LA VITA DEL CAPOFAMIGLIA, SECONDO I VEDA
del Prof. G. Venkataraman
Sai Ram e saluti da Prashanti Nilayam.
LO STATO DEL CAPOFAMIGLIA
Questo è il mio sesto discorso di questa serie. La volta scorsa ho
finalmente cominciato ad addentrarmi nel vivo dei Veda, come vi avevo
promesso sin dall’inizio, ed abbiamo visto come un bambino viene
ammesso nell’ Ashram di un Acharya per imparare i Veda. Questa volta
facciamo un salto in avanti ed arriviamo al momento in cui il
discepolo lascia il Guru e si prepara ad entrare nella vita. Egli
torna a casa, si riunisce alla famiglia e, con il consenso dei
genitori e dei parenti, si sposa e compie i doveri della vita insieme
alla moglie, come stabilito dalle Scritture. Comincerò da alcuni
versi che vengono cantati durante la celebrazione del matrimonio. Ma
prima introdurrò brevemente il concetto del matrimonio ai tempi dei
Veda. È da notare che quasi tutte le società, indipendentemente l’una
dall’ altra, hanno stabilito l’usanza del matrimonio, tramite il
quale un uomo ed una donna entrano in una santa alleanza a vita,
allevano figli e cercano di godere di una vita prospera.
Invariabilmente, in tutte le comunità del mondo, il matrimonio non
era solo la stipula di un contratto sociale, bensì aveva anche un
aspetto religioso, oltre ad essere, naturalmente, occasione di festa
e celebrazione. Il matrimonio era l’inizio di un nuovo capitolo nella
lunga storia di sostenimento della razza umana. Al giorno d’oggi il
matrimonio è spesso visto come coronamento di una storia d’amore,
focalizzata largamente sull’unione fisica. Addirittura, negli scorsi
decenni l’accento eccessivo sulla parte fisica ha raggiunto un punto
tale per cui il matrimonio non è più neppure considerato necessario.
Una coppia si forma ed i due vivono insieme fino a quando lo
desiderano senza alcun concetto di responsabilità sociale o di
peccato. Concetti come il matrimonio sono ritenuti fuori moda,
irrilevanti, e persino privi di significato. Anzi, ridicolizzare la
tradizione è considerato molto moderno e progressista.
IL MATRIMONIO AI TEMPI DEI VEDA
Ai tempi dei Veda le cose erano molto differenti. Gli esseri umani
non si consideravano individui separati dal tutto, sentivano invece
di essere una parte vitale del tutto cosmico, in cui ognuno aveva un
ruolo ben determinato nel sostenimento della vita e della ruota del
Dharma. Il Dharma era la parola-chiave. Il Bramino in particolare
non solo doveva sostenere il Dharma personalmente al meglio delle
proprie capacità, ma aveva anche la responsabilità di guidare gli
altri a fare lo stesso. In questo compito, il suo partner era la sua
consorte, e questo è il motivo per cui la parola usata per la moglie
del Bramino era Sahadharmini, che significa ‘chi partecipa con lo
stesso diritto a sostenere il Dharma’. Come faceva la coppia a
sostenere il Dharma? Non solo agendo in modo sincero, ma anche
compiendo azioni specifiche che facevano parte dei doveri prescritti.
Ci tornerò più tardi, ma per il momento ci basti sapere che ai tempi
vedici il matrimonio non era finalizzato solo alla procreazione ed
alla propagazione della razza umana. In alcuni dei Suoi Discorsi,
specialmente in uno, memorabile, pronunciato durante i Corsi Estivi
del 1996, Swami descrisse il matrimonio di Rama e Sita. In quell’
occasione disse che non si trattava di un matrimonio normale –
infatti ad unirsi erano Paramatma e Prakriti, volendo con questo
significare che avveniva un’ unione fra la Coscienza Cosmica
rappresentata da Rama e l’Energia (o Shakti) Divina rappresentata da
Sita. In un certo senso l’unione di un uomo e di una donna uniti in
un matrimonio sacro simboleggia l’unione di due parti complementari,
a formare l’ intero.
UN TIPICO MATRIMONIO INDÙ
Tornando alla cerimonia del matrimonio: si trattava di un affare
piuttosto elaborato, che implicava che il padre stava cedendo la
figlia al futuro genero. Qui è bene ricordare ciò che Swami ha
raccontato sul matrimonio di Rama e Sita. Davanti al sacro e santo
fuoco, Janaka, il padre della sposa, e Rama cantavano i Mantra, come
prescritto, sotto la guida di Rishi di gran fama, quali Viswamitra e
Vasishta. Ad un certo punto, Janaka disse: “Eccoti mia figlia Sita.”
