Il bambino incarnato

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Il bambino incarnato

di Lobsang Lhalungpa

Il concetto della reincarnazione del creatore e della rinascita delle sue
creature è molto antico. Sebbene la reincarnazione e la rinascita
condividono lo stesso principio del ritorno all’esistenza, esse differiscono
per quanto riguarda i livelli del loro essere, lo scopo e le funzioni.

La teologia hindu parla delle dieci incarnazioni del Dio (Vishnu) come degli
operatori dello schema divino per riindirizzare quelle creature che tendono
ad allontanarsi ulteriormente dal loro creatore. Le incarnazioni, quindi,
provengono dalla fonte più elevata, il Dio, le cui creature non possiedono
tale capacità.

Per quanto riguarda la tradizione buddista, le incarnazioni hanno origine
dalle Menti Illuminate che, a loro volta, vengono dal comune intelletto
umano. Come dice il proverbio: “Il burro nasce dal latte, i Buddha dagli
esseri senzienti”. Le incarnazioni sono il risultato dell’elevazione della
consapevolezza dell’uomo e della padronanza delle facoltà spirituali. Si
crede che ogni uomo o donna incarnati siano predestinati ad avere un ruolo
nel destino spirituale dell’umanità.

La storia delle incarnazioni in Tibet è parte essenziale di quello che lo
tradizione descrive come uno schema cosmico di Menti Illuminate. Dal loro
stato psicologico supremo provengono manifestazioni spirituali e
incarnazioni umane che mettono in moto una tale infinita fissione.

Ciononostante, gli esseri umani non possono e non devono restare spettatori
impotenti, perché anche loro sono capaci di raggiungere simili risultati e
ruoli. Tutti gli uomini e le donne possiedono un potenziale spirituale più
elevato. La sedazione dell’autoillusione e della distorsione interiore
attraverso la disciplina morale e la trasformazione intellettuale sono i
concreti passi base per la realizzazione della saggezza trascendente e della
compassione illimitata.

Tali processi di illuminazione vanno ulteriormente estesi al servizio agli
esseri senzienti, nei limiti della propria capacità e del proprio livello di
realizzazione. Gli esseri senzienti cosmici vanno considerati da ogni
iniziato come una sfida cui lavorare, attraverso una grande aspirazione e
sempre nuovi tentativi.

Prima di affrontare le incarnazioni nei bambini, è forse necessario spiegare
brevemente il concetto buddista di rinascita, l’omologo esistenziale della
teoria della reincarnazione. Fondamentale nel credo della rinascita è l’idea
di una consapevolezza individuale. In quanto flusso incessante di energia
spirituale primaria, essa agisce come un legame concorrente con il nuovo
corpo nell’utero della madre. La natura della rinascita è strettamente
legata ai pensieri e le azioni passate (o ne è l’effetto). La rinascita è
quindi una parte essenziale della legge naturale della causalità. Anche le
reincarnazioni sono soggette al ciclo della nascita, decadenza, malattia e
morte. A differenza dei comuni esseri senzienti, si ritiene che le
incarnazioni siano capaci di realizzare il proprio destino prestabilito e di
compiere i propri obblighi spirituali.

I tibetani sono affascinati dalle storie dei bambini incarnati, come si può
vedere dalla letteratura tibetana e della tradizione orale. Il primo bambino
incarnato fu il principe Siddharta, il Buddha storico. Secondo la tradizione
buddista, la fonte di questa incarnazione era un bodhisattva che, attraverso
molte successive incarnazioni, aveva cercato di liberare gli esseri
senzienti dalla loro infelicità esistenziale. Il suo immediato predecessore
era stato Dampa Togkar, un sovrano celestiale del Paradiso Gioioso in questo
“Universo Intrepido” (“Mejik Jigten”). Forse vale la pena ripetere la storia
tradizionale, sia per il suo significato spirituale che per le sue
implicazioni cosmiche.

Il sovrano celestiale aveva previsto l’epoca in cui reincarnarsi in forma
umana per poter realizzare il suo voto passato di guidare l’umanità verso
l’emancipazione
spirituale, durante l’età di crisi e conflitti. Dampa Togkar proclamò il
Bodhisattva Maitreya – il suo compagno celeste – reggente.

