Il Mandala

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Il Mandala

di Renzo Rossin

“Le origini”

Il simbolo del cerchio è antichissimo, come attestano i graffiti
rupestri dell’Africa, dell’Europa e del Nord America, dove compare
insieme al motivo della spirale. Ma è nella nostra storia biologica e
appartenenza cosmica che vanno individuate le radici può profonde
dell’importanza che gli uomini di tutti i tempi attribuiscono al
mandala, che significa cerchio ed anche centro, o cerchio magico ecc.

I nostri antenati svolgevano tutte le loro attività secondo i cicli
naturali, alla luce del sole di giorno o raccolti in cer­chio di notte
intorno ad un fuoco, la cui luminosità e calore evocavano quelli del
sole. In effetti, il culto del dio Sole e quello del Fuoco (figlio e
supplente del padre celeste presso gli uomini) sono generalmente
congiunti.

Il mandala fissa e stabilizza analogicamente e magicamen­te, nello
spazio-tempo rituale governato dall’uomo, le forze naturali e cosmiche
governate dagli dei.

Il motivo stabilizzante del quadrato e il ritmo quaternario – forme
che si combinano con quella circolare dominante – derivano a loro
volta dalla rassicurante regolarità dei cicli della luce, vissuti
nella specularità analogica e reciproca uomo/sole e nei conseguenti
rispecchiamenti terra/cielo, direzioni/punti cardinali, che ritroviamo
congiunti nell’orien­tamento del rituale mandalico e nell’architettura
sacra. Lo yantra viene talvolta erroneamente confuso con il mandala,
di cui è forse la forma più elementare e arcaica, ma presenta delle
precise differenze: ha una cornice quadrata, con quattro proiezioni a
T, è costituito solo di figure geome­triche e rappresenta una
particolare divinità o forza cosmi­ca. Il mandala invece ha una
cornice circolare con o senza lettere sanscrite, comprende figure,
luoghi, oggetti simbolici complessi, e rappresenta l’universo fisico e
psichico

Nelle tradizioni di vari popoli, i mandala potevano essere usati nelle
cerimonie di propiziazione delle forze della na­tura, per
l’agricoltura o la caccia, e potevano avere un valore curativo, essere
di aiuto per la guerra, la pace, il raccolto e altro.
Fondamentalmente, il mandala come tramite sacro è un mezzo di
comunicazione, di insegnamento, di meditazione e integrazione
dell’uomo nella Natura e nel Tutto.

Il rito del mandala costituisce in Oriente un rigoroso e potente
itinerario meditativo e presenta già originariamente la funzione
religiosa di delimitare ritualmente uno spazio, che viene così
sacralizzato, assicurando al suo interno la presenza dell’energia
numinosa.

In Tibet questo percorso connette il praticante al piano divino,
chiamato a proteggerlo da influenze nefaste e de­moniache. Durante
l’iniziazione, egli impara a visualizzare il mandala consacrato e a
ricostruirlo progressivamente dentro di sé, per realizzare una
teofania interiore libera­trice. (1)

– L’approccio psicologico –

Nella struttura del mandala il centro rappresenta la sorgente della
potenza del Creatore e il rito mandalico costituisce l’iti­nerario per
raggiungerlo. Lungo questo percorso, gli aspetti frammentari
dell’identità si ricompongono, raggiungendo una perfetta sintesi
nell’identificazione del meditante con il proprio nucleo divino, il Sé
transpersonale, sorgente della pienezza di senso e della trascendenza.

Nel nostro tempo, la sensazione di perdita del centro e di smarrimento
spirituale derivano da molti fattori, fra i quali la velocità e
complessità dei processi tecnico-scientifici e socio-economici, e la
difficoltà di governarli secondo criteri di sviluppo sostenibile.

Anche per molte persone a cui non manca la stabilità sociale ed
economica, cresce il bisogno di sicurezza interiore, di una base
d’appoggio psicologica più consistente e di trovare, “o ritrovare”, un
centro di riferimento.

