Tratto da:
PAULO COELHO
MANUALE DEL GUERRIERO DELLA LUCE
TRADUZIONE DI RITA DESTI
EDIZIONI ASSAGGI BOMPIANI
Un giorno, all’improvviso, il guerriero scopre di lottare senza lo stesso entusiasmo di prima.
Continua a fare ciò che faceva, ma sembra che ogni gesto abbia perduto il suo significato. In quel
momento, egli ha una sola scelta: continuare a praticare il Buon Combattimento. Recita le sue
preghiere per dovere, o per paura, o per qualsiasi altro motivo, ma non interrompe il suo cammino.
Sa che l’angelo di Colui che lo ispira sta facendo un altro giro. Il guerriero si mantiene
concentrato sulla lotta, e persevera: anche quando tutto sembra inutile. Dopo un po’, l’angelo
torna, e il semplice fruscio delle sue ali farà ritornare la gioia.
Un guerriero della luce condivide con gli altri tutto ciò che conosce del cammino. Chi aiuta, viene
sempre aiutato, e ha bisogno di insegnare ciò che ha appreso. Perciò egli si siede intorno al fuoco
e racconta com’è andata la giornata di lotta. Un amico gli sussurra: “Perché parlare tanto
apertamente della tua strategia? Non vedi che, comportandoti così, corri il rischio di dover
dividere le conquiste con altri?” Il guerriero si limita a sorridere, e non risponde. Sa che, se
giungerà alla fine del viaggio in un paradiso vuoto, la sua lotta non avrà avuto alcun valore.
Il guerriero della luce ha appreso che Dio si serve della solitudine per insegnare la convivenza. Si
serve della rabbia per mostrare l’infinito valore della pace. Si serve del tedio per sottolineare
l’importanza dell’avventura e dell’abbandono.
Dio si serve del silenzio per fornire un insegnamento sulla responsabilità delle parole. Si serve
della stanchezza perché si possa comprendere il valore del risveglio. Si serve della malattia per
sottolineare la benedizione della salute.
Dio si serve del fuoco per impartire una lezione sull’acqua. Si serve della terra perché si
comprenda il valore dell’aria. Si serve della morte per mostrare l’importanza della vita.
Il guerriero della luce dà prima che gli sia richiesto.
Vedendo questo, alcuni compagni commentano: “Chi ha bisogno, chiede.”
Ma il guerriero sa che c’è molta gente che non riesce – semplicemente non riesce – a chiedere aiuto.
Accanto a lui ci sono molti uomini dal cuore talmente fragile che si impegnano in amori malsani;
sono affamati di affetto, e si vergognano di mostrarlo.
Il guerriero li riunisce intorno al fuoco, racconta delle storie, spartisce il suo cibo, si ubriaca
insieme a loro. Il giorno dopo, tutti si sentono meglio.
Coloro che guardano alla miseria con indifferenza sono i più miserabili.
Le corde che sono sempre in tensione finiscono per logorarsi. I guerrieri che si addestrano senza
tregua perdono la spontaneità nella lotta. I cavalli che saltano di continuo gli ostacoli finiscono
per spezzarsi una zampa. Gli archi che sono costantemente tesi non scagliano più le frecce con la
stessa forza.
Perciò, anche se potrebbe non essere dell’umore giusto, il guerriero della luce cerca di divertirsi
con le piccole cose quotidiane.
Il guerriero della luce presta ascolto a Lao Tzu, quando dice che dobbiamo distaccarci dall’idea dei
giorni e delle ore, per rivolgere sempre più attenzione al minuto.
Solo così riesce a fronteggiare taluni problemi prima che si verifichino: prestando attenzione alle
piccole cose, egli riesce a evitare le grandi catastrofi.
Ma pensare alle piccole cose non significa pensare in tono minore. Una preoccupazione esagerata
finisce per eliminare ogni traccia di gioia dalla vita.
Il guerriero sa che un grande sogno è costituito da tante cose diverse, così come la luce del sole è
l’insieme di milioni di raggi.
