I principi delle meditazioni samatha, sul respiro e vipassana 3

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I principi delle meditazioni samatha, sul respiro e vipassana 3

Introduzione al Buddhismo Theravada:

Quinto Dialogo: I principi delle meditazioni samatha, sul respiro e vipassana

(parte 3)

di Guido Da Todi

Terza parte e fine del quinto capitolo di “Introduzione al Buddhismo
Theravada” – di Guido Da Todi
(Fine anche del testo)

“I principi delle meditazioni samatha, sul respiro e vipassana”

*****************

“…si radica…” continua Buddha, “…nell’osservazione del processo di
originazione
e del processo di dissoluzione del corpo, o in entrambi i processi. E’
consapevole
del fatto “qui c’è un corpo!” Fino al raggiungimento della comprensione e
della
piena consapevolezza. Egli mantiene l’osservazione, libero, non
intrappolato in
nessuna considerazione mondana, bhikku.
Così si pratica l’osservazione nel corpo.
Inoltre, in qualsiasi posizione si trovi il suo corpo, il praticante passa
in rassegna gli
elementi che lo compongono.
In questo corpo è l’elemento terra, l’elemento acqua, l’elemento fuoco e
l’elemento
aria. Come un abile macellaio, o un apprendista macellaio, uccisa una
vacca, si
siede al crocicchio di una via per squartarla in tanti parti…” (2600 anni
fa i macellai
lavoravano così….[Guido])…il praticante passa in rassegna gli elementi che
compongono il proprio corpo. In questo corpo è l’elemento terra, l’elemento
acqua,
l’elemento aria e l’elemento fuoco…”
Qui, Buddha affronta il concetto di morte. Che per lui è estremamente
importante; e,
di conseguenza, anche per i veri seguaci del Dharma. Un argomento che è
sovente
predicato da Buddha, e particolarmente seguito.
Ascoltate questo concetto della morte, dunque…Esistono dei monaci buddisti
theravada, che lo seguono, meditando, soli, nella foresta per mesi, per
mesi, e lo
apprezzano molto.
“…Inoltre…” dice Buddha, “…il praticante paragona il proprio corpo a un
cadavere,
che immagina di vedere…” (…forse – aggiunge Guido – qualcheduno rimarrà
perplesso, a questo punto. Ma non sapete, invece, come è importante rendersi
conto che noi ci muoviamo in una struttura biologica, destinata a
decomporsi… )
“…Inoltre, il praticante paragona il proprio corpo a un cadavere, che
immagina di
vedere, abbandonato in un cimitero, da uno a due giorni, gonfio,
illividito, in
putrefazione, e osserva: “…Il mio corpo è della stessa natura. Subirà la
stessa fine,
non può evitarlo in nessun modo…”
Io penso (interviene Guido) a tutti coloro, o a quelle, che stanno, ore e
ore, a
truccarsi, ad imbellettarsi, e ad essere fieri del loro corpo-cadavere….
Ma, se è questo il suo risultato finale, forse apprezzeranno qualche altro
concetto
che viene, qui, loro dato.
Stiamo sempre parlando della meditazione Vipàssana,
“…il praticante si radica nell’osservazione del corpo nel corpo, è
consapevole del
fatto: “Qui, c’è un corpo..” – fino al raggiungimento della comprensione e
della
piena considerazione. …
Ascoltate ancora come è dura questa meditazione… ma sapeste quanto bene vi
potrebbe fare…..
Essa scava dentro, nei più istintivi significati della vita.
Continua Buddha
“…il praticante paragona il proprio corpo a un cadavere, che immagina di
vedere
abbandonato in un cimitero, beccato dai corvi, dilaniato da falchi,
avvoltoi, sciacalli,
infestato da larve e vermi e osserva: “il mio corpo ha la stessa natura,
subirà la
stessa fine, non può evitarlo in nessun modo…”
Inoltre, il praticante paragona il proprio corpo a un cadavere, che
immagina di
vedere abbandonato in un cimitero. E’ solo più uno scheletro, con brandelli
di
carne e macchie di sangue, le ossa tenute insieme dai legamenti. Egli
osserva: “.. il
mio corpo ha la stessa natura, subirà la stessa fine, non può evitarlo in
nessun
modo…”
Questa è l’indicazione che ci rimane della meditazione Vipassana, dataci da
Buddha.
Io posso dirvi che, personalmente, Vipassana, ha tagliato e ha continuato a
sfrondare fronzoli interi di mie illusioni
L’insegnamento di Buddha non toglie altro che il pacco delle illusioni
samsariche…
Colui che dice:
“..Ah…, Buddha afferma che non esistiamo”
Ha ben poco capito della sua Dottrina!
No! Non dice questo!
Tu esisti, ma non sei rappresentato da quella trappola, da quella
cellettina, da quella
gabbietta di un sé isolato e separato…
Tu esisti perché il tuo “continuum mentale” continuerà a manifestarsi –
senza un
sé relativo che ti rappresenti…
….Ma, verrà il momento in cui capirai…ed allora, pezzi a pezzi, questa Forma
cadaverica si scioglierà, e tutto decadrà…
Comprenderai che il dolore è quello di innestarsi nel fatiscente mondo
delle forme
impermanenti.
Restatene isolato!…seppur consapevole di tutto ciò che esiste, ed
