Il Buddhismo Vajrayana

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Il Buddhismo Vajrayana

di Renato Mazzonetto

(Renato Mazzonetto, vicentino laureato in filosofia, è stato
riconosciuto nel 1997, dopo un ritiro di meditazione di tre anni,
tre mesi e tre giorni, trascorso presso il Centro Kagyu Samye
Ling, come insegnante di Meditazione e Filosofia Buddista.
E’ presidente di Rokpa Italia Onlus. Ha fondato centri Samye
Dzong a Vicenza, Venezia, Padova e Assisi.

“Vajra” in sanscrito significa diamante, il re delle pietre preziose, che
può tagliare ogni altro minerale, ma che non può essere distrutto da nessun
altro. “Yana” significa sentiero. “Vajrayana” quindi significa “Sentiero
Adamantino “, nel senso di veicolo indistruttibile e insuperabile per
raggiungere l’Illuminazione.

Vi sono anche altri nomi con cui vengono solitamente indicati questi
insegnamenti del Buddha; “Buddhismo Tibetano”, “Lamaismo” e “Tantrismo” sono
molto spesso usati come sinonimi del “Vajrayana”, ma non sono termini
altrettanto corretti e precisi.

Dire “Buddhismo Tibetano” non è corretto perché questi insegnamenti vengono
dall’India, anche se lì, a causa delle invasioni islamiche nel XII° secolo
d.C., del Buddhismo rimasero solo le rovine dei templi e dei monasteri. In
Tibet, invece, proprio in quel periodo, il “Vajrayana” trova una nuova e più
duratura fase di diffusione.

Dire “Lama-ismo” equivale a dire “Guru-ismo”, in quanto “Lama” è il
corrispondente tibetano del termine sanscrito “Guru” che significa Maestro
spirituale; perciò indicare il “Vajrayana” con tale termine significa voler
ridurre a semplice esercizio devozionale insegnamenti che sono basati invece
su una rigorosa verifica personale della validità di ciò che viene
insegnato.
Il termine “Tantrismo” può dar luogo a fraintendimenti in quanto esistono
scuole “tantriche” anche nella tradizione induista. E’ necessario quindi
specificare il tipo di “Tantrismo” cui ci si riferisce, visto che i Tantra
buddhisti e i Tantra induisti sono sistemi con finalità e tecniche assai
diverse tra loro.

Il tema centrale del Buddhismo Vajrayana è la comprensione che tutti i
nostri problemi, difficoltà e sofferenze vengono dalla nostra mente, dal
nostro modo di pensare, dalla nostra incapacità di comprendere pienamente
ciò che accade; sia dal punto di vista della realtà relativa che dal punto
di vista della sua essenza, cioè la Realtà Ultima.

Una determinata situazione può essere considerata problematica da una
persona, può essere assolutamente indifferente per un’altra, oppure può
essere addirittura fonte di piacere e gratificazione per qualcun altro.
Tutte le molteplici esperienze delle nostre esistenze, secondo questa
tradizione, sono create dalla nostra mente e sono percepite, vissute e
trasformate dalla nostra mente.

A questo punto va precisato che quando si parla di mente nel Buddhismo, si
intendono non solo i pensieri, ma anche i sentimenti, le emozioni, le
sensazioni e tutto ciò che un essere può sperimentare.

Conoscere, realizzare la natura ultima della mente, della propria mente, è
la scorciatoia verso l’illuminazione; anzi, conoscere perfettamente la
Natura Ultima della nostra mente è la completa ed insuperabile
Illuminazione, la Buddhità.

“Sang-Giè” è il termine tibetano che indica il Buddha e la Buddhità. E’ un
termine composto da due parole. “Sang” significa “completamente purificato”
dalle emozioni negative come la collera, l’orgoglio, la gelosia, l’ignoranza
e l’attaccamento, “Giè” significa “completamente maturato”, indicando Colui
che ha sviluppato completamente tutte le qualità positive della Mente, cioè
Saggezza senza limiti, Compassione senza limiti, Capacità illimitate di
aiutare gli esseri! Questa è l’ essenza di tutti gli esseri che hanno una
mente, questa è la nostra vera essenza ed è questo che un praticante del
Vajrayana si augura di raggiungere per il bene di tutti gli infiniti esseri!

Quando si decide di scalare una montagna e si sceglie la via più breve, ci
si affida ad una Guida esperta. Allo stesso modo, in questo sentiero il
ruolo del Maestro, il Lama, è ovviamente fondamentale. Il Maestro è colui
che ha già scalato la montagna, colui che conosce perfettamente la natura
ultima della mente e che quindi è in grado di guidarci sul sentiero che ci
porterà alla cessazione della sofferenza, attraverso la realizzazione della
natura ultima della nostra mente.

