Il linguaggio svela la risposta biologica allo stress

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Il linguaggio svela la risposta biologica allo stress

08 novembre 2017

Il ricorso a particolari parole invece di altre è correlato a livello biologico allo stato di
stress, depressione o ansia. L’analisi del linguaggio usato dalle persone permetterebbe quindi di
prevedere l’attivazione di geni legati alla risposta allo stress meglio di autovalutazioni sul
proprio stato

di Jo Marchant/Nature

Sfumature nel linguaggio usato dalle persone potrebbero rivelare uno stress fisiologico.

Gli psicologi hanno scoperto che il tracciamento di certe parole usate da volontari in audio
registrati a caso rifletteva cambiamenti legati allo stress nell’espressione dei loro geni. Gli
schemi di parlato prevedevano quei cambiamenti fisiologici più accuratamente rispetto alle
valutazioni dei volontari sui propri livelli di stress.

La ricerca, pubblicata sui “Proceedings of the National Academy of Sciences”, suggerisce che i
cambiamenti nel linguaggio potrebbero tracciare gli effetti biologici dello stress meglio della
nostra stessa valutazione consapevole. È un nuovo approccio allo studio dello stress, dice David
Creswell, psicologo alla Carnegie Mellon University a Pittsburgh, in Pennsylvania, un approccio che
“racchiude una promessa enorme” per la comprensione di come le avversità psicologiche influenzano la
salute fisica.

Circostanze di vita avverse – come povertà, traumi o isolamento sociale – possono avere effetti
devastanti sulla salute, aumentando il rischio di una varietà di disturbi cronici che vanno dalle
malattie cardiache alla demenza. I ricercatori che cercano di individuare i meccanismi biologici
coinvolti hanno scoperto che le persone che sperimentano queste circostanze sperimentano anche ampi
cambiamenti nell’espressione genica delle cellule del sistema immunitario. I geni coinvolti
nell’infiammazione diventano più attivi, per esempio, mentre quelli antivirali sono smorzati.

Questi cambiamenti biologici sembrano rappresentare la risposta evolutiva dell’organismo alla
minaccia, dice Steve Cole, ricercatore in genomica all’Università della California a Los Angeles, e
coautore dell’articolo. Ma Cole è sempre stato tormentato da una “fastidiosa osservazione”: quei
cambiamenti non corrispondono bene al livello di stress che le persone affermano di provare.

Cole si è domandato se la biologia dello stress fosse invece innescata da una valutazione automatica
della minaccia nel cervello, che non raggiunge necessariamente la consapevolezza cosciente. Per
scoprirlo, con i suoi colleghi ha collaborato con Matthias Mehl, psicologo all’Università
dell’Arizona a Tucson, che studia come lo stress influisce sul linguaggio.

Lo stress riflesso dal discorso

I ricercatori hanno chiesto a 143 volontari statunitensi adulti di indossare dei registratori, che
per due giorni si sono accesi ogni pochi minuti, catturando un totale di 22.627 tracce audio. Mehl
ha trascritto tutte le parole pronunciate dai volontari e ha analizzato il linguaggio usato.

Mehl era particolarmente interessato a quelle che gli psicologi chiamano parole “funzionali”, come
pronomi e aggettivi. “Di per sé non hanno alcun significato, ma chiariscono che cosa sta
succedendo”, dice. Mentre noi scegliamo consapevolmente parole “significanti” come nomi e verbi, i
ricercatori credono che le parole funzionali siano “prodotte in modo più automatico e tradiscano un
po’ di più riguardo a quello che accade alla persona che parla”. Mehl e altri hanno scoperto, per
esempio, che l’ uso delle parole funzionali da parte delle persone cambia quando affrontano una
crisi personale o in seguito ad attentati terroristici.

I ricercatori hanno confrontato il linguaggio usato da ogni volontario con l’espressione nei loro
globuli bianchi di 50 geni noti per essere influenzati dalle avversità. Gli scienziati hanno trovato
che l’uso da parte dei volontari di parole funzionali permetteva di prevedere l’espressione genica
significativamente meglio rispetto ai resoconti degli stessi volontari sui propri stati di stress,
depressione e ansia.

In generale le persone con profili di espressione genica legati a uno stato di stress più grande
tendevano a parlare meno, ma usavano di più avverbi come “realmente” o “incredibilmente”. Queste
parole potrebbero agire come “intensificatori emotivi”, dice Mehl, indicando uno stato di
eccitazione più elevato. Quelle persone erano anche meno propense a usare i pronomi di terza persona
plurali, come “essi” o “loro”. Anche questo ha senso, dice, perché quando le persone sono
minacciate, potrebbero concentrarsi meno sugli altri e sul mondo esterno.

Mehl avverte che sono necessarie ulteriori ricerche per testare questi effetti specifici e per
valutare se lo stress influenzi il linguaggio, o viceversa. Tuttavia, suggerisce che alla fine
l’approccio potrebbe aiutare a identificare le persone a rischio di sviluppare malattie legate allo
stress. I medici potrebbero aver bisogno di “ascoltare oltre il contenuto” di quello che i pazienti
dicono loro”, afferma Mehl, “il modo in cui è espresso”.

Cole suggerisce che valutare l’uso del linguaggio potrebbe aiutare a verificare se gli interventi
mirati a ridurre lo stress funzionino davvero. Forse, dice, “si potrebbero anche abbandonare le
misurazioni di autovalutazione dello stress”, e invece ascoltare passivamente come parlano i
soggetti di un trial.

“Il linguaggio riflette come le persone si collegano con il loro mondo, ma chi avrebbe mai pensato
che l’espressione genica fosse legata al linguaggio?”, dice James Pennebaker, psicologo
all’Università del Texas ad Austin, che ha aperto la strada alla ricerca su linguaggio e processi
sociali (e ha già lavorato con Mehl). “È un nuovo eccitante modo di pensare”, aggiunge. “Sono
rimasto sbalordito”.

(L’originale di questo articolo è stato pubblicato su Nature il 6 novembre 2017. Traduzione ed
editing a cura di Le Scienze. Riproduzione autorizzata, tutti i diritti riservati.)
www.nature.com/news/language-patterns-reveal-body-s-hidden-response-to-stress-1.22964

dx.doi.org/10.1073/pnas.1707373114

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