Il mistero dell’uomo: la morte 1
di Autore sconosciuto
– La morte –
L’Anima, quando attraverso la personalità, ha fatto il suo esperimento nella vita terrena ed ha acquisito esperienze e non ha più interesse a permanere nella forma fisica, rivolge la sua attenzione verso il mondo interiore, cambiando l’orientamento del flusso della sua energia. Allora il filo della vita e della coscienza viene ritirato e si verifica il fenomeno che chiamiamo morte. La morte può essere anche un atto di Volontà Spirituale o una risposta al Karma di Gruppo, come pure può avvenire per la fine di un ciclo di esistenze. Qui rientrano quei casi che chiamiamo morte prematura o avvenuta a pochi anni dalla nascita.
Il Maestro Tibetano D.K. spiega che la morte appare senza scopo, e ciò perchè non conosciamo gli sviluppi passati e quando il proposito, per il quale la vita terrena fu iniziata, è stato pienamente raggiunto. In conseguenza una volta che riguardiamo la vita con un vero senso di prospettiva, vedendola come un periodo di crescita e di esperienze in un piano più vasto, noi comprenderemo più facilmente il fenomeno della morte e la sua funzione liberatrice. La morte e la vita nel loro alternarsi producono l’attività base della creazione. Il problema della morte e della relativa paura è fondato sull’amore della vita, in quanto sotto la Legge Divina nulla si distrugge, ma tutto si trasforma e dura universalmente in eterno. La morte è il ritirarsi dell’essenza individuale dietro il velo dell’invisibile, è il risultato di un esatto ritmo regolato dall’Anima.
Nell’accettazione della morte può esserci la nostra vera sottomissione all’Anima che governa la vita. Ogni uomo deve morire quando l’Anima lo richiede. Questo è un costruttivo proposito il cui risultato è quello della distruzione delle vecchie forme per far posto ad altre, in tal caso il potere di attrazione dell’Anima controbilancia il potere di attrazione della materia. Comunque la morte è un fatto positivo che riguarda la coscienza, in quanto la vita continua nella coscienza, cioè il passaggio in altra dimensione. Avviene così che noi siamo consapevoli un momento sul piano fisico, e un momento dopo su un altro piano ove ci ritiriamo; piano che i cristiani chiamano paradiso, purgatorio o inferno. Questi sono stati di coscienza in cui continuiamo a vivere.
Il ciclo della vita ha tre stadi: afflusso, ritenzione ed emissione. Per quanto riguarda il ritiro del corpo vi sono tre processi: restituzione, eliminazione, integrazione. Avviene prima il ritiro dell’Anima, l’abbandono del corpo fisico ed eterico, poi l’eliminazione del corpo astrale e di quello mentale; segue l’integrazione quando l’Anima, libera sul proprio livello, diventa nuovamente cosciente di sè, come Angelo della Presenza, essendo ritornata nel mondo delle Anime. In queste fasi l’unità mentale, con gli atomi permanenti fisico e astrale, avviluppata nel velo di vita buddica, diventa quiescente nel corpo causale.
Sdoppiamento fluidico osservato.
Una visione suggestiva relativa al distacco dei corpi sottili da quello fisico al momento della morte è stata descritta dal dott. Riblet Hout, medico americano che per 12 ore assistette sua zia morente, in una relazione di cui qui riportiamo uno stralcio (Rivista Light 1935): “La morente aveva 73 anni, era in possesso delle sue facoltà mentali e, benchè sofferente, conversò a lungo. Dopo circa un’ora che ero al suo capezzale, divenni consapevole, in modo più intuitivo che pratico, che si prospettava un brusco e gravissimo mutamento nelle condizioni dell’inferma, che presto sarebbe entrata in agonia. Il polso che un’ora prima appariva regolare e ritmico, era divenuto filiforme e irregolare: la respirazione corta e affannosa.
Contemplavo con occhio professionale l’avvicendarsi delle varie contrazioni muscolari nella laboriosa agonia, dato che la morente era già passata in coma, allorchè divenni all’improvviso consapevole che in quell’ambiente si andava estrinsecando qualche cosa d’altro non percepibile all’occhio normale. Guardando per caso in alto, scorsi qualcosa d’inesplicabile che pareva concretizzarsi a circa due piedi al di sopra del letto e consisteva in una vaga sostanza, simile a nebbia, che pareva condensarsi in quel punto. Aveva l’aspetto di una nubecola fumosa ed immobile sospesa in aria, la quale, a misura che il tempo passava, andava diventando sempre più opaca, assumendo una forma oblunga. Quindi con mio crescente stupore, rilevai che andava assumendo certe linee, certe curve, certe forme ben definite che le conferivano una simmetria caratteristica e suggestiva: quella nubecola andava assumendlo forme umanoidi.