Il III° Karmapa, Rangjung Dorje, nella sua “Preghiera di Aspirazione al
Mahamudra”, al verso 19 dice: “Cik She Kun Ton”, che significa:”Capire
questo Uno (la mente) significa realizzare Tutto”.

Il segreto della vita quindi non sta al di fuori di noi, ma va cercato
dentro noi stessi. “E’ così vicino a noi che noi non riusciamo a vederlo”
dice Kalu Rinpoche, un altro grandissimo Maestro del Vajrayana vissuto nel
secolo scorso.

Come facciamo a riconoscere il nostro vero volto, la nostra “essenza”, la
nostra Buddhità? Da dove si comincia?

A questa domanda risponde in modo molto chiaro Khenpo Tsultrim Gyamtzo nel
suo “Stadi progressivi di Meditazione sulla Vacuità”, quando parla della
“Profonda Comprensione” che sorge dallo “Studio”, dalla “Riflessione” e
dalla “Meditazione”. Khenpo Tzultrim dice: “Il Buddhismo nel suo insieme è
strutturato attorno a questo triplice addestramento, lo ‘Studio’, la
‘Riflessione’ e la ‘Meditazione’. Mentre gli eruditi buddhisti si
concentrano sullo ‘ Studio’ o l’ascolto della dottrina del Buddha, i logici
studiano i mezzi validi per conoscere e ragionare, strumenti con cui si
riflette e si è capaci di discernere ciò che è vero e ciò che vero non è.
Questo corrisponde al secondo stadio, quello della ‘Riflessione’. Gli Yogi o
meditanti invece sono coloro che avendo stabilito attraverso il corretto
‘Studio’ dei testi del Buddha e la ‘Riflessione’ sulle istruzioni personali
ricevute dal Maestro spirituale sono impegnati nell’Arte di abbandonare le
proprie illusioni”. Questo è ciò che si intende con il termine
“Meditazione”.

In più di vent’anni di “Studio”, “Riflessione” e “Meditazione”, ho ricevuto
insegnamenti in Tibet, India, Nepal, Sikkim ed Europa dai più grandi Maestri
del Vajrayana esistenti al mondo e non ho mai trovato una definizione più
profonda e più precisa di questa!

La “Meditazione” nel Buddhismo “tibetano ” non è una fuga dai problemi,
dalla sofferenza e dal caos della vita moderna, oppure la ricerca di un
qualche paradiso artificiale a buon mercato, ma è un’Arte; semplicemente
“l’Arte
di abbandonare le proprie illusioni”, perché è dalle nostre illusioni che
derivano i problemi e le sofferenze nostre e di tutti coloro che ci
circondano. A questo punto diventa estremamente chiaro come mai questo
sentiero sia definito “Adamantino”, “Insuperabile” e sia considerato il
sentiero più breve verso l’Illuminazione. Affrontare il problema principale,
l’ignoranza, l’illusione, la non conoscenza in modo così diretto, è
sicuramente il mezzo più veloce per raggiungere la meta, evitando di
perdersi in inutili speculazioni filosofiche o fraitendimenti di qualsiasi
altro genere.

Detto questo, Khenpo Tzultrim continua dicendo: “Una cosa è il decidere
attraverso il ragionamento ciò che è vero e un’altra cosa è il vedere
effettivamente il mondo in quel modo”.
A questo punto Khenpo Tzultrim ci spiega la fondamentale differenza tra una
conoscenza puramente teorica della realtà, come quella che si può ottenere
dallo “Studio” e dalla “Riflessione” e l’esperienza diretta della “Verità
Ultima” che è possibile solo attraverso il completamento delle varie fasi
della “Meditazione”. E’ la differenza che c’è tra il vedere una città come
Vicenza su una mappa e il trovarsi al centro in Piazza dei Signori; ed è la
stessa differenza che si percepisce chiaramente tra un erudito e un
Illuminato, al di là delle tradizioni a cui appartengono.

Khenpo Tzultrim continua dicendo: “Affidandosi a queste tre pratiche e
usando ognuna di esse per rafforzare le altre, la nebbia della confusione e
le nuvole dell’ignoranza sono rimosse. Saggezza e Compassione possono così
risplendere inostruite come il sole che penetra attraverso la bruma
all’alba”.

