di Cristina Bacciotti
CHI SONO GLI ESSENI?
Chiamati anche nazareni – Nazareth era un loro presidio molto importante – è
il popolo da cui discende Gesù Cristo e che si presume vivesse vicino a
Masada. Gli esseni erano contadini, frutticoltori e profondi conoscitori
delle proprietà delle erbe, dei cristalli e del colore con i quali curavano
tutti coloro che richiedevano il loro aiuto.
Detenevano quindi un’antica conoscenza, tramandata da Atlantide, portata in
Palestina da Mosè e dal suo popolo (gli esseni) e divulgata successivamente
in Europa dagli egizi. Medici e guaritori, con leggi e tradizioni ortodosse,
imponevano a chi desiderava entrare nella loro comunità delle iniziazioni
che duravano fino a sette anni.
La loro era una stirpe reale, proveniente da una razza e cultura diversa da
quella dei rabbini e farisei del Tempio di Gerusalemme. Convinti
vegetariani, non facevano sacrifici a Dio e dedicavano molto del proprio
tempo a ringraziarlo, attraverso le preghiere che rivolgevano agli Angeli, a
cui erano particolarmente devoti.
Si dice che si alzassero all’alba e andassero nei boschi a chiamare le
energie angeliche, con le quali si intrattenevano in modo molto naturale.
Abbandonate le vanità del mondo, si erano ritirati ad una vita semplice che
consentiva di avvicinarsi allo spirito per viverlo nella materia come
successivamente Gesù il Cristo (cristhos = “sapere”) ci ha ampiamente
raccomandato.
Si dice che il loro nome abbia una radice ebraica hasidim (“Pii”); altri
sostengono che esseni derivi dall’aramaico asya (“medico”). Ciò che di
“ufficiale” si sa di loro ci viene tramandato dagli scritti di Plinio il
Vecchio, Flavio Giuseppe, Filone Alessandrino e dai Rotoli di Qumran
ritrovati a Qumran, vicino al mar Morto, intorno al 1947. Questi antichi
rotoli, decodificati dall’ebraico antico e dall’aramaico, sono stati solo
parzialmente divulgati. Perché non lo sono stati interamente? Cosa
contenevano di così pericoloso?
LA SPIRITUALITÀ ESSENA
Molti dei loro insegnanti spirituali sono presenti in numerose religioni. In
particolare, l’aspetto esoterico dell’insegnamento esseno era rappresentato
dall’albero della vita e dalle comunioni essene con gli angeli di cui
troviamo traccia nel libro Il Vangelo Esseno della Pace dove gli angeli
vengono chiamati energie elettromagnetiche della luce, dell’aria, della
terra, dell’acqua e del sé.
L’esperienza essena si ritrova nello Zend Avesta di Zarathustra, negli
insegnamenti dei Veda e nel buddismo, dove il “sacro albero
dell’illuminazione”
non è altro che l’albero della vita. In Occidente contribuirono alla ricerca
spirituale dello gnosticismo, della Cabala e del Cristianesimo.
Uno tra i principali argomenti di studio della comunità essena riguardava il
tema della resurrezione del corpo che trovava il suo fondamento nella
convinzione che ci sarebbe stato un tempo (il nostro) in cui il corpo
sarebbe risorto a nuova vita; un tempo in cui l’uomo avrebbe sconfitto la
morte e i “figli della luce” (come gli esseni si definivano) avrebbero
vissuto nella Luce.
Il pensiero esseno sosteneva anche che l’essere umano, in accordo con il
proprio Dio interiore, custodisce un “progetto dell’anima” e che, aiutato
dai propri angeli custodi, dalle guide e dai maestri, arriva sulla Terra per
imparare ciò che si è prefisso, acquisendo integrità ed esperienza per
crescere nella consapevolezza di essere di luce.
L’uomo ha quindi il suo destino di predestinazione e poco può fare per
cambiarlo; può agevolarlo o ritardarlo, ma è solo una questione di tempo.
Concetti quali “la vita dell’anima” e “la coscienza dopo la morte fisica”
erano ampiamente insegnati nelle loro scuole di saggezza e nello studio dei
simboli come l’albero della vita.
