Il DNA spazzatura? Un’antenna di biofotoni

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Il DNA spazzatura? Un’antenna di biofotoni

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Una scoperta semplice ma rivoluzionaria: le nostre cellule contengono ed emettono luce.

Gli studi pionieristici del Professor Fritz Albert Popp e i suoi successivi sviluppi ci hanno
permesso di capire come ogni essere vivente emetta costantemente una radiazione ultra debole
chiamata biofotone, così debole da essere equiparata alla visione della fiamma di una candela posta
a 20 km di distanza.

Vincenzo Primitivo – 30/01/2022

L’emissione biofotonica del DNA

Ancora più rivoluzionaria è la scoperta che questa emissione ultra debole origina nel DNA.

Il DNA è stato sempre esclusivamente considerato come la molecola che contiene le informazioni
genetiche necessarie per la sintesi delle proteine, gli elementi che sono alla base dell’identità
degli organismi viventi.

Queste funzioni vengono svolte in realtà solo dal 5% del DNA esistente mentre il restante 95% veniva
definito DNA spazzatura proprio perché non se ne conosceva l’utilità. I nuovi studi e le ricerche
più recenti hanno conferito invece dignità biologica a questa porzione, assegnandole un ruolo
fondamentale nel funzionamento dei sistemi viventi, come guida per tutti i processi cellulari.

Si è visto come questa parte di DNA agisca come un’antenna ricevendo ed emettendo segnali luminosi,
trattenendo ed emettendo fotoni, i quali garantiscono una serie di fondamentali funzioni biologiche:
in essi sono contenute e veicolate le informazioni che servono per regolare le attività fisiologiche
e i processi cellulari, le reazioni biochimiche, la conduzione degli impulsi nervosi, la regolazione
del sistema immunitario, l’alternarsi dei ritmi biologici, in buona sostanza il mantenimento in vita
degli esseri viventi. Vita che deriva dalla luce ed è da essa sostenuta grazie a informazioni
energetiche ben precise, che non lasciano spazio alla casualità.

L’insieme delle reazioni biochimiche all’interno di un ciclo biologico non avviene in base a
incontri casuali fra molecole non collegate fra loro, ma grazie a informazioni provenienti dal vuoto
quantistico, che permettono la selezione non casuale del proprio partner di azione all’interno di un
numero elevatissimo di altre ipotesi. L’informazione che permette il meccanismo di selezione del
partner molecolare riduce il caos che deriverebbe da una selezione casuale della scelta e di
conseguenza riduce l’entropia del sistema. Il ricevimento dell’informazione dal vuoto quantico non
sarebbe possibile se il sistema vivente non fosse aperto ad uno scambio con l’ambiente esterno.

Continua la lettura dell’intervista completa

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