IL LIBRO DEL RISVEGLIO 1

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IL LIBRO DEL RISVEGLIO 1

ovvero detti intuizioni poemi
che indicano la vera sorgente della vita

di Isabella di Soragna

Premessa al LIBRO DEL RISVEGLIO

Ancora un libro sulla spiritualità? Vorremmo che fosse quello definitivo, che butterete via dopo
averlo letto, assieme a tutti gli altri, per farne un falò.

Questo libro è dedicato a tutti coloro che si sono resi conto di aver girato a vuoto nel dedalo di
una ricerca spirituale che li elude invece di ravvicinarli alla meta.

Tutti i saggi di qualunque cultura o razza che hanno oltrepassato qualunque credo religioso – dicono
unanimi:

-Svegliati, ciò che cerchi con tanta passione, è semplicemente colui che sta cercando.-

Disperatamente, senza sosta e per tutta la vita cerchiamo l’Amore, la Libertà, l’Unione, attraverso
il sentiero sbagliato dei concetti che continuano ad illuderci. In realtà tutto ciò è già in noi, e
ha un solo nome:
c o n s a p e v o l e z z a.

La coscienza contiene queste aspirazioni, le incarna: Libertà è consapevolezza, Amore è
consapevolezza. Noi ci attacchiamo agli scampoli colorati sparsi qua e là sulla terra, dimenticando
la nostra vera veste regale. Non potendo evidentemente afferrare la nostra vera identità, come non
possiamo vedere il nostro viso, né esprimere il sapore della bocca, o come l’occhio non può vedere
se stesso, ci affanniamo in un girotondo senza fine.

Il girotondo non ha meta, è la meta.

Il nostro “volto originale” non ha né inizio né fine. Non potremo trovarlo né attraverso l’edonismo
né attraverso rituali né discipline, – le pratiche, in realtà, aiutano solo a mantenersi nel qui e
ora e a disidentificarsi dall’immagine di sé. Possiamo solo retrocedere e poi, quando tutti i nomi,
le idee, le congetture si saranno dileguate come fata morgana nel deserto, allora ecco… ciò che
siamo veramente potrà rivelarsi.

E così, tutto ciò che consideravamo “altro” e che ci spaventava – anche se fingevamo di amarlo –
potrà riprendere il suo vero posto: quale nostra veste o meglio una seconda pelle.

Allora questo mondo che ci appare così solido e che vogliamo afferrare per paura che ci distrugga,
si incolla – per così dire – ai nostri pensieri, di cui il nostro corpo è il frutto – ombra
fuggevole di un’altrettanto labile memoria. L’universo che ci circonda, ridiventa veramente vivo,
amico e pulsa con noi; anche il nostro nemico lo vediamo come parte integrante del nostro io,
proiezione delle nostre paure, specchio di qualche inibizione o tabù che non possiamo vedere
altrimenti.

Da parecchi decenni poi, la fisica quantistica da Einstein a Böhm, parla di interdipendenza dei
fenomeni, di relatività di tempo-spazio – è sempre ora e qualsiasi posto è qui – e di partecipazione
fra osservatore e osservato. La scienza degli elettroni e degli adroni scopre che il mondo non
esiste in sé, ma è totalmente legato alla presenza cosciente. La vera separazione tra noi e
l’ambiente – dicono – è la descrizione del mondo in cui ci chiudiamo.

Le convenzioni ci strangolano.

Heisenberg – noto fisico moderno – già più di cinquant’anni fa enunciava il principio di
Indeterminazione, come base dei fenomeni della vita. La coscienza appare ora piuttosto come un
ologramma*: Ogni essere è una centrale d’informazione che contiene tutte le informazioni. Gli
antichi testi vedantici dicono che la misura è mâyâ – illusione – la cui radice sanscrita è matr –
come madre o Maria. L’Immacolata Concezione del dogma cristiano è la mâyâ che crea il mondo pur
restando vergine e pura.

