Il battito dell’assoluto di Osho

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Il battito dell’assoluto di Osho

di Toshan Ivo Quartiroli

La Ishavasya Upanishad, una delle più antiche scritture indiana, riprende la
sua originaria vitalità nei commenti di Osho, trascritti da discorsi tenuti
durante un intenso campo di meditazione durato dieci giorni.

Il battito dell’assoluto: discorsi sull’Ishavasya Upanishad

Le Upanishad sono la parte finale dei Veda, le antiche sacre scritture
indiane. Si dice che le Upanishad contengano l’essenza più pura degli
insegnamenti. Uno dei significati di Upanishad è “insegnamenti segreti”.

La Ishavasya Upanishad riprende la sua originaria vitalità nei commenti di
Osho, trascritti da discorsi tenuti durante un intenso campo di meditazione
durato dieci giorni. Il maestro incoraggiava circa quattrocento ricercatori
a sperimentare dal vivo gli stati dell’essere accessibili alla coscienza.
L’anno era il 1971 e vi erano ancora pochissimi occidentali tra i
partecipanti.

Le Upanishad non rappresentano una filosofia espressa in termini
sistematici. Sono invece le descrizioni della natura della Realtà a partire
dallo stato di illuminazione. A differenza del metodo scientifico
occidentale, che procede per logica e induzione nella scoperta del vero, il
metodo orientale parte dalle rivelazioni.

Come commenta Osho, “La verità non si forma né si costruisce attraverso la
nostra ricerca; questa la conduce semplicemente entro la sfera della nostra
esperienza: essa è, in sé, sempre presente. La via del ragionamento indiano,
quindi, dichiara all’inizio le conclusioni e in seguito discute metodo e
procedura”. Per questo, il primo sutra

Om. Quello è il Tutto, e questo, pure, è il Tutto.
Poiché solo il Tutto nasce dal Tutto,
e anche se il Tutto viene sottratto al Tutto,
ecco, ciò che rimane è il Tutto.
Om. Pace, pace, pace.

è anche l’ultimo, “con il quale si afferma tutto ciò che sia mai possibile
esprimere.”

Per comprendere tali affermazioni, afferma Osho, contrarie ad ogni logica,
dobbiamo entrare sul piano dell’amore:

Forse che il tuo amore diminuisce quando lo offri a qualcuno? Sperimenti
forse mancanza d’amore quando lo offri totalmente? No!… Chi dà il proprio
amore totalmente, liberamente, senza condizioni, acquista amore infinito…
Se, dopo aver offerto il vostro amore, sentite che vi manca qualcosa,
sappiate che non lo avete affatto sperimentato!… Tutto ciò che è
misurabile è soggetto alla legge della diminuzione. Solo ciò che non è
misurabile rimarrà uguale, indipendentemente da quanto gli viene sottratto.

Tra le tante gemme presenti ne Il battito dell’assoluto, Osho traccia un
parallelo tra la scienza, la quale, considerando l’essere umano in modo
meccanico, abbatte l’ego e l’orgoglio dell’uomo. Anche la religione
orientale afferma che l’essere individuale “non esiste” ed è solo una
costruzione della mente.

Ma mentre la scienza non offre alternative, degradando solo l’essere umano,
le Upanishad da una parte estinguono il piccolo ego ma dall’altra innalzano
l’uomo alla posizione di Dio.

Non sorprende dunque che in Occidente vi sia una tale strenua difesa
dell’ego individuale, con tutti i suoi correlati di posizione sociale,
riconoscimenti, ideologie, convinzioni. Per la nostra civiltà l’incontro col
vuoto, cercato invece dal mistico come fonte del Tutto, è sinonimo di
disfatta totale. L’uomo occidentale non può fermarsi, non può accettare il
silenzio della mente, perché teme di cessare di esistere. Ogni aspetto della
vita è architettato affinché possiamo essere intrattenuti in continuazione,
mentre ogni desiderio soddisfatto viene rimpiazzato da un ulteriore
obiettivo.

Quando lessi Il battito dell’assoluto la prima volta mi sentii proiettato in
una dimensione che al tempo stesso era paradossalmente aliena e familiare.
Le comprensioni, le aperture e le intuizioni che mi produsse la lettura
furono così significative che mi lasciarono con la frustrazione nell’essermi
avvicinato a tali vette, dove manca quasi l’aria, però quasi esclusivamente
sull’importante ma limitato piano intellettuale. Sedotto e abbandonato, Il
battito dell’assoluto mi ha spinto ad esplorare ulteriormente il percorso.

Forse è questo lo scopo non dichiarato delle Upanishad.

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