Rama avrebbe dovuto voltarsi verso di lei e guardarla, ma non lo
fece. L’ imperatore Janaka ripetè la frase di rito una seconda volta
e ancora una volta Rama non si girò a guardare Sita. Quando Janaka
ripetè la stessa frase per la terza volta, Rama disse a Janaka, “Non
sono ancora formalmente sposato, ed un uomo non sposato non deve
guardare le donne”. Qualcuno potrebbe dire che questa era una
situazione limite, ma tale era l’ estrema serietà con la quale a
quei tempi veniva osservato il codice di condotta morale.
I VOTI MATRIMONIALI DAVANTI
AL FUOCO SACRO
La cosa che più colpisce nel matrimonio vedico è il ruolo centrale
del fuoco sacro. Agni, il Signore del Fuoco, impersona il ruolo del
testimone e tutte le dichiarazioni e le promesse sono fatte con Agni
come testimone. Questo è l’equivalente di un giuramento fatto con la
mano posata sulla Bibbia o sul Corano. Nel sistema vedico, tutto il
matrimonio veniva celebrato con Agni come testimone. Una volta che si
giurava su Agni, si doveva mantenere la promessa, qualsiasi cosa
succedesse.
Incidentalmente, Swami racconta un episodio interessante successo
durante il matrimonio di Rama. Una delle promesse che lo sposo doveva
fare alla sposa è che egli avrebbe soddisfatto i desideri della sposa
o qualcosa del genere. Quando il sacerdote cantò quel Mantra, Rama
avrebbe dovuto ripeterlo, ma non lo fece. Il sacerdote lo cantò una
seconda volta, e Rama rimase ancora una volta silenzioso. Allora il
sacerdote lo esortò: “Rama, devi cantare il Mantra.” Rama rispose:
“Mi dispiace, ma non lo farò” “Ma perché?” chiese il sacerdote. Rama
replicò: “Appartengo alla famiglia reale, ed un giorno dovrò
governare, perché sarò re. Per un re i sudditi vengono prima di
tutto, persino prima della moglie. Se facessi questa promessa, dovrei
dare a mia moglie la priorità sui miei sudditi, e questo andrebbe
contro il mio Dharma di re.” Anche qui avete un esempio di quale
fosse la priorità assegnata al Dharma. Tornando ad alcuni dei riti,
lo sposo prendeva la mano della sposa, e questa era probabilmente la
prima volta che la toccava. Poi la sposa si alzava, e doveva mettere
la punta del piede destro su una pietra. In quel momento lo sposo
doveva dire: “Vieni, sali sulla pietra. Sii forte come la pietra,
resisti ai nemici, sconfiggi chi ti attacca.”
Poi lo sposo versava un po’ di riso crudo nei palmi delle mani giunte
della moglie, dicendo:
Ti dò questo grano,
Che mi apporti benessere,
Che ti unisca a me.
Che Agni ci ascolti.
Agni non era solo un testimone, ma anche il protettore. Dopo che lo
sposo aveva finito di recitare questi versi, la sposa gettava il riso
nel fuoco – forse questo era un gesto simbolico al fine di
trasmettere la preghiera ad Agni. Poi lo sposo continuava:
Questa donna, gettando il grano nel fuoco, chiede:
Benedizioni a mio marito.
Che i miei parenti prosperino.
A questo punto la coppia camminava intorno al fuoco mentre lo sposo
cantava i Mantra che simboleggiavano la loro unione come marito e
moglie. Dopo questo, si arrivava al famoso rito dei sette passi,
durante il quale la sposa faceva un passo dietro l’altro, mentre lo
sposo diceva:
Un passo per il vigore,
Due passi per la vitalità,
Tre passi per la prosperità
Quattro passi per la felicità,
Cinque passi per il bestiame,
Sei passi per le stagioni,
Sette passi per le amicizie,
Al mio devoto.
Dopo il settimo passo la sposa restava ferma mentre lo sposo
continuava dicendo:
Con sette passi diventiamo amici,
Fammi raggiungere la tua amicizia,
Non mi escludere dalla tua amicizia,
Che la tua amicizia non mi sia tolta.
A questo punto, toccando il cuore della sposa, lo sposo diceva:
Io tengo il tuo cuore in servizievole amicizia,
La tua mente segue la mia,
Tu gioisci nella mia parola con tutto il tuo cuore,
Sei unita a me dal Signore di tutte le creature.
La coppia a questo punto lasciava il luogo in cui veniva celebrato il
matrimonio e la sposa seguiva lo sposo a casa sua, che poi era la
casa dei genitori di lui. Quando se ne andavano, si portavano via
parte del fuoco sacro in un vaso di terracotta, che, si supponeva,
avrebbero dovuto tener acceso per tutto il tempo del loro matrimonio.
Il fuoco così diventava costante testimone della vita della coppia.
Quando la coppia raggiungeva la casa dello sposo, questi diceva:
Entra con il piede destro,
Non restare fuori.
