Il DNA è mobile

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Il DNA è mobile

di: Alessio Mannucci – ecplanet.net

L’UOMO-PESCE

Le copie ripetute di un piccolo segmento di DNA nel genoma di un pesce primitivo potrebbero essere
state cruciali nella transizione degli antichi animali dal mare alla terra, e, successivamente,
anche in cambiamenti evolutivi chiave nei vertebrati terrestri. “La scoperta che elementi di DNA
copiati, conosciuti come retroposoni, possano essere stati un importante fonte di innovazioni
evoluzionarie è sconcertante”, ha dichiarato il direttore della ricerca David Haussler dell’ Howard
Hughes Medical Institute, “bisogna vedere ora se si tratta di un caso speciale o se è la punta di un
iceberg”.

Una descrizione dettagliata della ricerca è apparsa sul numero di maggio di “Nature”.

Haussler e i suoi colleghi sono giunti alla scoperta attraverso il loro lavoro sugli “elementi
ultraconservati”, segmenti di DNA formati da centinaia di nucleotidi che sono quasi esattamente gli
stessi in un’ampia varietà di organismi vertebrati. Haussler e Gill Bejerano hanno scoperto tali
elementi nel 2003, e da allora li hanno studiati a fondo.

Si sono accorti, ad un certo punto, che copie quasi esatte di queste sequenze erano presenti in
anfibi, uccelli e mammiferi, il che indica una importante funzione. “Le abbiamo riscontrate in ogni
specie provvista di genoma, dalle rane agli umani”, dice Bejerano.

Quando i due ricercatori hanno comparato gli elementi ultraconservati umani con tutte le sequenze di
DNA presenti nel database genetico GenBank, la corrispondenza più vicina è risultato il DNA del
coelacanth – un antico pesce che si riteneva estinto milioni di anni fa finché, nel 1938, non fu
“catturato” un esemplare ancora vivo nella costa est del Sudafrica.

Il coelacanth discende da un antico organismo marino da cui sono derivati i primi vertebrati
terrestri, più di 360 milioni di anni fa. Solleva dunque un certo scalpore venire a sapere che,
nonostante gli umani siano separati dal coelacanth da centinaia di milioni di anni di evoluzione, i
due organismi condividano delle sequenze “critiche” di DNA.

È la prova che l’uomo non deriva dalle scimmie (almeno non solo) ?

Nel coelacanth, i segmenti ultraconservati sono prodotti da un retroposone conosciuto come SINE
(Short Interspersed Repetitive Element), ovvero, un pezzo di DNA che può fare copie di sé stesso e
inserire queste copie da qualche parte nel genoma di un organismo. Haussler e il suo gruppo lo hanno
chiamato LF-SINE, dove LF sta per Lobe-Finned Fishes, ovvero, il gruppo di pesci da cui derivano sia
il coelacanth che i vertebrati terrestri.

L’LF-SINE è stato dunque molto attivo nella linea evoluzionaria che ha portato ai vertebrati
terrestri, molto meno attivo successivamente.

Gli umani hanno 245 copie, riconoscibili, dell’LF-SINE, la maggior parte delle quali risalenti a
prima dell’origine dei mammiferi. Nel genoma del coelacanth, invece, dove l’LF-SINE è rimasto
attivo, si stima che siano presenti centinaia di migliaia di copie della sequenza.

Alcune delle copie sparse nel genoma dei vertebrati, secondo lo studio di Haussler e compagnia,
contengono parti che codificano le proteine, il chè suggerisce che abbiano ancora una funzione
importante nella regolazione genica. Quando Bejerano ha analizzato le locazioni di queste copie, ha
scoperto che tendono a posizionarsi vicino ai geni che controllano lo sviluppo del cervello.

IL DNA È MOBILE

Tutto questo riporta alla scoperta degli elementi di DNA mobile, risalente al 1950: all’epoca,
Barbara McClintock suggerì che tali elementi avrebbero potuto giocare un ruolo chiave nella
regolazione dei geni. L’ipotesi fu poi sviluppata da Roy Britten e Eric Davidson intorno al 1970,
quando si scoprì che più di metà del genoma umano consiste di residui di elementi mobili. Anche se
il meccanismo del processo rimaneva del tutto oscuro.

Il lavoro di Haussler e colleghi fornisce dunque la prima evidenza diretta che gli elementi mobili
come i SINE, perfino a distanza di centinaia di milioni di anni, possono adattarsi a servire come
importanti elementi regolatori nelle loro nuove locazioni. “Quando attivi un gene in un nuovo
contesto”, dice Bejerano, “ottieni processi che prima non accadevano”.

Le prove fornite dai risultati del lavoro di Haussler vanno così a supportare l’ipotesi che i
movimenti dei retroposoni possano generare cambiamenti evoluzionari aggiungendo ai geni nuovi moduli
regolatori. Altri laboratori hanno trovato la prova di simili elementi mobili che hanno modificato
la regolazione genica. “C’è ancora un enorme quantità di materia oscura nel DNA”, ha concluso
Haussler.

Fonte: Space Daily / 4 maggio 2006

Istituzioni scientifiche citate e correlate all’articolo:

Howard Hughes Medical Institute

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E-mail: Alessio Mannucci

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