Il DONO di un LOBO FRONTALE

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Il DONO di un LOBO FRONTALE

di Annalisa Faliva

Alcune considerazioni su corpo/mente/spirito Questo estratto dal libro “Invito al Benessere”(Urra
2008) è stato appositamente scelto per la chiarezza e la fruibilità con cui tratta, facendoli
interagire, i segmenti delle nuove scienze al servizio del benessere. In questo modo il collegamento
tra le neuroscienze, l’epigenetica, la fisica quantistica… acquista uno mobilità e una facilità di
comprensione tale da essere di supporto all’approfondirsi del nostro vivere in modo più consapevole.

da www.scienzaeconoscenza.it/articolo.php?id=22541

La nuova concezione dell’organismo come una rete di informazioni e la realizzazione che il nostro
cervello cambia costantemente a seconda dei nostri pensieri, valori, atteggiamenti, stati d’animo,
azioni, gesti ecc. sono scoperte di fondamentale importanza e presentano implicazioni
significative. Nella visione meccanicistica di Newton, dove il corpo era visto in termini di energia
e materia, ben poco margine rimaneva per la flessibilità, il cambiamento e la modulazione
dell’intelligenza.

Ora sappiamo che mettersi seduti a visualizzare qualcosa che ci aiuti a uscire da uno stato
interiore negativo o insano, significa esercitare un controllo sul cervello che lo fa cambiare. Che
ne siamo consapevoli o no, stiamo producendo continuamente dei cambiamenti volontari nel nostro
cervello. Il fatto che si scelga di generare stati interiori di empatia e compassione o di ostilità
e giudizio implica cambiamenti diversi nel cervello. Se il nostro cervello non è composto da
strutture rigide e fisse come pensavamo precedentemente ma è così duttile e plastico da trasformarsi
costantemente a seconda di ciò che pensiamo o facciamo, allora acquisire abitudini di un certo tipo
rispetto ad altre diventa fondamentale.

La reiterazione di gesti e comportamenti, se supportata abbastanza a lungo, crea nuovi percorsi
neuronali che sosterranno nuovi comportamenti e nuove percezioni. Scopriamo che il modello che
abbiamo ricevuto in dotazione è predisposto per nuove infinite possibilità potenziali.
Cambiare abitudini indesiderate, modi di pensare frutto di condizionamenti negativi, attitudini
emozionali distruttive, ecc. alla luce delle recenti scoperte della neuroscienza diventa un
processo non soltanto molto più possibile di quanto non apparisse in passato, ma appassionante.

La zona dei lobi frontali e prefrontali del cervello pensante assume un nuovo ruolo. Questa parte
della neocorteccia, che riguarda alcune forme di ragionamento e l’attivazione di certi tipi di
emozioni positive, ha dimostrato di poter intervenire a ridimensionare e inibire le reazioni
istintive e spesso eccessive dell’amigdala legate agli antichi programmi di sopravvivenza.
Aumentando le nostre capacità di riconoscimento (funzione del ragionamento) si accresce
l’attivazione dei lobi frontali, il che può favorire certi tipi di emozioni positive. Quando si
commettono violenze o atti socialmente dannosi l’attivazione dei lobi frontali risulta ridotta.
Studi compiuti su individui che agiscono comportamenti istintivi antisociali senza curarsi delle
conseguenze, dimostrano l’atrofia dei lobi frontali 26. Ne consegue che i pensieri che coltiviamo
hanno il potere di rafforzare o indebolire le nostre emozioni positive, così come attivare e
rafforzare zone del cervello che favoriscono un miglior equilibrio emozionale, o altre che invece lo
destabilizzano, dipende da noi.

La medicina cinese chiama il cervello “cuore celeste” e riconosce sentire e pensare come processi in
continua comunicazione dinamica che insieme vanno a costituire la struttura emozionale/cognitiva,
sottolineando nell’uomo il modello olistico.

