Il Maestro torna per descrivere i mondi dell’aldilà

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Il Maestro torna per descrivere i mondi dell’aldilà

Il Maestro di Yoganandaji muore e torna per descrivere al suo discepolo i mondi dell’aldilà

Tratto da: “Autobiografia di uno Yoghi”

di Paramahansa Yoganananda

CAPITOLO XLIII LA RESURREZIONE DI SRI YUKTESWAR

“Krishna Signore!” La forma gloriosa dell’avatar apparve in un tremolante sfolgorìo, mentre sedevo nella mia stanza al Regent Hotel di Bombay. Sospesa sopra il tetto di un grande edificio che mi stava di fronte, l’ineffabile visione era sorta a un tratto dinanzi a me, mentre guardavo fuori dalla finestra aperta del terzo piano.

La divina figura mi fece un cenno di saluto, sorridendo e chinando il campo. Quando vide che non potevo comprendere con precisione il suo messaggio, il Signore Krishna se ne andò con un gesto di benedizione, lasciandomi in uno stato di meravigliosa elevazione interiore; sentii che si preannunziava un evento spirituale.

Per il momento il mio viaggio in Occidente era stato rinviato. Dovevo tenere varie conferenze pubbliche a Bombay prima di ripartire per una visita d’addio a Calcutta e a Puri. Seduto sul mio letto nell’albergo a Bombay, alle tre del pomeriggio del 19 giugno 1936, una settimana dopo la visione di Sri Krishna, fui strappato alla mia meditazione dall’apparire di una luce divina. Dinanzi ai miei occhi aperti e stupiti tutta la stanza si era trasformata in un mondo strano, e la luce del sole in un superno splendore. Ondate di rapimento mi sommersero quando vidi dinanzi a me, in carne ed ossa, la figura di Sri Yukteswar!

“Figlio mio!”. Il Maestro parlava con tenerezza e il suo volto era soffuso di un sorriso da incantare gli angeli.

Per la prima volta in vita mia non m’inginocchiai ai suoi piedi per salutarlo, ma mi slanciai istantaneamente verso di lui per stringerlo bramosamente fra le mie braccia. Momento indicibile! Tutta l’angoscia dei mesi passati era ripagata e cancellata dal torrente di felicità che si riversava ora su di me.

“Maestro mio, amato del mio cuore, perché mi avete lasciato?”. L’eccesso della gioia mi rendeva incoerente. “Perché mi lasciaste andare al Kumbha Mela? Quanto amaramente mi sono rimproverato d’essere andato via!”.

“Non volevo guastare la tua gioia alla prospettiva di vedere il luogo di pellegrinaggio dove per la prima volta incontrai Babaj. Ti ho lasciato solo per un poco! Non sono forse ancora con te?”.

“Ma siete proprio voi, Maestro, proprio il Leone di Dio? Avete ancora un corpo come quello che seppellii sotto le crudeli sabbie di Puri?”.

“Si, figlio mio, sono lo stesso. Questo è un corpo di carne e ossa. Sebbene io lo veda etereo, alla tua vista esso è fisico. Dagli atomi cosmici ho creato un corpo completamente nuovo, esattamente uguale a quel corpo fisico del cosmico sogno che tu ponesti sotto le sabbie di sogno a Puri, nel tuo mondo di sogno. Sono in verità risorto; non sulla terra, ma su un pianeta astrale i cui abitanti possono, meglio degli uomini, porsi al mio livello spirituale. Là, un giorno, tu e i grandi spiriti che ami, verrete con me!”.

“Guru immortale! Ditemi di più”.

Il Maestro scoppiò in una risatina rapida e allegra. “Ti prego, caro, non puoi allentare un poco la tua stretta?”.

“Solo un poco!”. Lo abbracciavo con una stretta tentacolare e percepivo lo stesso lieve, fragrante odore naturale che era stato caratteristico del suo corpo terreno. L’elettrizzante contatto della sua carne divina ancora si rinnova nella parte interna delle mie braccia e nelle palme delle mie mani ogni volta che richiamo alla memoria quelle ore gloriose.

“Come i profeti vengono inviati sulla terra per aiutare gli uomini a liberarsi del loro karma nel mondo fisico, così io fui mandato da Dio a servire su un pianeta astrale come salvatore”, spiegò Sri Yukteswar. “Questo pianeta si chiama Hiramyaloka, o ‘Illuminato Pianeta Astrale’. Là aiuto gli esseri progrediti a liberarsi del loro karma astrale e a giungere così alla liberazione da nuove rinascite astrali. Coloro che vivono sull’Hiranyaloka sono altamente sviluppati spiritualmente; tutti, nella loro ultima incarnazione terrena, avevano già acquisito il potere che si ottiene attraverso la meditazione, di abbandonare coscientemente il corpo fisico al momento della morte. Nessuno può entrare nell’Hiranyaloka se non ha conseguito, oltre lo stato del sabikalpa samadhi, anche il più alto stato del nirbikalpa samadhi. (Nota: V. Cap. XXVI. Nel sabikalpa samadhi il devoto raggiunge la realizzazione, ossia la coscienza temporanea della propria unità con lo Spirito, ma non può serbare la coscienza cosmica fuorché nell’immobile stato dell’estasi. Con la continua meditazione egli raggiunge lo stato superiore del nirbikalpa samadhi, dove liberamente si muove nel mondo e compie tutti i suoi doveri esteriori senza perdere la percezione di Dio.

Nel nirbikalpa samadhi lo yoghi dissolve le ultime vestigia del suo karma terrestre. Egli ha però ancora del karma astrale e causale da eliminare, per cui deve ancora rivestirsi di corpi astrali e poi causali in sfere vibratorie altissime. Fine nota).

“Coloro che abitano l’Hiranyaloka hanno già attraversato le comuni sfere astrali, dove quasi tutti gli esseri della terra devono andare al momento della morte. Là essi hanno bruciato molti semi del loro karma accumulato nel cosmo astrale. Solo gli spiriti progrediti possono compiere efficacemente tale opera di redenzione nei mondi astrali. (Nota: Perché la maggior parte delle anime, affascinata dalla bellezza e dalle gioie del mondo astrale, non sente alcuna necessità di fare uno strenuo sforzo per progredire. Fine nota) Allora per liberarsi d’ogni traccia di irredento karma astrale, questi esseri superiori furono condotti dalla legge cosmica a rinascere con nuovi corpi astrali sull’Hiranyaloka, il sole astrale o cielo, dove io sono risorto per aiutarli. Là si trovano pure esseri quasi perfetti venuti da un mondo superiore, cioè quello causale, allo scopo di imparare certe lezioni”.