Dampa Togkar rinacque come principe Siddharta nella terra dell’albero della
melarosa (“Zambudippa”) in una notte di luna piena (563 avanti Cristo). Un
vecchio asceta interpretò i segni corporei del bambino: “Egli sarà uno
straordinario monarca se sceglierà di seguire la vita mondana. Oppure sarà
un grande insegnante dell’umanità che mostrerà il cammino della pace
interiore”. Questo era il Buddha!
Il piccolo principe Siddharta dimostrò molte qualità insolite. La sua
compassione abbracciava non solo l’umanità, ma tutti gli esseri senzienti.
Egli era molto turbato non solo dalle condizioni della vita umana, ma anche
dall’illusione interiore dell’uomo. La sua percezione e creatività
intellettuali erano focalizzate sulle radici più profonde dell’infelicità
esistenziale.

Da allora, un grande numero di uomini e donne insigni è stato riconosciuto
come reincarnazioni di vari Buddha e Bodhisattva.

La reincarnazione come istituzione cominciò nel Tibet, all’inizio del
dodicesimo secolo, con Dusum Khenpa, il primo Karmapa (1110-1193) e il primo
dei lama incarnati (“Tulku”). Fino a oggi ci sono state sedici successive
reincarnazioni di questo lama; il sedicesimo Karmapa vive adesso in India.

Dusum Khenpa nacque durante un periodo di rinascimento buddista nel Tibet,
quando monasteri maschili e femminili si formavano dappertutto. Era un
momento quanto mai opportuno per rinforzare il lignaggio sempre più vasto di
insegnanti straordinari.

Nel 1110, l’anno del ferro e della tigre, una coppia profondamente religiosa
del Tibet orientale partorì un bambino. Crescendo, quest’ultimo stupì tutti
per l’intelligenza, la compassione e le percezioni extracorporee. Era in
grado di descrivere eventi del passato o del futuro. Riconoscendo il suo
grande potenziale spirituale, i genitori decisero che doveva ricevere
un’educazione
monastica. Nel corso dei suoi studi religiosi, divenne discepolo di molti
grandi lama. Dopo non molto tempo, venne considerato non solo un grande
insegnante, ma anche l’incarnazione vivente del Bodhisattva Avaloketesvara
(la personificazione della compassione illimitata). Essendo il discepolo
principale dell’Incomparabile Gampopa, divenne il fondatore della scuola
Karma Kagyu del buddismo tibetano. Dusum Khenpa lasciò un testamento segreto
in cui rivelava i dettagli della sua incarnazione, in modo che i suoi
discepoli potessero trovarlo senza dubbi o difficoltà. Morì all’età di
ottantaquattro anni.

Questa pratica di predire il luogo di nascita, i nomi dei genitori ecc. si
ripeté per ogni Karmapa seguente, fino al quindicesimo. L’attuale Karmapa è
stato scoperto in base alle esatte predizioni del suo predecessore.

Ogni bambino incarnazione dei Karmapa ha qualità sublimi. Tra le loro
caratteristiche comuni c’erano straordinari poteri spirituali e il
conseguimento dell’illuminazione e della visione. Il presente sedicesimo
Karmapa è l’incarnazione vivente di tutto ciò.

Tra tutte le storie di incarnazioni, le più affascinanti e interessanti sono
quelle che riguardano i Dalai Lama. La prima di quattordici incarnazioni
successive fu quella del grande Gedundrub (1391-1474), uno dei principali
discepoli dell’Incomparabile Tsongkapa (1357-1419), il fondatore dell’ordine
Gelukpa.

Ogni bambino-Dalai Lama è stato scoperto grazie a un testamento profetico,
una guida oracolare e l’osservazione di straordinarie qualità personali. Il
processo di ricerca si diversificò all’epoca della scoperta del tredicesimo
e del quattordicesimo Dalai Lama. Le visioni profetiche nel lago sacro di
Chokhorgyal e la capacità di ciascun bambino candidato di ricordare la sua
vita passata (in vari modi) cominciarono a svolgere un ruolo cruciale.

Così, per esempio, il tredicesimo Dalai Lama (1876-1933) fece alcune cose
strane prima di morire, ma all’epoca sembravano tanto normali che nessuno si
accorse del loro significato profetico in relazione alla morte di Sua
Santità e all’insediamento della sua seguente incarnazione.

