Il Discredito Patologico sulla Fusione Fredda: ovvero, come ti nego l’evidenza empirica
di Roberto Germano
da Scienza e Conoscenza n. 33.
“Esistono molte scienze, ma pochi scienziati”
Proverbio arabo
Roberto Germano ci propone, attraverso un divertente, ironico e acuto dialogo, un’analisi puntuale dei meccanismi che hanno portato la fusione fredda e l’affare Benveniste sulla memoria dell’acqua all’attuale situazione di discredito presso la maggior parte dell’establishment scientifico.
Prof. De’ Tali: Ciao Roberto! Come va? Hai fatto bene a prendere questo appuntamento con Brian. Sai, non ci vediamo da anni. Anche se lui ormai, sai com’è: ha avuto il premio Nobel, poi è andato in India…, sai bene che dice cose strane in giro. Tra l’altro sembra appoggiare le teorie di Giuliano, sai? Troppe cose! Giuliano spiegherebbe troppe cose tutte insieme! Come fanno ad essere vere? Non è credibile. Roberto: Ecco che arriva. Ciao Brian!
Brian: Ciao Roberto! Ciao De’ Tali! Come va la tua carriera? Bene vero? Non ho saputo più niente di te negli ultimi anni. Come va?
Prof. De’ Tali: Ciao Brian! Io bene. E a te come va la vita? Degli amici comuni mi dicono che ultimamente dici in giro cose un po’ fantasiose. Ad esempio, Roberto, tu credi alla Fusione Fredda?
Roberto: In che senso, “credo”? Non è mica una questione di fede religiosa! Ci sono moltissime ricerche sperimentali di cui qualunque persona con una media preparazione scientifica può rendersi edotto, se ne è abbastanza curioso e non ha preclusioni mentali.
Prof. De’ Tali: Il mio era solo l’esempio più banale! Ma visto che tu dici queste cose, scusami, ma mi costringi a ricordarti che la fusione fredda è semplicemente la più grande “bufala” del XX secolo. E chi la pensa diversamente non parla di scienza!
Brian: Ti ricordo che dopo tanti anni di esperimenti – da quando nel 1989 i due chimici Martin Fleischmann e Stanley Pons ne annunciarono l’esistenza – ora il fenomeno è perfettamente riproducibile. Non ancora ingegnerizzato, ma scientificamente riproducibile. Purché si rispettino certi parametri, ovviamente. Come dice il tuo amico Emilio?
Roberto: Emilio dice: “Nessun esperimento è riproducibile se uno lo fa con sufficiente incompetenza”. Nel 1989, dopo l’annuncio di Fleischmann e Pons, in sole cinque settimane il “caso” fu dichiarato chiuso da un comitato opportunamente creato per “giudicare” i due scienziati. Chiunque abbia un minimo di pratica sperimentale sa bene che non possono bastare poche settimane per negare un fenomeno sperimentale.
Brian: Non basta accendere una fiammifero sotto una pentola d’acqua per portarla ad ebollizione, ma bisogna che la fiamma sia abbastanza grande e che aspettiamo abbastanza tempo. Se usassimo un fiammifero, rimarremmo sempre dell’idea che l’acqua che bolle è una fandonia.
Roberto: Dai Brian, chiarisci un po’ meglio di cosa parliamo con fatti e dati. Sono anni che quelle rare volte che capita di sentir parlare di fusione fredda non ci si capisce un tubo.
Brian: Mi hanno detto che da voi in Italia, negli ultimi 20 anni, ci sono state solo due inchieste giornalistiche in TV (Report e Rai News 24), e da molti anni non viene pubblicato nessun libro sull’argomento.
Prof. De’ Tali: E perché mai se ne dovrebbe parlare di più? È una bufala!
Brian: Forse è proprio il caso di fare un po’ mente locale per capire meglio in che consista il fenomeno della cosiddetta fusione fredda. Procuriamoci un filo di Palladio. Scelgo il Palladio perché assorbe benissimo l’idrogeno. Nel filo di Palladio, tramite un procedimento elettrolitico, immetto del Deuterio – che è l’isotopo pesante dell’Idrogeno (nell’Idrogeno “normale” il nucleo è costituito da un solo protone, mentre nel Deuterio il nucleo è costituito da un protone e da un neutrone). Ora, se io riesco a far entrare nella matrice metallica “abbastanza” Deuterio, la fusione fredda avviene.