I lobi frontali sono in grado di compiere un’operazione molto complessa: quando ci focalizziamo su
qualcosa, ci distacchiamo totalmente dall’esterno, quando siamo veramente impegnati con un concetto
esso diviene neurologicamente parte del nostro essere. Il cervello si riformula allora per includere
quei processi mentali come un nuovo tessuto del nostro essere, ed è in grado di creare un modello
più vasto di idee basate su ciò che ha trovato utile nell’integrazione di esperienze passate. Quando
diventiamo uno con l’idea, si acquietano tutte le altre zone della neocorteccia che sono associate
con la consapevolezza del corpo e dell’ambiente. Così l’illusoria separazione dal resto del mondo si
assottiglia… quando siamo uno con ciò che pensiamo e facciamo non siamo più separati, ma parte del
Tutto.

A questo punto è importante menzionare una scoperta fondamentale sull’anatomia della cellula, che
risale agli inizi degli anni Novanta ma che “stranamente” è poco conosciuta: i nostri geni non si
autocontrollano, ma sono controllati dall’ambiente, come dimostra la nuova scienza dell’epigenetica.
Prima si credeva che il nucleo che contiene il DNA fosse il “cervello” della cellula necessario al
suo funzionamento. Ma è stato verificato che la cellula può vivere e funzionare bene anche se il
nucleo viene rimosso. Il vero cervello della cellula risulta così essere la membrana che reagisce e
risponde alle influenze esterne, e si aggiusta in modo dinamico a ogni cambiamento dell’ambiente.

Questo significa che la trasmissione genetica, a cui la scienza ha sempre riconosciuto il ruolo
primario nella trasmissione delle malattie, è responsabile della nostra salute e malattia soltanto
marginalmente, per il 5%. Ciò che assorbiamo giorno per giorno nella prima infanzia sotto forma di
programmi inconsci è la principale fonte del nostro profilo biologico ed è direttamente responsabile
di come ci sentiamo e della nostra esperienza del mondo. I nostri geni sono sotto il controllo del
sistema di credenze e convinzioni trasmesso dal sistema familiare e dalle influenze ambientali
principalmente nei primi 6 anni di vita. I segnali ambientali a volte sono diretti, a volte sono
interpretazioni; è allora che le percezioni si trasformano in sistemi di credenze e convinzioni. Per
esempio, se in seguito a una percezione ho sviluppato una convinzione inconscia, la mia biologia si
“aggiusta” su quella particolare convinzione. Credenze e programmi inconsci sono quindi responsabili
della nostra salute, di come ci sentiamo e percepiamo il mondo. In altre parole sperimentiamo ciò
che crediamo.

Bruce Lipton, il biologo della cellula a cui dobbiamo queste scoperte, è molto esplicito e afferma:
“Non siamo vittime dei nostri geni, ma maestri del nostro destino” (27).
Nel suo libro Biologia delle credenze: liberare il potere della consapevolezza, della materia e dei
miracoli (28), Lipton dice inoltre che il corpo/mente è progettato per autoguarirsi, ma noi
occidentali in particolar modo possiamo accedere in modo molto limitato a questo potenziale, perché
abbiamo sviluppato e consolidato credenze che cedono ai medici, gli “esperti”, il nostro potere. Per
riprogrammare le nostre cellule Lipton parla degli strumenti di sempre: le tecniche di lavoro
sull’inconscio per modificare le strutture di riferimento interne, la meditazione e tutto ciò che
può favorire la consapevolezza e la presenza.

“I pensieri sono cose”, affermava il grande guaritore e mistico Edgar Cayce, e si sta oggi
precisando sempre di più la comprensione di come i pensieri siano in grado di creare realtà. Questo
lo possiamo verificare anche da soli nel quotidiano notando come, per esempio, quando siamo
innamorati stiamo bene, tendiamo al positivo, siamo in apertura verso la vita e le esperienze;
quando siamo invece preda della paura, la nostra energia si paralizza, ci chiudiamo e ci
predisponiamo al peggio.