amandolo!
Resta a contemplare, come testimone, la tua vita. E aiutati con la
meditazione del
respiro, con tutto ciò che ti abbiamo dato finora; con la meditazione
Vipassana.
Aiutati con la retta consapevolezza, che qui abbiamo terminato di
spiegarti, e
l’Ottuplice Sentiero ti poterà avanti.
Ci resta sola l’argomento della “retta concentrazione”, da affrontare, per
finirne di
salire tutti gli otto scalini.
Man mano che tu ti spoglierai di ogni sovraccarico emozionale, e ti
toglierai di
dosso, a pezzi, l’argilla decomposta delle tue illusioni, che ti gravavano
addosso, ed
arriverai alla finale visione corretta delle cose, allora non ti resterà
più nulla.
E la tua concentrazione, la stabilità di pensiero, la consapevolezza finale
saranno
privi di quei chiassosi piaceri e contaminanti dolori samsarici
Avrai rintracciato, praticamente, il mozzo della bilancia; il Motore Immoto…
La retta concentrazione – oltre la gioia e il dolore – ti farà raggiungere,
allora, il
completo controllo e unificazione della mente.
Al Wu-Wei: l’Azione Inattiva di Budda
Con ciò noi abbiamo finito di analizzare l’Ottuplice Sentiero.
Ne abbiamo analizzato le quattro nobili verità.
…Io ho fatto un viaggio, con voi; è stato forse con un viaggio po’ pazzo,
perché si
dice che certe cose bisogna avere una forte presunzione per compierle….
Ma, è stato solo il desiderio di darvi un aiuto, e quella spinta iniziale a
che voi, da
qui, possiate continuare, in modo autonomo, a costruire, anche per gli
altri, “l’Isola
Oltre la Quale non Potrete Andare”……
Il grande Medico della Sofferenza, Buddha, colui che è stato il primo a
portare una
globale visione della libertà umana, la cui Dottrina ha sapore di libertà
come l’intero
mare ha sapore di sale, ebbene, Egli promette ancora qualcosa
E con questa sua promessa, augurandovi gioia e nirvana, io terminerò il
quinto
dialogo.
Nel suo modo di parlare fiorito, Buddha ci garantisce che in questa stessa
vita – se
noi applicheremo la conoscenza delle Quattro Nobili Verità e la
sperimentazione
delle regole che formano l’Ottuplice Sentiero – potremo essere liberi.
Ricordatevi che non c’è nulla, nell’intera rivelazione di Buddha, che non
sia
sperimentale e coerente alla Dottrina del Dharma.
Ogni elemento è necessario ad un altro elemento.
Non si può far meditazione senza conoscere e meditare a fondo le Quattro
Nobili
Verità; non si può far Vipassana, e non si può seguire la dottrina del
Buddha senza
viverle integralmente.
…Quando è che anche tu affronterai la strada del non ritorno?
Afferma Buddha:
“Bhikku, colui che pratica, per sette anni, i quattro fondamenti della
consapevolezza, può aspettarsi uno di questi due frutti: la più alta
comprensione in
questa vita, o, se rimane qualche residuo di afflizione, il frutto del non
ritorno”
Continua Buddha:
“ Bhikku, lasciamo stare i sette anni…Chiunque pratichi i quattro
fondamenti della
consapevolezza per sei, cinque, quattro, tre, due o un solo anno può
aspettarsi uno
di questi due frutti: la più alta comprensione in questa vita, o, se rimane
qualche
residuo di afflizione, il frutto del non ritorno.
Bhikku, lasciamo stare un anno… Chiunque pratichi i quattro fondamenti della
consapevolezza per sette, sei, cinque, quattro, tre, due mesi, un mese, o
un mezzo
mese soltanto può aspettarsi uno di questi due frutti: la più alta
comprensione in
questa vita, o, se rimane qualche residuo di afflizione, il frutto del non
ritorno.
Bhikku, lasciamo stare il mezzo mese…Chiunque pratichi i quattro fondamenti
della
consapevolezza per una settimana, può aspettarsi uno di questi due frutti,
la più alta
comprensione in questa vita, o, se rimane qualche residuo di afflizione, il
frutto del
non ritorno. ..”
Ecco perché abbiamo detto che il sentiero dei quattro campi di applicazione
della
consapevolezza è il sentiero meraviglioso, che aiuta gli esseri a
realizzare la
purificazione, trascendere il dolore e la tristezza, porre fine all’ansia e
alla
sofferenza, percorrere la retta via e realizzare il Nirvana.
I bhikku si rallegrarono all’udire l’insegnamento del Buddha e portandolo
nel cuore
cominciarono a metterlo in pratica… “
Ovviamente, Buddha parla di chi può raggiungere la libertà in questa vita,
in più o
meno tempo, a secondo del suo karma; però, ci apre un Grande Porta….
E allora, come è successo ai bhikku, ai monaci, i seguaci del Dharma, che si
rallegrarono nell’udire l’insegnamento del Buddha, e, portandolo nel cuore,
cominciarono a metterlo in pratica, io mi delizio di averne parlato con
voi, e vi
prego di portare nell’anima questo insegnamento e di capirlo… perché,
veramente
ed incredibilmente, voi avete ricevuto una possibilità di liberazione
inimmaginabile!

