I segreti del palmeggiamento
di: Rishi Giovanni Gatti per Ecplanet.net
Uno dei grandi contributi del grande W.H. Bates, M.D., è quello di aver inventato la parola
palming che noi abbiamo reso in italiano coniando il termine palmeggiamento per indicare un
procedimento di rilassamento che quando riesce bene risolve praticamente subito il problema della
vista imperfetta e di tutte le malattie organiche dell’occhio per le quali la scienza ufficiale
dimostra la sua impotenza.
Il metodo del palmeggiamento è molto semplice, e come viene spiegato nel capitolo ad esso dedicato
dallo stesso Bates nel suo libro originario Vista Perfetta Senza Occhiali (pubblicato in italiano
da Juppiter Consulting, Milano) si basa essenzialmente sulla capacità della mente di ritrovare il
suo stato naturale di rilassamento e di assenza di sforzo regolandosi sullo sfondo nero che si
dovrebbe vedere quando si chiudono gli occhi e li si coprono con le mani senza toccarli, escludendo
tutta la luce.
Quando questo succede nel giro di pochi istanti, una volta applicate le mani, il paziente, il
ricercatore di vista perfetta, può tranquillizzarsi e sapere che la guarigione è a portata di mano,
e si tratta solo di abituarsi a riprodurre automaticamente questa condizione di rilassamento anche
ad occhi aperti, quando si esercita normalmente il senso della vista, in tutte le condizioni,
interiori ed esteriori. Sia il Dott. Bates che la sua assistente Emily confermano questa verità
raccontando innumerevoli casi più o meno gravi guariti dopo poche sedute di palmeggiamento ben
riuscito: cataratta, maculopatie, strabismo, e i più comuni errori di rifrazione, subito vengono
alleviati se il paziente è in grado di vedere nero quando ha gli occhi coperti e la luce viene
esclusa totalmente grazie alle mani che fanno da schermo.
Sfortunatamente ai nostri tempi ciò non accade così spesso come accadeva allora: probabilmente su
dieci persone che si cimentano con il palmeggiamento, solo una o due saranno in grado di applicarlo
positivamente e con successo sin da subito. Il resto, la grande maggioranza, si accorge di vedere,
non ostante il buio, ogni sorta di colore e di macchia, di striature, di lampeggiamenti, di rumori
di fondo. Persone malate seriamente di glaucoma, di cataratta, vedranno sfondi bianchi anziché neri,
nuvole dense, macchie iridescenti e cangianti molto fastidiose. Chi soffre di astenopia di solito
vede una specie di nebbia, tutta instillata di puntini fosforescenti più o meno luminosi, e quando
si sforza di vedere al buio, ad esempio in una stanza illuminata solo dalla luce dei lampioni
cittadini che filtrano dalle gelosie o dalle tapparelle, in genere vede sagome indistinte annegate
in questa nebbiolina pulsante che è fonte di ulteriore nervosismo.
In certi casi, è possibile che questo sfondo non nero sia ancora meno nero ad occhi chiusi che ad
occhi aperti, il che appare del tutto antiscientifico (come fa l’occhio a vedere la luce ad occhi
chiusi e a non vederla ad occhi aperti?). È indubbio che l’origine di questa non-nerezza è nel
cervello, nella mente, in uno sforzo mentale che si compie per vedere. In certi casi peculiari,
questo sforzo è maggiore ad occhi chiusi, e accorgersi di questo porta ad una rapida guarigione,
perché il paziente capisce che è il suo fare che è sbagliato, non l’occhio che è fuori fuoco. Per
entrare più in profondità in questi meccanismi inconsci, il Dott. Bates spiega nel suo libro alcune
strategie che si possono provare per verificare se il tono di nero può migliorare e con esso lo
sforzo diminuire. Sostanzialmente, tutto si basa su come ottenere il rilassamento, l’assenza di
sforzo.