Poi la coppia stava seduta in silenzio fino a dopo il tramonto,
quando le stelle diventavano visibili, dopodiché uscivano, ed il
marito indicava alla moglie la stella polare, dicendo:
Sei risoluta, ed io ti vedo.
Sii risoluta con me, o florida [donna]!
Brihaspathi ti ha dato a me,
Per vivere con me cento anni,
Per far figli con me, tuo marito.
Non posso essere certo di essere riuscito a farvi percepire l’aroma
dei riti dei matrimoni vedici, ma se solo sono riuscito a
trasmettervi la visione cosmica del matrimonio che avevano a quei
tempi, allora non avrò parlato invano.
QUAL È IL NOSTRO DHARMA?
Permettete che torni un attimo alla faccenda del Dharma. La parola
Dharma viene spesso tradotta come ‘retta condotta’. Per noi, che
abbiamo la cosiddetta visione secolare, retta condotta potrebbe
significare essere sinceri, non far del male agli altri e così via.
Sì, anche tutte queste cose fanno parte di una retta condotta. Ma, a
quei tempi, la pietra miliare della retta condotta consisteva
principalmente nel compiere il proprio dovere. Un uomo poteva non
aver mai detto una bugia e non aver mai fatto del male a nessuno, ma
se non compiva i propri doveri stava deviando dal proprio Dharma.
Nella vita compiere il proprio dovere implicava, fra le altre cose,
esprimere gratitudine. Ai giorni nostri raramente si realizza quanto
si deve agli altri. Dopo la fine di una famosa battaglia, Winston
Churchill, in un tributo ai giovani uomini della Forza Aerea Reale
Britannica, disse: “Nessuno ha mai dovuto così tanto a così pochi.”
Nella vita ciascuno di noi deve così tanto a così tanti… a
cominciare da Dio.
I CINQUE YAJNA
Ai tempi dei Veda, lo Yajna era uno dei mezzi mediante i quali vari
debiti venivano estinti. Swami dice:
“Cinque sono gli Yajna prescritti come obbligo per ciascun essere umano”
Ecco i cinque Yajna a cui si riferisce Swami. Essi sono:
1) Rishi Yajna,
2) Pitru Yajna,
3) Deva Yajna,
4) Athithi Yajna,
5) Bhuta Yajna
Ora vi darò la spiegazione del significato di ciascuno di essi, a
cominciare dal Rishi Yajna.
1) Rishi Yajna
Furono i Rishi a dare le Scritture, specialmente i Veda. Pertanto
dobbiamo esprimere gratitudine a questi Saggi dell’ antichità. Come
possiamo ringraziarli? Ricordandoli per un minuto e poi studiando con
attenzione le Scritture. Questo significa che non dobbiamo solo
sfogliarne le pagine, ma anche che dobbiamo ricordarci tutte le
prescrizioni in essa contenute.
2) Pitru Yajna
Normalmente, la parola Pitru significa genitori, ma ai tempi dei Veda
con Pitru venivano indicati anche gli avi. Noi non ci rendiamo
davvero conto di quanto dobbiamo ai nostri antenati. Se oggi stiamo
bene sotto molti aspetti, in grande misura ciò è dovuto ai sacrifici
da loro fatti ai loro tempi. Mi viene in mente un discorso che l’oggi
defunto V.K.Narasimhan, allora editore del Sanathana Sarathi, tenne
per gli studenti di Swami alla Divina Presenza, nel Trayee (il
Mandir) dell’ Ashram di Brindavan. Il sig. Narasimhan, nel suo stile
inimitabile, disse: “Studenti, molti di voi sognano di emigrare in
America perché quella sembra la terra del latte e miele. Ma non
sapete che se oggi l’ America prospera è per merito dell’ enorme
sacrificio e del tremendo lavoro svolto dagli immigrati dello scorso
secolo? Voi volete goderne i benefici, ma che ne è del vostro
contributo? Questo Paese ha bisogno di sacrificio, dovete stare qui e
fare ciò che gli immigrati fecero in America cento anni fa. Se lo
farete, anche l’India prospererà .” Parlare dell’ arricchimento dell’
America mi fa tornare alla memoria una bella storiella che coinvolge
il famoso attore Danny Kaye, che è stato anche Ambasciatore dell’
UNICEF, l’ associazione che si prende cura con amore di tutti i
bambini del mondo, specialmente nei Paesi in cui l’infanzia è più
sofferente. Il padre di Danny Kaye era un immigrato polacco,
arrivato in America probabilmente all’ inizio del secolo scorso. Come
sapete, in quel periodo centinaia di migliaia di persone provenienti
da tutte le parti d’Europa si riversarono in America, alla ricerca di
una vita migliore. Il padre di Danny Kaye era uno di essi. Dopo
alcuni anni egli tornò nella sua città d’origine in Polonia per una
breve visita. I suoi vecchi amici subito gli si fecero intorno e gli
posero ogni sorta di domande sull’ America. Uno di essi gli chiese:
“È vero che in America le strade sono pavimentate d’oro?” Il padre di
Danny Kaye rispose: “No,non è vero, anzi, molte strade non sono
pavimentate affatto, neppure con le pietre. E sapete che lavoro
faccio io? Pavimento le strade con le pietre!” Ecco, vedete, non si
mangia mai gratis, e abbiamo il dovere di esprimere gratitudine per
tutti i benefici di cui possiamo godere nella Società. Nell’ era
Vedica, l’ espressione della gratitudine formava una parte importante
della vita di tutti.