Per meglio conoscere la grande esperienza spirituale tramandata dagli
esseni, occorre risalire al tempo del faraone egizio Amhenotep IV o
Akhenaton della XVIII dinastia, che impose il culto monoteistico del disco
solare Aton. Venuto sulla Terra con il preciso compito di divulgare alcune
conoscenze sull’unico dio Aton, Akenathon si dedicò alla preparazione di un
popolo che successivamente avrebbe per primo prodotto un cambiamento nella
coscienza, iscritto nel DNA delle generazioni successive e che si sarebbe
risvegliato a tempo debito. Il popolo in questione erano gli esseni, portati
successivamente in Palestina da Mosè, che alcuni sostengono essere stato
Akenaton stesso.
L’EREDITA’ SPIRITUALE DEGLI ESSENI
Un bellissimo colloquio fra Carlos Castaneda e Don Juan suo maestro dice:
“Un improvviso colpo di vento mi colpì, facendomi bruciare gli occhi.”
Guardai il punto in questione e vidi che tutto era normale.
“Non riesco a vedere niente” dissi. “L’hai appena sentito” – rispose lui –
“Cosa? Il vento?”. “Non solo il vento”, disse lui, “Ti può sembrare il
vento, perché il vento è la sola cosa che conosci”.
Gregg Braden, famoso geologo e spiritualista americano, dice che noi siamo
coloro che “camminano tra i mondi”, i pionieri, ovvero coloro che hanno un
piede nella vecchia concezione del mondo e un altro nel nuovo risveglio che
conduce a ricordare chi siamo veramente. Si sta ristabilendo il contatto con
gli angeli, con quelle energie elettromagnetiche che sono perfettamente
consapevoli e vive intorno a noi.
Riflettete: che cosa sta succedendo? Quante sono le cose che non conosciamo?
Le nostre convinzioni tradizionali e i nostri condizionamenti si stanno
sgretolando per lasciar spazio a nuovi modi di essere e di pensare, ad
emozioni capaci di risvegliare in noi quelle parti addormentate da molto
tempo.
A questo proposito gli esseni ci hanno tramandato una “tecnologia” che ci
permette di velocizzare questo processo di trasformazione, rendendolo al
tempo stesso più armonioso e gentile. Si tratta di una “tecnologia
interiore”, arrivata a noi grazie al prezioso lavoro di Gregg Braden, nota
come I Sette Specchi Esseni dei rapporti umani e della compassione.
Applicare questa tecnologia alla propria vita implica un cambiamento nelle
emozioni e il raggiungimento della serenità e della quiete; tutto il mondo
intorno a noi cambierà, perché ciò che noi siamo nel presente cambierà.
L’uomo crea infatti la propria realtà attraverso i pensieri e le emozioni;
intervenire su pensieri ed emozioni può quindi cambiare il mondo intero.
Alcuni potrebbero obiettare che si tratta di un concetto semplicistico e
incapace di modificare realtà devastanti, quali la fame nel mondo e le
guerre in atto in vari Paesi. Ma tutto inizia dal primo mattone; se il primo
passo è un atto di pace e di comprensione di ciò che si è nel presente,
tutti i rapporti umani ne avranno un beneficio e chi sta di fronte cesserà
di essere il nemico.
Di seguito riportiamo la “tecnologia” relativa ai Sette Specchi e alcuni
passaggi tratti dalla videoconferenza Camminare tra i Mondi di Gregg Braden.
I SETTE SPECCHI ESSENI
Gli antichi esseni identificarono, forse meglio di chiunque altro, il ruolo
dei rapporti umani definendoli in sette categorie: sette misteri
corrispondenti ai vari tipi di rapporto che ciascun essere umano avrebbe
sperimentato nel corso della propria vita di relazione. Gli esseni hanno
definito queste categorie “specchi”, ricordandoci che, in ogni momento della
vita, la nostra realtà interiore ci viene rispecchiata dalle azioni, dalle
scelte e dal linguaggio di coloro che ci circondano.
Il primo Specchio Esseno riguarda la nostra presenza nel momento presente.
Il mistero è incentrato su cosa noi inviamo, nel presente, alle persone che
ci stanno accanto. Quando ci troviamo circondati da individui e modelli di
comportamento in cui dominano la rabbia o la paura, lo specchio funziona in
entrambi i sensi. Potrebbe invece trattarsi di gioia, estasi e felicità
perché ciò che vediamo nel primo specchio è l’immagine di quello che noi
siamo nel presente. Chi ci è vicino ce lo rimanda, rispecchiandoci.
