Il fascio di luce che ristabilisce l’udito

pubblicato in: AltroBlog 0

Il fascio di luce che ristabilisce l’udito

18 luglio 2018

Un impianto cocleare sperimentale di nuova generazione basato sull’optogenetica e testato su una
specie di ratti potrebbe permettere ai non udenti di ascoltare musica e di comprendere il parlato anche in ambienti rumorosi. Ma gli ostacoli da superare sono ancora molti

di Simon Makin / Scientific American

Circa mezzo milione di persone in tutto il mondo che soffre di grave perdita delludito usa un
impianto elettronico nelle orecchie per essere in grado di comprendere il parlato. Gli impianti
cocleari, come sono conosciuti, sono una delle tecnologie di maggior successo nate dalle
neuroscienze, ma forniscono solo una correzione parziale dei deficit uditivi. Non sono un
dispositivo bionico che permetta alle persone di godere di una sinfonia di Mozart o di capire
pettegolezzi di un amico nel frastuono di un locale. Se vanno al ristorante, per loro è molto
difficile capire il parlato, dice Tobias Moser, neuroscienziato uditivo allUniversità di Goettingen, in Germania. E soffrono anche di suoni indesiderati.

Gli impianti cocleari hanno un massimo di 22 canali per percepire la frequenza di unespressione. Le
nuove ricerche effettuate da Moser hanno il potenziale di superare questi limiti sfruttando la luce
per stimolare con precisione i neuroni uditivi nellorecchio interno. Moser spera che un giorno
lapproccio possa migliorare lattuale generazione di impianti cocleari e rendere il parlato in ambienti rumorosi comprensibile anche alle persone sorde.

La coclea è una struttura a spirale nellorecchio interno che analizza le frequenze dei suoni grazie
a una membrana che vibra in punti diversi in risposta alle differenti frequenze che si trovano nella
lingua parlata. Le vibrazioni attivano cellule ciliate vicine che, a loro volta, stimolano i neuroni uditivi, inviando al cervello informazioni sulla frequenza lungo nervo uditivo.

La perdita neurosensoriale delludito implica la perdita di cellule ciliate e per aggirare il danno
gli impianti cocleari stimolano direttamente i neuroni con gli elettrodi. Ma la corrente proveniente
dagli elettrodi non si sposta in modo diretto e regolare dallelettrodo a un neurone uditivo. Quando
attraversa il minuscolo spazio che li separa, tende a diffondersi, causando uninterferenza con
qualsiasi elettrodo adiacente posto troppo vicino. Di conseguenza, i dispositivi sono progettati per
limitare il numero di elettrodi in modo da evitare interferenze, ma limitando così anche il numero di frequenze che possono essere discriminate.

Il nuovo studio, pubblicato di recente su Science Translational Medicine, usa una tecnologia
chiamata optogenetica che sostituisce lelettricità con la luce. Negli ultimi dieci anni, le
prestazioni medie con gli impianti cocleari sono aumentate, quindi tutti sono alla ricerca del passo
successivo, afferma Daniel Lee, esperto in audiologia alla Harvard Medical School, che non è stato
coinvolto nello studio. Lottica è una soluzione ragionevole, perché la luce può essere focalizzata
e diretta in un modo che non è possibile con la stimolazione elettrica. Loptogenetica, una tecnica
di ricerca ampiamente usata negli studi sugli animali, consiste nellintrodurre nei neuroni alcuni
geni che producono proteine sensibili alla luce (canalrodopsine, od opsine), permettendo lattivazione dei neuroni con la luce.

Nel 2014 il gruppo di Moser ha pubblicato uno studio in cui ha usato roditori ingegnerizzati per
esprimere le opsine fin dalla nascita. Nel nuovo studio ha usato gerbilli, detti anche ratti della
sabbia, che possono sentire le basse frequenze che gli esseri umani percepiscono. I ricercatori
hanno applicato la manipolazione genetica negli adulti, ricorrendo anche a unopsina più veloce (che
ha un tempo di recupero più rapido fra unattivazione e laltra) per migliorare la capacità del
sistema di riprodurre informazioni temporali precise relative ai suoni. Gli scienziati hanno
iniettato un virus nella coclea dei gerbilli, che ha portato il gene dellopsina nei neuroni
uditivi. Poi hanno usato una fibra ottica per inviare fasci di luce nella coclea attraverso un foro
nella finestra rotonda (una piccola apertura tra lorecchio centrale e lorecchio interno). Questo
ha prodotto risposte nel tronco cerebrale uditivo dei gerbilli, che erano simili a quelle evocate dal suono, e che sono rimaste stabili per settimane.