Altre recenti scoperte provano quello che le antiche discipline mediche e spirituali affermano da
sempre: le parole hanno il potere di modificare il DNA (vedi Fozar e Bludorf, pag. 236), quindi
attenzione ai pensieri, parole interiori con le quali commentiamo costantemente le esperienze.
Grazie alle informazioni più recenti della neuroscienza e dell’epigenetica, ora risulta più facile
capire perché la meditazione abbia un’influenza così positiva sugli individui. La meditazione,
aiutando pensieri, emozioni e sensazioni rimossi e sepolti a riaffacciarsi alla coscienza, fa sì che
i peptidi si rimettano in circolazione e favorisce così il riequilibrio. Coltivare la presenza, la
capacità di osservare i pensieri e comprendere che non siamo la mente, non siamo le emozioni e non
siamo nemmeno il corpo che può ammalarsi e morire, permette inoltre a nuovi circuiti di venire
creati nel cervello. Questi nuovi percorsi neuronali vanno a sostenere abitudini più sane e
consapevoli e potenziano i lobi frontali. Questi ultimi possono così acquisire sempre di più la
capacità di gestire le pulsioni istintive legate alla sopravvivenza dei cervelli più antichi, di
dare una miglior valutazione del contesto per uscire dallo schema della paura. Modificare con la
consapevolezza il nostro sistema di convinzioni e credenze, così che la mente possa svolgere un
ruolo positivo e creativo di sostegno alla persona che vogliamo essere oggi, può influenzare
addirittura la nostra intera biologia e il DNA!

Un ampliamento delle funzioni dei lobi frontali è inoltre connesso alla percezione di stati di
estasi mistica o religiosa, stati di connessione e comunione con il Tutto, come abbiamo già
ricordato e come dimostra la ricerca del neuroscienziato A. Newberg dell’Università della
Pennsylvania. Newberg ha sottoposto a indagine con tomografia computerizzata a emissione di fotoni
singoli (SPECT) monaci buddisti e suore cattoliche con decenni di esperienza meditativa. Secondo i
dati forniti dalla SPECT, durante l’esperienza di trance estatica risultano più attivi dei normale i
lobi frontali del cervello, la parte che regola anche la concentrazione e la pianificazione
dell’agire. Praticando la meditazione, possiamo riuscire a controllare sempre meglio il nostro
temperamento, non come mera repressione ma come intervento di consapevole contenimento che possa
fornirci più possibilità di scelta sui comportamenti da agire.

Le emozioni possono prenderci di sorpresa; a volte sono così repentine da sembrare automatiche, ma
lo spazio meditativo può consentirci di aumentare il tempo che intercorre tra impulso e azione.
Praticare tecniche di meditazione catartiche può permetterci di liberarci dai vecchi depositi di
emozioni distruttive del passato e di fare pulizia delle tensioni quotidiane; così non saremo più
come una polveriera pronta a scoppiare. Essere più rilassati quando siamo alle prese con le
emozioni distruttive ci permetterà di far intervenire sempre di più la presenza e la consapevolezza.
Possiamo così imparare a riconoscere meglio i nostri impulsi, a essere capaci di valutarli, a
decidere se vogliamo agire o no in base alla spinta emozionale.

Un altro aspetto per cui la meditazione è preziosa è la tendenza della mente a creare concatenazioni
di pensieri negativi. Quando sorge un pensiero di rabbia, o di paura, di gelosia e non siamo
preparati ad affrontarlo, nel giro di pochi attimi il primo ha generato un secondo pensiero, che dà
vita a un terzo, che a sua volta conduce a un quarto e così via. Come la foresta che va a fuoco per
una scintilla, ben presto la nostra mente è invasa da pensieri che rendono sempre più solida e
concreta quell’emozione perturbante, e ormai siamo nei guai. È difficile a questo punto riuscire a
prendere distanza dallo stato emotivo in cui ci ritroviamo completamente immersi e in questo modo
l’emozione ci tiene in scacco, ci rende schiavi. Per un certo tempo saremo in sua balìa.