3) Deva Yajna
Bene. Fin qui abbiamo parlato di dueYajna. Ora cominciamo con il
terzoYajna, il Deva Yajna. Questo era l’offerta di un omaggio
riverenziale alle Divinità, specialmente a quelle associate con le
forze della natura. Perché questo? Gli antichi credevano che quando
piove abbiamo il dovere di esprimere gratitudine al dio della
pioggia. Se splende il sole, allora siamo in debito di qualcosa con
il dio sole, e così via. Ai nostri giorni e in questa epoca tutto
questo può sembrare divertente, se non addirittura stupido, ma la
metterò a questo modo: non abbiamo esattamente bisogno di pregare una
od un’ altra divinità, ma non potremmo almeno pregare per ringraziare
Dio onnipotente del fatto che abbiamo il sole, il vento, la pioggia e
così via, senza i quali saremmo tutti morti?
Inoltre, non abbiamo il dovere di mantenere incontaminati e puri – e
cioè non inquinati – gli elementi della natura, quali l’ aria, l’
acqua e la terra? Non posso fare a meno di citare una sessione nel
Trayee di Brindavan alla quale, insieme agli studenti di Swami, ebbi
il privilegio di presenziare. Swami disse che l’uomo moderno
ridicolizza gli antichi tacciandoli di superstizione e stupidità.
L’uomo moderno dice: “Guardate quegli idioti, adoravano la terra,
l’aria, e persino i serpenti. Che stupidi!”
Swami poi aggiunse: “Gli antichi non inquinavano l’aria e l’acqua e
rispettavano tutti i costituenti della natura, inclusi gli animali.
L’uomo moderno invece, oltre ad inquinare pesantemente la terra,
l’acqua e l’aria, sta distruggendo anche intere foreste e provocando
l’estinzione di molte specie animali, senza preoccuparsi
dell’equilibrio bio- ed ecologico. Chi è più stupido? L’uomo moderno,
che sta causando la distruzione di tutti i doni di Dio, o gli
antichi, che non solo preservavano ciò che Dio aveva dato loro, ma
che Gli erano anche grati per le Sue benedizioni?”
Non è possibile dare una valutazione più efficace di questa della
vita e della filosofia vedica. A proposito, questo rispetto per gli
antenati e l’ambiente si trova in molte culture tradizionali, per
esempio fra gli Indiani Americani. I veggenti vedici, però, avevano
una visuale dell’universo molto più cosmica di quella di altre
culture, come forse vi spiegherò in una lezione successiva.
4) Athithi Yajna e 5) Bhuta Yajna
Due parole sui due Yajna rimanenti, cioè sull’ AthithiYajna e sul
Bhuta Yajna. Il primo implica che si deve offrire una cordiale ed
amorevole ospitalità agli ospiti, mentre il Bhuta Yajna prescrive di
fare tutto il possibile per sostenere tutti gli elementi
dell’ambiente – le piante, gli alberi, i pesci, gli uccelli e gli
animali. Il marito eseguiva diligentemente tutti questi yajna, e la
moglie gli forniva tutto l’aiuto che gli era necessario.
I DOVERI DI FAMIGLIA
Prima di proseguire con il viaggio vedico penso che valga la pena di
fare una pausa per qualche istante e riflettere sugli yajna di cui
sopra, e specialmente sulla loro importanza nei tempi attuali. A
molti questo può sembrare un grande spreco di tempo, ma invece di
focalizzarsi sulle procedure associate ai riti vedici, concentriamoci
sui principi fondamentali della vita vedica. La prima cosa è il
concetto di famiglia. La famiglia è l’atomo della società, e così è
sempre stato nella storia, in tutti i Paesi ed in tutte le culture. È
solo in tempi molto recenti che il concetto tradizionale della
famiglia è stato minato con pratiche che cercano di rendere
irrilevante il matrimonio, e tutto questo in nome della libertà
personale. Mi ricordo che quando ero Vice-Rettore una volta mi trovai
a leggere il discorso che una signora canadese, un’ educatrice, aveva
pronunciato ad una Convocazione di una delle nostre università.