——————-

“Io mi rifugio in Buddha, io mi rifugio nel Dhamma, io mi rifugio nel
Sangha.
“Per la seconda volta, Io mi rifugio nel Buddha, io mi rifugio nel Dhamma,
io mi
rifugio nel Sangha”
“Per la terza volta, Io mi rifugio nel Buddha, io mi rifugio nel Dhamma, io
mi rifugio
nel Sangha”

*************

Suggerisco, a questo punto, di scaricare il file MP3 “Meditazione Vipassana
Guidata”, che il nostro Ivano ha reso disponibile su questa email, e di
seguirne i suggerimenti, in ambiente tranquillo e silenzioso.
Si tratta di un’utile esercitazione sulla fondamentale meditazione
corporale insegnata da Buddha, e che abbiamo spiegato, a fondo, nel testo
appena fornitovi.
Essa ha portato grandi benefici a coloro che l’hanno utilizzata, ed io
auguro che chiarisca anche a voi i meccanismi cosmici, vibranti e
suggestivi, celati nel vostro corpo.
Il monastero Santracittarama, grazie alle lezioni orali del suo Abate,
Ajahn Chandapalo, ne fa e ne continua a fare un valido uso.
Ecco, qui di seguito, le fondamentali rivelazioni, contenute nei Sutra
orginali Theravada, sui segreti e celati automatismi frementi
nell’inconscio del nostro corpo oggettivo.

