I Mantra Seme ed i chakras 1

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I Mantra Seme ed i chakras 1

Tratto da:

IL LIBRO DEI MANTRA:
IL RITMO SACRO DELLA PREGHIERA

Testi di Gisella Melluso,
a cura di Luigi Colli e Pier Giorgio Viberti

Sulle rive del Gange e dell’Indo

MULADHARA:

MANTRA

Mula significa radice, adhara supporto: questo chakra dunque localizzato
alla base della colonna vertebrale, e’ la terra (tale e’ infatti l’elemento
cui e’ collegato) in cui si radica l’albero della vita di ciascuno; ovvero,
come sede di Kundalini, e’ il centro in cui l’energia suprema e’ nell’uomo
addormentata, presente soltanto a livello potenziale. La qualita’ sensibile
correlata a Muladhara e’ l’olfatto.

Nella sua rappresentazione simbolica il loto e’ quello che presenta il minor
numero di petali. La coppia divina del mantra e’ Brahama Savitri. Di
quest’ultimo la mitologia indu’ racconta che venne fecondata da Brahama
prima della Creazione e che fu dal suo utero che emersero, a partire dalla
musica, innumerevoli figli, compresa la morte.

SVADHISTHANA:

MANTRA
Questa ruota d’energia e’ situata sulla colonna vertebrale, dietro la
regione addominale, sotto l’ombelico. L’elemento correlato e’ l’acqua e la
qualita’ sensibile e’ il gusto. Se l’energia di Muladhara si manifesta nella
sessualita’ animalesca, nel puro istinto che spinge alla riproduzione,
quella di Svadhisthana si manifesta nella sessualita’ gia’
individualizzata, come ricerca di un ponte, attraverso il sesso, tra l’io e
il mondo esterno. Nel simbolo il loto ha ora sei petali e ingloba una falce
di luna con i corni rivolti verso l’alto. La coppia divina del mantra e’
quella di Varuna e Sarasvati. Varuna e’ Brahama nella sua veste di Signore
delle acque, cosi’ come Sarasvati e’ uno dei molti aspetti che nel pantheon
indu’ assume Devi, la dea, ovvero il principio divino femminile che promuove
tutte le forze e determina tutte le forme, creando la separazione a partire
dall’Unita’.

MANIPURNA.

MANTRA

Questo chakra e’ localizzato – sulla colonna vertebrale – all’altezza
dell’ombelico e nella sua espressione grafica i petali del loto sono
diventati dieci. La parola allude etimologicamente a un’abbondanza di gemme
preziose, e il tipo di energia che qui si raccoglie e distribuisce e’ quella
del calore.

A Manipurna e’ infatti collegato l’elemento fuoco: l’essere, fattosi stabile
nella terra di Muladhara e incanalato dal desiderio, gia’ individualizzato
ma fluttuante, nell’acqua di Svadhisthana, si determina verso l’esterno
esercitando sul mondo un’azione potente, paragonabile a quella del sole.
Cosi’ Manipurna e’ collegato alla qualita’ sensibile della vista, che
consente la percezione dei colori e delle forme. Le divinita’ del mantra
sono Agni, Signore del fuoco, altrimenti incarnato da Rudra (il fuoco come
elemento distruttore) con la sua Shakti, ‘La nata dalla furia di Devi’. Il
fuoco in effetti e’ un’energia dal duplice aspetto, e il Brahamanesimo lo
sottolinea meglio di qualunque altro sistema mitologico. Agni e’ nato dallo
sfregamento di due pezzi di legno ed e’ la vita che sboccia dal legno morto
e secco. Dimora nel cielo perche’ dardeggia nel sole, ma e’ in stretto
rapporto con l’acqua perche’, in forma di lampo, squarcia le nuvole, aprendo
un varco alle acque benefiche che fertilizzano la terra. Nel mondo fisico,
potendo divorare ogni cosa, e’ anche colui che purifica: le passioni e le
emozioni del mondo sono il fumo di cio’ che Agni divora e, quando il fuoco
si spegne, anche il fumo a poco a poco svanisce nell’aria. Il Buddhismo
accentua invece l’aspetto negativo del fuoco, tendendo a identificarlo con
il vissuto emozionale dell’individuo. Dice il Buddha: “Tutto e’ in fiamme;
l’occhio e tutti i sensi sono in fiamme; il mondo intero e’ avvolto nel
fumo; il mondo intero si consuma nel fuoco. Lo spirito e’ avvolto dal fuoco.
La coscienza dello spirito, le impressioni raccolte dallo spirito e le
sensazioni che nascono dalle impressioni raccolte dallo spirito sono
anch’esse avvolte dal fuoco.”