La meditazione ha da secoli creato tecniche e accorgimenti per evitare di essere preda di spazi
emozionali che turbano la mente. Per liberarsi dalla tirannia di pensieri perturbanti ed emozioni
distruttive, è necessario per prima cosa imparare a osservare il pensiero; non appena esso si
manifesta osservarlo fino ad arrivare alla fonte da cui arriva e indagare sulla sua natura. Con un
po’ di pratica, nel giro di qualche minuto sarà possibile riconoscere per esempio che quel pensiero
ha radici in esperienze passate: guardando bene forse possiamo riconoscere che non appartiene
nemmeno a noi, ma è di nostra madre, di nostro padre, o del nonno ecc. Mentre riportiamo alla luce
tutto ciò che riguarda quel pensiero, la sua solidità mano a mano viene meno: il pensiero perde
potere e a un certo punto svanisce perché la consapevolezza gli ha sottratto il materiale che poteva
permettergli di avere consistenza. Nel caso quel pensiero sia già riuscito a evocare catene di
pensieri negativi, può essere molto utile risalire la catena dall’ultimo pensiero al primo e
verificare così di cosa effettivamente si tratta. Di solito emergono schemi inconsci legati alla
sopravvivenza (l’amigdala al lavoro…) che ben poco hanno a che fare con il momento presente. Se
siamo in grado di comprendere e riconoscere anche la catena dei pensieri negativi, perderà potere.
Possiamo così recuperare il nostro equilibrio con la soddisfazione di sapere che stiamo favorendo
non soltanto la nostra capacità di vivere serenamente il presente ma anche il consolidamento di
nuovi circuiti più evoluti nel nostro cervello.

Procedendo in questa pratica, è sempre più facile rafforzare la propria abilità a riconoscere gli
schemi mentali quando insorgono e limitare così i danni. Ogni volta che usando la consapevolezza o
una tecnica meditativa, siamo in grado di ridimensionare l’impatto dei pensieri che alimentavano le
emozioni distruttive, facciamo un passo avanti sulla strada della liberazione.

Quando insorge un pensiero con forti connotazioni di turbamento emotivo, per esempio di rabbia,
paura o gelosia, adesso puoi subito riconoscere che tipo di pensiero è, e non ci caschi. Sai che
tenterà di far proliferare un’intera famiglia di considerazioni negative, e non ti coglie più
impreparato; ora sai cosa fare e non ne vieni più sopraffatto.
Il sincero desiderio di essere libero dal dominio della mente e l’avventura appassionante di mettere
in atto un addestramento costante, potranno renderti sempre più libero dall’influenza dei pensieri e
delle emozioni, il che equivale a essere sempre più libero da gran parte della sofferenza interiore.

Più c’è identificazione con la personalità, più sarà facile essere preda dei comportamenti
automatici mediati dalle strutture dei cervelli più antichi, cadere nelle trappole della paura o
della rabbia, sentirsi offesi o vittime e rispondere di conseguenza. La meditazione, favorendo lo
spazio del testimone e la realizzazione che non siamo i pensieri e nemmeno le emozioni, ci permette
nuove prospettive rispetto ai percorsi abituali. Questo è quello che intende Nisargadatta Maharaj
quando afferma: “La storia personale dipende dalla struttura, quindi scartala (…) aggrappati
soltanto all’Io Sono” (29). Questo è quello che intendono i Maestri quando affermano: “Osserva che
non sei la mente”. Quando la mente diventa silenziosa, allora può fare esperienza di ciò che è oltre
le sue frontiere e ogni senso di divisione scompare, si è uno con il Tutto. Sperimentare questo di
solito ci porta a rivedere le nostre priorità nella vita, a riconsiderare che cosa è importante e
che cosa non lo è.

Questo modo di procedere può fare di noi persone diverse, e quale potrebbe essere l’impatto di
questa trasformazione su scala più allargata? La società mostra di essere al momento in preda a
terribili problemi e la sofferenza è molta. E se invece di continuare a indicarne le cause al di
fuori di noi – la politica, l’economia, la trasformazione del clima ecc. – guardassimo dentro e ci
chiedessimo che impatto hanno sulla società l’odio, l’intolleranza, i pregiudizi, la violenza, la
crudeltà e tutte le altre emozioni distruttive che albergano in ognuno di noi?

