Il dharma
Il concetto di dharma, generalmente tradotto come “religione” è in realtà molto più complesso, e può
essere definito meglio come “qualità intrinseca” e “attività collegata con la propria natura”,
proprio come diremmo che il dharma del fuoco sono la luce e il calore e il dharma dell’acqua è la
liquidità. Al livello condizionato delle divisioni sociali dell’umanità abbiamo diversi dharma
collegati con la diversa natura psicologica e attitudinale delle categorie di esseri umani, che sono
considerati doveri religiosi in quanto lo svolgimento coscienzioso del proprio dovere è accettato
dalla teologia induista come una forma legittima di adorazione del Supremo.
Questo concetto si collega anche alla celebrazione del “sacrificio” (yajna) che può essere eseguita
sia con l’esecuzione di particolari rituali religiosi sia con la giusta e accurata esecuzione del
proprio dovere naturale. Poiché il dharma eterno dell’essere vivente è quello di servire il tutto,
le diverse categorie sociali hanno il dovere religioso di servire il corpo sociale. Il dharma di una
persona di famiglia è quello di servire la famiglia, la società e così via. Chi non ha niente e
nessuno da servire finisce per servire i propri sensi, la propria mente, o anche solo un animale da
compagnia, ma è sempre e comunque impegnato nel servizio.
A livello dell’anima, però, l’eterna religione o natura (sanatana-dharma) dell’anima individuale è
la relazione armoniosa con Dio, il servizio al Supremo. La differenza tra dharma eterno (religione
spirituale) e dharma condizionato (religione materiale) è quindi fondamentale: chiunque può
spostarsi da una tradizione religiosa (cioè dottrinale, sociale e culturale) all’altra, ma non è mai
possibile modificare la propria natura fondamentale, che è quella di servire il Tutto Assoluto o
Krishna, in una relazione di amore.
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