Nonostante la distanza tra le due impostazioni dall’una e dall’altra si
ricava la consapevolezza di come sia fondamentale il controllo di questa
energia.

ANAHATA:

MANTRA
Anahata e’ la ruota d’energia situata – sulla colonna vertebrale – in
corrispondenza del cuore. Nel suo loto di dodici petali un triangolo con la
punta rivolta verso il basso e un altro triangolo con la punta rivolta in
alto si compenetrano a formare una stella a sei punte. L’unione dell’uomo e
della donna nel sentimento dell’amore? La copiosa simbologia legata al cuore
nella nostra cultura incoraggia una simile interpretazione, ma quella di
Anahata e’ ancora un’energia ambivalente, perche’ se presuppone
un’elevazione spirituale e quindi puo’ alimentare quell’amore che e’ alla
base tanto della carita’ cristiana quanto della compassione buddhista, puo’
anche irretire nell’egoismo per cui l’altro e’ vissuto come un possesso o
nel compiacimento per il proprio altruismo e la propria generosita’. Qui
l’elemento di riferimento e’ l’aria, mentre la qualita’ sensibile e’ il
tatto. La coppia di divinita’ del mantra e’ costituita da Ishvara (uno dei
nomi di Shiva) e dalla sua Shakti Bhuvaneshvari.

VISHUDDHA:

MANTRA
Simbolizzata in un loto a dodici petali, Vishudda e’ il chakra che, per il
tipo di energia che vi ha sede, puo’ per certi aspetti rendere conto della
stessa potenza del mantra. Infatti e’ localizzato nel plesso laringeo, e
quindi e’ correlato alla formazione del suono.

La qualita’ sensibile di riferimento e’ l’udito e l’etere, che dei cinque
elementi esprime le vibrazioni piu’ sottili. Infine, il termine significa
‘centro di purezza’, o di ‘purificazione’, e l’energia che esprime e’ quindi
quella che consente il passaggio tra la limitazione delle energie inferiori
e la liberta’ di quelle superiori. D’altra parte, leggendo il collegamento
dall’alto verso in basso, e’ per l’energia di Vishuddha che il mentale
assume un rivestimento vocale e puo’ cosi’ manifestarsi e diventare mezzo di
comunicazione. La coppia di divinita’ del mantra e’ costituita da Shiva con
una delle sue Shakti, Shakini.

AJINA:

MANTRA

L’Ajna, posto nel cervello piu o meno a meta’ della distanza tra le
sopracciglia, come sede del mentale, non ha elemento o facolta’ sensibile di
riferimento, ed e’ rappresentato con un loto a due petali che simboleggiano
Ida e Pingala, i canali di scorrimento del prana, rispettivamente a sinistra
e a destra della colonna vertebrale. La parola significa ‘comando’, perche’
e’ al mentale che arrivano i messaggi dei sensi ed e’ il mentale che
impartisce gli ordini per conseguenti azioni. E’ anche detto il chakra del
Guru perche’ e’ questa l’energia che permette di mettersi in relazione con
il carisma spirituale del Maestro. Ajna viene infine definito terzo occhio,
ovvero l’occhio della conoscenza trascendente che consente di vedere
l’illusorieta’ del desiderio. Del suo mantra, OM, si e’ gia’ parlato
abbastanza ampiamente, ma e’ interessante notare che l’energia al vertice
del corpo fisico dell’uomo corrisponde alla vibrazione che ha dato origine
alla creazione. La coppia divina del mantra e’ costituita da Para Shiva e
dalla sua Shakti Siddha Kali (Kali perfetta).

