Vedere altri cavarsela in situazioni difficili aiuta ad affrontare future avversità, aumenta il
rilascio di serotonina e previene la depressione.
8 settembre 2024 – Elisabetta Intini
Il cervello impara a sopportare le avversità anche dalle esperienze altrui.
Il semplice fatto di osservare gli altri fronteggiare una difficoltà rende il cervello più
resiliente e capace di cavarsela nelle avversità future. Mediatore chiave di questo processo è la
serotonina, un neurotrasmettitore impropriamente chiamato “ormone della felicità”, e nella
fattispecie il suo rilascio in una precisa struttura cerebrale, l’abenula: è la conclusione di uno
studio, pubblicato su Science, che potrebbe avere ricadute importanti nella ricerca di cure contro
la depressione.
IMPARARE DALLE AVVERSITÀ (ALTRUI). Un team di neuroscienziati dell’Università di Losanna (in
Svizzera) ha verificato che i topi che potevano brevemente assistere alle esperienze avverse di
alcuni loro simili, sottoposti a una lieve scarica elettrica alle zampine, apparivano in seguito
meno vulnerabili agli eventi traumatici che li riguardavano. Osservare la risposta emotiva di altri
topi a una circostanza negativa aiutava a costruire un bagaglio di resilienza da mettere in campo al
momento del bisogno.
È il concetto di contagio emotivo: imparare da qualcuno che “ci era già passato” ha evitato che i
topi sviluppassero mancanza di motivazione e di voglia di fare, avvisaglie di depressione, quando è
toccato a loro affrontare un momento difficile. Lo stesso non è avvenuto per i topi che non hanno
fruito di questa esperienza di apprendimento, che sono risultati più fragili negli eventi negativi e
traumatici.
LA CHIMICA DELLA RESILIENZA. Gli scienziati hanno quindi individuato il meccanismo cerebrale alla
base di questo fenomeno. Sono riusciti a provare che i momenti di contagio emotivo coincidevano con
un picco di rilascio di serotonina – un mediatore chimico che svolge un ruolo chiave nella
regolazione dell’umore, del sonno, dell’appetito e di altre funzioni base – nella regione
dell’abenula, una piccola struttura cerebrale che partecipa all’elaborazione delle emozioni e degli
stimoli sensoriali come quelli dolorifici, e che regola la produzione di neurotrasmettitori
associati alla depressione.
RIPERCUSSIONI NELLE CURE. L’ipotesi è che il rilascio di serotonina aiuti a costruire la resilienza
perché riduce l’attività neurale nella porzione laterale dell’abenula: proprio l’iperattività dei
neuroni in questa struttura è di solito associata a comportamenti depressivi nei topi. Se la
scoperta fosse confermata, avrebbe ripercussioni importanti nelle terapie «contro la depressione
maggiore, il disturbo da stress post-traumatico e le dipendenze», ha scritto in un articolo di
commento Martin Metzger, fisiologo dell’Università di San Paolo (Brasile).
Molti farmaci antidepressivi infatti lavorano per aumentare la concentrazione di serotonina nel
cervello.
Qui si dimostra che un suo incremento passeggero e localizzato in una precisa struttura cerebrale
potrebbe evitare i comportamenti di apatia implicati in questo disturbo dell’umore.
www.science.org/doi/10.1126/science.adp3897
www.science.org/doi/10.1126/science.adr9296
da focus.it
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