Ci sono momenti in cui il cammino del guerriero attraversa periodi di routine.
Allora egli adotta l’insegnamento di Nachman de Bratzlav: “Se non riesci a meditare, devi soltanto
ripetere una semplice parola, perché questo fa bene all’anima. Non dire altro, limitati a ripetere
la stessa parola senza fermarti, innumerevoli volte. Essa finirà per perdere il suo significato,
acquistandone uno nuovo. Dio aprirà le sue porte, e tu arriverai a usare questa semplice parola per
esprimere tutto ciò che vorresti.”
Quando è obbligato a ripetere il medesimo compito, il guerriero adotta questa tattica, e trasforma
il proprio lavoro in preghiera.
Un guerriero della luce non ha “certezze”, ma un cammino da seguire, al quale cerca di adattarsi in
base al tempo. In Estate, lotta con equipaggiamenti e tecniche diversi da quelli impiegati in
Inverno.
Essendo tollerante, egli non giudica mai il mondo utilizzando il concetto di “giusto” o “sbagliato”,
bensì sulla base dell’atteggiamento più adatto a quel determinato momento.
Sa che anche i suoi compagni devono adattarsi, e quindi non si sorprende quando essi cambiano
atteggiamento. A ciascuno dà il tempo necessario per giustificare le proprie azioni. Ma è
implacabile in caso di tradimento.
Un guerriero siede intorno al fuoco con i suoi compagni.
Trascorrono ore e ore accusandosi a vicenda, ma poi finiscono per dormire sotto la stessa tenda e
per dimenticare le offese pronunciate. Di tanto in tanto, nel gruppo arriva un elemento nuovo.
Poiché non ha ancora una storia in comune con gli altri, l’uomo mostra soltanto i suoi pregi, e
alcuni lo vedono come un maestro.
Ma il guerriero della luce non lo paragona mai ai vecchi compagni di battaglia. Lo straniero è il
benvenuto, ma si fiderà di lui solo quando avrà conosciuto anche i suoi difetti.
Un guerriero della luce non entra mai in battaglia senza conoscere i limiti del suo alleato.
Il guerriero della luce conosce una vecchia espressione popolare che dice: “Se il pentimento
uccidesse…
E sa che il pentimento uccide davvero: corrode lentamente l’anima di chi ha fatto qualcosa di
sbagliato, e conduce all’autodistruzione. Il guerriero non vuole morire in questa maniera. Quando
agisce con perversità, o cattiveria, poiché anch’egli è un uomo pieno di difetti, non si vergogna di
chiedere perdono.
Se gli è ancora possibile, concentra ogni suo sforzo per riparare al male che ha fatto. Se colui che
ha colpito è morto, fa del bene a un estraneo, e offre questa buona intenzione all’anima di colui
che ha ferito.
Un guerriero della luce non si pente, perché il pentimento uccide. Egli si umilia, e rimedia al male
che ha causato.
Tutti i guerrieri della luce hanno sentito la madre dire: “Mio figlio si comporta così perché ha
perduto la testa, ma in fondo è una gran brava persona.
Benché rispetti la madre, egli sa che non è così. Non si colpevolizza per i suoi gesti avventati, e
tanto meno passa la vita a perdonarsi per tutto ciò che fa di sbagliato, poiché in questa maniera
non correggerà mai il proprio cammino.
Per giudicare il risultato dei propri atti, si basa sul buon senso, e non sulle intenzioni che aveva
nel compierli. Si assume la responsabilità di ogni sua azione, pur pagando un prezzo alto per gli
errori.
Dice un vecchio proverbio arabo: “Dio giudica l’albero dai frutti, non dalle radici.”
Prima di prendere una decisione importante, come dichiarare una guerra, trasferirsi con i compagni
in un’altra pianura, scegliere un campo da seminare, il guerriero si domanda: “Come inciderà sulla
quinta generazione dei miei discendenti questo mio gesto?”
