I qubit

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I qubit

di: Oscar Bettelli

Il fatto che proprietà quantistiche quali la polarizzazione di un fotone e lo spin di un elettrone
abbiano la capacità di assumere stati “intermedi”, le sovrapposizioni, significa che la logica a due
valori della computazione binaria è inadeguata per descriverne il comportamento. Agli inizi degli
anni novanta è stato coniato il termine qubit, abbreviazione di quantum bit, per descrivere l’unità
di memoria quantistica. Un qubit è come un bit classico poiché può immagazzinare uno 0 o un 1, ma ha
anche la capacità di contenere una sovrapposizione di stati.

Per capire in che modo questi stati arricchiscono le capacità di un computer è utile spiegare
brevemente la notazione. I simboli |0> e |1> sono etichette che contrassegnano gli stati quantistici
di un qubit e rappresentano i numeri 0 e 1. La manifestazione fisica di questi stati dipende
dall’hardware: nel caso della luce polarizzata, potrebbe significare polarizzazione orizzontale e
verticale. Da notare che è l’osservatore a scegliere la rappresentazione. Nel caso di un unico
qubit, per rappresentare una particolare sovrapposizione di |0> e |1> si scrive |0> + |1> (che non
coincide con 0 + 1). Nel caso della luce polarizzata |0> + |1> rappresenta la luce polarizzata a
metà strada tra l’orizzontale e la verticale, ovvero stati sovrapposti. Il generico stato a|0> +
b|1> rappresenta una sovrapposizione in cui le ampiezze sono a e b. Se un fascio di fotoni nello
stato a|0> + b|1> passa attraverso un filtro orizzontale il numero di fotoni che attraversano il
filtro sarà proporzionale al modulo quadro di a.

Il calcolo avviene considerando l’evoluzione nel tempo degli stati governati dalle equazioni della
meccanica quantistica che tiene conto di tutte le sovrapposizioni, è per questo che il calcolo non è
Turing computabile. Inoltre i fotoni possono essere correlati, entagled. I fotoni entangled sono
fotoni che essendo stati generati insieme condividono molte proprietà quantistiche. L’entanglement è
la caratteristica essenziale che rende la computazione quantistica molto più potente della
computazione classica.

Se si piazzano due filtri polarizzati ai lati di una sorgente di fotoni entagled, si scopre che
quando questi hanno la stessa angolazione, ogni fotone passa soltanto se il suo gemello fa
altrettanto. Le particelle entangled sembrano condividere qualche informazione su che cosa fare di
fronte a filtri polarizzati. I fotoni si scambiano informazione istantaneamente. Se si misurano
soltanto i fotoni che emergono da un lato della sorgente, la polarizzazione di ogni singolo fotone è
casuale e questo rende impossibile prevedere il risultato di una qualsiasi misurazione individuale
nel fascio. Tuttavia, se si misurano le polarizzazioni di entrambi i fotoni di una coppia
utilizzando una coppia di cristalli di calcite orientati nello stesso modo, si scopre che ogni
fotone si comporta sempre come il proprio gemello. Se un fotone emerge lungo il percorso del fascio
ordinario nel primo cristallo, allora possiamo prevedere con certezza che il suo gemello emergerà
lungo il percorso del fascio ordinario nel secondo cristallo.

Si dice che i risultati sono perfettamente correlati. Non vi è modo di spiegare la forza della
correlazione tra le polarizzazioni in termini di informazione classica. Nessun messaggio o segnale
viene scambiato tra le due particelle. L’apparente capacità dei sistemi quantistici di agire a
distanza è nota come non località. Alcuni teorici, in particolare David Bohm e i suoi seguaci, hanno
cercato di spiegare gli effetti quantistici non locali in termini di variabili nascoste usando un
“potenziale” che viaggia istantaneamente da un punto all’altro dello spazio, ma le idee di questo
genere cozzano contro la teoria della relatività che esclude segnali più veloci della luce. Benché
il fenomeno EPR sembri dare origine a una interazione istantanea tra due oggetti indipendentemente
dalla distanza che li separa, non concede in alcun modo di inviare segnali a velocità superiore a
quella della luce. Feynman indicò l’effetto EPR come prova dell’esistenza di fenomeni quantistici
che non si possono imitare esattamente su un computer classico, se questo deve funzionare in modo
completamente locale. Un computer quantistico esibirebbe questa notevole proprietà.

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