La mia mente era ormai in sintonia così perfetta con quella del mio Guru che egli mi comunicava tutto ciò in parte con parole e in parte mediante la trasmissione del pensiero. Perciò accoglievo rapidamente i suoi schemi di idee.

Il Maestro proseguì: “Hai letto nelle Scritture che Dio racchiuse l’anima umana successivamente in tre corpi: il corpo-idea, o corpo causale; il sottile corpo astrale, sede della natura mentale e emotiva dell’uomo; e lo spesso corpo fisico. Sulla terra l’uomo è munito dei suoi sensi fisici. Un essere astrale opera con la coscienza e i sentimenti e con un corpo fatto di vitatroni. (Nota: Sri Yukteswar [che parlò in bengali durante tutta la lunga conversazione] usò la parola prana, che ho tradotta in “vitatroni”. Le Scritture indù parlano dell’anju [atomo], del paramanu [al di là dell’atomo] e del prana [forza creativa vitatronica]. Atomi e elettroni sono forze cieche, mentre il prana è intrinsecamente intelligente. Ad esempio il prana, [o vitatroni] nello spermatozoo e nell’ovulo, determina lo sviluppo dell’embrione secondo uno schema karmico. Fine nota). Un essere dotato del solo corpo causale rimane nel mirabile regno delle idee. Il mio compito si svolge presso quegli esseri astrali che si preparano a entrare, o a rientrare, nel mondo causale”.

“Adorabile Maestro, vi prego, ditemi ancora qualcosa sul cosmo astrale”. Sebbene avessi un po’ allentato la stretta, secondo la richiesta di Sri Yukteswar, le mie braccia ancora lo cingevano. Tesoro al di là di ogni tesoro il mio Guru, che si era fatto beffe della morte per raggiungermi!

“Vi sono molte sfere astrali piene di tali esseri”, ricominciò a dire il Maestro. “I loro abitanti usano veicoli astrali o masse di luce, per viaggiare da un pianeta all’altro più velocemente dell’elettricità e delle energie radioattive.

“L’universo astrale, fatto di sottili vibrazioni di luce e di colori, è centinaia di volte più grande del cosmo materiale. Tutta la creazione fisica è appesa come un solido, piccolo paniere all’immenso pallone della sfera astrale. Come vi sono molti soli e molte stelle fisiche che viaggiano nello spazio, così vi sono pure innumerevoli sistemi solari e stellari astrali. “I soli e le lune astrali sono assai più belli di quelli fisici. Le luci astrali assomigliano alle aurore boreali; ma la solare aurora astrale è più splendente della mite aurora lunare. I giorni e le notti astrali sono più lunghi di quelli della terra.

“Il mondo astrale è bello, nitido, puro, ordinato. Non vi sono pianeti morti né terre sterili. Tutte le imperfezioni della terra: erbe cattive, batteri, insetti, serpi, sono assenti. A differenza dei climi variabili e delle stagioni terrestri, i pianeti astrali mantengono costantemente la temperatura di un’eterna primavera, interrotta a volte da bianche nevi luminose e piogge di luci multicolori. Nei pianeti astrali abbondano laghi opalini, mari lucenti e fiumi iridati.

“L’universo astrale comune – non il più etereo cielo astrale di Hiranyaloka – è popolato da milioni di esseri astrali che vi sono giunti dalla terra in periodi più o meno recenti, e anche da miriadi di fate, sirene, pesci, animali, folletti e gnomi, semidei e fantasmi: tutti risiedono in pianeti astrali diversi, secondo le loro qualifiche karmiche. Differenti zone sferiche o regioni vibratorie sono pronte per ricevere gli spiriti buoni e cattivi. I buoni possono spostarsi liberamente, ma gli spiriti cattivi sono confinati in zone limitate. Come gli esseri umani vivono sulla superficie ella terra, i vermi nell’interno del suolo, i pesci nell’acqua e gli uccelli nell’aria, così gli esseri astrali di gradi diversi vengono assegnati a regioni vibratorie diverse a loro adatte.

“Fra i tenebrosi angeli caduti, espulsi da vari mondi astrali, avvengono liti e guerre mediante bombe vitatroniche, o raggi vibratori di mantram mentali. (Nota: Tali mantram sono ‘semi’ di suoni cantati, sparati mentalmente dal cannone della concentrazione. I Purana [antichi shastra o trattati] descrivono tali guerre mantriche fra deva e asura [dei e demoni]. Una volta un asura cercò di uccidere un deva con un potente cantico, ma avendolo pronunciato male, la bomba mentale agì da boomerang e uccise il demone. Fine nota).

Questi esseri sono relegati nelle oscure regioni del cosmo astrale inferiore, dove opera il loro cattivo karma.

“Nei vasti reami al di là dell’oscura prigione astrale, tutto è bello e luminoso. Il cosmo astrale è più naturalmente intonato alla volontà e al piano di perfezione divini che non la terra. Ogni oggetto astrale è manifestato primariamente dalla volontà di Dio e in parte dal richiamo della volontà degli esseri astrali. Essi hanno il potere di modificare la forma o di aumentare la grazia di qualsiasi cosa già creata dal Signore. Egli diede alle sue creature astrali il felice privilegio di mutare o ricombinare a volontà le sostanze astrali. Sulla terra un corpo solido deve esser trasformato in liquido o in altra forma mediante un processo naturale o chimico; ma i corpi solidi astrali si trasformano in liquidi, in gas o energia atomica istantaneamente e unicamente per il volere degli abitanti. Questi effettuano trasformazioni istantanee nei loro corpi o in altri oggetti mediante l’uso della forza vitatronica (o pranica) e per mezzo di vibrazioni mantriche.

“Il mondo è funestato da guerre e assassinii in mare, in terra e nell’aria”, continuò il mio Guru, “ma i reami astrali conoscono solo una felice armonia e giustizia. Gli esseri astrali smaterializzano o materializzano le loro forme a volontà; i fiori, i pesci e gli altri animali possono trasformarsi, per un certo tempo, in uomini astrali. Tutti gli esseri astrali sono liberi di assumere qualsiasi forma e possono facilmente comunicare fra loro. Nessuna legge naturale fissa può limitarli; per esempio, a ogni albero astrale si può richiedere di produrre un mango astrale o un altro frutto o fiore o qualsiasi cosa si desideri. Esistono alcune restrizioni karmiche, ma nel mondo astrale nessuna forma è più o meno desiderabile. Ogni cosa vibra della luce creativa di Dio.

