Il mistero della Trinità (dal punto di vista esoterico)
Le Chiavi Mistiche dello Yoga
di Guido Da Todi
Capitolo 43:
– IL MISTERO DELLA TRINITÀ (dal punto di vista esoterico)
È sicuramente un dato di fatto l’incredibile natura prolifica che l’uomo ha mostrato, nelle sue immaginazioni primordiali, quando si è sforzato di rabberciare e di dare toni e significati diversi a delle verità di grande semplicità soggettiva; anche se – a prima vista – complesse da affrontare.
È il caso del concetto della trinità, quale appare in ogni religione storica e presente.
L’uomo fatica a comprendere che la rappresentazione mentale di monismo non contempla l’idea di un dio creatore; bensì, di un Demiurgo successivo; ovvero, di un Logos, che sintetizza in sè – sovente – incalcolabili evoluzioni cicliche, e rappresenta non già un iniziatore della Forma e della Sostanza, bensì un gestore della Legge, in esse.
Sia i Veda, che la Gnosi Metafisica più illuminata, non parlano mai di quel dio, responsabile – nelle religioni popolari – del tutto.
È la Legge, è il movimento innato delle primordialità a manifestarsi dai caos originari, ed a figliare, in effetti, il dio e l’uomo.
Una divinità che fosse contenuta nel tutto da essa stessa creato non viene contemplata dalla
Tradizione Spirituale.
In effetti, la Dottrina Segreta non è atea, nel senso che si vuole dare a questo termine.
Essa accetta lo Spazio Originario e impossibile a comprendersi da mente umana – perchè senza limiti e principio – quale fonte e matrice delle cose. E lo vede come Materia Primordiale Ingenerata, in eterno movimento: Mulaprakriti.
È in questo spazio che fiorisce l’evoluzione, tendendo a privi di qualunque confine, nell’eternità della sua natura.
È facile immaginare, quindi, nello seguire le rivelazioni tradizionali dei Veda – ad esempio – quanto sia consequenziale che il risultato della nostra timida analisi di un qualunque aspetto molto più avanzato di quello umano – di un qualunque cosmico -, possa identificarsi nel Logos: nel Dio personale delle religioni.
Questa, la ragione per cui è dichiarato nella Dottrina segreta che i Rishi non credono in altra divinità, al di fuori della Vita Una – incomprensibile, nella sua totalità, a mente umana; ma, invece, riconoscono la fioritura di questa Vita Una, ossia il Logos.
Si aggiunge, inoltre, che ogni frammento dell’essere – onda unita all’oceano universale – possiede quella che simbolicamente è chiamata ; ossia, un potenziale di crescita illimitata delle proprie qualità innate, che lo rendono : ossia, assoluto.
Torniamo, tuttavia, all’argomento del presente articolo: la trinità.
Viene affermato che la materia primordiale innata (Mulaprakriti, Koilon) ha tre qualità: l’eternità, il movimento, la sostanza. Essa, cioè, si espande senza una spinta originaria; non è nata e non muore, ma si trasforma; non è vuoto, ma pieno.
Queste tre caratteristiche – come si può desumere – non appartengono, di conseguenza, al dio tradizionale, ma ad ogni cosa ed essere in manifestazione. All’ameba, ed alla polvere cosmica; alla roccia, ed all’animale; all’uomo ed al genio.
Immaginiamoci, ora – con un ardita e, forse, artigianale prova mentale – di delimitare una zona assolutamente vergine di dell’esistenza universale; proprio lì, da dove scaturirà, un domani, l’assieme di galassie che ospitano quel granello incandescente che è il nostro sistema solare.
Ebbene, in codesto brandello di Mulaprakriti potremo identificare una tensione centrifuga latente e priva, dalle eternità, di un qualunque riposo; una tensione che verso l’espansione costante degli universi.
Secondo tradizione, è proprio questa tensione il , che, non già crea, bensì estrae eternamente dalla manifestazione potenziale quanto è intrinseco all’essere.
