Il libero arbitrio esiste?

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Il libero arbitrio esiste?

di Guido da Todi

In effetti, e per quanto possa sembrare presuntuosa la mia affermazione,
non è difficile accettare e comprendere l’apparente antinomia secolare tra
libero arbitrio o mancanza di esso, nella vita dell’uomo (e della natura
intera).

Potremo partire da orizzonti molto opalescenti e filosofici e sciogliere
questo nodo planando sullo stato di coscienza cosmico dell’unicità
dell’essere, e, quindi, dedurre che lì ove esista una sola realtà,
evidentemente non possa manifestarsi un qualunque dualismo di sorta: ed
ogni arbitrio allora si manifesterebbe come una delle infinite pulsioni di
un’unica corrente originaria. Si tratta solo di riuscire, allora, a
raggiungere questa lunghezza d’onda – che, in definitiva, è il vertice a
cui aspira ogni ricercatore dello spirito – per vivere intensamente e
magicamente l’assoluta inesistenza di aspetti parziali, in seno ad un solo
totale.

È una risposta. Forse, la più aristocratica che possa mostrarsi alla
meditazione dell’uomo. Ma, è anche una risposta che resterebbe – per molti
– incomprensibile, in una quotidianità composta di mille sfaccettature
ancora troppo individualistiche e distanti dal sommo bene di una perfetta
realizzazione.

La libertà dell’uomo.

Intanto, in cosa consiste questo concetto?

Viene detto – con una magnifico buon senso – che la nostra libertà termina
dove inizia quella degli altri. E in tale affermazione esiste un così fitto
ed intricato contenuto di valori, che ha dato nascita ai massicci volumi
delle leggi dei Manu (i mitici fondatori di ogni civiltà) e di tutti i
codici che guidano le leggi dell’attuale società.

Quindi, già il libero arbitrio acquista dei confini naturali e spontanei.
Rispettare i quali non significa certamente avere un’amputazione di nostri
diritti morali, o cosmici, allo slancio esistenziale, bensì espandere i
medesimi nel riconoscere quelli di ogni nostro prossimo.

Viene anche detto che le scelte dell’uomo si identificano alle direzioni
che può prendere un viaggiatore nel corridoio di un treno in corsa. Egli ha
la facoltà di andare alla buvette, di percorrere il treno in lungo ed in
largo; ma, deve restare nell’ambito dei dieci o venti vagoni del medesimo…

Quindi: siamo liberi, o qualcosa ci condiziona, comunque, alla fine? Siamo
liberi, amici miei.

Si tratta solo di comprendere alcune leggi insegnateci dai nostri antichi
progenitori spirituali.

Una tra di esse, e la più aderente al nostro dialogo, è il karma. Che,
fondamentalmente, nasce come un potenziale di creatività, piuttosto che una
ragnatela di coercizioni, quale viene spesso dipinta.

Molti faticano a riconoscere e sperimentare la verità che ogni azione
(dall’animale all’umana, ed oltre) costituisca l’innesco di successive
espansioni d’onda improrogabili, che ritornano sempre alla loro origine. Ne
accettano forse i suggerimenti teorici e letterari dei testi esoterici; ma,
continuano a seminare con leggerezza le loro espressioni vitali attorno a
sé, fra i propri simili; amore, odio, simpatia, dolore, felicità, fastidio,
mancanza di aiuto, persecuzioni materiali e mentali, tutto ciò
viene prodotto da quella batteria carica di vitalità, di movimento e di
intelligenza che è l’uomo. Ma, ricco anche della piena libertà di costruire
queste azioni, mentali e fisiche.

Ecco, il punto. Noi siamo liberi, e nasciamo liberi. E, quindi, è giusto
dire che possediamo il libero arbitrio. Tuttavia, non v’è attimo in cui noi
non si esprima una qualunque azione. Anche quando dormiamo emettiamo delle
sottili lunghezze d’onda, subconsce e ultra razionali.

Dal mozzo della ruota che rappresenta il nostro io si irradiano
costantemente delle scelte attive (anche se, sovente, istintuali) che
rappresentano, con i loro raggi, l’intricato arazzo della nostra vita: del
nostro karma.

Ed è dal nostro karma, finalmente, che nessuno di noi si può liberare, sino
a che esso non venga nuovamente estinto così come è nato. In tal caso, non
esiste certamente più libero arbitrio.

Tuttavia, è necessario fare una considerazione, a questo punto.
La mancanza di libertà sopraggiunge, nell’uomo, dall’uso errato della
sua libertà originaria e naturale.

Come ha detto il Budda:” È l’uomo stesso che crea le sue catene”.

Comprendiamo adesso che chi afferma l’inesistenza di spazio vitale per la
natura debba fare riferimento – consapevolmente oppure no – ad un ente che
si dibatte nell’arena degli effetti, da lui causati. E chi, invece, difenda
la mancanza di ostacoli alle scelte dell’umanità debba forzatamente
riferirsi al potenziale creativo che ognuno di noi possiede. Un potenziale
che, immesso nelle armoniche regole delle Otto Verità di Budda, nei
Precetti dei Veda, nella Morale d’Amore dei Vangeli, e di ogni altra
Scrittura si perpetui ed espanda, in un continuo arricchimento ed in una
continuo allargamento di coscienza cosmica.

Domattina noi ci sveglieremo. E ci troveremo di fronte ad un foglio bianco
ed immacolato: sarà una delle nostre mille e mille giornate reincarnative.

Saremo riconosciuti pieni proprietari e padroni di quella zolla di terra
simbolica. A meno che, si intenda, una qualunque vicenda karmica
sottintesa, e ora celata, prenda il timone della situazione.

Lasceremo quell’humus senza piantare un solo fiore? Le conseguenza saranno
quelle del karma dell’inerzia, che si oppone alla sottile corrente creativa
che proviene dal Logos, ed incita ogni cosa verso un Piano comune.

Nutriremo quella serpe che si avvolge sotto il sasso? Il karma la farà, con
il tempo figliare, spalancandocene un nido pieno ed agitato.

Semineremo, qui e là, dei fiori profumati e del grano? Questo ci garantirà
un mese di sopravvivenza in un prossimo e gelido inverno.

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