SAHASRARA

Generalmente collocato al di sopra della testa, non fa piu’ parte del corpo
fisico, perche’ lo stato energetico cui si riferisce (la perfetta unita’
della coscienza con l’energia cosmica) e’ al di la’ della manifestazione.
Noto come loto dai mille petali, rappresenta il mondo di Brahama ove tutto
e’ realizzato. Chi riesce a risvegliare questo chakra si e’ del tutto
liberato dal tempo e dallo spazio, e cio’ significa che ha raggiunto la
liberazione dal ciclo delle rinascite e che puo’ vivere nella beatitudine
conseguente al superamento dell’individualita’.

I MANTRA SEME
Da un punto di vista formale il bija mantra, vale a dire il mantra seme, e’
un monosillabo e tali sono dunque i mantra presi in considerazione finora, a
partire da OM. In realta’ all’interno del tantrismo ‘seme’ allude a ben
altro che a questo aspetto esteriore. Oltre al fatto che le lettere
sanscrite impiegate, come si e’ detto, hanno carattere sacro come dono
divino, occorre rifarsi ancora una volta alla fede nell’esistenza, al di la’
del mondo fenomenico, di un mondo sovrasensibile o sottile, dove determinati
suoni sono la vibrazione dei vari dei e delle loro Shakti. Con il bija
mantra le lettere e le sillabe dell’alfabeto umano entrano in relazione con
le loro corrispondenze del piano sottile.

Il bija di una sola lettera (per esempio KA) e KAM, perche’ tutti i bija
mantra si completano con la lettera e la vocale non puo’ essere
pronunciata senza l’abbinamento con questa consonante.

E’ una risonanza nasale che non raggiunge le labbra, scelta perche’
considerata un suono equilibrante i cinque elementi della materia sensibile
che corrispondono, nell’ordine, a LA, VA, RA, YA e HA.
A titolo di esempio verranno ora presi in considerazione alcuni altri bija
mantra.

AIM
Si pronuncia ed e’ il bija di Sarasvatim ,la Shakti di Brahama, dea
delle acque, inventrice delle arti, delle scienze, della scrittura e dea
dell’eloquenza, che scorre come un fiume. Anticamente il mantra di Sarasvati
era recitato dal Guru per aiutare il discepolo nello studio difficile delle
Scritture. La lettere di Sarasvati e’ , mentre con si evoca Bindu,
dissipatore della pena.

DUM
e’ composto dalla consonante , corrispondente Durga, dalla
vocale , che ha il significato di salvare, e da , in questo caso
rappresentante nada, l’aspetto del Grande Potere, in cui nasce il germe per
creare il mondo, e bindu, il punto di origine dell’impulso creativo. Durga
e’ la prima manifestazione della shakti come moglie guerriera di Shiva, nata
dalle fiamme emesse dalle bocche degli dei in guerra con i demoni, che Durga
sconfisse. Questa forma della divinita’ femminile rappresenta non solo
l’energia di chi e’ determinato a combattere il male, ma anche l’energia
dell’intelletto, perche’ cercare di capirla significa incamminarsi sul
terreno dell’indagine intellettuale pi-u’ardua.

GAM
Questo bija e’ composto dalla consonante , riferita a Ganesha, il dio
con la testa d’elefante, figlio di Shiva e Parvati e patrono della buona
sorte, e da , anche qui come Bindu dissipatore della pena.

GLAUM
e’ sempre la consonante di Ganesha, sta per colui che si pente,
e’ tejas (l’elemento fuoco) e e’ ancora Bindu dissipatore della
pena.

HAUM
E’ un bija di Shiva, che compare tanto sotto forma di quanto sotto
forma di , che si riferisce alla stessa divinita’ come Sadashiva.
Contemporaneamente si esprime in la venerazione per Shunia, l’elemento
che fa cessare le pene.