Se, grazie al fatto che cervello e corpo/mente sono plastici e malleabili possiamo uscire da
rigidità e vecchi programmi che le nostre stesse convinzioni e i nostri investimenti rendevano così
difficili da cambiare, allora forse possiamo essere motivati a sperimentare ogni mezzo che possa
risvegliare il nostro potenziale più evoluto e consapevole. Un potente strumento di trasformazione
lo abbiamo a portata di mano, ed è disponibile da migliaia di anni: la meditazione. Non ci richiede
adesioni a principi religiosi o dogmi, soltanto pratica.

Esistono già varie esperienze di realtà sociali, come ospedali, carceri, comunità di recupero per
tossicodipendenti e ambienti di lavoro in cui la meditazione è stata sperimentata, con ottimi
risultati. Salzberg e Kabat-Zinn utilizzano da qualche anno tecniche di meditazione tratte dalla
tradizione buddista Theravada e Zen nella clinica del Medical Center dell’University of
Massachussets, sia con i ricoverati sia con il personale sanitario (30).

Il programma di meditazione proposto è organizzato come un corso della durata di otto settimane, con
pratica sul posto e a casa. Il presupposto da cui si parte è che la consapevolezza, anche applicata
al di fuori delle tradizioni spirituali, può aiutare chiunque a stare meglio e costituire una
potente terapia per tutti i tipi di malattia. Nel corso viene insegnato a osservare i pensieri e le
sensazioni così come si presentano e a non identifi carsi, a imparare a vedere le cose per quello
che sono e rimanere in uno spazio di calma e serenità. I partecipanti riportano di aver sperimentato
una quiete e una pace mentale tali da alleggerire dolore e inquietudine, così come maggior benessere
e serenità.

Kiran Bedi, direttrice del carcere di Tihar a Nuova Delhi, ha introdotto la Meditazione Vipassana
nel carcere, con risultati molto positivi (31). Esperienze con la Meditazione Vipassana sono state
sperimentate anche in altre prigioni, negli Usa, a Taiwan e in Inghilterra, sempre con ottimi
risultati 32. L’associazione Sammasati, a cui aderiscono discepoli di Osho e non, ha svolto nel
carcere Pagliarelli di Palermo dal 2000 al 2002 e nel 2004-2005 nel carcere minorile Malaspina,
cicli di Meditazione Dinamica, tecniche di respirazione, esercizi di yoga e rilassamento con grande
apprezzamento dei detenuti (33).

L’organizzazione per la Meditazione Trascendentale fin dalla fine degli anni Settanta del secolo
scorso ha sistematicamente condotto esperimenti per verificare se la meditazione, emanando un campo
di vibrazione positiva potesse ridurre la violenza e la guerra nel mondo.
Benché la Meditazione Trascendentale sia guardata con sospetto per la tendenza del suo leader
Maharishi a promuovere i suoi interessi personali, è comunque interessante riportare alcuni dei
risultati.

Nel 1983, durante il conflitto arabo-israeliano, un gruppo di Meditazione Trascendentale in Israele
si riunì per meditare tutti i giorni per due mesi. Quando il numero dei meditatori era alto, si
poteva constatare che diminuiva il numero dei morti nel conflitto (fino al 76%) e diminuivano anche
gli incidenti automobilistici e gli incendi. Uno studio del 1993 condotto a Washington D.C. dimostrò
che quando il gruppo di meditatori di Meditazione Trascendentale si riuniva, il tasso di criminalità
scendeva in modo significativo. Un altro esperimento condotto in 24 città statunitensi, e in seguito
esteso a 48, mostrò che quando l’1% della popolazione effettuava regolarmente M.T. i crimini
diminuivano del 22-24% (34).

