Il gene dell’effetto placebo
Data articolo: dicembre 2008
Fonte: salute.agi.it
È uno dei grandi misteri della medicina: perché alcune persone a cui viene somministrato un placebo,
cioè un farmaco finto, senza molecole attive, ma creduto efficace da chi lo assume, stanno
effettivamente meglio ? L’ipotesi più accreditata era legata alla forza della psiche: credere di
star per guarire aiuta effettivamente a guarire. Ma uno studio dell’università di Uppsala, in
Svezia, pubblicato sulla rivista New Scientists ha risolto l’enigma: il segreto è in un gene, il
triptofano idrossilasi-2, che produce la serotonina nel cervello.
Gli scienziati svedesi, coordinati dal dottor Tomas Fusmark, hanno studiato 25 persone affette da
ansia sociale, una paura patologica di subire pubbliche umiliazioni. I volontari erano chiamati a
superare il terrore della gente tenendo due discorsi pubblici, uno prima e uno dopo il periodo di
trattamento con un farmaco anti-ansia (in realtà semplici pillole vuote rivestite di zucchero,
l’equivalente terapeutico di un bicchier d’acqua) durato otto settimane. Miracolosamente, la metà
dei soggetti si è sentita molto meno ansiosa e nervosa durante il secondo discorso.
Autosuggestione ? In realtà, uno scanning cerebrale ha dimostrato un effettivo calo del 3%
nell’attività dell’amygdala, il centro della ‘paura’. E otto sui dieci volontari che hanno risposto
positivamente al placebo si sono rivelati avere due copie della variante ‘G’ del gene triptofano
idrossilasi-2, collegato proprio a una più bassa dose di ansietà. I pazienti, in sostanza, erano
geneticamente pronti a risolvere da soli il loro problema, e il placebo non ha fatto altro che
indurli a utilizzare la loro predisposizione genetica per stare meglio. Una sorta di alleanza tra
geni e psiche che, secondo Furmark, probabilmente vale anche per altre patologie.
Lo conferma anche uno scienziato italiano, Fabrizio Benedetti dell’Università degli Studi di Torino:
“Sappiamo che non c’è un solo effetto placebo – ha detto al giornale britannico Daily Mail – ma
molti. Alcuni potrebbero funzionare attraverso la genetica, altri attraverso l’aspettativa di una
ricompensa”.
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