Ora, lasciamo per un attimo queste astratte visioni genetiche, per tornare nelle nostre tre dimensioni abituali. Ed immaginiamo di trovarci in una sala da concerto, durante un assolo del suonatore di tamburo.
Egli percuote la pelle tesa del suo strumento con la bacchetta caratteristica. Un colpo vigoroso
(positivo) si abbatte sulla pelle tesa (negativa) del tamburo: e ne scaturisce il suono.
Oppure, immaginiamo di battere una delle nostre mani contro l’altra. Il palmo che colpisce (positivo) urta con il palmo che attende l’urto (negativo): e, anche da questo contrasto, scaturirà un suono.
Positivo, negativo, suono. La triade è apparsa.
Tuttavia, abbiamo fatto due esempi che prevedono una coscienza ed una consapevolezza, tese a raggiungere un risultato.
Riguardo al , e per ritornare alla tensione innata degli universi, tale coscienza e consapevolezza non esistono; esse ancora debbono apparire in manifestazione. Appare solamente una spinta che si frantuma in geometriche forme e molteplici direzioni. E, dovunque la avanzi, si riproduce quel triplice meccanismo di azione e reazione che abbiamo visto – ampliato ed evidenziato – nell’arte del suonatore di tamburo e nel battito di due palme qualsiasi, l’una contro l’altra.
In in qualunque luogo noi fissiamo l’attenzione, la triade si manifesta con assoluta costanza. Yinn e
Yang producono il loro Tao, nel minuto frammento del mosaico e nel mosaico intero.
Cio’ è mostrato e amorevolmente ampliato in uno dei testi sacri dell’umanità intera: “Il Libro dei Mutamenti.” In cui non appare mai il termine ; ma, solo l’enunciazione degli sviluppi motori della triade originale, diffusa e soffusa in ogni atto dell’esistere- dal più mediocre al più sacro.
Non è, quindi, una prerogativa della divinità il triplice ritmo dell’essere; ma, della divinità, come contenuta nella Vita Una, nel Tutto.
Potrebbe rappresentare il contenuto di un prossimo articolo la descrizione dell’automatismo cosmico che, dalla triade, prosegue oltre ad essa.
Sin qui, si è indicato il principio di ciò che Helena Petrowna Blavatsky chiama la Tetrakis Magica; ossia, lo jiva (il punto matematico originale) che, con il suo respiro irrefrenabile, produce lo Yinn, lo Yang ed il Tao.
La triade è presente ovunque vi sia azione.
Nel corpo eterico, i tre centri fondamentali (testa, cuore e base della spina dorsale) sono, appunto, il riflesso di essa.
L’intera pietra angolare della Civiltà antica Cinese si basa sulle armoniche dello Yinn e dello Yang
– e del loro risultato: il Tao – che rappresentano il segnato nell’infinito e complesso assieme di componenti la natura onnicomprensiva.
Si potrebbe solo accennare – per dovere di compiutezza – di come la triade di cui parliamo si assesti ancor più nella attestandosi attorno ad un baricentro comune, da cui deriva
– com’è naturale – la nuova spora di tre emanazioni, o emittenze sonore occulte.
E nasca, di conseguenza, la ragion d’essere del magico numero sette: l’uno matematico originario, la prima triplicità e la seconda, nata dal baricentro di cui sopra.
Appare, così, il doppio triangolo intrecciato ( o, Stella di Salomone), con il punto al centro: il simbolo della costituzione perfetta dell’individuo. Quel simbolo, in cui Leonardo iscrisse la sua splendida rappresentazione dell’uomo, con le braccia e le gambe divaricate.
Ma, evidentemente, l’argomento si presta a sviluppi ulteriori. A noi è bastato solo indicare la concretezza e lo sguardo acuto dei più antichi pensatori dell’umanità, in riferimento ad una delle leggi più diffuse della natura: il rapporto tra gli opposti ed il loro risultato.
Una legge che fa parte di ogni nostro movimento e pulsione intima, e che ci connette – consapevoli o meno – all’intera unità indivisa delle cose.
(Guido Da Todi)
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