C. G. Jung, cui è dovuta l’introduzione del mandala nella psi­cologia
occidentale, sperimentò innanzitutto su di sé l’effica­cia del cerchio
magico. Per lui il mandala è uno dei simboli dell’integrazione
dell’inconscio collettivo, rappresentando la monade individuale, che
corrisponde alla natura microco­smica dell’anima, al Sé, il centro
della personalità.

Dopo aver fatto riferimento all’utilizzo di questo mezzo per la
meditazione profonda, Jung scrive:“ si ritiene che la con­templazione
di un mandala ispiri la serenità, il sentimento che la vita ha
ritrovato senso e ordine. Il mandala produce lo stesso effetto quando
appare spontaneamente nei sogni dell’uomo moderno, che ignora queste
tradizioni religiose. Le forme rotonde del mandala sono il simbolo in
generale dell’integrità naturale, mentre la forma quadrata rappresenta
la presa di coscienza di tale integrità. Nel sogno il disco quadrato e
la tavola rotonda si incontrano, annunziando un’imminente presa di
coscienza del centro”.(2)

Altrove egli aggiunge che si potrebbe pensare a questo punto centrale
all’interno dell’anima come a qualcosa “al quale tutto sia correlato,
dal quale tutto sia ordinato, e il quale sia al tempo stesso fonte di
energia. L’energia del punto centrale si manifesta in una coazione
pressoché irresistibile, in un impulso a divenire ciò che si è: così
come ogni organismo è costretto, quali che siano le circostanze, ad
assumere la forma caratteristica della propria natura. Questo centro
non è pensato né sentito come Io ma, se così si può dire, come Sé”,
(3)

Jung paragona la psiche ad una sfera, il cui nucleo (Sé) è
contemporaneamente centro e totalità (B) della sfera stessa.

Il nucleolo bianco rappresenta l’Io, all’interno del campo della
coscienza, simboleggiata dell’ovoide A.

– Uso terapeutico –

Mentre il mandala tradizionale meglio conosciuto in Occidente,
contiene unicamente simboli della cultura spirituale indo-buddista e
segue un rituale rigorosamente canonico, quelli spontanei creati in un
ambito educativo o curativo, solitamente non rappresentano che le
condizioni interiori soggettive dei loro autori al momento
dell’esecu­zione, con immagini che affiorano dal profondo in funzione
riequilibratrice.

L’impulso che orienta il nascituro, attraverso la ricapitola­zione
filogenetica, ad emergere come bambino è lo stesso che orienta il
bambino alla coscienza di sé, e che induce l’adulto a fermarsi e
“ri-comporsi” intorno al proprio centro/ Sé. Questo processo di
frammentazione centrifuga e rein­tegrazione centripeta è più evidente
nell’attraversamento di una crisi che abbia intaccato la percezione di
Sé e del senso della propria vita.

Analizzando cicli di mandala creati da persone che abbiano espresso
liberamente il loro sentire, si può constatare come essi rivelino le
dinamiche delle vie al Sé, fungendo insieme da contenitori e specchi
della tensione psichica all’indivi­duazione, alla pienezza della vita
individuale,

Il centro/Sé mandalico è infatti matrice di schemi, direzioni e
significato, ed è insieme sorgente e meta del senso del­l’identità.
Perciò lavorare con queste figure geometriche può giovare al benessere
di persone di tutte le età, dai bambini irrequieti agli anziani
malinconici; mentre in ambito tera­peutico si è dimostrato
particolarmente utile in certe forme di nevrosi ed anche di psicosi.

Lo psichiatra statunitense R. Turner che, dopo una forma­zione
all’Istituto Jung di Zurigo, ha avuto un’ulteriore forma­zione in
psicosintesi, segnala le controindicazioni nell’uso del mandala in
casi di eccitazione maniacale, quando dei soggetti già troppo
sovrastimolati non potrebbero sostenere anche il lavoro con un disegno
impegnativo. Turner raccomanda invece il lavoro con i mandala
soprattutto in quattro tipi di situazioni critiche:

1) Perdite particolarmente gravi;

2) Profondi cambiamenti dei passaggi di età;

3) Malattie che minacciano la vita;

4) Emergenze spirituali. (4)

Nelle situazioni in cui non bastano le parole per favorire il processo
di trasformazione, l’espressione non-verbale del mandala può
facilitare sensibilmente lo scioglimento di blocchi dovuti al
sovraccarico emozionale di un lutto, può consolare durante
l’attraversamento di quella “terra di nessuno” dove non si trovano
parole, raccogliendo e rior­ganizzando entro una strut­tura armonica
un complesso intrico di emozioni, pulsioni, sentimenti e pensieri
dell’essere umano, confrontato con la propria limitatezza e
mortalità.

