17 aprile 2019
Gli effetti antidepressivi di questa molecola sono legati alla sua capacità di ripristinare una
serie di collegamenti attraverso le cosiddette spine dendritiche fra neuroni della corteccia
prefrontale. La scoperta aiuterà a sviluppare nuovi approcci per il trattamento delle forme
depressive resistenti agli attuali farmaci
da lescienze.it/mente-e-cervello
Lazione antidepressiva esercitata dalla ketamina a opportuni dosaggi sarebbe legata alla capacità
della sostanza di ripristinare la capacità dei neuroni di produrre spine dendritiche precedentemente
perse. Le spine dendritiche sono piccole protuberanze sui dendriti, le ramificazioni dei neuroni
destinate a ricevere i segnali dagli altri neuroni con cui sono in contatto. Lo studio, effettuato
da ricercatori della Weill Cornell Medicine a New York e pubblicato su Science, aiuterà a
sviluppare nuove strategie terapeutiche per i pazienti affetti da depressione resistente ai farmaci.
I trattamenti farmacologici contro la depressione oggi disponibili hanno un tempo di latenza
elevato; fra linizio della terapia e il momenti in cui si manifesta un primo alleviamento dei
sintomi passano dalle due alle tre settimane, un periodo che può essere particolarmente critico.
Inoltre, quasi il 30 per cento dei pazienti con depressione risulta resistente ai trattamenti
farmacologici.
Fra le sostanze attualmente allo studio per combattere questo disturbo e in particolare le forme
resistenti, quella che ha maggiori probabilità di diventare disponibile in tempi relativamente brevi
è la ketamina.
La ketamina è una sostanza inizialmente introdotta come anestetico, soprattutto in ambito
veterinario e pediatrico, di cui una decina di anni fa sono stati rilevati, a dosaggi più bassi,
effetti antidepressivi. Nel marzo scorso, addirittura, la statunitense Food and Drug Administration
ha approvato uno spray nasale a base di ketamina per il trattamento della depressione resistente.
Il meccanismo dazione di questa molecola che ha il pregio di unazione antidepressiva quasi
immediata, ma con una durata delleffetto piuttosto ridotta è tuttavia in larga parte ancora
sconosciuto. Quello che era noto in merito alla sua azione antidepressiva è il coinvolgimento di un
neurotrasmettitore eccitatorio (che stimola cioè lattivazione dei neuroni): il glutammato.
Ora Rachel N. Moda-Sava e colleghi hanno fatto un passo in avanti nella comprensione del meccanismo
scoprendo che il comportamento depressivo indotto nei topi attraverso la somministrazione di
cortisone era associato alla perdita di spine dendritiche sui neuroni nella corteccia prefrontale.
La successiva somministrazione di ketamina ha poi permesso di osservare il ripristino, almeno
parziale, delle spine dendritiche precedentemente scomparse e un buon alleviamento dei comportamenti
depressivi. La scoperta è stata possibile grazie alluso di sofisticate tecniche di osservazione
microscopica in vivo dei neuroni della corteccia prefrontale.
Ora i ricercatori proseguiranno il loro studio per cercare di scoprire i processi molecolari
coinvolti in questa azione, nella speranza di trovare il modo di allungare il periodo durante il
quale la ketamina esercita i propri effetti positivi.
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