“Nessuno è nato da donna. Gli esseri astrali possono materializzare la loro progenie in forme astrali di conformazione significativa, mediante la sola volontà intonata alla volontà divina. L’essere disincarnato di recente sulla terra giunge in una famiglia astrale dietro invito, attratto da tendenze mentali e spirituali affini.

“Il corpo astrale non è soggetto al freddo, al caldo o ad altre condizioni naturali. L’anatomia annovera un cervello astrale, in cui l’onnisciente loto di luce dai mille petali è parzialmente attivo, e sei centri risvegliati nel sushumna, l’asse cerebro-spinale astrale. Il cuore assorbe energia cosmica e luce dal cervello astrale e le pompa nei nervi e nelle cellule corporee astrali, o vitatroni.

“Gli esseri astrali sono in grado di effettuare cambiamenti della loro forma mediante la forza vitatronica e sacre vibrazioni mantriche.

“Nella maggior parte dei casi il corpo astrale è una copia esatta dell’ultima forma fisica. Il volto e la figura d’una persona astrale rassomigliano a quelli della sua giovinezza nel precedente soggiorno terreno. Talvolta, qualcuno, come me, sceglie di serbare l’aspetto della sua vecchiaia”. Il Maestro, che emanava l’essenza stessa della gioventù, ebbe una risatina. “A differenza del mondo fisico spaziale e tridimensionale conosciuto dall’uomo solo mediante i cinque sensi”, continuò Sri Yukteswar, “le sfere astrali sono percepite dal sesto senso che include tutto, cioè l’intuizione. Per pura sensazione intuitiva, tutti gli esseri astrali vedono, odono, odorano, gustano e toccano. Essi posseggono tre occhi, due dei quali sono parzialmente chiusi. Il terzo e principali occhio astrale, piazzato verticalmente sulla fronte, è aperto. Gli uomini astrali hanno tutti gli organi sensori esterni: orecchi, occhi, naso, lingua, pelle; ma usano il senso intuitivo per avvertire le sensazioni con qualsiasi parte del corpo; essi possono vedere con l’orecchio o il naso o la pelle, udire con gli occhi o con la lingua, gustare sapori attraverso le orecchie o la pelle e così via. (Nota: Esempi di tali poteri non mancano nemmeno sulla terra, come nel caso di Helen Keller e altri esseri speciali. Fine nota).

“Il corpo fisico dell’uomo è esposto a infiniti pericoli e può facilmente esser ferito o mutilato; l’etereo corpo astrale può a volte esser lacerato o contuso, ma risana subito mediante la sola volontà”.

“Gurudeva, sono tutti belli gli esseri astrali?”.

“Nel mondo astrale si sa che la bellezza è una qualità spirituale e non una conformazione esteriore”, mi rispose Sri Yukteswar. “Perciò gli esseri astrali danno poca importanza ai tratti del volto; tuttavia essi hanno il privilegio di potersi rivestire a volontà di corpi nuovi, coloriti, materializzati astralmente. Proprio come gli uomini sulla terra mettono vesti nuove per i giorni di gala, così gli esseri astrali in date occasioni assumono forme particolari.

“Le grandi e gioiose feste sui più alti pianeti astrali come l’Hirnyaloka hanno luogo quando un essere si libera dal mondo astrale mediante il progresso spirituale, ed è perciò pronto per entrare nel cielo del mondo causale. In tali occasioni l’invisibile Padre Celeste e i Santi immersi nel Suo essere, si materializzano in meravigliosi corpi astrali e partecipano alla celebrazione. Per compiacere il Suo amato figlio, il Signore assume qualsiasi forma che sia a questi più cara. Se il devoto Lo ha adorato sotto forma della Madre Divina, egli Lo vede in tale veste. Gesù era attratto soprattutto dall’aspetto paterno dell’Uno Infinito. L’individualità di cui il Creatore ha dotato ognuna delle Sue creature avanza pretese concepibili e inconcepibili alla versatilità del Signore”. Il mio Guru ed io ridemmo insieme, felici.

“Coloro che furono amici in altre vite, facilmente si riconoscono nel mondo astrale”, continuò a dire Sri Yukteswar con la sua bellissima voce flautata. “Rallegrandosi dell’immortalità dell’amicizia, essi realizzano l’indistruttibilità dell’amore, tante volte messa in dubbio al momento delle tristi e ingannevoli separazioni nella vita terrena.

“L’intuizione degli esseri astrali penetra attraverso il velo e osserva le attività umane sulla terra, ma l’uomo non può scorgere il mondo astrale, a meno che il suo sesto senso non sia sviluppato in modo particolare. Migliaia di persone sulla terra hanno intravisto per un attimo un essere astrale o un mondo astrale. (Nota: Sulla terra, talvolta, fanciulli dall’animo puro possono vedere i graziosi corpi astrali delle fate. Le droghe o l’alcool, proibiti da tutte le Scritture, possono così sconvolgere la mente di un uomo da costringerlo a vedere le terribile forme che popolano gli inferni astrali. Fine nota).

“Gli esseri progrediti dell’hiranyaloka rimangono generalmente svegli nell’estasi del nirbikalpa durante i lunghi giorni e le lunghe notti astrali, aiutando a risolvere gli intricati problemi del governo cosmico e adoperandosi perla redenzione dei figliuoli prodighi, le anime legate alla terra. Quando dormono, gli esseri dell’Hiranyaloka hanno a volte esperienze e visioni astrali simili ai sogni.

“Ma gli abitanti di tutte le parti del cosmo astrale sono ancora soggetti alle sofferenze mentali. Le menti sensibili degli esseri superiori, sui pianeti come l’Hiranyaloka, provano un’acutissima pena se vedono compiere errori nella condotta o nella percezione della verità. Questi esseri superiori si sforzano di adeguare ogni loro atto e pensiero alla perfezione della legge spirituale.

“Le comunicazioni fra gli abitanti di tutti i mondi astrali si attuano unicamente mediante la telepatia e la ‘televisione astrale’. Le confusioni e i malintesi causati sulla terra dalla parola, enunciata o scritta, sono sconosciuti nei regni astrali.