Diceva che in Canada centocinquanta anni fa la maggior parte della
gente viveva in fattorie. Ogni fattoria era gestita da una famiglia e
tutto il lavoro doveva esser fatto dai membri della famiglia stessa –
il padre, la madre, i figli e le figlie . Dato che tutti facevano più
o meno lo stesso tipo di lavoro, non c’erano problemi di sesso di
appartenenza, cioè gli uomini e le donne erano considerati allo
stesso livello. Ma quando in Canada cominciò il processo di
industrializzazione e sempre più gente cominciò a trasferirsi nelle
città, le cose subirono un improvviso e drammatico cambiamento. Molti
uomini cominciarono a lavorare negli uffici ed il loro lavoro li
costringeva a girare per il Paese. Questo permetteva loro di
divertirsi mentre erano in viaggio, bevendo, facendo corsi di golf,
visitando i locali notturni e così via. Le donne, invece, confinate
in casa, erano obbligate a fare i lavori domestici, a tirar su i
figli etc. Fu allora che il sentimento femminista cominciò a nascere
e a diventare forte.
L’IMPORTANZA DELLA GRATITUDINE
Dove voglio arrivare è che quando la vita si allontana dal dovere, il
risultato è una mancanza di equilibrio. Nella società vedica si era
sempre focalizzati sul dovere, sulla responsabilità, sul sostenimento
della società e della natura. Se analizzate uno per uno tutti gli
yajna menzionati prima, troverete sempre che una corrente sotterranea
li lega: quella del dovere. Prendiamo per esempio il Rishi Yajna. Uno
potrebbe dire: “Che me ne importa? Non ho alcun interesse per i
Rishi.” Il punto non è se avete interesse per i Rishi o meno, ma che
si costruisce su ciò che già c’è. Sapete che cosa disse Newton, il
grande scienziato? “Se sono riuscito a guardare più lontano di molti,
è perché stavo in piedi sulle spalle di altri.” Nella Scienza lo
facciamo continuamente. Non possiamo dire: “Questo Galileo è vissuto
cinquecento anni fa. La sua è roba vecchia. Dimentichiamola! ” Non
possiamo farlo. Al primo anno di insegnamento di fisica, si deve
insegnare che cosa scoprirono Galileo, Newton ed Archimede. In tutte
le branche della conoscenza esiste un’ essenziale continuità.
Non possiamo neppure dire che Newton è importante e che i Rishi non
lo sono. Furono gli antichi a darci la prima idea sui movimenti dei
pianeti. Furono essi a creare i primi almanacchi. In India, la pianta
del neem viene usata per centinaia di cose a causa delle sue
strepitose proprietà medicinali. Questa conoscenza sulle proprietà
medicinali del neem, della curcuma etc., ci proviene da tempi molto
antichi. Non dobbiamo farci beffe di loro, non credete? In breve, il
Rishi Yajna dev’ essere visto come un’espressione di gratitudine
verso gli antichi per tutto ciò che ci hanno tramandato, dalla
scoperta del fuoco all’invenzione della ruota, dallo sviluppo
dell’agricoltura alla lavorazione del metallo. Un’ espressione di
gratitudine è un segno di civiltà; l’ingratitudine, al contrario, è
il segno di un comportamento incivile. Per quanto riguarda il Pitru
Yajna, esso non implica l’ esecuzione di qualche rito, ma il ricordo
degli antenati defunti e, cosa più importante, il fatto di essere
pronti a compiere qualsiasi sacrificio a beneficio dei propri
genitori. Le necessità della vita moderna sono diventate tali che la
gente si è trovata lentamente condizionata a dare importanza alla
sicurezza personale in termini di denaro, lavoro, carriera etc.
Inevitabilmente i genitori hanno perso d’importanza, specialmente una
volta che hanno esaurito il loro ruolo. Il prossimo passo è quello di
vederli prima come qualcosa di irrilevante, e più tardi addirittura
di fastidioso. Questa non è un’ attitudine occidentale e basta, ma
una realtà globale. Mi ricordo di aver visto due splendide commedie
rappresentate molti anni fa nel Poornachandra in occasione del
Capodanno Cinese. In entrambe il tema affrontava il modo in cui al
giorno d’oggi i genitori anziani vengono ignorati o persino
abbandonati. Fu allora che capii che questo genere di cose non
avvengono solo in America od in India, ma anche in Cina. A proposito,
in entrambe le occasioni l’ attore principale era un ragazzino cinese
che aveva fatto letteralmente innamorare il pubblico. Fu un grande
successo, e a Swami il suo modo di recitare piacque moltissimo. Ed
ora una parola sull’ Athithi Yajna, che ai tempi antichi, quando i
Sannyasi giravano per il Paese, aveva una particolare importanza. I
Sannyasi sono rinuncianti per definizione. Non hanno famiglia, non
hanno casa, non hanno soldi… niente di niente, Vagano in teoria per
visitare templi sacri, ma durante i loro pellegrinaggi parlano
sempre di Dio e diffondono la buona novella. A quei tempi, quando un
Sannyasi arrivava in un villaggio, la gente gli dava il benvenuto e
gli offriva ospitalità.