HRIM
Compare ancora per Shiva (la pronuncia della comporta comunque solo
una lieve aspirazione), qui unito a che e’ collegato a Prakriti (la
Sostanza primordiale, matrice dell’universo, esistente ovunque, ma non
manifesta in nessun luogo, che assume tuttavia una quantita’
incommensurabile di forme individuali ed e’ anche nominata come
Bhuvaneshvari, dea delle sfere), nonche’ alla vocale che indica Mahamaya
(un modo di nominare Maya). La indica nada e bindu, nel significato gia’
chiarito per DUM.

Si tratta quindi di un bija mantra strettamente connesso al suono
primordiale e questo spiega anche perche’, insieme con altri, e’ un mantra
utilizzato per il risveglio di Kundalini.

HUM
per Shiva, e’ uno dei piani di esistenza, e’ nada e bindu.
Anche questo e’ uno dei mantra cui si ricorre per il risveglio di Kundalini:
associato alla tecnica di controllo del respiro (pranayama) lo si recita
mentalmente nella fase di ritenzione. Anche a livello popolare vi si ricorre
per proteggersi dalla collera e dai demoni che, come la collera, sono forze
negative interiori.

KLIM
Le divinita’ associate in questo bijia mantra sono Kama, dio dell’amore e
Krishna (in ), nonche’ Indra, dio delle battaglie (in ). Nella
e’ espressa l’idea di accontentarsi.

KRIM
E’ il bija mantra usato di preferenza dai testi induisti per evocare la dea
Kali, Shakti di Shiva. Si tratta di una delle divinita’ complesse del
pantheon induista, che di Shiva potenzia l’aspetto di distruttore. Collegata
alla morte e al tempo, che tutto distrugge, e’ quindi un’energia tra le piu’
potenti, ma cio’ non autorizza a fermarsi all’immagine tramandata dai libri
di avventura. Sul piano spirituale, incarna le nostre paure piu’ profonde,
come il terrore dell’annullamento.

Placandola, si compie un passo verso il distacco dal mondo e dalle forme,
nella loro illusorieta’. dunque rappresenta qui Kali, e’ Brahama,
sta per Maya, l’illusione e , come si e’ gia’ visto in altri casi, e’
l’annullamento della sofferenza.

KASHRAUM
si riferisce all’avatara (incarnazione divina) di Vishnu ,come uomo
leone (il mito di riferimento e’ quello di un combattimento con un demone
potente), seguito da , per Brahama, da che reca l’immagine dei
denti puntati verso l’alto, e infine da come Bindu dissipatore delle
pene.

SHRIM
E’ il mantra seme di Lakshmi (sha). indica qui la salute, la
soddisfazione, e’ Bindu ,dissipatore delle pene. Di origine antichissima
come divinita’ della terra e della sua umidita’ fecondatrice, Lakshmi e’
divenuta nel pantheon induista la Shakti di Vishnu, il conservatore della
vita. Gli indu’ colgono la sua forza potente in ogni forma di ricchezza
terrena (compresa quella costituita dalle vacche, non casualmente chiamate
con il nome comune lakshmi), ma anche nella ricchezza dell’animo e nella
gioia interiore che ne proviene. Per questo, con il nome di Padma, e’ la dea
loto, simbolo in tutta l’Asia dell’illuminazione spirituale.

STRIM
Questo bija e’ composto da , che indica la liberazione dalle
difficolta’, da , ‘salvatore’, da , come forma di saluto, da ,
che evoca la grande dea Maya, infine da ,. nada e bindu.

