Il cervello ha bisogno di coccole

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Il cervello ha bisogno di coccole

Lo proverebbe la concentrazione di alcuni ormoni ipofisari

da corriere.it

Uno studio americano ribadisce l’importanza delle «coccole» per un buono sviluppo cerebrale dei
piccoli. Fondamentali i primi anni

Baci e abbracci e carezze. Senza si è infelici. E se mancano da piccoli potrebbe risentirne
addirittura lo sviluppo cerebrale, con conseguente ansia e problemi di relazione una volta adulti. A
provarlo è una ricerca pubblicata sulla rivista scientifica Pnas (Proceedings of National Academy of
Science).

LO STUDIO – Seth Pollak, e i suoi collaboratori psicologi dell’università del Wisconsin, sono
arrivati a questa conclusione dopo aver esaminato 39 bambini di età media di 4,5 anni, di cui 9
adottati da almeno due anni da famiglie americane. I ricercaotri hanno osservato i piccoli mentre
giocavano nelle loro case e venivano coccolati dalle madri, e hanno misurato loro la concentrazione
nelle urine di due ormoni prodotti nel cervello: la vasopressina e l’ossitocina. La prima è ritenuta
un indicatore legato al riconoscimento delle figure parentali e familiari, mentre il secondo aumenta
la propria concentrazione nel sangue quando ci si sente sicuri e protetti. La misurazione ha
indicato che la vasopressina dei bimbi adottati era quasi invariabilmente più bassa di quello dei
loro coetanei non adottati, e che l’ossitocina nei primi non si alzava nonostante le “coccole”
materne

MOMENTI DECISIVI – Il risultato è degno di nota- hanno dichiarato gli autori dello studio- se si
pensa che i bambini una volta orfani erano già stati adottati da diverso tempo. Ciò significa che ,
con tutta probabilità, per un corretto sviluppo cerebrale è di importanza cardinale il primo periodo
di vita.

SINAPSI – Del resto l’importanza delle «coccole» nei primi anni di vita, anche se non misurata
attraverso questi ormoni, è nota da tempo.
Il cervello di un neonato ha tantissimi neuroni ma poche sinapsi (connessioni), molte meno di quelle
presenti nel cervello di un adulto.
Secondo alcuni studi il numero di sinapsi raggiungerebbe un livello pari a quello di un adulto nel
giro di due anni, per sopravanzarlo poi tra i 4 e i 10. Dopo quest’età il loro numero comincerebbe a
ridursi, per assestarsi dopo ì 16 anni. Nel periodo in cui si formano molte nuove sinapsi però, un
numero altrettanto grande ne verrebbe distrutto, eliminato. Si attuerebbe insomma un fenomeno di
selezione. Il cervello dei bambino non solo «cresce», formando circuiti sempre più numerosi e
sofisticati, ma, contemporaneamente. impara a eliminare quelli inutili. Un comportamento molto
complesso ed evoluto quindi, che sarebbe in qualche modo governato, secondo diversi studiosi,
proprio dalla secrezione a «ondate» di fattori «neurotrofici», a loro volta condizionati almeno in
parte dagli stimoli esterni. Questi fattori, in particolare, sarebbero rilasciati in modo che
specifiche parti del cervello si connettano una dietro l’altra e che uno strato di tessuti nervosi
maturi dopo, e non prima, di un altro.

POTENZIALITA’ – Se questo è vero, diventa possibile anche capire come mai bambini con potenzialità
magari inferiori a quelle di un coetaneo possano sviluppare capacità superiori. E’ ormai accettato
infatti il codice genetico, da solo, non conterrebbe abbastanza informazioni per organizzare
completamente il cervello secondo uno schema prestabilito, ma sarebbe dotato solo di alcuni schemi
di base, che farebbero da guida alla realizzazione del progetto sotto stimoli provenienti
dall’ambiente esterno. E la capacità di formare nuove sinapsi e di eliminare quelle inutili sarebbe
proprio uno dei fenomeni determinati in gran parte dall’esperienza. In altre parole si potrebbero
avere individui con cervelli praticamente identici nel numero dei neuroni e delle loro connessioni,
ma la strategia dei circuiti potrebbe dipendere in gran parte dalle esperienze fatte dal bambino, e
ne condizionerebbe quindi anche le qualità psicologiche e intellettuali una volta adulto.

EMOZIONI – E studi effettuati con la Pet (Tomogragfia a emissione di positroni) indicherebbero anche
che il condizionamento esterno non riguarderebbe solo le prestazioni intellettuali, cioè lo sviluppo
di adeguate capacità a risolvere problemi, ma anche il profilo affettivo. La PET, ha permesso di
osservare che quando una persona prova emozioni positive, gioia, felicità, interesse, si attiva
soprattutto la corteccia frontale sinistra, mentre tristezza e altre emozioni del genere
corrispondono a una maggiore attività della corteccia frontale destra. E la PET ha anche indicato
che la corteccia frontale diventa metabolicamente attiva soprattutto tra i 6 e i 24 mesi di vita. E’
possibile che la corteccia frontale, che una volta si pensava evolvesse soprattutto nella seconda
infanzia, sia implicata nello sviluppo emozionale e cognitivo molto precocemente. Periodo che
sarebbe importante per il bambino per regolare le emozioni.

l.r.

22 novembre 2005

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