Questo era considerato non solo un onore, ma persino un dovere,
perché era prescritto dai Veda. Se gli abitanti del villaggio non lo
avessero fatto, i Sannaysi non avrebbero potuto svolgere il loro
ruolo né avrebbero potuto dare il proprio contributo alla Società. I
filosofi vedici sapevano tutto sull’ amministrazione del sistema: se
un’istituzione era benefica, doveva essere sostenuta, e per farlo di
doveva allestire la procedura adatta. Lo stesso è valido per il Bhuta
Yajna. In India abbiamo una festa chiamata Naga Panchami, in cui
viene adorato il serpente. La gente resta pietrificata al solo udire
la parola ‘serpente’. A quei tempi, invece, adorare un serpente era
considerato un dovere. I veggenti vedici non avranno conosciuto tutti
i dettagli che conosciamo noi sull’ equilibrio ecologico, ma questo
lo sapevano certamente; tutto nell’ Universo è stato creato da Dio
per un motivo. Questo si applica a tutto, dall’atomo di idrogeno ai
buchi neri. Che noi lo conosciamo o no, nel Piano Divino Universale
il motivo c’è, senza ombra di dubbio. Oggi i verdi ed altri fanno un
sacco di chiasso sulle problematiche ambientali. Molto bene, è una
cosa estremamente necessaria. Ma perché è necessaria? Perché la gente
ha dimenticato tutto del Bhuta Yajna. In Ecuador, vogliono radere al
suolo le foreste vergini della pioggia per trivellare il petrolio. In
Alaska a causa del petrolio si disturbano gli animali selvaggi. In
Cina vengono costruite dighe enormi per generare più elettricità. Un’
ecologa cinese venne interpellata sulle dighe ed essa disse che le
dighe sono un disastro. Però aggiunse: “Ma se non si costruissero
dighe si dovrebbe estrarre più carbone. Il lavoro del minatore
inoltre è molto pericoloso, e molta gente ci muore. Inltre,
l’alimentazione a carbone è molto inquinante. Perciò, è meglio far
generare energia elettrica alle dighe, piuttosto che trarla dalla
combustione del carbone. ma penso esista una terza alternativa, cioè
quella di far diminuire i nostri desideri, le nostre necessità ed i
nostri consumi. Allora non avremmo nemmeno bisogno di tanta energia
elettrica! E se non abbiamo bisogno di energia elettrica extra, non
dobbiamo costruire dighe, o scavare nelle miniere per estrarre il
carbone.” Questa signora, con il suo proprio ragionamento, era
arrivata alla stessa conclusione che formava le basi della società
vedica. La differenza però consisteva nel fatto che i veggenti
vedici legavano tutto a Dio. Quindi riassumiamo: l’uomo si sposava
principalmente per sostenere il Dharma con sua moglie, che era
cosiderata una partner alla pari. Ognuno dei due doveva recitare la
propria parte. Niente era considerato superiore od inferiore. Il
dovere, la responsabilità e gli impegni erano il nucleo della vita di
ciascuno dei coniugi. I veggenti vedici credevano fermamente che
solo dando la supremazia a queste virtù ci sarebbe stata armonia
nella Società e sarebbe stato possibile sostenere la vita umana in
modo appropriato. Oggi in massima parte le virtù vengono messe da
parte sulla base di due commenti: o vi dicono che non sono
importanti, o vi dicono che non sono attuabili in questi tempi ed in
questa epoca. Io sono convinto che entrambe queste affermazioni siano
false e fatte per evitare il problema .
CHE COSA È LA LIBERTÀ?
Il dovere, le responsabilità e gli impegni da rispettare vengono
spesso evasi in nome della libertà. Ma che cos’ è la cosiddetta
‘libertà’? La gente dice che essere liberi significa poter fare tutto
ciò che si vuole, incondizionatamente. Ma queste stesse persone
raramente realizzano che questo non significa essere veramente
liberi, bensì essere schiavi della mente e dei sensi.
Chi è veramente libero? Swami dice che solo colui che si è liberato
degli attaccamenti e dei dettami del corpo, dei sensi e della mente è
veramente libero.