Roberto: “Abbastanza” che vuol dire? Siamo fisici…
Brian: Giuliano Preparata ed Emilio Del Giudice hanno previsto teoricamente e, insieme ad Antonella De Ninno, all’ENEA di Frascati, hanno verificato sperimentalmente che “abbastanza” significa che la concentrazione di Deuterio deve superare una certa soglia di densità, non facile da ottenere in condizioni ordinarie, corrispondente al fatto che il numero di nuclei di Deuterio deve essere maggiore del numero di nuclei di Palladio. Cioè, la soglia critica di caricamento è uguale al rapporto: n° atomi Deuterio / n° atomi Palladio. In tal caso – e solo in tal caso – il fenomeno avviene.
Prof. De’ Tali: Cioè? Di grazia, cosa mai avverrebbe? Com’è mai possibile che Preparata abbia capito “tutto”? I Quark, la fusione fredda, la superconduttività, la transizione gas-liquido, la superfluidità, la struttura dell’acqua?
Brian: Ciò che avviene è questo: ogni volta che si raggiunge quella soglia, contemporaneamente viene emessa una quantità di calore assolutamente non prevista, in quantità da 10 a 20 volte superiore all’incertezza sperimentale.
Prof. De’ Tali: Non mi dire che da questo deduci che si tratta di fusione nucleare! Anche io talvolta emetto una quantità di calore non prevista.
Brian: La misura non lascia dubbi sul fatto che si tratti di una fusione nucleare, perché in corrispondenza di quella soglia di densità e dell’emissione di calore si sviluppa nella cella elettrolitica una quantità di Elio 4 molto superiore al fondo naturale (100 volte maggiore del fondo).
Roberto: Ma perché si dovrebbe trattare proprio di fusione nucleare?
Brian: Perché un nucleo di Elio è formato da due protoni e due neutroni. Ciò indica che il processo che produce l’energia che viene misurata è questo: due nuclei di Deuterio si fondono e danno luogo all’Elio.
Roberto: Sì, ma l’Elio è un gas così leggero e sfuggente… Come fai a essere sicuro che non si tratti di Elio atmosferico?
Brian: Il livello di Elio misurato prima del raggiungimento della soglia critica e dopo lo spegnimento della corrente elettrolitica sono assolutamente uguali tra di loro, e hanno valori tipici del fondo naturale. Solo quando si supera la soglia individuata, invece, si misura sempre una produzione di Elio circa 100 volte superiore al fondo naturale!
Prof. De’ Tali: Ah! E come mai Giuliano, Emilio e Antonella sarebbero stati così bravi a superare quando vogliono questa soglia critica? Non hai detto che è difficile da ottenere?
Brian: In effetti, hanno impiegato degli anni per capirlo. Ma tale soglia la raggiungono ormai quando vogliono, grazie ad un effetto fisico teoricamente previsto da Giuliano Preparata, battezzato quindi “effetto Preparata”: se il catodo ha una resistenza elettrica abbastanza grande (motivo per cui parlavo di un filo sottile di Palladio), quando il Deuterio intrappolato supera una soglia di densità (grazie al solo metodo elettrolitico) l’applicazione di una differenza di potenziale ai capi del catodo facilita moltissimo l’ingresso di nuovo Deuterio nel Palladio e ciò permette di raggiungere sempre quella famosa soglia critica…
Prof. De’ Tali: Ma se fosse così, allora perché questa cosa non si sa in giro?
Brian: Questi risultati furono in parte comunicati al 9° Congresso Internazionale sulla fusione fredda, svoltosi a Pechino nel Maggio 2002, e poi hanno scritto un articolo completo su tutti i risultati e l’hanno inviato ad alcune riviste internazionali.
Roberto: E che è successo dal 2002? Sono passati 8 anni.
Brian: Lo sai che la prestigiosa rivista internazionale “Nature”, ha dichiarato di non voler pubblicare nulla di favorevole, ma solo gli articoli contrari? Il guaio, però, è che esistono organi pubblici, come ad esempio quelli italiani, che usano l’impact factor delle riviste – cioè l’indice di importanza, diciamo così, delle riviste scientifiche, che viene assegnato secondo certe metodiche – per stabilire l’importanza degli articoli. “Nature” ha un impact factor di circa 30, mentre “Il Nuovo Cimento”, cioè il Giornale della Società Italiana di Fisica, ha un impact factor di circa 0,3: ci vogliono circa 100 articoli sul Giornale della Società Italiana di Fisica per pareggiare un articolo su “Nature”! Questo vuol dire che, in un certo senso, le opinioni della redazione di “Nature” sono la legge in base a cui il vostro Stato italiano assegna i fondi per la ricerca… Chiaramente l’hanno inviato anche all’autorevole rivista americana “Science”. La risposta fu, ahimè, che non avevano spazio per ospitare quell’articolo.