Ogni volta che l’intensità di un’esperienza rompe i con­fini
consolidati della vita individuale, il mandala può contenere e
rispecchiare la condizione in cui versa il soggetto e costituire
l’inizio del suo processo di grounding, un’esperienza di an­coraggio
e ri-orientamento verso un superiore livello di integrazione.

Anche se in merito non vi è accordo fra gli arte-tera­peuti, in un
setting clinico è legittimo chiedersi quale sia il significato di un
mandala, nello stesso modo in cui si cerca il significato di un al­tro
prodotto dell’inconscio, quale è il sogno. Ma occorre farlo con molto
rispetto, per restituire al suo autore degli spunti utili per la
comprensione di sé, e per agevolarne il processo di cambiamento.

Il miglior modo per imparare a farlo, consiste nello sviluppare una
sensibilità personale per il modo in cui questo processo avviene
dentro se stessi: per esempio, incominciando con l’appendere i mandala
realizzati, in modo che siano facil­mente visibili e ripetutamente
esplorabili. Per la loro funzio­ne contenitiva e sintetica, essi
possono essere facilmente utilizzati anche in alcuni seminari di
gruppo. (5)

– Per la crescita personale e l’educazione –

Le parole yoga, tao, religione evocano in vario modo l’aspi­razione
dell’uomo alla sintesi, al ricongiungimento fra le parti divise,
spesso frammentate e conflittuali, della totalità. Il mandala è uno
degli strumenti tradizionali più universal­mente diffusi per questa
finalità.

Assagioli non si è occupato di mandala, ma ha scritto alcune pagine
fondamentali sull’armonizzazione, la sintesi e sulle tecniche per
conseguirle. Egli parte dal presupposto platonico che l’unità esiste
prima della separazione delle parti, che sono opposte tra loro ma non
si contrappongono all’unità. L’armonizzazione della personalità –
compito cen­trale della psicosintesi – è conseguibile dunque
attraverso lo sviluppo delle parti carenti e il loro equilibramento
dinamico con le altre.

Ogni processo di armonizzazione teso alla sintesi tende ad una vetta
di superiore armonia, come nell’esercizio psicosin­tetico dell’Ascesa,
in cui la cima della montagna è l’omologo del centro del mandala –
figura a cui peraltro può rimandare anche l’immagine satellitare della
montagna.

La psicosintesi, i cui diagrammi più noti – l’Ovoide e la Stella –
presentano già di per sé stessi delle caratteristiche mandaliche,
dispone di varie tecniche che hanno tratti ana­loghi: basti pensare
all’esercizio della Rosa che sboccia. Ma si possono utilizzare
efficacemente anche la visualizzazione, il disegno e la creazione di
altre strutture mandaliche, per mettere in luce, organizzare e
integrare progressivamente energie, tendenze e potenzialità latenti.

In varie situazioni critiche, le pratiche con il mandala possono
agevolare sensibilmente il transito verso un stato di superiore
consapevolezza e permettere l’esperienza di quell’Io più grande che
Assagioli descrive come “stabile, immutabile in mezzo all’agitarsi
delle onde del divenire a tutti gli altri livelli”. (6)

Il bisogno psicofisico e spirituale di ricentrarsi e ri-allinare le
proprie forze e finalità consce con quelle del Sé super-cosciente, è
costante e ciclicamente più intenso, tanto che il concetto di identità
– inteso come insieme coerente di comportamenti, credenze e valori –
potrebbe essere ridefi­nito “centricità”.