Il secondo Specchio Esseno ha una qualità simile alla precedente, ma è un
po’
più sottile, anziché riflettere ciò che siamo, ci rimanda ciò che noi
giudichiamo nel presente. Se siete circondati da persone, i cui modelli di
comportamento vi provocano frustrazione o scatenano la vostra rabbia e se
percepite che quei modelli non sono vostri in quel momento, allora
chiedetevi: “Mi stanno mostrando me stesso nel presente?”.
Se potete onestamente rispondervi con un no, c’è una buona probabilità che
vi stiano invece mostrando ciò che voi giudicate nel momento presente. La
rabbia, l’astio o la gioia che voi state giudicando.
Il terzo Specchio Esseno è uno degli specchi più facili da riconoscere,
perché è percepibile ogni volta che ci troviamo alla presenza di un’altra
persona, quando la guardiamo negli occhi e, in quel momento, sentiamo che
accade qualcosa di magico. Alla presenza di questa persona, che forse non
conosciamo nemmeno, sentiamo come una scossa elettrica, la pelle d’oca sulla
nuca o sulle braccia. Che cosa è successo in quell’attimo?
Attraverso la saggezza del terzo specchio ci viene chiesto di ammettere la
possibilità che, nella nostra innocenza, rinunciamo a delle grosse parti di
noi stessi per poter sopravvivere alle esperienze della vita. Queste “parti
di noi” possono venir perse più o meno consapevolmente, o portate via da
coloro che esercitano un potere su di noi.
Se vi trovate in presenza di qualcuno e, per qualche motivo inspiegabile,
sentite l’esigenza di passare del tempo con lui, ponetevi una domanda: che
cos’ha questa persona che io ho perduto, ho ceduto, o mi è stato portato
via? La risposta potrebbe sorprendervi molto, perché in realtà riconoscerete
questa “sensazione di familiarità” quasi verso chiunque incontriate. Vedrete
cioè delle parti di voi stessi in tutti. Questo è il terzo mistero dei
rapporti umani.
Il quarto Specchio Esseno è una qualità un po’ diversa. Spesso nel corso
degli anni ci accade di adottare dei modelli di comportamento che poi
diventano tanto importanti da farci riorganizzare il resto della nostra vita
per accoglierli. Sovente tali comportamenti sono compulsivi e creano
dipendenza. Il quarto mistero dei rapporti umani ci permette di osservare
noi stessi in uno stato di dipendenza e compulsione. Attraverso esse
rinunciamo lentamente proprio alle cose cui teniamo di più, le cediamo, le
lasciamo.
Ad esempio, quando parliamo di dipendenza e compulsione, molte persone
pensano all’alcol e alla nicotina. Ma ci sono altri modelli di comportamento
più sottili; si pensi all’esercizio di controllo in ambito aziendale e in
famiglia, alla dipendenza dal sesso e dal possedere o generare denaro e
abbondanza. Quando una persona incarna un simile modello di comportamento,
può star certa che il modello, che pur è bello di per sé, si è creato
lentamente nel tempo.
Se riorganizziamo le nostre vite per far posto al modello dell’alcolismo o
all’abuso di sostanze, forse stiamo rinunciando a porzioni della nostra vita
rappresentate dalle persone che amiamo, dalla famiglia, dal lavoro, dalla
nostra stessa sopravvivenza. Il tratto positivo di questo modello è che può
essere riconosciuto ad ogni stadio, senza dover arrivare agli estremi e
perdendo tutto. Possiamo riconoscerlo, guarirlo e ritrovare la nostra
interezza ad ogni step.
Il quinto Specchio Esseno è forse il più potente in assoluto, perché ci
permette di vedere meglio, e con maggiore profondità degli altri, la ragione
per cui abbiamo vissuto la nostra vita in un dato modo. Esso rappresenta lo
specchio che ci mostra i nostri genitori e l’interazione che intratteniamo
con loro.
