I risonatori sferici di Helmholtz

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I risonatori sferici di Helmholtz

Concepiti da H.L.F. von Helmholtz (1821-1894), questi apparati sono destinati a determinare ad
orecchio, grazie al fenomeno della risonanza, se un suono possieda una determinata frequenza.
Inizialmente, Helhmoltz utilizzò dei semplici vasi sferici di vetro; in seguito, Koenig gliene
costruì una serie apposita sempre in vetro, poi in metallo.

Le sfere cave hanno due aperture: l’una, più larga e a collo molto corto, in comunicazione con
l’ambiente; l’altra, più stretta e lunga, adatta ad essere introdotta nel condotto uditivo. La massa
d’aria contenuta nel risonatore e la membrana del timpano vengono a costituire un sistema elastico:
la frequenza propria della cavità viene considerevolmente rinforzata per risonanza e l’orecchio la
percepisce distintamente fra le altre eventualmente presenti nel suono.

Koenig unì le caratteristiche delle capsule manometriche e dei risonatori sferici, collegando il
piccolo condotto da introdurre nell’orecchio con l’ingresso per il suono della capsula, ottenendo un
apparato capace di rendere visibile la risonanza stessa.

Le formule che forniscono la frequenza propria dei risonatori furono ottenute, sia
empiricamente, sia analiticamente grazie al lavoro di vari sperimentatori e matematici
dell’Ottocento. L’osservazione più antica, che per un dato risonatore la nota rinforzata dipende
principalmente dal suo volume, è attribuita a Liscovius, il quale trovò che la nota emessa da una
fiasca in parte riempita d’acqua non veniva alterata inclinandola, cioè variando la forma della
cavità e non il volume.

La dipendenza della frequenza dal volume fu confermata scientificamente da Sondhauss il quale,
nel caso di imboccatura senza collo, ricavò (1850) la formula empirica per la frequenza di
risonanza. Dieci anni dopo fu derivata teoricamente da Helmholtz. Nel 1870, contemporaneamente
Sondhauss e Rayleigh giunsero, rispettivamente per via sperimentale e teorica, alla determinazione
del comportamento generale dei risonatori con imboccatura.

Il comportamento di una cavità acustica in risonanza forzata può essere schematizzato secondo il
modello di Rayleigh che fa corrispondere il risonatore acustico ad un oscillatore meccanico forzato
con smorzamento. Nello stato stazionario la frequenza, la fase e l’ampiezza dipendono solo
dall’intensità e dalla frequenza della sollecitazione e dalle costanti del sistema oscillante. In un
buon risonatore acustico utilizzato come analizzatore, la dissipazione deve essere la più piccola
possibile di modo che la curva di risonanza sia alta e stretta.

Per comprendere quale sia la sensibilità con cui ad orecchio si possa cogliere l’esistenza di
una differenza di frequenza fra due note, si consideri che, in campo musicale, l’intervallo di
semitono corrisponde al rapporto fra un suono e il successivo pari a 256/243 = 1.0535 e l’intervallo
di comma, pari al rapporto 81/80 = 1.0125, è considerato il limite della sensibilità normale. Studi
di acustica fisiologica, iniziati da Helmholtz (1863), hanno permesso di constatare come la
percezione uditiva dipenda sia dalla frequenza che dall’intensità del suono nel caso di suoni
semplici. Nel caso dei suoni musicali o naturali, il suono è ricco di armoniche e ciò complica la
risposta dell’orecchio: la fase e l’ampiezza relativa delle componenti divengono determinanti.

Dall’esame dei risonatori presenti nel Museo, si può ipotizzare che il metodo fine normalmente
applicato per intonarli, una volta costruiti, fosse di operare minimi aggiustamenti sulla lunghezza
e la sezione dell’imboccatura. In questi termini si potrebbe spiegare il fatto che la forma
dell’imboccatura di alcuni non è cilindrica ma tagliata, dal lato esterno, secondo un piano non
perpendicolare all’asse (quindi a sezione ellittica).

Verificati oggettivamente, fra i suoni semplici i risonatori effettivamente esaltano, a meno di
qualche vibrazione, quello per il quale sono stati realizzati e tarati: le curve di risposta sono
strette, il che garantisce di ben distinguere ad orecchio, al variare della frequenza, la condizione
di risonanza.

Verificandone soggettivamente la bontà, chiudendo l’altro orecchio, avvicinando e allontanando
l’imbocco auricolare, è facile distinguere l’esistenza della risonanza, a meno di qualche hertz, al
variare della frequenza del suono puro esaminato, anche a distanze dell’ordine dei metri. Per suoni
musicali complessi l’evidenza soggettiva è minore, come minore è all’aumentare della frequenza di
risonanza.

Il Museo possiede una collezione di 23 risonatori di Helmholtz composta da una serie di 18
risonatori sferici in ottone (in origine 19), costruita da Koenig, con frequenza di risonanza fissa,
intonati sul DO1=64 Hz e sulle sue armoniche superiori. All’imboccatura di ognuno è incisa la sigla
del costruttore ed il numero progressivo che gli compete nella serie; inoltre, se la frequenza
propria corrisponde ad una nota, vi è inciso anche il nome di questa. Dei rimanenti 5 risonatori
siglati da Koenig, probabilmente non appartenenti alla precedente serie poiché non riportano né il
numero progressivo né la nota, non sono conosciute le frequenze proprie.

(Daniele Rebuzzi)

phys.uniroma1.it/DOCS/MUSEO/acu12.htm

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