Un guerriero ha coscienza che le azioni individuali comportano conseguenze che si prolungano per
molto tempo, e deve sapere quale mondo sta lasciando alla sua quinta generazione.
“Non scatenare una tempesta in un bicchier d’acqua,” dice qualcuno al guerriero della luce,
avvisandolo.
Ma egli non enfatizza mai un momento difficile, e cerca sempre di mantenere la calma necessaria. Nel
contempo, non giudica il dolore altrui.
Un piccolo dettaglio – che non lo colpisce affatto – può divenire lo stoppino per scatenare la
tempesta che covava nell’anima di un suo fratello. Il guerriero rispetta la sofferenza del prossimo,
e non tenta di paragonarla alla propria.
La coppa della sofferenza non ha la stessa misura per tutti.
“La prima qualità del cammino spirituale è il coraggio,” sosteneva Gandhi.
Il mondo sembra minaccioso e pericoloso ai codardi, che ricercano la sicurezza menzognera di una
vita priva di grandi sfide, e si armano fino ai denti per difendere quello che credono di possedere.
I codardi finiscono per costruire le grate della loro stessa prigione.
Il guerriero della luce proietta il suo pensiero al di là dell’orizzonte. Sa che, se non farà niente
per il mondo, nessun altro lo farà.
Allora partecipa al Buon Combattimento e aiuta gli altri, anche senza comprendere appieno il motivo
per cui lo fa.
Il guerriero della luce legge con attenzione un testo che l’Anima del Mondo ha inviato a Chico
Xavier: “Quando riesci a superare dei seri problemi di rapporto, non soffermarti sul ricordo dei
momenti difficili, ma sulla gioia di avere attraversato anche questa prova della tua vita. Quando
esci da un lungo periodo di convalescenza dopo una malattia, non pensare alla sofferenza che è stato
necessario affrontare, ma alla benedizione di Dio che ha consentito la tua guarigione.
“Per il resto della vita, serba nella memoria le cose belle che sono sorte nei momenti di
difficoltà. Esse saranno una prova delle tue capacità e ti infonderanno fiducia dinanzi a qualsiasi
ostacolo.”
Il guerriero della luce si concentra sui piccoli miracoli della vita quotidiana.
Se sa vedere ciò che è bello, è perché ha la bellezza dentro di se, giacché il mondo è uno specchio
che rimanda a ogni uomo il riflesso del suo viso. Pur conoscendo i propri difetti e limiti, il
guerriero fa il possibile per mantenere il buon umore nel momenti di crisi.
In fin dei conti, il mondo sta facendo ogni sforzo per aiutarlo, quantunque tutto ciò che lo
circonda sembra affermare il contrario.
Esiste un residuo emotivo: esso viene prodotto nelle officine del pensiero. E’ formato dai dolori
ormai passati, che adesso non sono più di alcuna utilità. E’ costituito dai cauti provvedimenti che
hanno avuto un’importanza in passato, ma che nel presente non servono a niente.
Il guerriero ha inoltre i suoi ricordi, ma riesce a separare quello che è utile da ciò che non è
necessario: egli si libera del proprio residuo emotivo.
Dice un compagno: “Ma questo fa parte della mia storia. Perché devo abbandonare dei sentimenti che
hanno segnato la mia esistenza?”
Il guerriero sorride, ma non cerca di provare cose che ormai non sente più. Sta cambiando, e vuole
che i suoi sentimenti lo accompagnino.
Dice il maestro al guerriero, quando lo vede depresso: “Tu non sei quello che sembri nei momenti di
tristezza. Sei molto di più. “Mentre tanti sono partiti, per motivi che non comprenderemo mai, tu
sei ancora qui. Perché mai Dio si è portato via uomini così incredibili, e ha lasciato te? “In
questo momento, milioni di uomini hanno già rinunciato. Non si infastidiscono, non piangono, non
fanno più niente. Si limitano ad aspettare che il tempo passi. Hanno perduto la capacità di reagire.
Tu, però, sei triste. E ciò dimostra che la tua anima è ancora viva.”
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