Il Kriya Yoga come stile di vita

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Il Kriya yoga come stile di vita

(di Roy Eugene Davis)

Vita: l’esperienza fisica, mentale e spirituale che costituisce l’esistenza
di una persona.

E’ il più saggio chi cerca Dio. E’ la persona di maggior successo chi lo
realizza (Paramahansa Yogananda).

Spero sia chiaro che la pratica completa del kriya yoga debba includere ogni
cosa che fai. Non considerarla semplicemente come un periodo occasionale di
meditazione contemplativa oppure come pratica di tecniche. Per avere una
comprensione esauriente, leggi con frequenza gli yoga sutra di Patanjali 1:2

L’autodisciplina intensa, la profonda autoanalisi e l’abbandono devozionale
a Dio sono le pratiche del kriya yoga.

Autodisciplinarsi significa addestrare e controllare mente, emozioni e
comportamenti, con lo scopo di migliorare. Si deve fare questo in ogni
momento e in ogni circostanza, se vogliamo raggiungere dei risultati nella
pratica del kriya yoga. Un kriya yogi deve sapere che per seguire questo
percorso bisogna scegliere una vita di tipo monastico, ossia di solitudine.
Questo non significa andare in un monastero e vivere da eremita o staccarsi
da circostanze esterne e relazioni personali. Significa che tu, da solo,
devi scegliere come pensare, comportarti, relazionarti compassionevolmente
al prossimo e seguire studi metafisici e pratiche spirituali essenziali,
senza compromettere ideali e aspirazioni.

Alcuni kriya yogi presumono erroneamente che un ambiente isolato, lontano
dalla mondanità, sarebbe più di supporto alle loro pratiche spirituali.
Benché l’isolamento sia utile di tanto in tanto, per la maggior parte dei
devoti di Dio è meglio avere una vita ordinata, che possa includere
responsabilità familiari e lavorative. Così facendo, queste persone possono
avere opportunità per coltivare pazienza e comprensione, soddisfare desideri
completi e contribuire al benessere altrui, mentre addestrano (e
controllano) mente, emozioni e comportamenti.

Imparare a contare su se stessi e ad essere funzionali, aiuta il devoto a
sviluppare capacità mentali ed intellettuali, maturità emotiva, a diventare
più consapevoli delle capacità spirituali e ad accrescerle. Parecchi dei
miei fratelli discepoli spiritualmente avanzati erano funzionalmente
competenti e avevano successo negli sforzi personali. Essi facevano
correttamente i loro doveri nella famiglia e nella comunità, praticando allo
stesso tempo la meditazione supercosciente. Poco tempo dopo esser diventato
discepolo di Sri Yukteswar, Yogananda volle andare nell’Himalaya a meditare
in una grotta. Sri Yukteswar gli disse con noncuranza che non avrebbe
trovato Dio su una montagna. Sulla strada per l’Himalaya, Yogananda incontrò
un altro discepolo di Lahiri Mahasaya che gli diede da mangiare e un posto
da dormire. Questi gli chiese se avesse avuto una stanza privata all’interno
dell’ashram di Sri Yukteswar dove rinchiudersi. Quando il mio guru disse di
averla, gli fu detto: “Quella è la tua caverna” (Vedi il capitolo: “Il santo
senza sonno” nel libro “Autobiografia di uno yogi”).

Uno dei miei fratelli discepoli chiese il permesso a Yogananda di andare in
una regione della California del nord per parecchi mesi, con lo scopo di
meditare. Paramahansaji gli disse: “Tutto ciò di cui hai bisogno è qui. Ho
visto alcuni yogi in India che vivono nelle montagne. Durante il giorno
discutono idee filosofiche, mentre di notte si preoccupano di avere
abbastanza legno per i loro fuochi”. L’autoanalisi efficace culmina nella
conoscenza del Sé. Chiedetevi: “Cosa sono?” Desiderando sinceramente sapere
cosa siete, realizzerete di essere unità di pura coscienza piuttosto che
menti e corpi. Per conoscere il Sé, l’indagine intellettuale è utile e deve
essere supportata dalla pratica regolare della meditazione al livello della
supercoscienza.