Un programma di meditazione di alcuni mesi organizzato da medici dell’Università di Augusta in
Georgia è stato svolto recentemente in una scuola pubblica su un gruppo di adolescenti
caratterizzato da basso reddito e alta aggressività. Il gruppo dei ragazzi coinvolti
nell’esperimento ha fatto registrare la riduzione dell’80% di sospensioni e richiami e una netta
diminuzione di ritardi e assenze (35).
A quanti sono ancora convinti che la meditazione sia una pratica che abbisogna di particolari
condizioni e mal si adatta a essere praticata nella realtà di tutti i giorni, riportiamo
l’esperienza dell’Osho Center for Consciousness in Organizations (OCCO). L’OCCO è costituito da un
gruppo di persone tra manager, consulenti d’azienda e formatori che si sono associati con l’intento
di offrire consulenze e programmi sia ad altri professionisti sia alle aziende, così da poter
applicare concretamente la visione e le intuizioni di Osho sul mondo del lavoro e della realtà
sociale. Tra i programmi offerti dall’OCCO in varie parti del mondo, citiamo per esempio cicli di
meditazione svolti negli anni scorsi in Scandinavia da una compagnia di guidatori di autobus, in
Svezia da un reggimento di ufficiali dell’esercito, in Germania da una compagnia di assicurazioni,
in Brasile dal personale di diverse banche. Tutte queste esperienze hanno mostrato di favorire nelle
persone coinvolte maggior benessere e rilassamento e inoltre un notevole incremento della continuità
e del rendimento sul lavoro (36).

Il fisico I. Prigogine, che nel 1977 vinse il premio Nobel per la sua teoria delle strutture
dissipative, dimostrò con questa specie di teoria del caos che ogni sistema – molecolare, solare o
sociale – necessita di un periodo di dissoluzione prima di poter fare un salto di qualità nel
livello di organizzazione. Pare che tutti i processi evolutivi abbiano bisogno di procedere in
maniera disordinata, caotica, lasciando però spazio a un mistero che, orchestrando sottilmente gli
eventi, in qualche modo assicura che ogni filo, anche di ciò che può apparire un disastro o un
errore, troverà il suo posto nel grande disegno del Tutto.

Le più recenti scoperte scientifiche confermano quello che le antiche discipline esoteriche
affermano da sempre: l’uomo è libero di creare e modificare il mondo e il suo destino. J. Hagelin,
fisico quantistico di fama mondiale che ha trascorso gran parte degli ultimi venticinque anni alla
guida di un’indagine scientifica sui fondamenti della coscienza umana, afferma che il nostro
cervello è progettato per fare esperienza del campo unificato, dell’unità della vita; esso può
cambiare e adattarsi e aiutarci a trasformarci in qualcosa di migliore rispetto a quello che siamo
ora.

Secondo Hagelin, “l’illuminazione è nostro diritto di nascita, abbiamo i collegamenti neurali
necessari. È ciò che il cervello umano è stato designato a sperimentare”(37). In quest’ora oscura
per il pianeta in cui la logica della manipolazione, della sopraffazione e dello sfruttamento
indiscriminato sembra essere giunta alle sue manifestazioni più estreme e l’equilibrio mondiale si
regge su presupposti sempre più fragili, non dobbiamo smettere di sperare nell’uomo nuovo e
ricordare che è necessario operare per farlo nascere per prima cosa dentro di noi.

Fonte: Invito al benessere di >>> Annalisa Faliva – www.ilcorpoinmente.it

NOTE:
26. Dalai Lama, Goleman 2004.
27. Dall’intervista rilasciata a Jill Neimark, in «Spirituality & Health magazine»,
February 2006, www.SpiritualityHealth.com.
28. Lipton 2006.
29. Nisargadatta Maharaj 2001.
30. Salzberg, Kabat-Zinn, 1997, in Goleman, Le emozioni che fanno guarire.
31. Sull’esperienza K. Bedi ha scritto un libro, La coscienza di sé, Giuffrè.
32. Sito: www.atala.dhamma.org
33. Sito: www.liberidentro.it
34. L.Mc Taggart 2005.
35. Goleman 1998.
36. Osho 1997.
37. Arntz, Chasse, Vicente 2006.

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