Come noi possiamo capire che i personaggi sullo schermo sono immagini prodotte dalla luce, che si muovono e agiscono senza respirare, così si possono concepire gli abitanti dei mondi astrali quali persone la cui essenza è luce, e che camminano e lavorano quali esseri intelligentemente guidati e coordinati, senza che la loro animazione dipenda dall’ossigeno. L’uomo ha bisogno, per il suo sostentamento, dei corpi solidi, liquidi, gassosi e dell’energia vitale dell’aria; ma gli esseri astrali si alimentano principalmente di luce cosmica”.

“Maestro mio, gli esseri astrali mangiano?”.

Mi abbeveravo dei suoi meravigliosi chiarimenti con tutte le mie facoltà: mente, cuore e anima. Le fuggevoli esperienze e le impressioni dei sensi non sono che temporaneamente e relativamente vere, e presto, nel ricordo, perdono ogni sembianza di vita. Ma le percezioni supercoscienti della verità sono perennemente reali e immutabili. Le parole del mio Guru sono impresse così profondamente in me che in qualsiasi momento, entrando nel samadhi, posso chiaramente rivivere la divina esperienza.

“Luminosi ortaggi di natura radiante abbondano nei terreni astrali”, egli mi rispose. “Gli esseri astrali mangiano verdure e bevono un nettare che sgorga da gloriose fontane di luce e da ruscelli e fiumi astrali. Come, sulla terra, immagini visibili possono essere captate dell’etere, rese visibili mediante un apparecchio televisivo e poi di nuovo svanire nello spazio, così gli invisibili modelli astrali di ortaggi, frutta e piante creati da Dio e fluttuanti nell’etere, vengono precipitati sui pianeti astrali dalla volontà dei suoi abitanti. Allo stesso modo, dalle casuali fantasie degli esseri astrali nascono immensi giardini di fiori fragranti, per essere poi restituiti alla loro eterea invisibilità.

“Benché gli abitanti dei pianeti celesti come l’Hiranyaloka, siano pressoché liberi dalla necessità di prender cibo, ancora più libera e incondizionata è l’esistenza degli esseri quasi perfetti del mondo causale, che non si nutrono che della manna dell’estasi.

“L’essere astrale incontra una moltitudine di figli, padri, mogli, mariti e amici avuti durante le varie incarnazioni sulla terra, quando di tanto in tanto, quegli esseri appaiono in varie parti del cosmo astrale. (Nota: Al Signore Buddha un giorno fu chiesto perché un uomo deve amare tutti in egual modo. Il grande Maestro rispose: “Perché negli innumerevoli e vari periodi di vita di un uomo, ogni altro essere, una volta gli è stato caro”. L’Isa Upanishad dà un altro orientamento a questo pensiero: “Colui che vede tutti gli esseri in se stesso, e se stesso in tutti gli esseri, non farà del male a nessuno”. Fine nota). Egli perciò non sa più chi amare in particolare e impara a domare un divino e uguale amore a tutti, quali figli e manifestazioni individualizzate di Dio. Sebbene l’aspetto esteriore di coloro che abbiamo amati possa essere più o meno mutato secondo lo sviluppo di nuove qualità acquisite nell’ultima vita vissuta da ogni singola anima, l’essere astrale fa uso del suo infallibile intuito per riconoscere tutti coloro che gli furon cari su altri piani d’esistenza, e li accoglie nella loro nuova dimora astrale. Poiché nella creazione ogni atomo è munito di inestinguibile individualità, un amico astrale verrà sempre riconosciuto, qualsiasi veste egli indossi, proprio come accade sulla terra ove è possibile riconoscere l’identità di un attore, se lo si osserva attentamente, a dispetto d’ogni travestimento. (Nota: Le otto qualità elementari che si trovano in ogni vita creata, dall’atomo all’uomo, sono: la terra, l’acqua, il fuoco, l’aria, l’etere, il movimento, la mente e l’individualità. [Bhagavad Gita, VII, ]. Fine nota).

“Un individuo rimane sul pianeta astrale per un periodo determinato dal suo karma materiale il quale, dopo un certo tempo prestabilito, inesorabilmente lo attira nuovamente sul piano terrestre. Alcuni individui, dopo la morte fisica, ritornano immediatamente sulla terra, di solito sospinti dal loro forte desiderio. La durata media dell’incarnazione astrale di esseri abbastanza progrediti è dai cinquecento ai mille anni (misurati in termini terrestri). Ma, come le sequoie sopravvivono ad altri alberi per millenni e come alcuni yoghi vivono varie centinaia d’anni, mentre la maggioranza degli individui muore prima dei sessanta, così alcuni esseri astrali eccezionali vivono nella sfera astrale anche fino a duemila anni.

“L’essere astrale non deve combattere penosamente con la morte al momento di separarsi dal suo corpo luminoso; tuttavia alcuni di questi esseri provano un leggero nervosismo al pensiero di perdere la loro forma astrale per assumere quella più sottile nel mondo causale.

“Il mondo astrale è libero da morte non voluta, da malattie e vecchiaia: queste tre minacce sono la maledizione della terra, dove l’uomo ha permesso alla sua coscienza d’identificarsi quasi completamente con un fragile corpo fisico che reclama il costante aiuto d’aria, cibo e sonno per continuare a esistere.

“La morte fisica avviene con la cessazione del respiro e la disintegrazione delle cellule della carne. La morte astrale consiste invece nella dispersione dei vitatroni, le manifeste unità di energia che costituiscono la vita corporea degli esseri astrali. Al momento della morte fisica l’essere perde coscienza della carne e diviene consapevole del suo corpo sottile nel mondo astrale. Poiché a suo tempo sperimenterà anche la morte astrale, l’essere passa così dalla consapevolezza della nascita e della morte astrale a quella della nascita e morte fisica. Questi cicli ricorrenti di rivestimenti astrali e fisici sono l’ineluttabile destino di tutti gli esseri non illuminati. Le definizioni che le Scritture danno del cielo e dell’inferno, a volte agitano nell’uomo ricordi che sorgono da regioni più profonde del subcosciente, della lunga serie di esperienze avute nel felice mondo astrale e nel deludente mondo terreno”. “Maestro amatissimo”, gli chiesi, “volete per favore descrivermi con maggiori particolari la differenza tra la rinascita sulla terra e quella in altre sfere?”.

“L’uomo, quale anima individualizzata, è essenzialmente dotato di un corpo causale”, egli mi spiegò. “Quella forma è una matrice delle trentacinque idee di Dio, ossia di quelle forze- pensiero basilari, o causali, che Egli in seguito divise onde formare il sottile corpo astrale composto di diciannove elementi, e il denso corpo fisico di sedici elementi.