Per testare il sistema, il gruppo ha addestrato i gerbilli a evitare una scossa saltando una
barriera quando sentivano un suono di allarme. Prima hanno addestrato animali dalludito normale
usando la stimolazione luminosa, dimostrando che la stimolazione ottica influisce sul comportamento.
Poi hanno mostrato che gli animali addestrati con la luce saltavano anche in risposta al suono.
Questo non ci dice che i suoni erano esattamente uguali, ma che erano sufficientemente simili,
dice Moser. Infine, con una sostanza hanno reso sordi diversi gerbilli, e dimostrato che anche se
non rispondevano più al suono naturale, gli animali imparavano a sfruttare rapidamente la
stimolazione con la luce, dimostrando che una certa funzione uditiva era stata ripristinata. Questi
sono risultati impressionanti, che mostrano un nuovo mezzo credibile per ripristinare lattività del
sistema uditivo deficitario, dice John Middlebrooks, neuroscienziato allUniversità della
California a Irvine, che non è stato coinvolto nel lavoro. Sia pure con un notevole sforzo di
ricerca futuro, cè il potenziale per andare oltre quello che può essere realizzato con un impianto cocleare.

Lo studio ha usato un solo canale ottico e quindi non è stato possibile misurare la risoluzione
delle frequenze, e lo sviluppo di dispositivi multicanale sarà un passo importante. Le opzioni per
la progettazione dei dispositivi includono schiere di micro-LED e la tecnologia a guida donda in
grado di orientare la luce proveniente dalle fibre ottiche. La fibra ottica, però, consuma molta
energia, e richiede dispositivi di dimensioni ingombranti. I LED sono migliori, ma meno luminosi,
quindi ancora ci sono da affrontare sfide tecnologiche, dice Lee. Le cose miglioreranno, soprattutto se si diverranno disponibili più opsine con soglie più basse.

Ma restano anche altri ostacoli prima che lapproccio possa essere usato negli esseri umani. Anche
se la manipolazione genetica indotta con virus non è generalmente usata per gli esseri umani, le
orecchie (e gli occhi) sono buoni candidati per questi metodi, poiché sono entrambi protetti dal
sistema immunitario in modo meno stringente e sono anatomicamente più isolati, così il gene inserito
rimane nella sede prevista. Il tutto rappresenta una sfida, perché la coclea è isolata (è
incapsulata in una conchiglia ossea) che è di difficile accesso. Il gruppo ha scoperto che meno
della metà degli animali trattati ha mostrato una risposta alla luce, meno di un terzo dei neuroni
ha incorporato la proteina, e circa un quarto dei neuroni sono andati perduti, presumibilmente a
causa di danni dovuti alliniezione. Di positivo cè che i neuroni lungo la spirale della coclea
hanno espresso il gene che ha prodotto la proteina opsina. Oltre ai neuroni uditivi il gruppo non ha rilevato altre cellule che avessero incorporato il gene.

I ricercatori prevedono di iniziare questanno le prime sperimentazioni su primati non umani, che
hanno un sistema immunitario più simile al nostro, e di usare vocalizzazioni che saranno utili per
confrontare le prestazioni tra i vari dispositivi. Probabilmente nel giro di un paio di anni circa
sapremo se ci sentiremo pronti a tradurre tutto questo in un dispositivo medico, dice Moser.
Finora le cose sono andate piuttosto bene, ma cè ancora molta strada da fare. Moser sta fondando
unazienda, OptoGenTech, che lancerà il prossimo gennaio, per contribuire a commercializzare la tecnologia.

(L’originale di questo articolo è stato pubblicato su “Scientific American” il 16 luglio 2018.
Traduzione ed editing a cura di Le Scienze. Riproduzione autorizzata, tutti i diritti riservati.) https://www.scientificamerican.com/article/light-beam-lets-the-deaf-gerbil-hear/

Condividi:

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *