Più si possiede memoria e più ci vuole tempo per ricercare le cose
24/01/2014 – WASHINGTON
Gli anziani non perdono con lavanzare delletà le loro abilità cognitive, ma semplicemente
rallentano la loro capacità di richiamare le informazioni.
A dirlo un nuovo studio di Michael Ramscar e colleghi della Università di Tubingen in Germania
pubblicato sula rivista Topics in Cognitive Science.
«Il cervello umano
– ha spiegato Ramscar – lavora più lentamente nella terza età solo perché ha accumulato più
informazioni nel corso del tempo».
«Il cervello degli anziani non diventa più debole: semplicemente ha più conoscenze – ha sottolineato
Ramscar –
Come un computer che ha una memoria piena, la mente rallenta ma ciò non vuol dire che perda le
capacità mnemoniche. Quindi non è detto che chi ricorda 600 compleanni abbia una memoria migliore di
chi ne ricorda solo 6».
Lerrore di fondo dei quiz cognitivi e dei test linguistici sarebbe che «inavvertitamente
favoriscono le persone giovani e non tengono conto dellesperienza accumulata da chi è più vecchio.
Il sapere di più induce una differente analisi, scelta di parole e interpretazioni» spiega Ramscar.
I ricercatori stimano che se un lettore medio legge 85 parole al minuto, 45 minuti al giorno per 100
giorni allanno, a 21 anni di età avrà accumulato 12 anni di letture, 1.500.000 parole ripetute e
21.307 parole diverse. Un 70 enne, invece, avrà accumulato almeno 61 anni di letture, 9.000.000 di
parole ripetute e oltre 32.500 parole nuove.
«Più si possiede memoria e più ci vuole tempo per ricercare le parole – precisano gli studiosi –
Gran parte della performance richieste nei test standardizzati, interpretati dai ricercatori, mostra
decrementi legati alletà ma in realtà riflettono incrementi perché rispecchiano un accumulo di
esperienza anche nel vocabolario e sottili processi di discriminazione verso alcune parole tipici
della tarda età».
«È tempo di ripensare a cosa si intende per declino cognitivo prima che false conclusioni siano poi
usate per decisioni che mettono ai margini i vecchi o che cerchino di rimediare a problemi che non
esistono» commentano Wayne Gray e Thomas Hills del dipartimento di scienze cognitive e psicologia
delluniversità di Warwick, editori della rivista.
da lastampa.it
Lascia un commento