Non dobbiamo però confondere di nuovo la Realtà, ciò che siamo profondamente, il nostro fondo –
senza-fondo – con le parafrasi dei fisici che ancora descrivono qualche cosa, pur comprendendo la
natura inafferrabile di ciò che osservano. Il loro merito è di avvicinarsi al “gran salto” di cui
parlano i mistici di tutti i tempi. Ma esiste poi questo salto? Il famoso “salto quantico” di cui
tanto si parla non è un vero salto perché l’elettrone non cambia la sua orbita! Ciò dimostra che c’è
qualcosa di immutabile nel continuo apparente movimento della vita.

L’IO, quello vero, non legato alla persona e inesprimibile a parole, che pur si manifesta durante
tutta la creazione spontanea della vita – non muta mai, dalla nascita alla morte: anche durante il
sogno notturno vi è sempre questo indefinibile senso di essere in cui tutto compare e scompare come
un temporale su un cielo azzurro. Del sonno profondo non abbiamo un ricordo, poiché in quel momento
non c’è più identificazione con il corpo o ad uno stato mentale: siamo come annegati in noi stessi.
Eppure c’è un ricordo di benessere totale, non di un buco nero in cui regolarmente cadiamo. La forma
corporea dunque è vista come proiezione mentale, a cui ci attacchiamo nello stato di veglia e che ci
imprigiona nel concetto centrale “io sono il corpo”. Quando si dorme, non siamo forse incorporei?

Si parla tanto di compassione, ma in questa nuova luce, essa diventa una parola senza senso, dal
momento che si scopre che non ci sono “altri”, che la nostra povertà totale è la nostra più grande
ricchezza. Non siamo niente. Siamo tutto. Nulla e tutto si fondono nello schioccar delle dita…
sono identici.

Questa vita che appare e scompare in un lampo, di cui anche i fisici moderni constatano
l’imprevedibilità di base, l’incertezza e i mistici la spontaneità, l’impermanenza, non è forse un
mondo di sogno? Nei sogni notturni i personaggi ed i paesaggi sono nostre creazioni e quando ci
svegliamo diciamo: “era solo un sogno.”

Ci svegliamo e continuiamo a sognare con gli occhi aperti, ma non ce ne rendiamo conto che al
momento in cui ci risvegliamo completamente.

Tutti i cosiddetti Risvegliati dicono che è possibile, facilissimo, basta solo che lasciamo andare
le nostre convinzioni più care e cerchiamo di guardare attraverso lo specchio come Alice. Come Alice
dobbiamo attraversare effettivamente lo specchio, lasciare ciò che la mente costantemente ci
suggerisce: memorie, opinioni, concetti. Non possiamo restare a metà strada. Non è possibile vivere
la Realtà rimanendo legati al mondo di sogno, alla descrizione delle cose.

Anche il risveglio, l’illuminazione si rivela poi la più grande delle illusioni. Abbiamo paura
tuttavia. Paura di che cosa, di chi? Di noi stessi, del nostro vero volto, della libertà che è
amore. Abbiamo paura dell’ignoto. D’accordo. Cos’è l’ignoto? È un falso problema che deriva dalla
nostra identificazione alle nostre abitudini e memorie.

-L’ignoto – dice U.G.* – è ciò che siamo!-

Ognuno di noi per così dire – possiede – anzi è – tutto l’oro del mondo, però si accontenta di
qualche briciola, di qualche ornamento di poco prezzo.

E le guerre, le carestie, la miseria? Ci sono come c’è la pace, l’abbondanza, la ricchezza. Può
l’uno esister senza l’altro? Avete mai visto un compratore senza un venditore? L’uno e l’altro si
alternano come la nascita e la morte, la creazione e la distruzione: fanno parte dell’ologramma. Nel
nostro corpo, nella nostra mente non ci sono forse continue guerre, accompagnate da momenti di
tranquillità?

Ma tu chi sei?, dove sei? Questa è la sola domanda da farsi. Poi, in questo momento forse, il chi e
il dove possono sparire mentre rimane solo l’e s s e r e che è coscienza e beatitudine.

Osserviamo il film e lasciamo che la vita segua il suo corso. Ciò non significa affatto passività,
anzi. Richiede una vigilanza appassionata, che non è sforzo: può l’amore essere un’imposizione?
Tutto dipende anche dal programma che incarniamo, le nostre tendenze innate e niente di più:
tuttavia faremo più facilmente e spontaneamente quello per cui siamo apparsi alla luce, senza fatica
né apprensioni.

