I segni della perdita di coscienza in anestesia totale

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I segni della perdita di coscienza in anestesia totale

05 marzo 2013

Una nuova ricerca ha individuato andamenti caratteristici nell’elettroencefalogramma di soggetti
sottoposti ad anestesia generale che indicano in modo preciso la perdita e il recupero della
coscienza. Il risultato apre la strada a un diffuso utilizzo di questa metodica per monitorare lo
stato cerebrale dei pazienti durante gli interventi chirurgici (red)

lescienze.it

Specifici schemi nel tracciato dell’elettroencefalogramma (EEG) potrebbero essere utilizzati per
tracciare il passaggio dalla coscienza e viceversa durante l’anestesia generale. È quanto riportano
in un articolo sulla rivista “Proceedings of the National Academy of Sciences” Patrick L. Purdon e
colleghi che hanno monitorato l’attività elettrica del cervello di un gruppo di soggetti mentre
venivano somministrate loro dosi crescenti di propofol, un anestetico di penultima generazione.

L’anestesia generale è un stato indotto farmacologicamente che comprende incoscienza, amnesia,
analgesia e immobilità, mantenendo stabili tutti i parametri fisiologici. La pratica ha
rappresentato una delle più grandi conquiste della medicina moderna, ma benché sia effettuata ogni
giorno nelle sale operatorie di tutto il mondo, gli esatti meccanismi con cui induce incoscienza nel
paziente rimangono tutt’ora un mistero.

I metodi standard per stabilire se un soggetto è stato adeguatamente anestetizzato comprendono
misure indirette, quali le variazioni del battito cardiaco, della pressione sanguigna e del tono
muscolare, confrontate con specifici algoritmi che tengono conto dell’assorbimento e della
distribuzione dei farmaci somministrati nell’organismo, nonché della durata dei loro effetti.

Per monitorare lo stato cerebrale di un soggetto anestetizzato, il modo più diretto è comunque
l’EEG. Un esperimento condotto nel 1937, dimostrò per la prima volta l’esistenza di sistematiche
variazioni nel tracciato EEG in seguito alla somministrazione di diverse dosi di etere e di
pentobarbital, un barbiturico che divenne disponibile a fini chirurgici proprio negli anni trenta
del Novecento. Nonostante i le numerose esperienze fatte in questo campo nei decenni successivi,
attualmente non esiste un insieme di marcatori affidabili nel tracciato EEG dei livelli di coscienza
durante le varie fasi dell’anestesia generale.

In quest’ultimo studio, gli autori hanno utilizzato una EEG ad alta densità, cioè con una quantità
di elettrodi applicati allo scalpo nettamente superiore ai 20 della metodica standard, applicandola
a 10 soggetti a cui venivano somministrate dosi sempre più elevate di propofol. L’analisi dei
tracciati ha permesso d’identificare alcuni andamenti caratteristici: in particolare, la perdita di
coscienza è segnata da un incremento delle onde di bassa frequenza (inferiore a 1 herz) associato a
una diminuzione della coerenza delle oscillazioni alfa della zona occipitale (un indice della
sincronizzazione dell’attivazione dei neuroni in questa regione cerebrale), e alla comparsa di
oscillazioni alfa coerenti nella zona frontale. Le variazioni di attivazione cerebrale risultavano
invertite nella fase di recupero della coscienza.

Questi specifici marcatori rappresentano “firme” che consentono di tracciare in modo preciso le
transizioni da e verso la coscienza che potrebbero essere utilmente integrate nelle strategie di
monitoraggio dei pazienti durante l’anestesia generale.

www.pnas.org/cgi/doi/10.1073/pnas.1221180110

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