Sedetti in silenzio per parecchie ore contemplando l’emozionante spettacolo e quando quella trasformazione divenne sufficientemente evoluta nel corpo e nel sembiante, riconobbi in quella forma il corpo fisico e le sembianze di mia zia! Era quello il corpo spirituale di lei, sospeso in aria in posizione orizzontale, a due piedi dal corpo fisico. Aveva un’espressione serena, riposata, tranquilla, in aperto contrasto col corpo fisico, agitato da moti riflessi e contrazioni penose. Riscontrai che il polso della morente, per quanto apparisse sempre più debole e intermittente, rimaneva ancora abbastanza vivace per prolungare di qualche ora la vita dell’agonizzante, la quale aveva cessato di emettere gemiti, assumendo un’espressione di calma relativa.
Vigilavo con immenso interesse le modalità con cui continuava a svilupparsi il corpo spirituale, che ora appariva avvolto in drappeggiamenti in una sorta di tessuto che ne modellava esattamente la forma. Scorgevo chiaramente le sembianze di quel volto che erano quelle di mia zia ravvivate da una espressione di vigore giovanile e di serena tranquillità, in aperto contrasto con le impronte della vecchiaia e l’espressione sofferente del sembiante fisico. Gli occhi erano chiusi, quasi che fosse immersa in un placido sonno riparatore, mentre una misteriosa luminosità emanava da quel corpo spirituale sovrastante al corpo fisico.
Mentre contemplavo tale manifestazione con raddoppiato interesse misto a reverenza e stupore, mi capitò di rilevare per la prima volta che una sorta di cordone fluidico, dal colore perlaceo, scaturiva dal corpo della morente e andava a congiungersi al capo della forma spirituale. Compresi che quel cordone fluidico doveva funzionare da tubo conduttore per la trasfusione, dal corpo fisico a quello spirituale, degli elementi costituenti dell’uomo. Ciò mi ricordò il biblico cordone d’argento di cui parlano le Sacre Scritture, e per la prima volta conobbi il vero significato di tale espressione: il biblico cordone d’argento era quello che congiungeva il corpo fisico a quello spirituale in formazione, così come il cordone ombelicale congiunge il corpo della madre a quello del bimbo in gestazione.
Osservando con attenzione quel cordone, riscontrai che fuorusciva dalla protuberanza occipitale alla base del cranio. Potetti anche discernere che quel cordone si inseriva nel cranio a ventaglio, suddividendosi in numerosi filamenti indipendenti. A breve distanza dal cranio, tali filamenti divenivano un solo cordone, il cui diametro era di circa un pollice. Appariva traslucente ed emanava una lucidità perlacea. Quel cordone pareva animato da un’attivissima energia vibratoria ed io ero in grado di rilevare altresì l’esistenza di lente pulsazioni ritmiche della sostanza perlacea, con direzione che dal corpo fisico giungeva al doppio spirituale. Quando tali pulsazioni si sprigionavano alla base del cranio, emanavano nel tragitto una luminosità che diveniva luce all’altra estremità del percorso. E ad ogni pulsazione che arrivava alla meta, il corpo spirituale diveniva visibilmente più vibrante di vita e più denso, mentre per converso, il corpo fisico diveniva in misura corrispondente sempre meno vitale.
All’alba del nuovo giorno sul volto della morente erano apparsi i segni precursori della imminente estinzione della vita. Quindi la mia attenzione si concentrò a contemplare il corpo spirituale che in quel momento era veramente meraviglioso. I drappeggiamenti del tessuto spirituale lo avvolgevano morbidamente, mentre le sembianze distintissime esprimevano un atteggiamento di sereno riposo. Ma il grande contrasto che impressionava era quello esistente tra i due corpi appartenenti alla medesima individualità, contrasto che non consisteva unicamente nella differenza esistente tra vita e morte, bensì nella circostanza che il corpo fisico era contrassegnato dalle impronte della tarda vecchiaia mentre quello spirituale era animato dal vigore e dalla freschezza giovanile. Mentre il primo aveva cessato ogni moto riflesso e cominciava ad irrigidirsi in una immobilità preludente la morte, l’altro appariva vibrante di vitalità rigogliosa.
