Il cervello ad alta velocità
Data articolo: gennaio 2009
Fonte: www.repubblica.it
Scienziati italiani e svizzeri hanno collegato materiale organico e no ottenendo la trasmissione di
dati. In futuro la rete permetterà di bypassare aree cerebrali lesionate
Un cervello iperveloce che scambia informazioni tra aree neurali con prestazioni elevatissime, che
tra gli intricati meandri della sua materia grigia nasconde componenti artificiali perfettamente
integrate tra i neuroni: non si può non fantasticare su futuri ibridi uomo-macchina di fronte a un
esperimento denso di aspettative.
Infatti, ricercatori italiani e svizzeri hanno collegato ai neuroni nanotubi di carbonio e in
questo modo hanno aumentato l’eccitabilità neurale.
L’invenzione è presentata sulla rivista Nature Nanotechnology e si deve a Michele Giugliano, prima
al Laboratorio di Neural Microcircuitry dell’Ecole Polytechnique Federale di Losanna, Svizzera, oggi
all’Università di Anversa, oltreché a Laura Ballerini e Maurizio Prato, dell’Università di Trieste
presso il centro BRAIN.
I nanotubi di carbonio hanno capacità di condurre elettricità e i neurologi hanno dimostrato che
questi materiali possono formare giunzioni strette, un po’ come quelle naturali tra cellule, con le
membrane dei neuroni. Questo permette di creare collegamenti neurali artificiali e vere e proprie
‘scorciatoie’ per il passaggio del segnale nervoso, in grado di aumentare l’eccitabilità neurale.
L’idea potrebbe essere sfruttata per creare ponti neurali che bypassino traumi o lesioni e
interfaccia cervello-computer per neuroprotesi.
La fitta foresta di neuroni che compone il nostro sistema nervoso è organizzata in modo tale che
ciascun neurone, attraverso ramificazioni cellulari molto intricate, prenda contatti con quelli
limitrofi. Questo permette di instaurare una comunicazione tra neuroni e tra aree neurali anche
distanti tra loro. La comunicazione sfrutta i segnali elettrici: quando la membrana di un neurone si
eccita in risposta a un messaggero chimico esterno inviato da altri neuroni, il treno di impulso
elettrico si propaga come un’onda da un’estremità all’altra del corpo del neurone fino alla punta
dellassone, il braccio principale del neurone, e induce il rilascio di nuovi messaggeri chimici che
vanno a eccitare la membrana di altri neuroni. In questo modo l’impulso elettrico viaggia nel
cervello. In caso di lesioni, per esempio a seguito di un ictus o di un trauma, il viaggio del
messaggio neurale può trovare dei binari morti e fermarsi.
I nanotubi di carbonio potrebbero essere usati per ripristinare la linea neurale e bypassare zone
lesionate. Potrebbero accorciare i collegamenti e quindi accelerare il viaggio dell’impulso
elettrico, potenziandone l’effetto. Non solo, anche le interfaccia macchina-cervello cui oggi sono
rivolti gli occhi di tanti che, vittime di lesioni, non possono più comandare i muscoli, potrebbero
essere costruite utilizzando i nanotubi sull’ultimo tratto di collegamento al cervello, piuttosto
che i classici elettrodi in metallo usati oggi. Il nanotubo in carbonio si adatterebbe molto meglio
a questo compito, in quanto si dimostra più capace di connettersi e formare giunzioni più “naturali”
con la membrana del neurone.
I risultati riportati nel nostro lavoro – spiegano gli autori nell’articolo – indicano che i
nanotubi potrebbero influenzare l’elaborazione neurale dell’informazione; aumentando le conoscenze
sul funzionamento delle reti ibride neuroni-nanotubi, si potrebbero aprire le porte allo sviluppo di
materiali intelligenti per la riorganizzazione di sinapsi all’interno di una rete neurale.
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