I poteri (siddhi) appartengono solo ai santi? cap9

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I poteri (siddhi) appartengono solo ai santi?

Le Chiavi Mistiche dello Yoga

di Guido Da Todi

Capitolo 9:

– I POTERI SPIRITUALI (SIDDHI) APPARTENGONO SOLO AI SANTI?

Una delle responsabilità che la vita spirituale inizia a delegare
all’uomo è quella di dovere avvicinare a sé – gradatamente e con buon
senso – la natura delle realtà superiori, e di assimilarne le qualità nella
propria sfera quotidiana e soggettiva.

Cosa vuol dire il concetto:” Fatti a somiglianza di Dio”?..

Di sicuro non si pretende che lo spiritualista debba compiere un balzo
squilibrato ed iniziare ad immaginare (perché solo di immaginazione si
tratterebbe) una sua effettiva santificazione, o una libertà dalle pesanti
catene materiali, da parte sua.

Ma cominciamo ad analizzarne la vita, sul sentiero.

Da quanto tempo egli si sente attratto e segue con passione i codici della
verità metafisica? Cosa ha imparato dalle sue letture ispirate e dalle sue
meditazioni quotidiane?
Cosa ha messo in pratica, sia dal punto di vista dell’amore all’umanità,
della gentilezza, della simpatia; oppure, quali attenzioni pone alle
energie che emette, e di cui è un indiscutibile creatore?

Pur se l’argomento metafisico contiene rivelazioni che è sinceramente
difficile, o impossibile, riscontrare nell’immediatezza delle nostre
logiche abituali, esso ne propone, comunque, delle altre che sono alla
portata di tutti noi.

Nessuno può negare che indicazioni come quella del potere della
visualizzazione, della necessità di mutare le condizioni della nostra
esistenza con un atteggiamento costruttivo ed ottimistico costante, del
rifiuto all’odio e alla discriminazione, della ricerca in noi di
una “radiazione rivelatrice del nostro Io Superiore” non siano mere
illusioni ed obiettivi al di fuori della nostra portata di mano.

È proprio possibile che i confratelli più avanzati sul sentiero stiano
sostenendo una costante e faticosa messa in scena inconscia, nel
manifestare una loro più o meno serena padronanza di quel territorio che
ancora sembra tanto ostico e lontano alla vista del ricercatore?

Sovente, l’attardarsi per anni nel rifiuto ad assimilare la teoria delle
rivelazioni trascendentali e nel diniego a sperimentarne i suggerimenti
costanti alla pratica crea delle zone soggettive interiori di forti
tensioni subconsce e un senso di vuoto esistenziale generale.

Di solito, il mondo privilegiato che il soggetto di cui parliamo crea nella
sua mente come riflesso dei suoi studi e delle sue prime motivazioni è ben
distante dalla realtà quotidiana che egli vive giorno per giorno.

Spesso egli si immagina in colloquio radioso nell’Ashram del proprio Guru,
oppure si compiace nella soddisfazione costante del feticcio dorato delle
sue conoscenze; o comunque si aggira stabilmente tra le vette di un mondo
a lui compiacente, caratterizzato da un atmosfera
indisturbata di forte assenso alle sue azioni.

In rapporto all’obiettivo finale della ricerca spirituale si hanno, spesso,
idee confuse.

È un dato costante il concetto di che attende la fine di ogni
sforzo sul sentiero. Ma, cos’è questa libertà?…
Vanno, di conseguenza, indicate alcune sue caratteristiche.

Intanto, la pratica della meditazione, della yoga, dell’introspezione
fedele e benevola verso ogni cosa e verso sé stessi provoca il sottile
fenomeno, in crescita costante, dell’attività radiante e vibratoria del
proprio essere.
Questo fenomeno riguarda tutti, nessuno escluso, i sinceri discepoli delle
verità universali.

Che essi si esprimano come dirigenti d’azienda, o come casalinghe, o come
operai, o in qualunque altra attività esistenziale, ognuno di essi
, in minore o maggiore misura, quella caratteristica serenità
di chi è e ne emana il profumo indefinibile.

Purtroppo, quando Patanjali, oppure le Sacre Scritture dei Veda parlarono
dei che sono destinati ad apparire lungo il sentiero vennero male,
o frettolosamente interpretati.

I sono un esteso fenomeno contemporaneo ed imprescindibile allo
sviluppo dell’intera umanità.
Essi rappresentano la vastissima e naturale eredità di tutti noi, non
appena penetriamo in quella dimensione di attività vibrante e radiante del
nostro essere.

E vanno, appunto, dall’intraducibile e soggettiva dei ricercatori che sperimentano la dilatazione del sé nell’amore
all’umanità, nel riscontro dell’unità delle cose tutte, allo sbalorditivo
ed elegante atto quotidiano di potere cosmico di Sai Baba (l’Incarnazione
dell’assoluto in terra), mentre con il miracolo della creazione.

Come al solito, Vita e Forma si accompagnano, sempre, lungo l’evoluzione
degli universi.

L’energia e la materia, nella loro danza e nei loro intrecci, creano un
caleidoscopio di mutazioni sublimi che costituiscono una
caratteristica dell’uomo, non appena egli si eleva nella
consapevolezza vissuta della loro intercambiabilità.

È, di conseguenza, un’imprescindibile necessità non procrastinabile che il
ricercatore delle cose metafisiche affronti e sperimenti il messaggio che
esse di continuo gli propongono.

Oltre a quella precisa caratteristica che la gente vede nelle
azioni e nella presenza dello spiritualista sincero e devoto, e che
costituisce sempre un benefico influsso globale e rigenerante su tutti
coloro che quest’ultimo avvicina, un altro aspetto di quei siddhi naturali
e primordiali prende a germogliare in lui.
Si tratta dell’ispirata rivelazione di quanto viene solitamente
chiamato: “La Voce del Silenzio” soggettiva.

Un flusso costante di Luce, in rapporto alle buone azioni, allo studio
elevato, alla pratica dell’amore universale dello spiritualista prende a
riscaldargli il cammino ed a caratterizzare le sue scelte e le sue azioni.

È ovvio che non si tratta di un elemento di fantasia; questo, lo
spiritualista lo sa bene! La in lui è troppo ardente,
oramai, perché possa venire messa in discussione da colui che la ospita.

Solo che ben raramente la modulazione di tanta armonica sublime verrà messa
in evidenza da chi ne è lo strumento, proprio per le qualità di pudore e di
totale impersonalità che ne hanno caratterizzato la faticosa ricerca sino a
quei momenti.

Mano a mano la ben nota, istintiva negazione all’abbandono sperimentale
all’amore, alla natura trascendente universale, alla fede nelle
spinte interiori di una superiore intuizione viene abbandonata.

La mente, che sottilizzava (“uccidendo il Reale”) tra i vari monismi e
dualismi, aspetti personali e impersonali di Dio, tra Essere e non Essere,
tra possesso dell’ego e sua distruzione si ammorbidisce e si fonde nella
visione unitaria dell’universo, liquefatta e disciolta da quel lago d’amore
per tutto ciò che esiste.

E tutto ciò avviene, comunque, nella vita , oppure
socialmente
dell’uomo e della donna di oggi.

…Siamo entrati nella Nuova Era!

(Guido Da Todi)

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