“I diciannove elementi del corpo astrale sono mentali, emotivi e vitatronici. Essi sono: intelligenza, ego, sentimento, mente (coscienza sensoria); cinque strumenti di conoscenza, ossia i duplicati sottili dei sensi (vista, udito, olfatto, gusto e tatto); cinque strumenti d’azione, ossia la controparte mentale delle facoltà esecutive: procreazione, escrezione, favella, deambulazione, esercizio delle capacità manuali; e infine cinque strumenti di forza vitale, che hanno la facoltà di svolgere le funzioni della cristallizzazione, assimilazione, eliminazione, metabolismo e circolazione. Questo sottile involucro astrale di diciannove elementi sopravvive alla morte del corpo fisico, che è costituito da sedici elementi densi, chimici e organici.

“In trentacinque categorie-pensiero del corpo causale, Dio elaborò tutte le complessità dei corrispondenti diciannove elementi astrali e dei sedici elementi fisici nell’uomo. Mediante la condensazione delle forze vibratorie, prima sottili e poi spesse, Egli produsse il corpo astrale dell’uomo e infine la sua forma fisica. In virtù della legge di relatività, per cui la Semplicità Originaria divenne una sconcertante molteplicità, il cosmo e il corpo causali sono diversi dal cosmo e dal corpo astrali; e il cosmo fisico e il corpo fisico sono pure caratteristicamente diversi dalle altre forme della creazione.

“Dio pensò in Se stesso idee diverse e le proiettò in sogni. Nacque così il Sogno Cosmico, abbellito da tutti i colossali e infiniti ornamenti della relatività.

“Il corpo carnale è fatto dei sogni fissati e oggettivati del Creatore. Il dualismo è sempre presente sulla terra: malattia e salute, dolore e gioia, perdite e guadagno. Gli esseri umani trovano limitazione e resistenza nella materia tridimensionale. Quando la brama di vivere dell’uomo è gravemente scossa dalla malattia o da altre cause, sopraggiunge la morte; il pesante rivestimento di carne viene temporaneamente deposto. L’anima però resta racchiusa nei corpi astrale e causale. (nota: ‘corpo’ definisce qualsiasi involucro dell’anima, sia esso spesso o sottile. I tre corpi sono altrettante gabbie per l’uccello del Paradiso. Fine nota). La forza coesiva per cui i tre corpi si mantengono uniti è il desiderio. Il potere dinamico dei desideri inappagati è la radice della schiavitù dell’uomo.

“Le brame fisiche scaturiscono dall’egoismo e dai piaceri dei sensi. La coercizione, o tentazione, che spinge all’esperienza sensoria è più potente della forza del desiderio derivante dagli attaccamenti astrali o dalle percezioni causali.

“I desideri astrali sono accentrati nel godimento in termini di vibrazioni. Gli esseri astrali gioiscono dell’eterea musica delle sfere e sono affascinati dalla vista di tutta la creazione quale inesauribile emanazione di luce cangiante. Così gli esseri astrali odorano, gustano e toccano la luce. I desideri astrali sono connessi al potere degli esseri astrali di partecipare tutti gli oggetti quali forme di luce e di vivere vibranti esperienze nel pensiero o nel sogno. “I desideri causali vengono appagati dalla sola percezione. Gli individui quasi liberi, racchiusi solo nel corpo causale, vedono l’intero universo quale proiezione dei sogni-idea di Dio; tali esseri vivono ogni esperienza solo nel puro pensiero. Essi considerano perciò il godimento delle sensazioni fisiche o delle delizie astrali come grossolano e soffocante per la fine sensibilità dell’anima. Gli esseri causali appagano ed eliminano i loro desideri materializzandoli istantaneamente. (Nota: Così Babaj aiutò Lahiri Mahasaya a liberarsi di un desiderio subconscio di qualche vita passata, di possedere cioè un palazzo, come descritto al Cap. XXXIV. Fine nota). Coloro che sono ricoperti solo del delicato velo del corpo causale, possono render manifesti interi universi, proprio come il Creatore. Poiché ogni Creazione è fatta del materiale di sogno cosmico, l’anima rivestita del lievissimo corpo causale possiede grandi poteri di realizzazione.

“L’anima, essendo per sua natura invisibile, può essere distinta solo per la presenza del suo corpo o dei suoi corpi. Basta la presenza di un corpo per significare che la sua esistenza è resa possibile da desideri inappagati. (Nota: “Egli disse loro : “Dovunque è il corpo, là si raduneranno le aquile”. [Luca, 17, 37]. Dovunque l’anima è racchiusa, sia nel corpo fisico sia in quello astrale o causale, le aquile del desiderio che si precipitano sull’umana debolezza dei sensi o sui legami astrali o causali, si raduneranno per tenere l’anima prigioniera. Fine nota).

“Finché l’anima dell’uomo è racchiusa in uno, due o tre gusci corporei saldamente suggellati dai tappi dell’ignoranza e del desiderio, essa non può fondersi nel mare dello Spirito. quando il grossolano ricettacolo fisico è reciso dalla falce della morte, gli altri due involucri (l’astrale e il casuale) rimangono ad impedire all’anima di ricongiungersi consciamente alla Vita Onnipresente. Quando, attraverso la saggezza, si raggiunge l’annullamento dei desideri, il potere della saggezza disintegra i due involucri restanti. Allora la minuscola anima umana ne emerge finalmente libera, e diviene tutt’uno con l’Incommensurabile Ampiezza”.

Chiesi al mio Guru divino di illuminarmi ancora sull’alto e misterioso mondo causale. “La sfera causale è indescrivibilmente sottile”, egli rispose. “Per comprenderla, si dovrebbero possedere tali tremendi poteri di concentrazione da riuscire a visualizzare, chiudendo gli occhi, il cosmo astrale il cosmo fisico in tutta la loro immensità: il pallone luminoso con il solido paniere, come esistenti solamente in idea. Se, mediante questa sovrumana concentrazione, si riuscisse a convertire o a risolvere in pure idee i due cosmi con tutte le loro complessità, allora l’essere raggiungerebbe il mondo causale e si troverebbe sul limite della fusione tra mente e materia. Qui si percepiscono tutte le cose create: solidi, liquidi, gas, elettricità, energia e tutti gli esseri: divinità, uomini, animali, piante, batteri, quali forme di coscienza, così come un uomo può chiudere gli occhi ed essere conscio di esistere, anche se il suo corpo è invisibile al suo occhio fisico e gli è solamente presente come idea. “Tutto ciò che un essere umano può fare nella fantasia, un essere causale può attuarlo nella realtà. La più grande e fantasiosa intelligenza umana è solo mentalmente capace d andare col pensiero da un estremo all’altro, di balzare di pianeta a pianeta, o di precipitare senza fine in un abisso d’eternità.

