Il gatto di Schrodinger si può salvare (forse)

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Il gatto di Schrodinger si può salvare (forse)

05 giugno 2019

Un esperimento con un piccolo circuito superconduttore che riproduce il comportamento di un atomo
suggerisce che è possibile seguire e controllare i salti tra stati diversi di un sistema quantistico

da lescienze.it/news

Nel famoso esperimento mentale del gatto di Schrödinger, ideato per mostrare i paradossi logici
della teoria quantistica, come il principio d’indeterminazione e il principio di sovrapposizione,
l’animale è chiuso in una scatola con una sorgente radioattiva e una fiala di veleno. Se un atomo
radioattivo decade – il che avviene in modo assolutamente casuale – un meccanismo rompe la fiala e
il gatto muore avvelenato.

La meccanica quantistica prevede che se esistono i due stati per l’atomo “decaduto” e l’atomo “non
decaduto”, allora il sistema microscopico può esistere anche in uno stato di sovrapposizione di
questi due. Solo una misurazione di uno sperimentatore fa collassare l’atomo in uno dei due stati.
Il meccanismo fa sì che tutto ciò si trasferisca al gatto: finché non si apre la scatola, non si può
sapere se il gatto è vivo o morto, anzi il gatto stesso è in una sovrapposizione di questi due stati
(di cui uno letale).

O almeno così si pensava finora. I risultati di uno studio pubblicato su “Nature” da Michel Devoret
e colleghi della Yale University, hanno dimostrato che in linea teorica, si potrebbe sapere con un
po’ di anticipo se il gatto sta per morire (o vivere). Non solo: si può anche invertire il processo,
potenzialmente salvando il felino dal trapasso.

Per capire di che cosa si tratta, bisogna rifarsi brevemente al modello quantistico dell’atomo
introdotto nel 1913 dal fisico danese Niels Bohr. In questo modello, l’atomo possiede livelli
discreti di energia, e i suoi elettroni possono saltare da un livello energetico a un altro, in modo
istantaneo, quando li si osserva, e non si può prevedere in alcun modo il momento esatto in cui si
verificheranno i salti.

Lo studio di Devoret e colleghi mette in discussione questi principi, grazie a un esperimento. Gli
autori hanno usato un piccolo circuito elettrico superconduttore, in cui cioè la corrente fluisce
senza resistenza. Questo tipo di circuito è chiamato atomo artificiale perché riproduce il
comportamento quantistico di un atomo. Nello specifico caso del gruppo di Yale, il sistema ha uno
stato fondamentale, uno stato ausiliario “luminoso” e un terzo stato chiamato “oscuro” in cui il
sistema può passare.

L’atomo artificiale è chiuso in una cavità tridimensionale di alluminio, ed è illuminato da tre
fasci di radiazione elettromagnetica nelle microonde, allo scopo di immettere energia nel sistema.
Il più delle volte, questa energia porta il circuito nello stato luminoso, così chiamato perché dura
solo un tempo molto breve: il sistema ritorna allo stato fondamentale emettendo un quanto di luce,
ovvero un fotone. Se l’energia immessa è un po’ più alta, occasionalmente il sistema può passare
allo stato oscuro: si tratta di uno stato più stabile di quello luminoso, e per questo la
transizione non è seguita da un’emissione luminosa.

L’esperimento ha dimostrato che la transizione verso lo stato oscuro è preceduta da un lampo di luce
e da un periodo limitato di quiete in cui non succede nulla. Ciò significa che l’evento è ancora
intrinsecamente casuale, ma alcuni segni lo preannunciano. Questo apre la strada potenzialmente alla
possibilità di controllare i salti quantici, con opportuni segnali inviati sul sistema nel periodo
di quiete. Il dato particolarmente interessante è che gli sperimentatori sono riusciti anche a
invertire un salto mentre si stava verificando, impedendogli di completarsi.

“I salti quantici di un atomo sono in qualche modo analoghi all’eruzione di un vulcano”, ha spiegato
Zlatko Minev, primo autore dello studio. “Sono imprevedibili a lungo termine, ma con un monitoraggio
corretto possiamo rilevare un avvertimento precoce di un disastro imminente e agire su di esso prima
che si verifichi”.

Il risultato potrebbe rivelarsi utile soprattutto nel campo applicativo dei qubit, le unità
d’informazione quantistica, basati su atomi, ioni e particelle, che rappresentano i mattoni
elementari dei futuri computer quantistici. Questi ultimi dovrebbero surclassare in potenza di
calcolo i computer convenzionali attuali, ma il controllo completo dei qubit, per le loro dimensioni
e per il loro bizzarro comportamento quantistico, attualmente è ancora fuori portata. (red)

dx.doi.org/10.1038/s41586-019-1287-z

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