Uno studio sui topi modifica il modello tradizionale di codifica e rievocazione dei ricordi. In
realtà è meno stabile, ma più in linea con l’esperienza.
6 novembre 2024 – Elisabetta Intini
La scoperta di un nuovo meccanismo con il quale il cervello “rinfresca” i ricordi, collegandoli a
esperienze precedenti, permette di capire come la memoria umana rimanga aggiornata nel tempo,
rispetto alle esperienze che ogni giorno si compiono.
Un gruppo di scienziati della Facoltà di Medicina di Mount Sinai, a New York, ha dimostrato – sui
topi – che il cervello aggiorna continuamente i ricordi immagazzinati con nuovi dettagli legati al
vissuto più recente. Un risultato che servirà a comprendere meglio come sia possibile creare
inferenze causali tra ricordi e che farà luce su che cosa “non funziona” nella memoria di chi soffre
di disturbo da stress post-traumatico.
UN NUOVO PARADIGMA. Le teorie consolidate sulla memoria vogliono che i ricordi si formino una volta
per tutte durante l’apprendimento iniziale e che rimangano, interferenze permettendo, stabili nel
tempo – un fatto che ci consente di ricordare un’esperienza in particolare.
«Il nostro lavoro sui topi mostra l’inadeguatezza di questa teoria, poiché non tiene conto di come
il cervello possa sia immagazzinare i ricordi sia aggiornarli in modo flessibile con informazioni
nuove e pertinenti. Questa combinazione di stabilità e flessibilità all’interno degli insiemi
neurali è fondamentale per formulare previsioni, prendere decisioni quotidiane e interagire con un
mondo in continua evoluzione» spiega Denise Cai, neuroscienziata dell’Icahn School of Medicine di
Mount Sinai e prima autrice dello studio pubblicato su Nature.
PONTI TRA RICORDI. Cai e colleghi hanno monitorato l’attività neurale dell’ippocampo (una parte del
cervello che ha un ruolo importante nella formazione di ricordi) di topi adulti intenti ad
apprendere nuove esperienze, a riposarsi dopo quelle esperienze e infine a rievocare i ricordi
formati nei giorni successivi.
Come previsto, dopo ogni esperienza il cervello ha codificato il ricordo e lo ha stabilizzato,
rievocandolo. Tuttavia, dopo un’esperienza negativa, il cervello dei topi ha rievocato non solo
quell’evento specifico, ma anche i ricordi dei giorni precedenti, come se fosse alla ricerca di
eventi correlati da collegare a quella traccia.
In particolare, nei momenti di riposo successivi alle esperienze altamente negative per i roditori
(come una scarica elettrica al piede in un particolare ambiente sperimentale), i topi hanno
riattivato non solo il ricordo del trauma subito, ma anche un ricordo “neutro” e non minaccioso dei
giorni precedenti. Il fenomeno è detto co-riattivazione, e secondo gli autori dello studio guida il
collegamento a lungo termine dei ricordi nel cervello.
Gli eventi negativi più intensi avevano maggiori probabilità di guidare questi collegamenti nella
memoria, in modo retrospettivo.
AGGIORNAMENTO IN CORSO (NON SPEGNERE!). Questi collegamenti tra ricordi si formavano più spesso
quando i topi erano svegli: un fatto per certi versi sorprendente, perché si è soliti pensare che
l’archiviazione della memoria avvenga soprattutto durante il sonno. Occorrerà quindi capire se sonno
e veglia abbiano ruoli diversi, nella rievocazione e nell’aggiornamento dei ricordi.
STELLE CHE RICORDANO. Lo studio restituisce un quadro più dinamico e attivo dei ricordi nel cervello
umano: esperienze che, messe continuamente a confronto, possono aiutarci a prevedere situazioni e
approntare comportamenti adeguati. Un secondo studio in tema memoria, pubblicato contestualmente su
Nature e guidato dagli scienziati del Baylor College of Medicine di Houston, Texas, ha trovato che i
neuroni sono assistiti, nei compiti di archiviazione e rievocazione dei ricordi, dagli astrociti,
cellule cerebrali non nervose e a forma di stella che con i neuroni interagiscono fisicamente,
perché vicini ad essi, e in modo funzionale.
dx.doi.org/10.1038/s41586-024-08170-w
da focus.it
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