“Ma gli esseri del mondo causale hanno una libertà d’azione assai maggiore e possono senza sforzo proiettare i loro pensieri oggettivandoli immediatamente, senza nessun ostacolo materiale o astrale o limitazione karmica.

“Gli esseri causali realizzano che il cosmo fisico non è primariamente costruito di elettroni, né il cosmo astrale è formato basilarmente di vitatroni; entrambi sono in realtà creati da minute particelle del pensiero di Dio, spaccate e divise da maya, la legge di relatività che in apparenza interviene a separare il Fenomeno dal Noumeno, la creazione dal suo Creatore. “Gli esseri del mondo causale si riconoscono fra di loro come particelle individualizzate del gioioso Spirito; le loro cose-pensiero sono i soli oggetti che li circondano. Gli esseri causali vedono che le differenze tra i corpi e i pensieri non sono che idee. Come un uomo, chiudendo gli occhi, può visualizzare un’abbagliante luce bianca o una nebbia di un pallido azzurro, così gli esseri causali possono vedere, sentire, udire, gustare e toccare solo attraverso il pensiero; essi creano tutte le cose, o le dissolvono, col potere della mente cosmica.

“Sia la morte che la rinascita nel mondo causale avvengono nel pensiero. Gli esseri dal corpo causale si nutrono solo dell’ambrosia di una conoscenza eternamente nuova, si dissetano a sorgenti di pace, vagabondano per le terre vergini delle divine percezioni, nuotano nell’oceanica infinità dell’estasi. Oh! vedere i loro luminosi corpi-pensiero elevarsi al di sopra di trilioni di pianeti creati dallo Spirito, fresche bolle di universi, stelle di saggezza, sogni spettrali di nebulose d’oro sul seno celestiale dell’infinito!

“Molti esseri rimangono per migliaia d’anni nel cosmo causale. Attraverso estasi più profonde, l’anima si libera e si ritira allora dal tenue corpo causale per rivestirsi della vastità del cosmo causale. Tutti i singoli turbini d’idee, le separate onde di potere, di amore, volontà, gioia, pace, intuizione, calma, autocontrollo e concentrazione si fondono nell’inesauribile Mare dell’Estasi. L’anima non è più costretta a percepire la sua gioia quale onda individualizzata di coscienza, ma è fusa con l’Oceano Cosmico Unico con tutte le sue onde: riso eterno, brividi, palpiti eterni, la varietà nell’Unità da tanto tempo agognata.

“Quando un’anima è uscita dal bozzolo dei tre involucri corporei, si sottrae per sempre alla legge della relatività e diviene l’ineffabile Sempre Esistente. (Nota: “Chi vince, io lo farò una colonna nel tempio del mio Dio, ed egli non ne uscirà mai più… (cioè: non si reincarnerà più…). A chi vince io darò di seder meco sul mio trono, come anch’io ho vinto e mi son posto a sedere col Padre mio sul suo trono”. [Apocalisse, 3, 12 e 21]. Fine nota). Oh! mira la farfalla dell’Onnipresenza con le ali bordate di stelle, di lune e di soli! L’anima che si è perduta nello Spirito rimane sola nella regione della luce senza luce, nell’ombra senz’ombra, del pensiero senza pensiero, ebbra della sua estasi di gioia nel sogno divino della creazione cosmica”.

“Un’anima libera!”, balbettai con riverente rispetto.

“Quando alla fine l’anima si svincola dai tre recipienti delle illusioni corporee”, continuò il Maestro, “essa diviene tutt’uno con l’Infinito, senza perdere la sua individualità. Il Cristo aveva conquistato questa finale liberazione anche prima di nascere col nome di Gesù. In tre stadi del suo passato, simboleggiati nella sua vita terrena nei tre giorni della sua esperienza di morte e resurrezione, Egli aveva raggiunto pienamente il potere di entrare nello Spirito.

“L’uomo deve passare per innumerevoli incarnazioni terrene, astrali e causali per emergere dai suoi tre corpi. Quando ha finalmente raggiunto la sua libertà finale, egli può scegliere di ritornare sulla terra come profeta per ricondurre a Dio altri esseri umani, oppure, come ho fatto io, di risiedere nel cosmo astrale. Ivi un salvatore prende su di sé parte del peso karmico dei suoi abitanti (Nota: Sri Yukteswar voleva dire che anche nella sua incarnazione terrena egli a volte si era assunto il peso della malattia per alleggerire il karma dei suoi discepoli; così nel mondo astrale la sua missione di salvatore gli permetteva di assumere un certo karma astrale degli abitatori dell’Hiranyaloka e di affrettare in tal modo la loro evoluzione verso il più alto mondo causale. Fine nota), e in tal modo li aiuta a terminare i loro cicli di reincarnazioni nel cosmo astrale e ad avviarsi per sempre verso le sfere causali. Oppure, un’anima liberata può entrare nel mondo causale per aiutare quegli esseri ad abbreviare il loro periodo di permanenza nel corpo causale e giungere così alla Libertà Assoluta”. “Oh! Risorto, voglio sapere ancora di più sul karma che obbliga le anime a ritornare nei tre mondi”. Avrei potuto ascoltare all’infinito il mio onnisciente Maestro. Mai, durante la sua vita terrena, mi era stato concesso di assimilare in una volta sola tanta sua saggezza. Ora per la prima volta, ricevevo una chiara e precisa visione degli enigmatici interspazi sulla scacchiera della vita e della morte.

“Il karma fisico ossia ogni desiderio dell’uomo, deve essere completamente bruciato prima che sia possibile all’anima di risiedere in permanenza nei mondi astrali”, mi spiegò il Guru con la sua voce vibrante. “Due categorie di esseri vivono nelle sfere astrali. Quelli che ancora serbano del karma terreno, e debbono perciò tornare ad abitare un rozzo corpo fisico per riscattare i loro debiti karmici, possono essere classificati, dopo la morte fisica, tra i visitatori temporanei del mondo astrale e non fra i suoi abitatori permanenti. Agli esseri che non hanno riscattato il loro karma terreno non è concesso, dopo la morte astrale, di penetrare nell’alta sfera causale delle idee cosmiche; essi debbono andare e venire solo tra i mondi fisico e astrale, successivamente consci del loro corpo fisico composto di sedici elementi spessi, e del loro corpo astrale di diciannove elementi sottili. Tuttavia un essere terreno inevoluto rimane, dopo ogni perdita del corpo fisico, in massima parte nel profondo stupore del sonno della morte, e difficilmente si accorge delle bellezze della sfera astrale. Dopo il riposo astrale, tale essere ritorna sul piano materiale per ricevere ulteriori insegnamenti e si abitua così solo gradualmente, attraverso ripetuti viaggi, ai mondi della sottile struttura astrale.