Questo apparato psicosomatico è sorto senza il consenso del piccolo cervello, in realtà ci è
accaduto – corpo, mente e mondo – e così sparirà com’è venuto. Ciò che sei realmente, assiste ed è
ciò che osserva: questo è il paradosso dell’apparente dualismo. Il mondo ci appare immenso e
costante, quando in realtà è il nostro computer interno che lo forma: un uomo, sotto influsso di una
droga, un’ape o un marziano lo vedrebbero ben diversamente.

“È un’allucinazione collettiva” – diceva Nisargadatta e ce l’ha confermato il fisico Schrödinger.
Uomini che sono considerati mentalmente lucidi.

I concetti dunque sono come una spina che si usa per togliere definitivamente la spina che ci fa
male in un piede: una volta usata, la si butta via assieme all’altra. Alcuni però riescono persino a
conservarle entrambe.

Mai il pensiero potrà avvicinarsi al vero Silenzio: quando la mente non ha più risorse, come il
drago vinto dall’arcangelo, sarà sconfitta e la vera comprensione potrà aver luogo.

“Né questo, né quello” “trasparenza”, “vuoto di concetti, ma pieno di ciò che è”: ecco le parole
usate da questi personaggi a secoli e a migliaia di chilometri di distanza – senza uso di telefoni –
che si consideravano inesistenti, ma che vivevano tranquillamente la loro vita. Realizzare la
propria vera natura non è né la ricerca di estasi, o di poteri soprannaturali, né un denigrare la
vita terrena: è però un capovolgimento totale di ottica per poi continuare a vivere una vita più
ricca e serena.

Coloro che si sono lanciati alla ricerca del Sé, sono un po’ come i cavalieri del Graal. È
necessaria una grande determinazione, una passione che non deriva certo dal piccolo ego
condizionato. Tutta la nostra attenzione sarà costantemente rivolta a Quello, come l’amante
perdutamente innamorato non può distogliere il pensiero dall’amato bene. Non è necessario
mortificarsi, intraprendere viaggi pericolosi, ma semplicemente tener viva la fiamma di questa
passione. Ciò farà maturare il frutto, col calore del sole dell’attenzione, che è “l’io sono”, il
senso dell’essere presente.

Poco alla volta, o repentinamente esso scioglierà queste incrostazioni di giudizi e concetti, questi
cadaveri ideologici che ci impediscono di penetrare il mondo vero di Alice. È l’innocenza dal
pensiero concettuale che ci fa conquistare il Graal.

-L’unica innocenza è quella di non pensare – dice Pessoa.

L’ultimo passo da fare in ciò che si può chiamare “la via senza via” è vedere senza ombra di dubbio,
intuitivamente – che noi siamo prima dell’apparizione della coscienza corporea : essa è ancora un
oggetto, un nome. La coscienza è l’ultima corda che ci lega alla misura, all’illusione. Il
cosiddetto stato non-mentale non è quello di un ritardato mentale – benché anch’egli goda
inconsapevolmente di questa libertà – è piuttosto uno stato di pienezza che le parole non possono
penetrare. Se si vive quello stato i pensieri veramente utili rimangono e possono essere più
efficaci, se sappiamo distinguere la mente funzionale, da quella pensante che crea continuamente
immagini legate al passato e anticipazioni.

Al di qua, prima ancora del respiro, “più vicino ancora della vena giugulare”, ecco rivelarsi
l’Ineffabile “volto originale” che ci accomuna. Come un genitore affettuoso, sempre disponibile,
pazientemente ci attende: la parabola del figliol prodigo ce lo racconta.

Molti si chiederanno come “mantenere” questo stato di grazia che hanno repentinamente riscoperto:
questo senso di spazio che sposa ogni forma, senza dimensioni, ci attirerà sempre di più,
spontaneamente verso di sé. È la consapevolezza la regista dello spettacolo, lei sola tira
invisibili fili: quando sarà l’ora giusta, la sveglia suonerà, adesso forse. Allora il fervore della
contemplazione si manterrà costante da solo. In questa assenza di dimensioni, di misura dunque, la
motivazione stessa è Consapevolezza, Libertà, Amore. Se la barriera dentro-fuori sparisce, dove sono
i confini dell’ego?. L’ego si dileguerà nel tutto ciò che è.

