Il capolavoro di Vermeer cattura lo sguardo senza farlo più uscire dal quadro: un affascinante
studio su come percepiamo l’arte a livello neurologico.
7 ottobre 2024 – Elisabetta Intini
Qualcuno si è spinto a definirla “la Monna Lisa del Nord”: è la Ragazza col turbante, meglio nota
come Ragazza con l’orecchino di perla, protagonista di uno dei dipinti più noti del pittore olandese
Jan Vermeer (1632-1675). Che cos’è, a rendere questo ritratto particolarmente ipnotico e popolare?
Il gioiello, forse, o l’inclinazione della luce, o la rara bellezza della donna? L’indiscutibile
fascino del capolavoro dell’arte fiamminga potrebbe essere legato – ha trovato ora uno studio – al
modo in cui il cervello reagisce davanti ad esso.
A ME GLI OCCHI! La Mauritshuis, il museo de L’Aia (Paesi Bassi) che ospita il quadro, ha
commissionato uno studio di neuroscienze all’agenzia di ricerca Neurensics per misurare l’impatto
della visione di questo ritratto del 17esimo secolo sul cervello degli osservatori. Vermeer ha
saputo sfruttare ad arte, nel progettarlo, un fenomeno ben noto agli psicologi, cioè il fatto che il
cervello umano sia naturalmente attratto dai volti, e dall’espressione di occhi e bocca in
particolare. Decifrando le emozioni della persona che vediamo, riusciamo infatti a indovinare le sue
intenzioni e difenderci da eventuali minacce.
IMPOSSIBILE GUARDARE ALTROVE. Vermeer ha fatto un passo in più: è riuscito a catturare lo sguardo
dell’osservatore in un “ciclo di attenzione sostenuta”, un loop ripetuto più volte in cui l’occhio
si concentra prima sullo sguardo della ragazza, poi sulla bocca, quindi sul punto luce
dell’orecchino, per poi ricominciare.
Il fatto di avere tre punti focali è proprio ciò che distingue questo da altri capolavori di Vermeer
che ritraggono personaggi indaffarati in momenti di vita quotidiani. In questo caso, infatti, la
ragazza fissa l’osservatore. Il risultato è che lo sguardo si sofferma sul dipinto molto più a lungo
che su qualunque altro quadro esaminato.
L’EFFETTO NEUROLOGICO DELL’ARTE. Gli scienziati, guidati dal neuroscienziato ed esperto di
neuromarketing Martijn den Otter, hanno monitorato l’attività cerebrale di alcuni visitatori del
museo che si sono prestati a indossare cuffie imbottite di elettrodi per la misurazione
dell’attività elettrica del cervello (elettroencefalografia, EEG).
Il tracciamento oculare ha permesso di capire esattamente che cosa i soggetti stessero guardando. In
un secondo momento, le stesse persone hanno potuto visionare i dipinti ammirati al museo anche in
una serie di copie o riproduzioni non originali, mentre sedevano in uno scanner per risonanza
magnetica (MRI) dell’Università di Amsterdam.
QUALCOSA IN PIÙ. Gli esami cerebrali, oltre a rivelare il loop attentivo prima accennato, hanno
anche mostrato che la Ragazza con l’orecchino di perla stimola una maggiore attività cerebrale
rispetto ad altre opere, in particolare nel precuneo, una regione cerebrale nei lobi parietali
coinvolta nella capacità di riflettere su se stessi, di rievocare ricordi della propria vita passata
e in alcune funzioni della coscienza.
MEGLIO GLI ORIGINALI. Infine (e in una perfetta campagna promozionale per il Mauritshuis) è emerso
che guardare i dipinti originali sulle pareti del museo suscita una risposta emotiva nel cervello 10
volte più intensa rispetto alla visione di quelle stesse opere riprodotte, per esempio, su un
poster. Un motivo in più per fruire dell’arte dal vivo, nei contesti espositivi.
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da focus.it
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