Il bambino che visse due volte
Sul caso di Cameron, davvero incredibile, vi riporto l’articolo scritto nel luglio scorso da Giulia
Viola su La Stampa di Torino del 17/07/2007:
All’asilo disegnava una casa bianca, davanti al mare; a sua madre chiedeva che fine avesse fatto il
cane maculato e la macchina nera. Eppure Cameron Macaulay, classe 2001, vive a Clydebank, vicino a
Glasgow, dalla finestra della sua stanza vede i tetti di mattoni rossi e, soprattutto, nessun cane
maculato è mai circolato per casa, tanto meno una macchina nera è mai stata parcheggiata in garage.
Lontani chilometri dalla terra dell’Induismo e del Buddhismo, la vicenda dello scozzese reincarnato,
è già diventata un documentario per la Tv. Certo non ha nulla a che vedere con il misticismo di Osel
Hita Torres, il bambino spagnolo ritenuto la reincarnazione di un Lama, che fu accompagnato dal
padre tra i monaci buddhisti tibetani nelle montagne del Buthan, e che ispirò il «Piccolo Buddha» di
Bertolucci. Eppure è destinata a restare negli annali delle reincarnazioni post-moderne. D’altronde,
se lo stesso Osel ora vive a Ibiza e per il compleanno ha chiesto una moto nuova, il Dalai Lama in
persona ha spiazzato il mondo l’estate scorsa proponendo di cercare il successore tra la comunità
monastica in esilio. Altro che tra i reincarnati. Ritornando in Scozia, la storia di Cameron, il
bambino con il caschetto biondo e gli occhi azzurri inizia nel 2003. «Aveva tre anni – spiega la
madre, Norma – quando si mise a raccontarmi le storie dei suoi compagni di Barra, un’isola a 300
chilometri di distanza». E non era che l’inizio. «Parlava dei suoi fratelli, dei capelli lunghi e
castani di sua madre che gli leggeva un grande libro su Dio e di come suo padre, un certo Shane
Robertson, fosse morto investito sulle strisce pedonali. Ero sconvolta». Norma ha i capelli rossi,
non è religiosa, è una mamma single, e può contare solo su Martin, il fratello maggiore di un anno
di Cameron.
Il tempo passa, il bambino cresce e la sua fantasia si colora di dettagli. «Non devi temere la morte
– diceva alla madre – perché si ritorna: mi chiamavo Cameron anche prima». Dopo la filosofia si
dedica alla rassegna della vita quotidiana. «Iniziò a lamentarsi perché nell’altra casa aveva tre
bagni, mentre noi ne abbiamo solo uno». E poi perché «nell’altra vita trascorreva i pomeriggi
giocando sulla scogliera dietro casa e perché con l’altra famiglia viaggiava molto, mentre noi non
siamo mai usciti dalla Scozia». La mamma, i parenti e le maestre resistono fino al sesto compleanno,
quando Cameron inizia a piangere perché, diceva, «gli mancava la sua famiglia di Barra». E,
soprattutto, quando Norma scopre che una casa di produzione cinematografica è alla ricerca di storie
di reincarnati.
È lì che la mamma 42enne decide di fare le valige e di portarlo a Cockleshell Bay, nell’Isola di
Barra. Con al seguito una telecamera e Jim Tucker, il direttore della clinica di psichiatria
infantile alla Virginia University, esperto in reincarnazioni. «Dopo qualche giro abbiamo trovato la
casa bianca, sul mare, con i famosi 3 bagni». A quel punto anche lo psicologo ha avuto un sobbalzo.
«Nel 70% dei casi – spiega Tucker – i bambini ricordano morti avvenute in circostanze non naturali,
incidenti o episodi traumatici». Occasioni in cui, secondo l’esperto, memoria ed emozioni
sopravvivono. «La morte improvvisa del padre è stato un trauma per Cameron – commenta Tucker -. E
questo suggerisce che la sua coscienza non è un prodotto del cervello, ma piuttosto un’entità
distinta, capace di sopravvivere anche dopo la morte del corpo».
Scetticismo a parte, l’effetto sorpresa nel documentario è stato garantito. «Cameron era raggiante –
racconta la madre -. Trovò l’entrata segreta della casa che tante volte aveva disegnato e mi disse
quanto fosse ansioso di presentarmi alla sua famiglia». Membri di cui, però, non si trova traccia.
La casa era abbandonata e all’anagrafe non è stato trovato nessun Shane Robertson. Si è risaliti a
un certo Robertson, vissuto nella casa bianca tempo addietro e poi trasferitosi a Stirling. «Cameron
guardò le foto di famiglia e riconobbe il cane maculato e la grande macchina nera di cui tanto aveva
parlato». Certo non si è messo a parlare in perfetto dialetto Danzhou come fece nel 1979 Tang
Jiangshan, bambino cinese della provincia di Hainan, che a soli 3 anni disse alla madre di chiamarsi
Chen Mingdao, di essere figlio di Sandie, di abitare a 160 chilometri di distanza e di essere stato
ucciso durante la Rivoluzione Culturale Cinese da un colpo di pistola. Compiuti i 6 anni i genitori
lo portarono nel villaggio dei racconti e senza batter ciglio, Tang entrò nella casa del padre,
riconobbe le sorelle, la fidanzata e iniziò a conversare come se fosse sempre vissuto lì.
Cameron si è accontentato di aver visto la casa sul mare con un’entrata segreta e alcune foto di un
cane maculato e di una macchina nera. Risolto il mistero, si è rilassato ed è tornato a Clydebank
insieme alle telecamere della troupe. Lo psicologo, invece, è volato alla clinica in Virginia con
una storia in più da analizzare: «Da quando abbiamo aperto il sito – dice – sono più di 100 i casi
simili a quello di Cameron». Certo è che tutti sono ritornati in tempo per vedersi nel documentario
in Tv, in prima serata.
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