e la notte che parlano della continuità dell’esistenza, saremmo condannati ad una profonda tristezza, perché per la nostra realizzazione abbiamo bisogno di collegarci armonicamente all’Universo di cui siamo parte.
Le cinque dita di una mano nel punto in cui si saldano al palmo possono dare l’immagine dei cinque sensi che si collegano alla mente (manas). La mente si collega all’intelligenza (buddhi) e l’intelligenza all’anima (atman). Le esperienze fatte nel mondo ci parlano continuamente di questa infinita trama di connessioni ed interazioni che uniscono tra loro ogni cosa ed ogni essere. A volte questi legami e fili sottili non sono visibili, ma dobbiamo sempre ricordare la relatività delle nostre percezioni sensoriali. Basti pensare che quello che per alcuni è solido, per altri non lo è. Le nostre mani non possono penetrare il piano di un tavolo perché la nostra mente è programmata in modo tale da percepirlo come solido, ma le onde cosmiche possono attraversarlo e il neutrino passare attraverso i muri neanche accorgendosi di quella struttura solida. La salute olistica si ha quando individuo stabilisce una relazione armonica con tutti gli esseri, tra il mondo dentro e il mondo fuori, tra il micro e il macrocosmo, tra l’anima individuale e l’Assoluto. L’universo si muove secondo un preciso ordine, guidato da un’intelligenza superiore: non è un caso che le orbite degli astri esprimano formule matematiche; esiste un progetto, espressione di divina intelligenza, che regola il cosmo intero. Quando l’intelligenza individuale entra in conflitto con quella cosmica, sorge la malattia, la quale si manifesta prima di tutto sul piano psichico, somatizzandosi poi su quello fisico”.
approfondimento su http://www.amadeux.net/sublimen/
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