Perchè ci si ossessiona tanto ad insistere che la libertà consiste
nel fare tutto quello che ci piace? L’altro giorno alla radio ho
avuto modo di ascoltare un attore americano. Lui l’ ha messa a questo
modo: ai nostri giorni tutti i mezzi di comunicazione di massa sono
nelle mani di ricchi ‘baroni’ che vogliono farci diventare
dipendenti dalle grosse corporazioni, così che noi compriamo ciò che
essi vogliono che compriamo e che investiamo i nostri soldi dove ad
essi fa più comodo. Questo non è affatto inverosimile come potrebbe
sembrare. Non mi addentrerò in questo argomento in questa sede, ma
c’è davvero una grossa correlazione empirica fra l’aumento degli spot
pubblicitari, il desiderio collettivo di una cosiddetta ‘libertà’ e
la crescita del consumismo. Tutti coloro che sono attratti dal
fascino d questa fantomatica libertà, e da tutte le gioie che si
crede essa sia in grado di procurare, sono completamente dimentichi
dei suoi costi sociali. Chi si accaparra la ricchezza lo fa a spese
degli altri individui e della società. Alla fine a pagare è sempre la
società, e paga pesantemente. Queste sono cose risapute,
naturalmente, ma tutti, chiusi come ostriche, vogliono chiudere gli
occhi davanti alla verità, perché vedere non è nel loro interesse. La
società vedica era basata sul concetto che, dato che la società e la
natura sostengono tutti noi, sono esse a dover avere la priorità, e
non l’individuo. Anche il matrimonio era inquadrato in questa
cornice, e non in termini di romanzo d’amore o gratificazione dei
sensi. Mi dispiace non essere stato in grado di fornire maggiori
dettagli sui Mantra del matrimonio, come era mio desiderio, ma spero
di potermi far perdonare riuscendo a portare uno studioso dei Veda
nei nostri studi. La prossima volta vi condurrò un po’ più a fondo
sul sentiero dei Veda, chiarendovi come il Dharma era sostenuto nella
società. Grazie. Jay Sai Ram.
(Tratto da: media.radiosai.org/ )
Qui di seguito alcune citazioni dal Discorso Divino pronunciato da
Bhagavan Sri Sathya Sai Baba all’Ostello della Scuola Secondaria il
18.01.1996:
dal Discorso Divino di Bhagavan Sri Sathya Sai Baba:
‘BASI SPIRITUALI DEI VALORI UMANI’
[…]IL VERO SIGNIFICATO DI BRAHMACHARIA
‘Brahmacharia’ viene interpretato in molti modi. Uno dei significati
è ‘rimanere non sposati’. Ma [questa definizione] non esprime il
vero significato della parola, che è invece: ‘Colui che si muove in
Brahman’. ‘Brahmacharia’ significa ‘contemplazione incessante di
Dio’. Charia vuol dire ‘muoversi’ o ‘camminare’. ‘Brahmacharia’
significa quindi ‘muoversi, o camminare, in Brahman’. Il mero essere
scapoli non è ‘Brahmacharia’. Un uomo sposato viene chiamato
‘Girhastha’ (capofamiglia). Anche in chi conduce una vita familiare
può esserci ‘Brahmacharia’. Ciò consiste nel condurre una vita
coniugale solo con la moglie (Ardhaangi). Se un uomo sposato conduce
una vita promiscua non sta osservando ‘Brahmacharia’. Si deve
osservare la continenza anche nei pensieri e negli sguardi.
‘Brahmacharia’ acquisì la sua importanza a causa della sua stretta
osservanza da parte dei nostri antichi Saggi. Inconsciamente o meno,
l’uomo tende a sprecare le proprie energie. Queste sono evasioni dal
‘Brahmacharia’. Il controllo dei sensi è vitale nella pratica della
continenza. È più facile conquistare Indhra (il Signore degli dei)
che sottomettere gli Indhriya (sensi). Il controllo dei sensi è un
valore umano molto importante. È perché queste discipline vitali
vennero osservate dai Saggi e da altri sin dai tempi più antichi che
esse continuano a essere apprezzate ancor oggi. Nella sua lunga
storia Bharat è passata attraverso innumerevoli vicissitudini,
incluse le invasioni straniere. Ma comunque, la gente è riuscita a
continuare a seguire i valori umani.
LE SOTTILI IMPLICAZIONI DI APARIGRAHA
La quinta disciplina è Aparigraha. Aparigraha significa: ‘non
accettare doni dagli altri’. Avete ogni diritto di ricevere regali e
qualsiasi altra cosa dai vostri genitori. Voi siete il loro prodotto
e quindi potete accettare ogni cosa essi vi diano. Aparigraha ha
alcune implicazioni sottili. Per esempio, non è appropriato accettare
regali, neppure da uno zio, o dai parenti della moglie, e nemmeno dai
fratelli. Se ricevete dei regali da essi dovete ricambiare con doni
equivalenti. Oggi la regola dell’ Aparigraha viene violata in modo
evidente. Per esempio, quando, dopo la fine degli studi, i ragazzi si
sposano, essi accettano le doti. Questa è una pratica molto
sbagliata. Anzi, è persino un peccato. Una ragazza che è stata ben
allevata viene offerta in matrimonio ad un giovane uomo. Questo è già
di per sé un grande dono. Perché chiedere soldi insieme alla moglie?