Quando sei in uno stato supercosciente, puoi sperimentare cosa sei in quanto
creatura spirituale. La cosciente esperienza di ciò che realmente sei è l’autorealizzazione.
Invece di sforzarti di essere realizzato, utilizza le tue capacità di
discriminazione per riconoscere ciò che veramente sei e medita a livello
supercosciente per sperimentarlo. Negli Yoga sutra di Patanjali e nella
Bhagavad-Gita, per “pratica dello yoga” si intende “pratica del samadhi”
(supercoscienza). Tutte le altre pratiche sono preparatorie, poiché calmano
la mente, stabilizzano le emozioni e chiariscono la consapevolezza. L’abbandono
devozionale a Dio permette di vedere attraverso il proprio senso illusorio
ed errato del (piccolo) sé e di elevarsi al di sopra di esso. Quando ci si
riesce, la conoscenza del (grande) Sé prevale. Uno dei maggiori ostacoli
alla conoscenza del Sé è l’accettazione compiacente degli stati condizionati
della mente e delle circostanze ordinarie o “normali”, alle quali si concede
di prevalere nella vita di tutti i giorni. Supera questi ostacoli aspirando
al pieno risveglio e conformando pensieri e comportamenti a questa
aspirazione.

Molti iniziati al kriya dicono di voler raggiungere l’autorealizzazione, ma
non pensano o agiscono come se lo volessero veramente. Il desiderio di
raggiungerla può essere soddisfatto come qualsiasi altro:

1) Definendo chiaramente lo scopo o l’intenzione.
2) Scoprendo cosa fare per raggiungerlo
3) Facendo in necessario per raggiungerlo

Gli stessi principi impersonali che permettono di soddisfare i bisogni
mondani, possono permetterti di soddisfare le tue aspirazioni più elevate.
Questa è la ragione per cui vivere in maniera efficace e corretta rende più
facile sperimentare la crescita spirituale. Quando puoi raggiungere
facilmente gli scopi di tutti i giorni, puoi sperimentare altrettanto
facilmente la crescita spirituale, se lo desideri sinceramente. Il desiderio
onesto e sincero di raggiungere velocemente l’autorealizzazione è
essenziale. Quando questo desiderio è costante e pensieri, sentimenti e
azioni sono in armonia con esso, si sperimentano con certezza risultati
ideali. Parecchi anni fa, fui invitato come ospite ad un convegno sullo
yoga. Alcuni individui che parteciparono all’evento, dimorarono nell’ashram
per parecchie settimane per partecipare ad un ritiro di autotrasformazione”.
Quando uno di loro si lamentò con lo staff perché non riceveva l’aiuto che
si aspettava, gli fu detto che quello era un ritiro di autotrasformazione,
poiché era lui stesso che avrebbe dovuto fare il lavoro.

Per gli iniziati al kriya è la stessa cosa. Dopo esser stati informati sui
concetti filosofici di base, imparato lo stile di vita da seguire e aver
ricevuto l’iniziazione, gli iniziati devono essere diligenti nell’applicazione
di ciò che hanno imparato. Nessuno può fare per loro ciò che devono fare per
se stessi. Benché io sia stato istruito personalmente da Paramahansa
Yogananda e sia stato anche spesso incoraggiato da lui, sono sempre stato
anche molto motivato a testare ciò che ho imparato e a fare del mio meglio
per sperimentare i benefici della pratica completa del kriya yoga. Dopo che
il maestro ebbe lasciato il corpo, attraverso gli anni che seguirono non
andai mai da nessun altro per avere consiglio o ispirazione. Stabile nella
conoscenza del Sé, ho continuato ad acquisire conoscenza utile, ad espandere
le mie capacità e ad apprendere le realtà più elevate. Quando ho fatto ciò
che sapevo fare, i risultati sono sempre stati soddisfacenti e la grazia mi
ha sempre regalato eventi e circostanze di supporto.

E’ utile essere incoraggiati da una persona spiritualmente risvegliata,
ricevere i suoi consigli ed essere informati sulle realtà più elevate. La
motivazione è di grande aiuto per fare scelte in grado di culminare nell’illuminazione
spirituale e nella liberazione della coscienza.

Seguire attentamente i principi del giusto vivere e del meditare in modo
supercosciente, ti permetterà di soddisfare il tuo desiderio del cuore
(essenza profonda dell’essere) e di realizzare Dio.

Quando conosci Dio, la vita è bella. (Paramahansa Yogananda)

Solo la persona che vive la (giusta) vita conoscerà questi insegnamenti.
(Parole attribuite a Gautama, il Buddha)

Tratto dal sito www.angelfire.com/yt/KRIYAYOGA/facile.html

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