“Studio”, “Riflessione” e “Meditazione” sono quindi strumenti indispensabili
al processo di trasformazione verso la Buddhità, non possiamo privilegiarne
uno e trascurare gli altri; l’esempio che i Maestri citano frequentemente è
il seguente: “Meditare” senza lo “Studio” e la “Riflessione” adatti è come
voler centrare un bersaglio scoccando una freccia nell’oscurità, cioè senza
vedere chiaramente il bersaglio. D’altra parte, “Studiare” e “Riflettere “
senza “Meditare” è come voler scalare una montagna essendo privi di gambe e
di braccia.
Mi sembra importante evidenziare che questi preziosissimi insegnamenti di
Khenpo Tzultrim Gyamtzo si concludono con una immagine particolare, l’Alba,
che indica chiaramente l’inizio di un nuovo giorno, l’inizio di una nuova
vita, di un modo nuovo di condividere l’esperienza della nostra Vita con
tutte le persone che incontriamo e con tutti gli esseri che ci circondano.
Tuttavia per essere in grado di seguire questo sentiero, il Vajrayana, è
necessario avere la “Corretta Motivazione”, “Bodhi-citta” in sanscrito,
“citta” significa “mente”, “Bodhi” significa “Risveglio”, “Illuminazione”.

“Bodhicitta” quindi significa “Mente del Risveglio”, “Mente rivolta alla
Illuminazione” e sta ad indicare la motivazione altruistica di seguire il
sentiero del Buddha non solo per il proprio beneficio, ma bensì per il
beneficio di tutti gli infiniti esseri senzienti.

Non importa assolutamente che tipo di tecniche si tenti di praticare, quante
iniziazioni della classe più alta di Tantra abbiamo ricevuto dai più famosi
tra i Lama tibetani, se non abbiamo la “Corretta Motivazione”, la
motivazione altruistica, non stiamo praticando il Vajrayana, ma stiamo
semplicemente alimentando il nostro orgoglio!
A tale proposito vorrei condividere con Voi alcuni insegnamenti, Gemme di
Saggezza Adamantina, che provengono da Colui che è conosciuto come “Il Re
degli Yogi del Tibet”, Sua Santità il XVI° Gyalwa Karmapa.

A riguardo di “Bodhicitta” , la motivazione altruistica, il XVI° Gyalwa
Karmapa dice: “Senza ‘Bodhicitta’ l’Illuminazione è impossibile. La Buddhità
non avviene per caso, per errore o forzatamente. Sarà ottenuta
intenzionalmente, volontariamente; perciò ‘Bodhicitta’ è veramente
importante! Senza ‘Compassione’ e senza ‘Devozione’ è impossibile tentare di
raggiungere l’illuminazione; ‘Devozione’ e ‘Compassione’ sono veramente
importanti! Se non sapete chi è il Buddha, non potete avere ‘Devozione’, se
non conoscete le sofferenze del samsara, non potete avere ‘Compassione’. Per
avere vera ‘Devozione’ dovete sapere chi è il Buddha, per avere vera
‘Compassione’ dovete conoscere le sofferenze del samsara. Il modo migliore
per sapere chi è il Buddha e per conoscere le sofferenze del samsara è
conoscere se stessi! Se Voi sapete quale è la Vostra essenza, questa è il
Buddha. Per conoscere le sofferenze del samsara, basta essere consapevoli di
come soffrite proprio ora. Conoscendo le nostre potenzialità, noi conosciamo
il Buddha; conoscendo le nostre difficoltà attuali e le nostre illusioni,
noi conosciamo le sofferenze del samsara. Conoscendo queste due, c’è
‘Devozione’ e ‘Compassione’. Con ‘Devozione’ e ‘Compassione’ ci sarà vera
‘Bodhicitta’, che porta all’Illuminazione!”.

Dopo queste Gemme di Saggezza Adamantina e queste Scintille di Illuminazione
provenienti dal Karmapa, Colui che incarna l’azione compassionevole di tutti
i Buddha del passato, del presente e del futuro, non mi resta che concludere
questa brevissima presentazione del Vajrayana con un semplice Augurio:
“Possano tutti gli esseri incontrare la Felicità e le cause della Felicità.
Possano tutti gli esseri essere separati dalla sofferenza e dalle cause
della sofferenza. Possano tutti gli esseri non essere mai separati dalla
‘Sublime Felicità’, priva di ogni sofferenza. Possano tutti gli esseri
dimorare nella ‘Grande Equanimità’, libera da ogni attaccamento e avversione
parziali”.

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