Nel contempo erano cessate le pulsazioni ritmiche del cordone fluidico che appariva afflosciato e poco luminoso… Non tardai a riscontrare che i filamenti del cordone cominciavano a rompersi l’un dopo l’altro, ritraendosi attorcigliati e scomparendo, così come avverrebbe di un filamento molto elastico e molto teso che improvvisamente venisse reciso… Finalmente l’ultimo filamento si strappò e scomparve: lo spirito neonato era libero! Allora il corpo spirituale, il quale si era allungato in posizione supina sovrastante il corpo fisico, si raddrizzò, discese al lato del proprio cadavere, sostò qualche tempo in quel punto ed aprì gli occhi. Fece poi un largo cenno di saluto, che pareva rivolto a tutti i suoi cari e al mondo che abbandonava, quindi si elevò e sparì”.
Il fenomeno osservato dal Dott. Riblet Hout, che certamente era veggente, ci conferma quanto la letteratura occulta riporta e che cioè quando l’Anima ritira la sua energia che fluisce attraverso i due capi del filo d’argento (sutratma) che alimentano l’uno il cuore, fornendogli forza vitale, l’altro la ghiandola pineale formando la coscienza, tutto il complesso vitalismo umano si arresta: è la morte fisica. Rescisso il cordone fluidico (il filo delle Parche che il medico vedeva color perlaceo), l’involucro dei corpi sottili abbandona il corpo fisico ormai divenuto cadavere; il doppio eterico che riproduce le sembianze del corpo fisico, vivificato ancora da una forza residua, si muove e assume le posizioni e i gesti di un vivente, ma dopo breve tempo comincia a dissolversi restituendo le sue energie al piano eterico; l’Anima nel suo corpo causale (mente superiore), inviluppata e drappeggiata dai suoi corpi mentale e astrale, invisibile e immateriale, si equilibria al livello che le è proprio per la sintesi dei valori e dinamismo che racchiude, per ritornare verso il regno dello Spirito.
Morte accidentale.
Nei casi di morte improvvisa in seguito ad incidenti, uccisione, [Il, Aio o fatti di guerra, il corpo fisico viene bruscamente abbandona e l’essere umano si trova, in preda al terrore, proiettato nell’al di là, avvolto dal doppio eterico, che è la controfigura del fisico, e che solo nei casi di morte naturale si stacca subito dal corpo fisico e poi si Re poco tempo dopo, restituendo la sostanza eterica al serbatoio cosmico eterico che muoiono di morte violenta non si rendono conto di essere morti e continuano a vivere temporaneamente in modo diverso dagli altri trapassati, in quanto, conservando essi il corpo eterico, non possono entrare in kama-Ioka. In tale stato resteranno finchè non sarà finito il periodo di tempo per il quale il loro corpo fisico era stato costruito, cioè fin quando non sarà scoccata l’ora in cui doveva avvenire la loro morte naturale. Situazione penosa poichè il mondo astrale resta loro chiuso a causa dell’involucro eterico e nello stesso tempo vi è l’impossibilità di comunicare col mondo fisico, non avendo essi gli organi sensori del piano fisico. In tale stato questi esseri vagano incerti ancora legati alla terra, spesso desiderosi di compiere atti di vendetta o di definire questioni che sulla terra avevano lasciato in sospeso, ignorando che sono morti. Può essere loro di beneficio l’incontro nell’al di là con Esseri astrali o con aiutatori che li convincano della loro avvenuta morte, affinchè possano sentirsi distaccati dal mondo materiale. Questo è di molta utilità specialmente per i combattenti che cadono nell’adempimento del dovere verso la Patria.
La vita dopo la morte
Subito dopo il decesso per morte naturale, la coscienza lascia l’involucro fisico e l’Ego resta al centro del corpo astrale, allora ha una chiarezza di consapevolezza e di percezione, vede le esperienze della vita passata svolgersi come in una scena filmata: vede i maggiori fattori che condizionarono la passata esistenza e che determineranno la prossima incarnazione. Poi tutti gli avvenimenti vengono dimenticati, fatta eccezione per i tre semi del futuro, che produrranno le forze per la prossima forma fisica. Il l° seme determina la natura dell’ambiente ove si rinascerà; il 2° determina la natura del corpo eterico; il 3° seme è il fondamento del veicolo astrale e porterà l’essere di nuovo in relazione con le persone che amò in vita e con le quali ebbe stretti contatti. Tutto questo in accordo col proprio karma. L’uomo nell’aldilà resta esattamente lo stesso individuo di prima, con i medesimi pensieri, sentimenti, timori e speranze e continua a vivere nel corpo astrale e in quello mentale. Egli si è spogliato soltanto del suo vestito di carne, che gli permetteva, per mezzo dei cinque sensi, di essere in contatto col mondo terreno. Per chi in vita provò soltanto godimenti sensuali, il trapasso è un fatto doloroso perchè il desiderio continua ancora ad eccitarlo senza che vi sia la possibilità di appagamento. In tale condizione si rimane finchè il corpo astrale non si disintegra, lasciando l’Anima rivestita del corpo mentale nel mondo mentale inferiore.