IMPIEGO DEI BIJA MANTRA

Il bija viene recitato da solo, in composizione con altri o all’interno di
una sequenza di sillabe sacre che formano delle parole e possono arrivare a
una lunghezza notevole. A seconda del numero delle sillabe, un mantra assume
un nome diverso: per esempio un mala mantra e’ formato da piu’ di venti
sillabe.
Al di fuori dei rituali o di un’impostazione ascetica della propria vita, un
bija mantra puo’ costituire per chiunque una pratica quotidiana, nell’ambito
della quale si perseguono obiettivi non necessariamente elevati fino alla
liberazione spirituale, come il potenziamento delle proprie facolta’
intellettuali o il raggiungimento del benessere materiale. Ancora una volta
non si tratta, come nella nostra preghiera, di chiedere a Dio un beneficio
dall’esterno, ma di mettersi in sintonia dall’interno con il suono di
quell’energia che determina la condizione desiderata. Nei due esempi fatti,
il mantra per il potenziamento delle facolta’ intellettuali sara’ quello in
relazione con Sarasvati, mentre il mantra per il raggiungimento del
benessere intellettuale sara’ quello in relazione con Lakshmi.
Poiche’ in questi casi e’ prevista la ripetizione mentale del mantra per un
numero elevatissimo di volte, si rivela prezioso il supporto del rosario
indiano, chiamato a sua volta mala, formato da centootto grani, che viene
tenuto appoggiato sull’anulare e fatto scorrere in avanti dal pollice e dal
medio; l’indice di norma non tocca il rosario.

Per facilitare la concentrazione e il raccoglimento si usa anche accendere
bastoncini di incenso e delle piccole lampade in cui brucia dell’olio o del
ghee (burro chiarificato).

IL MANTRA DEL SOLE

A proposito dell’astro del sole si dice nel Rigveda:

Sorgi giocondo Sole che vede ogni cosa,
e che tutti gli uomini vedono,
occhio degli dei Mitra e Varuna,
colui che rotola sulle tenebre e le squarcia.
Il verso impiegato nel Rigveda e’ detto gayatri e questo e’ anche il nome
che definisce uno dei mantra piu’ sacri degli indu’ rivolto a Surya, il dio
solare, nella forma di Savituh. Vediamo dunque il gayatri mantra, seguito
dalla traduzione.

OM
BHUR BHUVAH SVAH
TAT SAVITUH VARENYAM
BHARGAH DEVASYA DHINANHI
DHIYO YO NAH PRACODAYAT
OM

OM
Divino stimolatore della sfera terrestre, atmosferica e celeste: noi
meditiamo su questo adorabile Savituh, splendore raggiante, che divide,
colora e muove la creazione. Noi lo contempliamo. Che egli ci possa
dirigere.

OM.

Il Rigveda parla del Sole, il cui culto presso gli indu’ e’ uno dei piu’
radicati e importanti, tanto da un punto di vista fisico quanto da un punto
di vista metafisico.

Come astro crea il giorno e da’ la vita alla terra e a tutta la natura, ed
e’ pertanto la causa di tutto cio’ che esiste; grazie al solo Brahama,
principio attivo della Creazione, si manifesta in questo mondo. Da un punto
di vista metafisico Surya diventa Savituh, lo Stimolatore, il creatore della
manifestazione. A Savituh, che viene rappresentato con occhi, mani e lingua
d’oro, sono dedicati undici inni completi. Come attesta il Rigveda, gli
uomini gli chiedono la remissione delle colpe:

“Qualunque sia l’offesa che abbiamo commesso contro di te, per debolezza o
fragilita’, o Savituh, allontana da noi il peccato”.

Anche nello Yajurveda gli si riconosce il potere di rimuovere gli ostacoli
che si incontrano nella vita, di natura oggettiva o soggettiva:

“O dio Savituh, creatore di tutto, allontana ogni impedimento ed elargisci
le tue benedizioni”.

Nel gayatri mantra riportato OM, che come sappiamo definisce il triplice
aspetto e la cosmogonia della creazione, e’ posto all’inizio e alla fine. Il
primo verso definisce i tre mondi: Bhu e’ la terra, Bhuva l’atmosfera e Svah
il cielo. Tat ha qui il significato di e varenym vuole dire
. Bhargah e’ parola composta da , che fa
riferimento alla classificazione delle cose create, da , che ne chiama
in gioco il colore, e da , che richiama il costante movimento della
creazione manifesta. Bhargah si identifica cosi’ con la divinita’
primordiale, che dimora nella regione del Sole con tutto il suo splendore e
la sua gloria, il sole che da’ la vita e la colora nel suo quotidiano
andirivieni. Devasya, genitivo (il sanscrito e’ una lingua flessiva, come il
greco antico o il latino) di Deva, indica la divinita’ di Savituh, che ha il
compito di presiedere alla creazione materiale e di provvedere alle
necessita’ di tutti gli esseri in cui si manifesta.