Fra i giochi preferiti dai bambini c’é l’annidamento, talvol­ta una
nidificazione in piena regola, con cui ricavano delle forme
contenitive tondeggianti, dove sentirsi accolti come in un nido. In
gruppo, essi dispongono tradizionalmente di canti e di giochi, come
quello con la palla, la trottola, il caleidoscopio, il girotondo e
altri, in cui ricorrono suoni, movimenti e figure evidentemente o
tendenzialmente circolari.

E’ molto interessante notare inoltre che, per appropriarsi delle
abilità grafiche, tutti i bambini dai tre ai quattro anni, disegnano
spontaneamente delle forme mandaliche che richiamano quelle dei
graffiti rupestri dell’infanzia dell’uma­nità: i dischi lunare e
solare, croci, uomini-cellula su esili gambette (cefalopodi),
scribilli ecc. (7)

Il motivo del cerchio elaborato nei mandala e evoca ed appaga
simbolicamente un bisogno archetipico di ordine e armonia gravemente
frustrato nella società contempo­ranea, tanto che la psicologia del
benessere in Europa da un ventennio propone il mandala come mezzo
educativo e preventivo, mentre si affaccia una neuro-pedagogia del
mandala che valorizza l’antico cerchio magico come rac­cordo fra
pedagogia e neuroscienze, oltre che come mezzo di riarmonizzazione
cerebrale. (8)

E’ noto che bambini ansiosi, agitati, dispersivi, incapaci di
concentrarsi e di ritrovare la calma, costituiscono uno dei principali
motivi di frustrazione per gli adulti, tanto che ne­gli Usa otto
milioni di bambini assumerebbero psicofarmaci, mentre in Italia alcune
centinaia di miglia sarebbero stati diagnosticati come aventi dei
problemi psichiatrici.

Un sistema educativo più attento a bisogni profondi del­l’essere umano
e impegnato innanzitutto nella prevenzio­ne, avrebbe oggi a
disposizione innumerevoli ed efficaci strumenti di lavoro, fra cui i
mandala, il cui uso in classe e in famiglia promuove un’atmosfera di
grande e piacevole impegno, favorendo la concentrazione e la stabilità
emoti­va. M. Smithwhite ha notato peraltro che i bambini fanno
spontaneamente dei disegni mandalici, quando giungono al termine degli
esercizi di meditazione da lei condotti, e ne ha raccolti diversi in
una preziosa antologia illustrata. (9)

Il mercato – molto più sensibile della scuola all’emergere di nuovi
bisogni – mette oggi a disposizione dei mandala in funzione
ludico/creativa, come scatole per disegnare e colorare figure con
motivi classici, romantici, con animali ecc. Più che di un’indulgenza
alle mode, in questo caso ci sembra si tratti di un sintomo del
profondo bisogno di ri-orientamento e centratura individuale e
collettiva della nostra società, a partire dai bambini.

I manuali in commercio – rivolti prevalentemente alla cre­scita
personale – consigliano di predisporre un ambiente tranquillo, dove
lavorare meditativamente e dove tutto ciò che occorre sia a portata di
mano, mettendo in secondo piano quelle finalità estetiche che
potrebbero pregiudicare la spontaneità espressiva. Consigliano anche
di iniziare con un breve rilassamento e poi scegliere colori, forme,
materiali e altro con cui esprimersi nella massima libertà. Al
termine, appendere il mandala bene in vista, in modo che continui a
“lavorare” per il suo autore, anche quando questi non ne comprenda il
significato psicologico.

__________________

BIBLIOGRAFIA

1) G. Tucci, Teoria e pratica del mandala, Ubaldini, Roma 1969

2) C. G. Jung, Simbolismo del mandala e Che cosa sono i mandala, in
“Opere”, vol.nono, tomo primo: “Gli Archetipi dell’ Inconscio
collettivo”, Boringhieri, Torino 1980

3) Jung parla del mandala in una decina di altri scritti, oltre a
quelli già indicati: Studi sull’alchimia; Gli archetipi e l’inconscio
collettivo; Aion: ricerche sul simbolismo del sé; Mysterium
coniunctionis ecc., in “Opere”, op. cit.

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