Escludendo gli stimoli disturbanti, il ricercatore, ad occhi chiusi e coperti, è più libero di
spaziare con la sua consapevolezza intorno al campo visivo e alla sua stessa mente, e abituarsi così
a scoprire come è possibile lasciarsi andare e lasciare che il nero si approfondisca da sé.
Romanticamente, l’ambiente migliore dove fare questi esperimenti sembrerebbe essere un luogo
eccezionalmente tranquillo, al riparo da fonti di disturbo luminose, elettriche, sonore,
psicologiche, umane. Un prato in cielo aperto, l’ombra di un albero ai margini di un bosco, o magari
una grande chiesa deserta, o un centro di meditazione, sono tutti luoghi d’elezione per questo tipo
di pratiche. Ma… dove trovare luoghi del genere oggigiorno? Ebbene, si sta diffondendo anche in
Italia una cultura del rilassamento che utilizza la “vasca di deprivazione sensoriale”, inventata
da un altro medico americano, J.C. Lilly, negli anni Cinquanta, per ricreare una serie di condizioni
favorevoli al rilassamento psicocorporeo, e quindi anche alla pratica del palmeggiamento.
In questa speciale vasca, perfettamente insonorizzata, dove non filtra luce alcuna e la temperatura
è portata ai canonici 36 gradi corporei, una soluzione salina ad alta densità sostiene il corpo in
modo tale da falro fluttuare silenziosamente, ricreando una condizione di assenza di gravità molto
particolare. Durante il galleggiamento, i muscoli si rilassano e la mente è libera di non
preoccuparsi più di niente, e di osservare, ad occhi chiusi e ad occhi aperti, come il sottofondo di
non-nero dovuto alla presenza di sforzo per vedere sia una condizione creata dal soggetto stesso, e
che è possibile in qualche modo riportare sotto controllo e fare svanire.
Nell’assenza di stimoli esterni, tutto ciò che accade alla mente e alla visione deve intendersi
auto-generato. Ci si accorge allora che un pensiero sbagliato, ad esempio il ricordo di qualcosa di
negativo, che giudicato come tale ha interferito con il nostro stato naturale di felicità e di
benessere, aumenta la gradazione di non-nero e diminuisce la tranquillità, portando ad un
peggioramento della visione. Al contrario, ricordare colori piacevoli, o figure, o oggetti, o azioni
compiute in stato neutrale, da persona rilassata e a proprio agio, rende subito il tono di nero più
intenso e il palmeggiamento virtuale, indotto nella vasca, più efficace.
Galleggiare per un’ora o più nella vasca di Lilly con regolarità più volte al mese può velocizzare
di parecchio la pratica che il ricercatore di vista perfetta necessita per imparare a palmeggiare
con successo e trarre un beneficio definitivo da questa importante pratica batesiana: una volta
terminata la sessione, ci si accorge subito della migliorata qualità delle proprie percezioni; nel
caso della vista, la visione dei dettagli è aumentata, anche se le condizioni luminose sono scarse;
l’occhio assume più mobilità, è più vivo, e ha meno fastidio quando deve guardare oggetti che
abitualmente vede male Ma l’effetto più importante non è sul corpo ma sulla mente e le sue
identificazioni.
In sostanza, il Sistema Originale di Bates è un metodo di auto-trattamento che insegna come creare
una discontinuità tra la mente che vive sotto un continuo sforzo e l’osservatore che ne è il vero
padrone, e con questo restituire a noi tutti il pieno controllo delle nostre facoltà umane.
Dimostrarne i principi nelle condizioni create dalla vasca di Lilly non può che essere un grande
aiuto per chi vuole arrivare presto alla guarigione permanente della vista imperfetta.
Per ulteriori informazioni:
Rishi Giovanni Gatti
Direttore de IL FALCO per l’educazione alla vista perfetta
Phone: +39 025275500
E-mail: direttore@sistemabates.it
www.sistemabates.it
In collaborazione con Associazione cosmic.mind
www.cosmicmind.it
Lascia un commento