Dhimanhi e’ il verbo della meditazione; pertanto l’andamento logico della
frase e’:

< 'io (anche collettivizzabile in 'noi') medito su quell'adorabile
Savituh…’

e si conclude con una dichiarazione di devozione (dhiyo e’ appunto il
contemplare) e con una formula desiderativa (yo nah pracodayat: ).

UN’ALTRA FORMA DI SALUTO AL SOLE
Quello proposto e commentato non e’ l’unico mantra connesso al culto del
sole ne’, d’altra parte, la recitazione dei mantra solari e’ solo
l’espressione di una forma di culto. Nello Yoga sono impiegati per meditare
e arrivare al controllo di quell’energia che presiede alla vita e che ha
tanto una dimensione fisica (la recita del mantra e’ per questo associata
alla tecnica respiratoria) quanto una dimensione psichica (quella che nel
linguaggio comune definiamo vitalita’). Uno dei mantra piu’ semplici e nel
contempo molto efficaci di saluto al sole, suggerito da Swami Gitananda, che
e’ annoverabile fra i maggiori cultori contemporanei dello Yoga e’:

OM SURYAYA NAMAH

dove indica nel mantra la parola che si riferisce al culto di una
divinita’.

*Le sacre formule del culto di Brahama *

Il mantra del culto di Brahama puo’ avere l’obiettivo finale della
liberazione, o, riduttivamente, quello di conseguire il benessere o di
acquistare dei meriti.

Secondo le regole della grammatica sanscrita, il mantra puo’ variare
combinando le sillabe iniziali e finali delle parole nel rispetto di
determinati criteri. Cosi’ le parole singole del mantra sono , ma il mantra
diventa:

ONG SACHCHITEKAM BRAHAMA
(ONG, unica esistenza e intelligenza assoluta di Brahama)

dove ONG e’ la pronuncia gutturale di OM e ne costituisce una variante
comune (il discorso vale per tutti i bija mantra terminanti in ).
Nella recitazione yogica di questo mantra, arricchito da altre parole sacre
(per esempio , di cui si e’ gia’ detta la funzione, o il nome di
altre divinita’), si pratica una respirazione particolare, che consiste nel
chiudere la narice sinistra con l’anulare per respirare attraverso la
destra; il mantra viene cosi’ ripetuto per otto volte; successivamente si
chiude la bocca e con il pollice si blocca la narice destra; infine si
inverte la respirazione e si ripete il mantra per altre sedici volte.
La fase successiva del rito comporta la meditazione sulla shakti di Brahama
mediante il suo bija e un’offerta di gemme, profumi o comunque cose di
valore al supremo Signore:

Egli e’ l’offerta, il fuoco e l’officiante stesso. Egli e’ la meta verso cui
procede colui che medita sul pensiero, la cui azione stessa e’ Brahaman
(Bhagavad Gita, IV, 24).

Al termine del rito vengono recitati un mantra che impetra protezione e un
mantra conclusivo di saluto:

Possa l’anima suprema proteggere la testa,
possa il supremo signore proteggere il cuore,
possa il protettore del mondo proteggere la gola
possa il signore ovviveggente proteggere il volto,
possa l’anima dell’universo proteggere le mani
possa colui che e’ l’intelligenza stessa
proteggere i piedi,
possa l’eterno Brahaman proteggere sempre
tutto il mio corpo.

ONG, io mi inchino al supremo Brahaman, all’anima suprema, a colui che e’ al
di sopra di tutte le qualita’. Io mi inchino al Sayuiya, il sempre
esistente.

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