I genitori della ragazza possono dare alla figlia qualsiasi cosa essi
desiderino, ma lo sposo non dovrebbe aspettarsi, né accettare, nulla.
Questa è la giusta attitudine da tenere verso i regali fatti dagli
altri. […]
NESSUN LIMITE AI DONI PROVENIENTI DA DIO
I regali possono essere accettati dai genitori, dal precettore e da
Dio. Queste sono le eccezioni alla regola dell’Aparigraha. Da essi
potete accettare qualsiasi cosa. Ma persino dai genitori non dovete
cercare di ricevere qualcosa usando la costrizione, o tramite litigi.
Ciò che viene offerto dai genitori con amore dev’ essere accettato
con amore. Ci sono dei limiti a ciò che potete ricevere dai genitori.
Ma non esiste alcun limite a ciò che potete ricevere da Dio. Potete
accettare da Dio qualsiasi cosa, perché egli è il Signore di tutte le
cose. Dio può liberarvi dal peccato e redimervi dalle conseguenze.
Dio include tutte le relazioni, perciò ci si deve identificare con
Dio. “Voi ed io siamo Uno”. Attribuire a Dio relazioni tipo madre e
padre mette dei limiti vincolanti alla relazione fra Dio e l’uomo.
Nel vasto oceano di Sat-Chit-Ananda (Essenza,Consapevolezza,
Beatitudine) le miriadi di esseri umani, con diversi nomi e forme,
sono come onde. Ma proprio come le onde si formano dalla stessa acqua
dell’oceano, tutti gli esseri umani sono scintille del Divino.
Essenza, Consapevolezza e Beatitudine sono presenti in tutti gli
esseri umani. La gente, immersa nell’ignoranza, le cerca altrove.
L’ignoranza (Ajnana) è causa di stupidità (Aviveka). La stupidità è
causa di egoismo (Ahamkara). L’egoismo dà origine all’ attaccamento.
L’attaccamento porta con sé l’odio. L’odio è causa di Karma (azione).
Il Karma è causa di rinascita. La causa prima della catena di
processi che provocano la nascita è l’ ignoranza. Che cos’è
l’ignoranza? È lo stato di separazione (bhinnathvam). Credere che
‘Quello’ sia diverso da voi è ignoranza. Vedere Dio come diverso da
voi stessi è ignoranza. Tutti sono frammenti del Divino, scintille
della stessa fiamma. Quando le scintille sono vicine al fuoco
mantengono la loro luce, ma appena ne sono lontane diventano carbone.
Allo stesso modo, quando si è vicini a Dio, Essenza,Consapevolezza e
Beatitudine sono in noi. Quando ci allontaniamo da Dio perdiamo tutti
gli attributi della Divinità. Cadiamo nell’ ignoranza. Non sono la
padronanza di libri e la cultura a fare di una persona un ‘Jnani’
(un conoscitore della Verità Suprema). Conoscenza è percepire l’Uno
senza un secondo (Advaitha dharshanam Jnanam).
NON SOTTOVALUTATE LE ENERGIE DELL’ATMOSFERA
Oggi gli scienziati hanno fatto molte sorprendenti scoperte. Ma manca
loro la pace. Non sono riusciti a capire la verità vedantica sulla
loro vera natura. Per questo motivo non riescono a sperimentare la
beatitudine dello Spirito che è in loro. La gente non dovrebbe
sottovalutare le forze presenti nell’ atmosfera. Per esempio, essa è
piena di onde radio provenienti da varie stazioni emittenti. Ma le
onde mantengono le loro lunghezze d’onda e non si scontrano le une
con le altre. Questa energia elettrica è divina, è uno dei segreti
della Creazione. Questo corpo è come una radio. Quando non vi
sintonizzate appropriatamente per mezzo della concentrazione non
prendete la giusta stazione radio. Nella vita la concentrazione è
essenziale per ogni genere di attività. Gli studenti dovrebbero
comprendere quanto c’è da guadagnare nel ridurre i propri desideri.
Essi possono sperimentarlo in piccolo riducendo il consumo di caffé.
Scopriranno che subito la loro memoria aumenta. Quando i desideri
vengono ridotti, cresce la forza di volontà. Questa forza di volontà
(Ichchaa-shakti) oggi è indebolita. Il risultato è che viene ridotta
la capacità di azione. Di conseguenza, si perde il potere della
Saggezza (Jnana-shakthi).
RIPONETE LA VOSTRA FEDE IN DIO
Studenti! Dovete capire che per gli individui il libero arbitrio non
esiste. Gli individui sono sempre costretti da qualche limitazione.
Solo Dio possiede il libero arbitrio totale. Tutti gli altri sono
vincolati, in un modo o nell’altro.
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