Nota: i file audio MP3 dei dialoghi
possono essere scaricati al seguente indirizzo:
drive.google.com/drive/u/0/folders/0BwbxE3URfqExVDNSTEw2TFVnaHM

<<<<<<<<<<<<<< “In questo corpo alto quattro cubiti, con le sue percezioni e pensieri, c’è
il mondo, l’origine del mondo, la fine del mondo e la via che porta alla
fine del mondo.
(Anguttara Nikaya, IV, 451 – © copyleft
Ora, qual è la Nobile Verità dell’origine della sofferenza? È la sete di
sensazioni, che provoca ulteriore rinascita e, unita al piacere e al
desiderio, ora qui, ora là, trova sempre nuovi appigli. Ma da dove nasce
questa sete e dove mette radici? Laddove nel mondo ci sono cose dilettevoli
e gradite, là sorge questa sete e si radica. L’occhio, l’orecchio, il naso,
la lingua, il corpo e la mente sono gradevoli e dilettevoli: da essi questa
sete nasce e in essi mette radici.
(Samyutta Nikâya – © copyleft
Sono svegli, sempre vividamente svegli i discepoli di Gôtama, con
l’attenzione cosciente rivolta costantemente, giorno e notte, al corpo.
(Dhammapada, 299 – © copylef
Lo yakkha Sûciloma chiese: «Attaccamento, avversione e disgusto, delizia ed
orrore, da dove nascono? I dubbi che opprimono la mente – come monelli che
tormentano un corvo – da dove sorgono?». Il Buddha rispose: «Attaccamento e
avversione nascono da questo corpo; disgusto, delizia ed orrore pure; i
dubbi che opprimono la mente, come monelli che tormentano un corvo, nascono
dal
desiderio, dall’io, come germogli d’un albero di fico dei caprai; da
lontano e distante sono connessi ai piaceri dei sensi, come la liana è
diffusa nella giungla.
(Sutta Nipâta, II, 5 – © copyleft