Nel 1920, dodici anni prima di morire, il Dalai Lama ordinò all’artista di
Palazzo di dipingere un uccello blu sul muro occidentale del Palazzo del
Potala, e un dragone bianco su quello orientale. Tra le due mura c’erano
delle scale che portavano alle sue stanze private. Gli ufficiali e gli
artisti impegnati nella ristrutturazione del Palazzo del Potala ritennero
molto strana questa idea. Secondo loro, queste immagini non avevano
attinenza né con il tema artistico né con lo schema formale delle mura. Dopo
circa venti anni, il significato profetico cominciò a rivelarsi, quando
eventi di grande importanza cominciarono ad avere luogo davanti ai loro
occhi.

L’uccello blu venne interpretato come la raffigurazione dell’anno dell’acqua
e dell’uccello (1933), in cui morì il tredicesimo Dalai Lama. Il muro
occidentale simboleggia la direzione ovest – quella del Palazzo Norbu
Lingka – dove egli morì; il colore blu indica l’acqua. Il dragone bianco
indicava l’anno del ferro e del dragone (1940), quello dell’insediamento
ufficiale nel Palazzo del Potala della sua reincarnazione, il
quattordicesimo Dalai Lama. Il muro orientale sembrava suggerire che il
nuovo Dalai Lama sarebbe nato nel Tibet orientale.

La prima fase delle ricerche del suo successore cominciò con un lungo
periodo di preghiere nazionali nei monasteri maschili e femminili, nei
templi privati e pubblici, e infine nelle case. Una preghiera speciale venne
composta dal reggente Reding, un grande lama incarnato. La direzione
generale in cui cercare la nuova incarnazione venne individuata attraverso
la consultazione di grandi lama e di oracoli di stato. Anche i componenti
delle varie squadre di ricerca vennero scelti attraverso la divinazione e
l’oracolo.
Ogni gruppo era guidato da un grande lama, che era accompagnato da molti
ufficiali. E ogni squadra di ricerca inviò informazioni preliminari su
possibili ragazzi-candidati. Sin dall’inizio, i candidati provenienti dal
sud vennero considerati “possibilità remote”, perché il governo aveva avuto
molti segni e indicazioni che la vera direzione sarebbe stata l’oriente.

Adesso gli sforzi erano rivolti all’individuazione di una regione, un luogo
e una famiglia specifici. In un contesto già misterioso come la ricerca di
un bambino-Dalai Lama, esisteva una tradizione ancora più misteriosa, come
la ricerca di un’ispirazione profetica presso un lago sacro chiamato
“L’anima
della Dea” (“Lhamoi Latsho”), situato a Chokhorgyal, nel Tibet sudorientale,
a circa sei giorni di viaggio da Lhasa. Il lago era stato consacrato da
Gedun Gyatsho, il secondo Dalai Lama (1476-1542). Esso aveva un’importanza
tanto grande che lo stesso lama reggente si persuase a compiere il viaggio.
Il reggente era stato lui stesso uno straordinario esempio di incarnazione
in un bambino che aveva dato straordinarie dimostrazioni di poteri mentali.

Per molti giorni, i lama celebrarono funzioni religiose in onore di Palden
Lhamo, la guardiana della fede buddista, mentre il reggente stesso era in
meditazione e osservava il lago. Ciò che vide fu trascritto in appunti
segreti personali che vennero fatti leggere al governo e al primo ministro.

Apparentemente, le immagini osservate erano chiare come i riflessi su uno
specchio. Il reggente aveva visto tre lettere tibetane: “a”, “ka” e “ma”. La
visione successiva fu quella di un monastero di tre piani, con un tetto
dalle tegole blu e una decorazione dorata. Dal lato est del monastero una
strada bianca andava direttamente verso la base di una collina e una casetta
dal tetto blu.
La lettera “a” fu interpretata come la regione “Amdo” del Tibet (dove
bisognava cercare il bambino-incarnazione), “ka” sembrava indicare il
monastero Kubhum nel Tibet orientale, e “Ma” indicava un altro famoso
monastero nelle vicinanze.

La squadra di ricerca riuscì a identificare questo monastero con la grande
lamasseria di Kubhum e la casetta dal tetto blu come la casa della famiglia
Taktsher, nella regione Amdo del Tibet orientale. Il figlio di questa
famiglia sarebbe stato riconosciuto come il quattordicesimo Dalai Lama.