Attraverso esso ci viene chiesto di ammettere la possibilità che le azioni
dei nostri genitori verso di noi riflettano le credenze e le aspettative che
nutriamo nei confronti del rapporto più sacro che ci sia dato di conoscere
sulla Terra: il rapporto che intercorre fra noi, la nostra Madre e il nostro
Padre Celeste, vale a dire con l’aspetto maschile e femminile del nostro
creatore, in qualunque modo lo concepiamo.
La relazione con i nostri genitori può quindi svelarci il nostro rapporto
con il divino. Per esempio, se ci sentiamo continuamente giudicati o se
viviamo in una condizione per cui “non è mai abbastanza”, è altamente
probabile che il rapporto con i nostri genitori rifletta la seguente verità:
siamo noi che, grazie alla percezione che abbiamo della nostra persona e del
Creatore, crediamo di non essere all’altezza e che forse non abbiamo
realizzato quello che da noi ci si aspettava.
Il sesto Specchio Esseno ha un nome abbastanza infausto; gli antichi lo
chiamarono infatti l’oscura notte dell’anima. Ma attenzione, lo specchio in
sé non è necessariamente sinistro come il nome che porta. Attraverso
un’oscura
notte dell’anima ci viene infatti ricordato che la vita e la natura tendono
verso l’equilibrio e che ci vuole un essere magistrale per bilanciare
quell’equilibrio.
Nel momento in cui affrontiamo le più grandi sfide della vita, possiamo star
certi che esse divengono possibili solo dopo aver accumulato gli strumenti
necessari per superarle con grazia e facilità; perché è quello il solo modo
per superarle. Fino a che non abbiamo fatto nostri quegli strumenti, non ci
troveremo mai nelle situazioni che ci richiedono di dimostrare determinati
livelli di abilità.
Quindi, da questa prospettiva, le sfide più alte della vita, quelle che ci
vengono imposte dai rapporti umani e forse dalla nostra stessa
sopravvivenza, possono essere concepite come delle grandi opportunità, che
ci consentono di saggiare la nostra abilità, anziché come dei test da
superare o fallire.
E’ proprio attraverso lo specchio della notte oscura dell’anima che vediamo
noi stessi nudi, forse per la prima volta, senza l’emozione, il sentimento
ed il pensiero, senza tutte le architetture che ci siamo creati intorno per
proteggerci. Attraverso questo specchio possiamo anche provare a noi stessi
che il processo vitale è degno di fiducia e che tale fiducia può essere
accordata anche a noi, mentre stiamo vivendo la vita.
La notte oscura dell’anima rappresenta l’opportunità di perdere tutto ciò
che ci è sempre stato caro nella vita. Confrontandoci con la nudità di quel
niente, mentre ci arrampichiamo fuori dall’abisso di ciò che abbiamo perso e
percepiamo noi stessi in una nuova luce, possiamo però esprimere i nostri
più alti livelli di maestria.
Il settimo Specchio Esseno dalla prospettiva degli antichi era il più
sottile e, per alcuni versi, anche il più difficile. E’ quello che ci chiede
di ammettere la possibilità che ciascuna esperienza di vita, a prescindere
dai suoi risultati, è di per sé perfetta e naturale.
A parte il fatto che si riesca o meno a raggiungere gli alti traguardi che
sono stati stabiliti per noi da altri, siamo invitati a guardare i nostri
successi nella vita senza paragonarli a niente. Senza usare riferimenti
esterni di nessun genere. Il solo modo in cui riusciamo a vederci sotto la
luce del successo o del fallimento è quando misuriamo i nostri risultati
facendo uso di un metro esterno. Ma a quel punto sorge la seguente
domanda:”A quale modello ci stiamo rifacendo per misurare i nostri
risultati? Quale metro usiamo?”
Nella prospettiva di questo specchio ci viene chiesto di ammettere la
possibilità che ogni aspetto della nostra vita personale – qualsiasi
aspetto – sia perfetto così com’è. Dalla forma e peso del nostro corpo, ai
risultati personali in ambito accademico, aziendale o sportivo.
Ci renderemo conto insieme che, in effetti, questo è vero e che un risultato
può essere sottoposto a giudizio solo quando viene paragonato ad un
riferimento esterno. Il settimo specchio ci invita quindi a permetterci di
essere il solo punto di riferimento per i risultati che raggiungiamo.
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