I residenti normali, stabiliti colà da molto tempo, sono invece quelli che, liberati per sempre da tutti i desideri materiali, non hanno più necessità di ritornare alle grossolane vibrazioni della terra. Tali esseri non hanno più che da riscattare il loro karma astrale e causale. Al momento della morte astrale essi migrano nel mondo causale, assai più fine e delicato. Alla fine di un dato periodo stabilito dalla legge cosmica, essi, spogliandosi della forma-pensiero del corpo causale, ritornano all’Himalaya o a un altro simile, altissimo pianeta astrale, rinati in un nuovo corpo astrale, per eliminare ciò che ri,ane del loro karma astrale.

“Figlio mio, adesso potrai meglio comprendere ch’io son risorto per decreto divino”, continuò Sri Yukteswar, “soprattutto quale salvatore delle anime che si rincarnano astralmente tornando dalla sfera causale, piuttosto che di quegli esseri astrali che arrivano dalla terra. Questi, se ancora serbano in sé vestigia di karma materiale non si elevano agli altissimi pianeti astrali come l’Hiranyaloka.

“Come la maggior parte degli uomini sulla terra non ha appreso mediante la veggenza acquisita con la meditazione, ad apprezzare le gioie e i vantaggi superiori della vita astrale e perciò al momento della morte desidera ritornare ai limitati e imperfetti piaceri della terra, così molti esseri astrali, durante il normale dissolvimento dei loro corpi astrali, non riescono a figurarsi lo stato avanzato di gioia spirituale di cui si gode nel mondo causale; dimorando nel pensiero della più densa e gaudiosa felicità del paradiso astrale, essi bramano di ritornarvi. Tali esseri devono riscattare un greve karna astrale prima di poter ottenere, dopo la morte astrale, permanente dimora nel mondo-pensiero causale, che solo un velo sottilissimo divide dal Creatore.

“Solo quando un essere non nutre più alcun desiderio di ulteriori esperienze nel cosmo astrale che soddisfa l’occhio, e non può più esser tentato di ritornarvi esso rimane nel mondo causale. Completando ivi l’opera di riscatto del proprio karma causale mediante la distruzione d’ogni germe di desideri passati, l’anima confinata fa saltare l’ultimo tappo d’ignoranza e emergendo dall’ultimo suo recipiente, il corpo causale, si fonde con l’Eterno.

“Comprendi adesso?”. Il Maestro sorrise in modo così incantevole!

“Sì, per grazia vostra. Sono ammutolito dalla gioia e dalla gratitudine”. Ma, né da un canto né da un racconto, avevo ricevuto una conoscenza così ispirante. Sebbene le Scritture indù accennino ai mondi causale e astrale e ai tre corpi dell’uomo, quanto lontane e insignificanti sembravano quelle pagine a paragone con la viva autenticità delle parole del mio maestro risorto! Per lui davvero non esisteva più alcun “paese sconosciuto da cui nessun viaggiatore ritorna” (Nota: Amleto, Atto III, scena I. Fine nota)

“L’interpretazione dei tre corpi dell’uomo si esprime in molte maniere attraverso la sua triplice natura”, disse ancora il mio grande Guru. “Allo stato di veglia, l’uomo è più o meno conscio dei suoi tre veicoli. Quando i suoi sensi sono attivi, intenti a gustare, odorare, toccare, ascoltare o guardare, egli opera soprattutto mediante il suo corpo fisico. Quando esercita l’immaginazione o la volontà agisce principalmente attraverso il corpo astrale. Il suo mezzo causale entra in azione quando l’uomo pensa o si addentra profondamente nell’introspezione o nella meditazione; i cosmici pensieri del genio vengono a colui che è abitualmente in contatto con il corpo causale. In questo senso un individuo può essere classificato a grandi tratti come prevalentemente: ‘uomo materiale, ‘uomo attivo’ o ‘uomo intellettuale’.

“L’uomo si identifica per circa sedici ore al giorno con il suo mezzo fisico, Poi dorme; se sogna, rimane nel corpo astrale creando senza sforzo qualsiasi oggetto, come fanno gli esseri astrali. Se il sonno dell’uomo è profondo e senza sogni, egli può trasferire per varie ore la sua coscienza, o senso dell’Io, al corpo causale; un tale sonno è corroborante. Chi sogna è in contatto col proprio corpo astrale e non col corpo causale; il sonno non lo riposa completamente.”

Mentre Sri Yukteswar diceva queste cose, lo osservavo con amore.

“Angelico Guru”, dissi, “il vostro corpo sembra identico a quello sul quale piansi nell’eremitaggio di Puri”.

“Oh sì! Il mio corpo è una copia perfetta dell’antico. Materializzo o dissolvo questa forma a volontà, assai più spesso di quanto facessi quand’ero sulla terra. Con istantanea disintegrazione adesso mi sposto per luce-espresso da un pianeta all’altro, o per meglio dire dal cosmo causale a quello astrale o a quello fisico”. Il mio divino Guru sorrise: “Benché in questi giorni tu corressi continuamente in giro, non ho avuto difficoltà a trovarti a Bombay!”. “Oh! Maestro! Soffrivo tanto per la vostra morte!”.

“Ah sono morto? Non ti pare che ci sia una contraddizione?”.

Gli occhi di Sri Yukteswar brillavano amorevoli e divertiti.