Roberto: Non si saranno mica arresi alla prima difficoltà?!
Brian: Certo che no. Si sono rivolti allo “European Journal of Physics” che ha replicato con due giudizi di altrettanti referees. Uno riteneva impossibile il raggiungimento di una temperatura di 1.500 gradi centigradi (infatti, in un’occasione alcune parti del catodo si erano fuse) all’interno dell’acqua della cella; evidentemente i vulcani sottomarini per questo “esperto” sono una truffa, esattamente come la fusione fredda. L’altro referee si stupiva che fossero in grado di misurare la resistenza elettrica di un conduttore ai cui capi ci fosse una differenza di potenziale… Comunque hanno insistito, mandando l’articolo al “Journal of Physics”: la risposta di poche righe, abbastanza incomprensibili, diceva in sintesi che, contrariamente alla comune opinione, la calorimetria non è una scienza…
Roberto: Comunque, visto il successo degli esperimenti, all’ENEA avranno incoraggiato a continuarli, rifinanziando il gruppo, no?
Brian: Non proprio… Carlo Rubbia, il vostro Nobel italiano, inizialmente scettico, negli anni, si era invece convinto a supportare quegli esperimenti, quale presidente dell’ENEA. Ma tornò poi al silenzio. Come se nulla fosse accaduto. Soltanto circa sei anni dopo, nel 2008, il loro lavoro sperimentale all’ENEA (Rapporto 41) è stato pubblicato parzialmente in un volume (peer reviewed) della “American Chemical Society”!
Roberto: Come si spiega questa anomala situazione?
Brian: Vedi, devi considerare che la visione “generalmente accettata” di un fenomeno può essere sbagliata sostanzialmente in due maniere. Talvolta un fenomeno non esistente viene considerato reale (es.: raggi N, poliacqua, ecc…), in questo caso si parla di “scienza patologica”, secondo la definizione che ne diede Langmuir. Ma c’è un’altra faccia della medaglia: spesso un fenomeno reale viene considerato inesistente (es.: deriva dei continenti, meteoriti dallo spazio esterno, ecc.): in questo caso si parla di “incredulità patologica”. L’“incredulità patologica” conduce senza passaggi intermedi al “discredito patologico” e a una infondata ridicolizzazione.
Prof. De’ Tali: Ma se tutta questa storia della fusione fredda fosse vera, forse non ci sarebbero già delle applicazioni? Dopo 21 anni!
Roberto: In effetti ho sentito dire che in ambito militare si crede che delle applicazioni ci potrebbero essere… o che potrebbero esserci già state, in correlazione ai proiettili all’uranio impoverito.
Brian: Bisogna ammettere che in tutti i congressi sulla fusione fredda ci sono sempre dei rappresentanti delle forze armate degli Stati Uniti, ma,forse soltanto perché i militari americani sono persone interessate alla scienza… In ogni caso, sappiate che è appena stato pubblicato un coraggioso libro su questo “scottante” argomento, scritto da Emilio Del Giudice e Maurizio Torrealta di Rai News 24: Il segreto delle tre pallottole. Leggetelo e poi ne riparliamo.
Roberto: Certo che la situazione è proprio strana. Nessuno ne sa niente, dopo 21 anni; i militari interessati; tutti convintissimi che sia un errore scientifico. Credo che il fenomeno della fusione fredda non sarà accettato fino a che non si venderanno degli scaldabagni a fusione fredda!
Brian: Pare proprio che delle aziende ci stiano già lavorando.
Prof. De’ Tali: Io aspetto proprio con ansia questo scaldabagno, con quello che pago di metano ogni bimestre!
Brian: Fai bene a essere ansioso, e anche i tuoi discendenti dovrebbero esserlo: per avere 10 kW di potenza per una durata di 500 anni, ti basterà un grammo di Palladio e un litro di acqua pesante.
Roberto: Ma quanto costano questi “ingredienti”?
Brian: Te la cavi con circa 300 Euro.
Prof. De’ Tali: Finché non me lo dimostri non ci credo!
Brian: Veramente sei tu che se non “credi” alle pubblicazioni sull’argomento, devi produrre altri dati sperimentali che vadano a contrapporsi a quei dati: non basta chiacchierare.
Questo è proprio uno dei tratti caratteristici degli “pseudoscettici”.
Si può individuare uno schema comportamentale di coloro che potremmo chiamare appunto “pseudoscettici”, in quanto tale figura psicologica si autodefinisce scettico senza averne le caratteristiche distintive. Proviamo a schematizzare:
1) Non esprimono le loro critiche in quei contesti in cui sarebbero soggetti a “peer review”, vale a dire “revisione dei pari”, come invece si fa (si deve fare) quando si pubblica su riviste scientifiche internazionali.