I quattro membri di una squadra di ricerca, travestiti, vennero ospitati da
questa famiglia, secondo la tradizione di accogliere i monaci e i
pellegrini. Ketsang, il lama capo dal monastero Sera, vestito come un servo
e alloggiato nell’appartamento della servitù, portava al collo il rosario
personale del tredicesimo Dalai Lama. Il figlio di due anni della famiglia
Taktsher si sedette vicino a lui, salutandolo con tanto entusiasmo come se
lo avesse sempre conosciuto. Toccando il rosario, disse: “Mi piacerebbe
averlo”. Il servo rispose: “Te lo darò se mi dirai chi sono”. Allora il
bambino disse: “Sei un lama del (monastero di) Sera”, dopodiché recitò il
mantra “Mani mani”, versione ridotta di “Om mani padme hum”. Questo è il
mantra più popolare del bodhisattva della compassione, la cui principale
incarnazione si ritiene sia quella del Dalai Lama. Al che, il lama capo
disse: “Dimmi chi è il signore nella stanza accanto”. “È Tsedrung Lozang”,
fu la risposta, corrispondente alla realtà (il termine “tsedrung” indica un
monaco ufficiale del Palazzo del Potala). Il bambino poi proseguì
identificando la guida come Kalzang e la quarta persona come un monaco di
Sera. La squadra era molto meravigliata dalla scoperta della straordinaria
mente del bambino. Questo fu il momento cruciale della lunga, delicata e
difficile missione che scoprì il bambino-Dalai Lama.

La squadra di ricerca mandò un messaggio in codice al governo di Lhasa,
chiedendo il permesso di sottoporre il bambino a un esame personale che
avrebbe dovuto provare o meno la sua autenticità. Nella capitale, il
successo dell’esame preliminare venne confermato dall’Oracolo di Stato
principale, il Neychung Chokyong.

Seguì il passo più importante di questo complicato esame personale. La
squadra di ricerca tornò a casa Taktsher. A entrambi i genitori venne
chiesto il permesso di mettere alla prova il bambino in questa maniera:
oggetti appartenuti al tredicesimo Dalai Lama, ognuno con una copia o una
replica, vennero disposti su un tavolo di legno. I quattro membri della
squadra di ricerca si sedettero ai lati. Il bambino venne fatto entrare e il
lama capo, mostrandogli due rosari, gli chiese quale desiderava. Senza
esitazioni, il bambino afferrò quello vero, appartenuto al tredicesimo Dalai
Lama, e se lo mise al collo. Poi gli vennero mostrati due bastoni da
passeggio, di canna. All’inizio, il bambino prese la copia di quello vero.
Pensando che il bambino adesso stava compiendo un errore, la missione di
ricerca rimase per un attimo scioccata, ma senza mostrare la propria
delusione. Il bambino, dopo aver esaminato la punta e il manico dei due
bastoni, lasciò cadere la copia e prese quello vero, come se fosse sempre
stato suo. Più tardi, si scoprì che il “falso” bastone era stato
inizialmente usato dal tredicesimo Dalai Lama, ma era stato offerto al lama
Drupkhang Rinpoche. Alla fine era diventato proprietà del capo della
missione di ricerca. Quindi, in realtà, non si trattava di un falso.

Adesso veniva l’ultima prova, che riguardava due tamburelli. Il loro bordo
era fatto di avorio, e uno aveva una maniglia. L’altro, una copia creata
appositamente, aveva una striscia d’oro e un fiocco di broccato multicolore
che lo rendevano molto più attraente. La squadra guardava nervosamente,
temendo che il bambino potesse prendere il tamburello sbagliato, che era più
bello. Ma di nuovo il bambino prese quello vero, senza la minima esitazione.
Suonando il tamburello, egli guardò intensamente ogni membro della squadra.
Tutti erano così commossi dal prodigioso spettacolo di questo bambino dalla
mente di un grande lama, che abbandonarono l’idea di condurre esami simili
su molti altri bambini-candidati. Così, il piccolo figlio dei Taktsher venne
proclamato il quattordicesimo Dalai Lama (che ora vive in India). La fede
dei tibetani in lui come in un Bodhisattva vivente è stata incrollabile!

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