Monaci, tutto brucia. L’occhio brucia, l’orecchio brucia, il naso brucia,
la lingua brucia, il corpo brucia, la mente brucia. Bruciano le forme
visibili, bruciano i suoni, bruciano gli odori, bruciano i sapori, bruciano
gli oggetti tangibili. Brucia la coscienza e le impressioni; così qualunque
sensazione, piacevole, dolorosa, o, anche, né piacevole né dolorosa, si
produca in seguito all’impressione sensoriale, anch’essa brucia. E in che
senso brucia? Brucia del fuoco dell’avidita, del fuoco dell’avversione, del
fuoco dell’illusione. Vi dico che brucia a causa della nascita, della
vecchiaia e della morte. Brucia per il dispiacere, per i lamenti, per i
dolori, per l’angoscia, per la disperazione.
(Âdittapariyâya-sutta – © copyleft
Proprio come la parola “carro” è solo un nome che definisce in che modo un
asse, delle ruote, stanghe e tavole sono assemblati insieme con certe
relazioni tra loro, ma in queste medesime parti, se prese separatamente,
non è ravvisabile alcun carro in senso assoluto; come la parola “casa” è
solo un nome che definisce in che modo il legno e altri materiali sono
stati montati con certe relazioni tra loro in uno spazio determinato, ma in
questi stessi materiali, se presi separatamente, non è ravvisabile alcuna
casa in senso assoluto; come la parola “pugno” è solo un nome per definire
la momentanea relativa posizione tra il pollice e le altre dita della mano
e come la parola “albero” è solo un nome che definisce l’insieme di tronco,
rami, frasche, foglie ecc., ma in senso assoluto non esistono alcun pugno
né alcun albero; esattamente nello stesso modo le parole “essere vivente”
e “persona” non sono che nomi per definire il modo in cui il corpo, le
sensazioni, le percezioni e la coscienza sono assemblati e in relazione tra
loro, ma in questi stessi elementi dell’essere, se presi separatamente, non
è ravvisabile in senso assoluto alcun essere o persona. In senso assoluto
esistono solo nomi e forme e il mistero che essi esprimono. Idee come “io”
e “io sono” non sono affatto assoluti.
(Visuddhi Magga – © copyleft
Coloro che hanno perso la consapevolezza del corpo, hanno perso il nibbâna.
Coloro che non hanno perso la consapevolezza del corpo, non hanno perso il
nibbâna. Coloro che non si sono avvalsi della consapevolezza del corpo, non
si sono avvalsi del nibbâna. Coloro che si sono avvalsi della
consapevolezza del corpo, si sono avvalsi del nibbâna.
Dopo aver udito ciò, un altro dei presenti, il bramino Jatukanni, domandò:
«Come il sole, che domina il mondo con la luce e il calore, anche tu,
maestro, sembri dominare il desiderio e il piacere. Io sono poco
intelligente. Come faccio a trovare e a comprendere il modo di rinunciare a
questo mondo in cui si nasce per invecchiare e morire?». Il Buddha rispose:
«Abbandona a sete di sensazioni. Osserva come, lasciando andare il mondo,
si trovi una profonda tranquillità. Non c’è bisogno d’aggrapparsi né di
rigettare nulla. Vivi nel presente senza aggrapparti, e allora potrai
andare in pace di luogo in luogo. C’è uno stato di bramosia che entra
nell’individuo e lo domina. Ma quando questa se ne va, è come se dal corpo
se ne andasse un veleno; allora la morte non ti spaventerà più».
(Sutta Nipata, 11 – © copyleft perle.risveglio.net)
Se il meditante osserva l’impermanenza della sensazione – gradevole,
sgradevole o neutra che sia – nel proprio corpo, se ne osserva il declino,
lo svanire, la cessazione e osserva nel contempo l’abbandono
dell’attaccamento a tale sensazione, allora i condizionamenti nascosti
della sete di sensazioni vengono eliminati.
(Samyutta Nikaya, 36 – © copyleft
«Monaci, osservate senza intermissione la decadenza inerente a questo
corpo; stabilite bene di fronte a voi la concentrazione sull’inspirazione
ed espirazione, e permanete nell’osservazione dell’impermanenza (aniccâ,
anityâ) di tutte le cose composte. Coloro che perdurano nell’osservazione
del degrado insito nel proprio corpo, abbandonano ogni tendenza passionale
verso ciò che appare attraente. Per colui la cui concentrazione
sull’inspirazione ed espirazione è ben fondata all’interno, la tendenza a
pensare cose esteriori associate a ogni forma di turbamento mentale non
esiste più. Colui che mantiene la messa a fuoco sull’impermanenza e il
degrado di tutte le cose composte abbandona l’ignoranza e dà spazio alla
conoscenza».
(Itivuttaka, 85- © copyleft perle.risveglio.net)