“Tu sognavi soltanto, sulla terra; su questa terra-di-sogno vedevi il mio corpo-di-sogno”, continuò. “Più tardi hai sepolto quell’immagine sognata. Adesso il corpo-di-sogno più sottile che tu vedi – e che ancora stringi un po’ troppo! – è risorto in un altro più sottile pianeta- sogno di Dio. Un giorno questo più sottile pianeta sognato e questo corpo sognato scompariranno; essi non sono eterni. Tutte le chimere sognate devono infrangersi al tocco finale del risveglio. Figlio mio Yogananda, impara a distinguere i sogni dalla Realtà”. Queste vedantiche idee mi colpirono di meraviglia. (Nota: La vita e la morte come mere relatività di pensiero. Il Vedanta dice che Dio è l’unica realtà; tutta la creazione, cioè ogni esistenza separata, è maya o illusione. Questa filosofia del monismo ricevette la sua più alta espressione nei commenti di Sri Shankaracharya alle antiche Upanisthad (riassunti dei Veda. Fine nota). Mi vergognai di aver compianto il maestro vedendo a Puri il suo corpo senza vita. Compresi alla fine che il mio Guru era sempre stato perfettamente desto in Dio, poiché aveva percepito la sua vita e morte terrena e la sua attuale resurrezione, come null’altro che relatività delle idee divine nel sogno cosmico.

“Adesso ti ho detto, Yogananda, le verità della mia vita, morte e resurrezione. Non piangermi ma piuttosto divulga in ogni luogo la storia della mia resurrezione dal mondo terreno, sognato da Dio, in un altro pianeta, anch’esso sogno di Dio, abitato dalle anime astrali. Una nuova speranza si infonderà nei sognatori del mondo, folli d’infelicità e di paura della morte!”. “Si, Maestro!”. Con quale gioia avrei condiviso con gli altri il mio giubilo per la resurrezione!

“Sulla terra le mie esigenze erano troppo elevate per esser comode; erano inadatte alla natura della maggioranza degli uomini. Spesso ti ho redarguito più di quello che avrei dovuto. Hai superato la prova che ti imposi; il tuo amore risplendeva attraverso le nubi di qualsiasi rimprovero”. E aggiunse con tenerezza: “Sono venuto anche per dirti questo: mai più avrò il severo cipiglio della critica. Non ti sgriderò mai più.”

Quanto mi erano mancati i rimproveri del mio grande Guru! Ognuno di essi era stato per me un angelo custode che mi proteggeva!

“Carissimo Maestro! Rimproveratemi ancora un milione di volte! Sgridatemi anche adesso!”. “Non brontolerò più”. La sua voce divina era grave, eppure vi echeggiava un riso trattenuto. “Tu ed io sorrideremo insieme fintanto che le nostre due forme appariranno diverse nel magico sogno di Dio. Alla fine ci fonderemo come una cosa sola nell’Amato Cosmico; i nostri sorrisi saranno il Suo sorriso; il nostro unico canto di gioia vibrerà attraverso l’eternità per essere trasmesso alle anime che sono in armonia col Signore!

Sri Yukteswar mi illuminò su alcuni argomenti che non posso qui rivelare. Durante le due ore trascorse con me nella camera d’albergo di Bombay, rispose a ogni mia domanda. Molte profezie sul mondo, dette da lui in quella giornata di giugno del 1936, si sono già avverate. “Adesso ti lascio mio amatissimo!”. A queste parole sentii il Maestro dissolversi entro le mie braccia che ancora lo cingevano.

“Figlio mio”, la sua voce risuonò vibrante nel firmamento interiore dell’anima mia: “Ogni volta che varcherai la soglia del nirbikalpa samadhi e mi chiamerai, verrò a te in carne e ossa come oggi!”.

Con questa celestiale promessa Sri Yukteswar svanì dal mio sguardo. Una voce che sembrava provenire da una nube ripeteva musicalmente: “Dillo a tutti! Chiunque conosce, attraverso la realizzazione del nirbikalpa, che la terra è un sogno di Dio, può raggiungere il più fine pianeta dell’Hiranyaloka, anch’esso creato dal sogno, e là mi troverà risorto in un corpo esattamente uguale a quello che avevo sulla terra. Yogananda, dillo a tutti!”.

Non vi era più lo schianto del distacco. Il dolore per la sua morte, che a lungo aveva minato la mia pace, s’era dileguato in profonda vergogna. La beatitudine sgorgava in me come una fonte da infiniti poi riaperti dell’anima. Nell’erompente flutto dell’estasi i pori dell’anima, già ostruiti dal lungo disuso, ora si riaprivano in purezza. Le mie passate incarnazioni apparirono al mio sguardo interiore in sequenze simili a immagini cinematografiche. Il karma buono e cattivo appartenente a quelle figure di sogno era stato dissolto nella luce cosmica riversatasi su di me durante la visita divina del Maestro.

In questo capitolo della mia autobiografia ho ubbidito al comando del mio Guru di divulgare la lieta novella, anche se potrà sconcertare una volta di più una generazione indolente. L’uomo sa bene come grufolare nella terra: raramente ignora la disperazione; eppure queste sono cose perverse e non fanno parte della vera eredità umana. Il giorno che veramente lo vuole, l’uomo viene posto sul sentiero della liberazione. Tropo a lungo egli ha prestato orecchio al cupo pessimismo di coloro che gli ripetevano: “sei polvere”, senza curarsi dell’anima invincibile. Non fui il solo ad avere il privilegio di vedere il Guru risorto. Una chela di Sri Yukteswar era una donna anziana, conosciuta affettuosamente col nome di Ma (Madre). La sua casa era vicina all’eremitaggio di Puri. Spesso, durante la sua passeggiata mattutina, il Maestro si fermava per scambiare con lei qualche parola. La sera del 16 marzo 1936 Ma giunse all’eremitaggio e chiese di vedere il Guru.

“Ma il Maestro è morto una settimana fa!” le rispose Swami Sebananda che ora dirige l’eremitaggio di Puri, guardandola tristemente.

“Non è possibile!” protestò ella sorridendo. “Forse volete proteggere il Guru dai molesti visitatori?”.

“No”. Sebananda le raccontò i particolari della sepoltura. “Vieni”, le disse, “ti condurrò nel giardino davanti alla casa per mostrarti la tomba di Sri Yukteswar”.

Ma scrollò il capo: “Non vi è tomba per lui! Questa mattina alle dieci è passato dinanzi alla mia porta come al solito durante la sua passeggiata. Ho parlato con lui per vari minuti all’aperto sotto il sole: – Vieni stasera all’ashram – mi ha detto.

“Eccomi qua! Benedizioni piovono su questo mio vecchio capo grigio! Il Guru immortale ha voluto farmi comprendere in quale corpo trascendente egli mi ha visitata stamane!”. Sebananda sconvolto, s’inginocchiò dinanzi a lei.

“Ma”, le disse, “quale enorme peso di dolore togli dal mio cuore! Egli è risorto!”.

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