E quando il ricercatore scompare, chi cerca ancora e che cosa?

*Uppaluri Gopala Krishnamurti (da non confondere con Jiddu Krishnamurti)

Introduzione

Parole!
La Via è aldilà delle parole,
poiché in essa non c’è
né ieri
né domani
né oggi.

Hsin Hsin Ming

La pagina perfetta, la pagina di cui nessuna parola può essere alterata senza danno, è la più
precaria di tutte… Inversamente, la pagina che ha una vocazione d’immortalità può traversare i
fuochi degli errata, delle versioni approssimative, delle letture distratte, delle incomprensioni,
senza perdere la sua anima in questa prova.

Jorge Luis Borges

Non credo che ci siano dei libri indispensabili. Credo piuttosto che vi siano dei pensieri
essenziali a cui si finisce per arrivare, in genere, a proposito di qualunque libro. Oppure senza
neppure un libro.

Jean Paulhan

A differenza d’un testo dottrinale, il poema non esprime, ma è: esso risveglia un sentimento del
reale al di fuori di qualunque concetto logico… il poeta trascrive ciò che il meditante esplora
silenziosamente.

Anonimo

D.: Prevede un tempo in un futuro non troppo distante in cui vi saranno tante persone Illuminate
sulla Terra?

P.: Non c’è futuro, non ci sono persone, non c’è terra, non c’è nessuno che cerca l’Illuminazione, e
nessuno che la trova. Questa è la sola e ultima Verità .

Poonja

Molti hanno paura di svuotare la propria mente temendo di precipitare nel Vuoto. Non sanno che la
loro stessa Mente E’ il Vuoto. Gli ignoranti evitano i fenomeni ma non il pensiero; i saggi evitano
il pensiero ma non i fenomeni.

La nascita e l’eliminazione dell’illusione sono entrambe illusorie. L’illusione non è un quaIcosa
radicato nella Realtà; esiste a causa del vostro pensiero dualistico. Se voi cesserete soltanto di
lasciarvi andare a concetti opposti quali ordinario e Illuminato, l’illusione cesserà da sola. E
quindi, se vorrete ancora distruggerla ovunque possa essere, scoprirete che non vi è un alcunché
dello spessore di un capello di cui impadronirsi.

Bodhidharma disse:

Quando la natura della Mente è compresa

Non vi è discorso umano che la possa racchiudere o svelare.

L’Illuminazione non è una cosa da ottenere,

E colui che la raggiunge non dice che sa.

John Blofeld

Vuoto qui, Vuoto là,

ma l’infinito universo

è sempre davanti ai tuoi occhi.

Infinitamente grande e infinitamente piccolo;

nessuna differenza, poiché le definizioni sono scomparse

e non si vedono più limiti.

Così per l’Essere ed il non Essere.

Non perder tempo in dubbi e discussioni

che non hanno niente a che fare con questo.

Hsin Hsin Ming

Proprio qui, il Reale.

Come esprimerLo, senza l’oblio delle parole?

Chuang Tzu

Sappilo: essere vuoto di ogni creatura è essere pieno di Dio ed essere pieno delle creature è essere
vuoto di Dio.

Meister Eckart

Una delle figlie spirituali di Padre Pio gli disse che non poteva partire lontano da lui. Egli le
disse:

“Figliola, per i figli di Dio non c’è distanza.”

“Ma è duro per me, Padre.”

Padre Pio le mostrò il suo orologio da polso.

“Dimmi, cosa c’è in mezzo qui?”

“Il perno, Padre.”

“Esattamente. Il perno è simile a Dio, che è immobile, e le lancette attaccate al centro, indicano
il tempo. Tra il centro e i numeri non c’è distanza, poiché le lancette fanno un ponte con il
centro. Dio è il centro, le ore sono le anime, Padre Pio una delle lancette che fa il ponte tra il
centro e le ore.”

Rivista Mountain Path 1997

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