Si svegliano stando sempre vividamente svegli, i discepoli di Gôtama la cui
consapevolezza, giorno e notte, è immersa costantemente nel Buddha. Si
svegliano stando sempre vividamente svegli, i discepoli di Gôtama la cui
consapevolezza, giorno e notte, è immersa costantemente nel Dhamma. Si
svegliano stando sempre vividamente svegli, i discepoli di Gôtama la cui
consapevolezza, giorno e notte, è immersa costantemente nel Sangha. Si
svegliano stando sempre vividamente svegli, i discepoli di Gôtama la cui
consapevolezza, giorno e notte, è immersa costantemente nel corpo. Si
svegliano stando sempre vividamente svegli, i discepoli di Gôtama la cui
consapevolezza, giorno e notte, è immersa costantemente nella nonviolenza.
Si svegliano stando sempre vividamente svegli, i discepoli di Gôtama le cui
menti si dilettano, giorno e notte, nello pratica della meditazione.
(Dhammapada 296-301 – © copyleft perle.risveglio.net)
Inoltre, o monaci, quando un monaco cammina, si rende conto: “Sto
camminando”; quando è fermo, si rende conto: “Sono fermo”; quando è seduto,
si rende conto: “Sono seduto”; quando è disteso, si rende conto: “Sono
disteso”. E se a una cosa o all’altra si applica col suo corpo, egli è
perfettamente consapevole di ciò che succede. Che vada o che venga, è
cosciente di ciò che sta facendo; che guardi o distolga lo sguardo, è
cosciente di ciò che sta facendo; che si chini o si alzi, è cosciente di
ciò che sta facendo.
(Mahasatipatthana-sutta
«Ora, supponete che, su un basamento, vi sia un vaso pieno d’acqua fino al
bordo, tanto che i corvi possano bervi, e si faccia avanti un uomo con un
carico d’acqua. Pensate che troverebbe spazio in cui mettere la sua
acqua?». «No, signore». «Nello stesso modo, in chiunque la consapevolezza
immersa nel corpo è sviluppata, è perseguita, Mara non può entrare, Mara
non trova alcun appiglio».
(Majjhima Nikaya, 119 –
Quando contemplate il corpo tenendo l’attenzione sul corpo, non dovreste
nello stesso tempo intrattenere ogni sorta di idee a questo proposito; lo
stesso quando contemplate le sensazioni mantenendo l’attenzione sulle
sensazioni, dovreste percepirle senza intrattenere delle idee; lo stesso
vale per la contemplazione del cuore mantenendo l’attenzione sul cuore e
alla contemplazione dei pensieri mantenendo l’attenzione sui pensieri. I
pensieri dovrebbero essere solo oggetti mentali e non dovreste lasciarvi
andare ad alcuna associazione di idee connessa ad essi. In questo modo,
mettendo da parte le idee, la vostra mente diverrà tranquilla e stabile su
un punto solo. Allora entrerà in uno stato meditativo senza pensieri
discorsivi sperimentando gioia e rapimento.
Fa’ di te stesso un’isola, fa’ di te stesso il tuo rifugio; non c’è altro
rifugio. Fa’ dell’evidenza la tua isola, fa’ dell’evidenza il tuo rifugio;
non c’è altro rifugio. E come ti trasformerai in in un’isola e in un
rifugio per te stesso? In questo modo: osserva e contempla come il tuo
corpo sia composto da tutte le forze dell’universo. Ardentemente e
coscientemente dirigi il corpo trattenendo lo scontento per il mondo
circostante. Nello stesso modo, osserva e contempla le sensazioni del tuo
corpo ed esercita lo stessa fermezza ed autocontrollo verso la schiavitù
dell’avidità o del desiderio. Rendendoti conto che l’attaccamento al corpo
e alle sensazioni è un’ostruzione alla percezione della realtà, dimora
nella padronanza di te stesso e nell’ardente liberazione da quei legami. In
questo modo vivrai come un’isola per te stesso e come un rifugio per te
stesso. Chiunque si stabilizzi in questa contemplazione, rendendosi
un’isola con l’evidenza e rifugiandosi nella realtà, un tal persona passerà
dall’oscurità alla luce.
(Digha Nikaya, 16
«Molti venti diversi arrivano da ogni direzione. Alcuni sono tersi, altri
polverosi; alcuni sono caldi, altri freddi; ci sono tormente impetuose e
brezze sottili. Nello stesso modo le sensazioni sorgono nel corpo,
piacevoli, spiacevoli o neutre. Allorché il meditante le percepisce come
venti – che vengono e vanno, caldi o freddi, tersi o polverosi, tormente
impetuose o brezze sottili – egli le comprende appieno e si libera dalla
loro dipendenza. Comprendendo a fondo le sensazioni egli vedrà oltre il
mondo condizionato».
(Samyutta Nikaya
(Anguttara Nikaya I, 46) – © copyleft

(Guido Da Todi)

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