2) Non vanno in laboratorio a svolgere l’esperimento insieme agli sperimentatori che essi criticano, né provano a riprodurre l’esperimento per proprio conto.
3) Fanno delle asserzioni in maniera tale da sottintendere che sono basate scientificamente, mentre sono soltanto congetture.
4) Utilizzano, a piene mani e senza scrupoli sia satira, che ridicolizzazioni, fino a giungere a veri e propri insulti.
5) Quando si mostrano loro delle possibili spiegazioni, avanzano delle ragioni ad hoc per rifiutarle. Queste ragioni spesso consistono in una brusca affermazione che le spiegazioni violano qualche legge di conservazione.
6) Rifiutano totalmente l’evidenza se non risponde ad ogni possibile domanda fin dall’inizio.
Una volta formatasi l’idea che questo campo di ricerca è “patologico”, tutte le pubblicazioni in questo ambito tendono ad essere rifiutate dalle riviste scientifiche internazionali. Il normale processo di “review” si interrompe bruscamente. Ciò conduce spontaneamente al mito.
Ciò che è avvenuto con la Fusione Fredda è stata la creazione di un mito: il mito che il fenomeno non è reale.
Le due principali (e alternative) attitudini, a questo punto, possono essere: accettarlo senza approfondire seriamente, o approfondirlo prima di decidere se accettarlo o meno.
La prima attitudine si manifesta quando c’è una forte disposizione ad accettare il mito, perché esso conferma il proprio sistema di credenze. Il secondo approccio è la reazione più scientifica, ma che talvolta risulta scavalcata, specie se ci sono in ballo forti emozioni.
Roberto: Secondo te, verso quali altre tematiche attualmente prevale questa situazione di accettazione mitica di un giudizio non scientifico?
Brian: Un altro caso evidente è tutto ciò che concerne le proprietà anomale dell’acqua: parliamo della “memoria dell’acqua” o “affaire Benveniste” che dir si voglia. In questo caso il “problema” è dato dai comportamenti “anomali” dell’acqua, messi in evidenza da diverse ricerche sperimentali sia in ambito biologico che fisico-chimico (omeopatia, Piccardi, Benveniste, proprietà magnetiche dell’acqua e dei sistemi biologici), che non sono ancora “rientrati nei ranghi” di un paradigma accettato da tutti gli scienziati di ogni ordine e grado.
Roberto: Parlaci di Benveniste: so che era quasi in odore di premio Nobel, uno scienziato di fama internazionale.
Brian: La pietra dello scandalo fu l’articolo apparso sulla famosa rivista internazionale “Nature”, il 30 Giugno 1988: E. Davenas, F. Beauvais, J. Amara, M. Oberbaum, B. Robinzon, A. Miadonna, A. Tedeschi, B. Pomeranz, P. Fortner, P. Belon, J. Sainte-Laudy, P. Poitevin and J. Benveniste, “Human basophil degranulation triggered by very dilute antiserum against IgE”, Nature, 333, 816 (1988).
In questo articolo vengono descritti una serie di esperimenti condotti utilizzando diluizioni omeopatiche del cosiddetto anti-IgE (un anticorpo responsabile di reazioni allergiche), che malgrado ciò – vale a dire essendo scomparso dal solvente acqua – induceva comunque in misura statisticamente significativa la degranulazione dei basofili umani in coltura (cioè il rilascio di istamina, da cui la reazione allergica). Da ciò il tormentone di “memoria dell’acqua” con cui è passato alla storia questo celebre, quanto controverso, risultato sperimentale.
Roberto: Perché dici “controverso”?
Brian: I referees di “Nature” non poterono trovare alcun errore nella ricerca di Benveniste. Tant’è vero che l’articolo fu pubblicato. Ma questo articolo veniva opportunamente preceduto da un altro, anonimo (ma, scritto probabilmente dal direttore di “Nature”, cioè John Maddox), dal titolo Quando credere all’incredibile, in cui si evidenziava l’inspiegabilità teorica dei fenomeni descritti, e si invitavano i lettori a sospendere il giudizio fino a ulteriori controlli:
When to believe the unbelievable, “Nature”, 333, 787 (1988).
