IL METODO TOMATIS E LA DISLESSIA
a cura di Monica Corsi
Negli anni ’50 il Prof. A. Tomatis ha indirizzato molti dei suoi studi e delle sue ricerche sulle
cause della dislessia e ha focalizzato la sua attenzione sul fatto che la mancata padronanza del
linguaggio scritto sia conseguenza di una difficoltà di comunicazione insorta in uno stadio
maturativo assai precoce. In altre parole, la dislessia avrebbe origine da un mancato sviluppo delle
relazioni affettive del bambino, prima con la madre e più tardi con il mondo che lo circonda. In
tale contesto il linguaggio non viene più considerato soltanto come un sistema linguistico o come
un’acquisizione di un vocabolario in termini di semantica, ma prima di tutto e soprattutto come
bisogno di comunicazione che il bambino molto piccolo sperimenta nella sua relazione di dipendenza
dalla madre. In questa prospettiva, il bisogno di comunicare è qualcosa che investe non solo i
meccanismi dell’emissione della parola ma l’organismo nella sua totalità.
La mancata acquisizione della capacità di linguaggio quindi deve essere considerata come un difetto
di organizzazione della personalità e cioè ad un livello molto profondo (viscerale).
La dislessia in realtà rappresenta il disturbo del processo di comunicazione che si esprime
attraverso il linguaggio. Può colpire i soggetti a diversi livelli. Alcuni rimangono bloccati al
primissimo stadio, quello di decifrazione delle lettere; altri a quello della riunificazione delle
lettere in parole oppure nel fluire delle parole in una frase; altri più semplicemente non hanno
alcun desiderio o abilità a leggere, perdendo così, assieme alla gioia della lettura la ricchezza
dei contenuti istruttivi o di svago.
Il dislessico è un individuo che non ha danni organici a livello cerebrale ma che ha un sistema
nervoso centrale non funzionalmente integrato; egli infatti, manca parzialmente o totalmente di
intenzionalità, di pensiero, della riflessione che precede l’azione, di self-control e
dell’approccio simbolico alla realtà.
Il linguaggio, prima di essere veicolo di comunicazione concettuale e simbolica, è espressione del
proprio benessere, è una specie di canto, è vocalizzazione. Infatti il bambino scopre la sua
esistenza scoprendo i suoni che egli stesso emette e ripetendoli continuamente; canta, produce dei
suoni e gioisce nell’ascoltare se stesso. Il linguaggio è basato sul principio reale che l’uomo in
tenerissima età scopre di essere padrone del suo strumento-corpo, che può usare l’aria che respira
per fini diversi dalla sola sopravvivenza immediata e biologica. Egli può darle forma e disporre di
essa. Il linguaggio trae origine quindi dalla scoperta di sé e dalla sicurezza nella propria abilità
di usare il proprio corpo.
I dislessici sono bambini che non hanno potuto raggiungere questa abilità, che non sanno usare il
proprio strumento-corpo, essi non sanno “ascoltare”. Dal momento che non ascoltano non sanno
distinguere fonemi e parole. Il linguaggio e la parola non hanno pertanto alcun significato per
loro. In questi bambini si è visto che fra le due orecchie viene privilegiata la sinistra rispetto
alla destra. Ed è a questo punto importante ricordare, considerando in tal modo la dislessia, le
difficoltà di lettura sono primariamente dovute alla mancata che l’orecchio destro porta gli stimoli
che riceve all’emisfero sinistro, dove è posto il centro del linguaggio; l’orecchio sinistro invece,
è collegato all’emisfero destro che è conosciuto come l’emisfero della sensibilità più profonda.
E’ anche di questa importante realtà neuropsicologica che il Prof. Tomatis ha tenuto conto nello
sviluppo della sua metodica:l’Audio-Psico-Fonologia. Cercherò ora di riassumere brevemente e
schematicamente gli aspetti principali di questa metodica rieducativa spesso utilizzata con i
bambini dislessici: essa è costituita da tre fasi.
Il primo è lo stadio prelinguistico. Per intenderci sul significato di tale stadio potremmo dire che
i bambini con un blocco a questo livello sono quelli che non comunicano. Non hanno potuto collegare
il suono della voce umana (della madre) con il loro sentirsi (feeling.). Per tale motivo qui
utilizziamo la voce della madre “filtrata” per riportarli in un certo modo al loro modo di ascolto
primordiale.
Il secondo stadio del trattamento concerne l’articolazione. Ci riferiamo qui ai bambini che non
sanno articolare, non sanno esprimersi, il cui modo di parlare è infantile: bambini che sono
dipendenti e non vogliono crescere. In questi casi la lateralizzazione dell’orecchio (che si può
acquisire grazie all’Orecchio Elettronico) e gli esercizi di articolazione cominciano a riflettersi
nella affermazione di sè (che talvolta appare in forma negativa) ed anche in schemi motori di
maggiore destrezza nelle abilità manuali.
Vi è infine il terzo stadio nel quale il massimo impegno viene rivolto a formare una migliore
espressione e più adeguata direzionalità nella comunicazione. Il bambino parla a voce più alta e si
rivolge agli altri piuttosto che mormorare fra sè. Mentre parla meglio egli si ascolta meglio. La
sicurezza di sé aumenta e diviene manifesta nelle relazioni interpersonali, come pure nelle forme
scritte del linguaggio e nei disegni.
In breve l’Audio-Psico-Fonologia ci fornisce la prova più convincente che la lateralizzazione è
della massima importanza nell’apprendimento della parola, della lettura e della scrittura. E’
l’udito che sta alla base dell’acquisizione del linguaggio, è l’ascoltare con l’orecchio destro che
è decisivo per il miglior rendimento in tutte le forme di linguaggio.
In altre parole, stimolando l’orecchio noi risvegliamo al mondo esterno l’intero organismo. Educando
e rieducando l’orecchio destro stimoliamo i centri del linguaggio e favoriamo la differenziazione
corticale.
Attraverso il programma audio-psico-fonologico rendiamo l’individuo partecipe attivo della sua
stessa educazione, lo aiutiamo a ritrovare la fiducia in sè stesso poichè, nel momento in cui egli
percepisce suoni a cui era rimasto sordo, comincia a dare loro una risposta, e questo gli dà la
sensazione di essere vivo e attivo.
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