Successivamente, il direttore di “Nature” organizzò dei “controlli” che si sostanziarono nella visita, lunga una settimana, al laboratorio di Benveniste di tre ospiti ben assortiti: un famoso illusionista ed ipnotizzatore statunitense, James Randi (membro attivissimo dello CSICOP, Committee for the Scientific Investigation of Claims of the Paranormal – comitato per l’investigazione scientifica del paranormale!! – lo zio d’america dell’italiano CICAP, per intenderci), il direttore di “Nature” stesso, John Maddox, ed il sedicente “acchiappa-frodi” Walter Stewart. I risultati della “verifica” dei tre furono prontamente pubblicati su “Nature” il 28 Luglio 1988 (rapidissimamente, cioè soltanto 28 giorni dopo la pubblicazione di Benveniste, e senza alcun referaggio internazionale):
J. Maddox, J. Randi and W. W. Stewart, ‘High dilution’ experiments a delusion, “Nature”, 334, 287 (1988).
Questi “risultati” dei nostri tre elementi sono stati riprodotti da qualche scienziato? E quali scienziati avevano fatto da referee al loro articolo?
Per cogliere l’attitudine dei tre non basta leggere l’articolo, bisogna interpretarne le intenzioni: si dichiaravano ben sicuri della buona fede di Benveniste (quale magnanimità!), però riferendosi alla coautrice Davenas, ringraziandola per i conteggi, insinuavano che non fosse in buona fede. Si concludeva poi che c’erano stati degli errori di campionatura statistica. In quanto non-biologi, i 3 “investigatori” probabilmente non erano perfettamente consapevoli dell’argomento su cui volevano “investigare”, e siccome non c’è stato alcun referee esperto che abbia valutato il loro successivo articolo, questo fa capire bene che valore potesse avere la nettezza delle loro conclusioni contro la ricerca pluriennale di Benveniste. Eppure, è proprio con questo articolo che è esploso e si è propagato violentemente il discredito totale verso quelle ricerche.
Roberto: Quindi si può dare una mazzata fatale ad un campo di ricerca da parte di alcuni specifici individui “ostili” che si ergono a “giudici” definitivi. In pratica, avere potere è più importante che avere ragione.
Brian: Victor Hugo diceva: “Credo poco alla scienza degli scienziati stupidi”, ma quando questi ultimi hanno potere, molti, quasi tutti, finiscono inevitabilmente per crederci.
Tratto da Scienza e Conoscenza n. 33
Scienza e Conoscenza N. 33
Disponibile in versione cartacea, pdf e abbonamenti
Autori Vari
Scienza e Conoscenza – Editore – Agosto 2010
Tipo: Rivista
La rivista che tratta di ricerche, esperienze e scoperte nel campo delle nuove scienze,… http://www.macrolibrarsi.it/libri/__scienza-e-conoscenza-n-33.php?pn=1567
Chi è Giuliano Preparata
Giuliano Preparata è uno dei maggiori fisici del XX secolo: già i primi lavori teorici di fisica delle particelle del ’65-’70 collocano il giovanissimo Preparata nel Gotha della fisica teorica mondiale. I suoi studi sui quark degli anni ’70 lo fanno entrare di diritto nella storia della fisica, e cominciano a renderlo inviso alla gran parte dei suoi “colleghi”. Infine, negli anni ’80 e ’90, il suo vincente programma di “ricostruzione della materia” con l’utilizzo della teoria quantistica dei campi (QFT) – che include sia territori non più vergini quali la superconduttività, il magnetismo e la superfluidità, sia fenomeni sperimentali tanto inattesi nella visione corrente da essere considerati “eretici”, quali la fusione fredda e le proprietà anomale dell’acqua, fino a far luce sui principi fisici alla base delle dinamiche biologiche dei sistemi viventi – lo caratterizza senza dubbio come uno scienziato del XXI secolo.
Il 24 Aprile 2000 Giuliano Preparata è venuto a mancare. Dirigeva all’ENEA di Frascati una ricerca sulla fusione fredda per acquisire gli elementi di corroborazione sia teorica che sperimentale ancora mancanti. Nella primavera 2002 il gruppo formato da Emilio Del Giudice, Antonella De Ninno, Antonio Frattolillo, Antonietta Rizzo (e con il supporto di Martin Fleischmann) ha conseguito i primi risultati significativi ed anche decisivi (si veda l’inchiesta di Rai News 24 “Rapporto 41”).
Scritto da Roberto Germano
Fisico della materia, è CEO di PROMETE Srl – CNR Spin off company. Ha scritto il libro “Fusione Fredda, Moderna storia d’inquisizione e d’alchimia” (Bibliopolis, 2000, seconda ed. 2003) – prefazione di Giuliano Preparata – e “AQUA, L’acqua elettromagnetica e le sue mirabolanti avventure” (Bibliopolis, 2006) – prefazione di Emilio Del Giudice, e coautore di “Il Trasferimento Tecnologico” (Franco Angeli, 2010).
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