La durata di permanenza nell’astrale dipende per ciascuno dalla qualità e quantità di azioni più o meno cattive, da emozioni, passioni, desideri accumulati durante la vita terrena che hanno prodotto un intreccio di sostanza astrale che ora avviluppa il corpo mentale e l’Anima, proprio come il baco, con la sua bava. In tale condizione l’anima non può ricevere attraverso il corpo astrale le vibrazioni di luce del suo piano poichè il corpo astrale ha una vibrazione diversa, essendo più denso del mentale.
La permanenza nel mondo mentale inferiore dura finchè non si sono esaurite tutte le forze generate dai pensieri durante la vita, quindi si passa nel mondo mentale superiore o mondo celeste, in cui l’Anirna trasmuta in facoltà intellettuali e morali le esperienze di natura elevate fatte in vita. Per mezzo di queste facoltà l’essere può attingere nel mondo celeste, nella misura della potenza di quei pensieri e di quelle elevate aspirazioni, poichè nel mondo celeste esiste l’infinita pienezza della mente divina con la sua illuminata dovizia, ma può attingere soltanto in proporzione di quanto si è reso capace di ricevere. Perciò un individuo non può trarre vantaggio se non nella misura in cui si è preparato a profittarne, poichè i pensieri e le aspirazioni seguono soltanto certi indirizzi ed egli non può d’un tratto crearne nuovi. In cielo germoglia tutto ciò che seminiamo quaggiù e quindi si possono continuare solo le attività iniziate sulla terra, ma nessuna nuova attività può essere cominciata in cielo.
Vi sono molte direzioni che il pensiero superiore può seguire, alcune personali, altre impersonali. Tra queste ultime si trovano quelle riguardanti l’arte, la musica, la filosofia, la scienza, la religione. Chi si interessa di queste trova godimento ed un apprendimento limitato però, dal potere di percezione conseguito. Per il devoto, l’oggetto della sua devozione è più vicino e le esperienze sono di carattere trascendentale. Quando anche il corpo mentale superiore è esaurito, resta l’anima pura, libera, con gli atomi permanenti dei vari corpi che conservano il succo concentrato di tutte le esperienze fatte da ciascun corpo a cui furono associati all’atto della nascita in un essere umano. Allora l’Anima ritorna nel suo mondo per essere convogliata nella corrente della rinascita e venire nuovamente in manifestazione in luogo ed ambiente più adatti alla sua evoluzione. Soltanto dopo tante e tante esperienze fatte in moltissime incarnazioni, l’intera evoluzione si compie e l’Ego rientra, ormai pienamente individualizzato, nella Grande Fiamma da dove un giorno partì come scintilla pura senza esperienza di individualità.
E’ interessante sapere che la vita che permea le cellule dei corpi astrale e mentale ha una forte tendenza a seguire la corrente del suo sviluppo che va verso il basso, cioè sull’arco discendente dell’evoluzione, cosicchè il progresso, per essa, vuol dire discendere in forme sempre più dense di materia ed imparare ad esprimersi attraverso di esse. Per l’uomo, invece, lo sviluppo evolutivo è sull’arco ascendente, cioè il passaggio dalla materia allo spirito. Tutto questo avviene perchè la vita che anima le molecole astrali desidera, per la propria evoluzione, ricevere vibrazioni di specie sempre più grossolana e pertanto, esercita sulla coscienza dell’uomo una certa pressione sotto forma di brama, di desiderio intenso. Tale tendenza spinge le particelle più grossolane e più dense verso la periferia, a formare una specie di guscio, e dispone le altre particelle in strati concentrici, afficnhè il corpo astrale possa diventare tanto resistente da conservare la sua forza il più a lungo possibile: ciò ostacola l’anima e il corpo mentale a ricevere vibrazioni dai loro relativi piani, restando prigionieri nella capsula astrale.
Le vibrazioni che possono penetrare nell’involucro sono soltanto quelle percepibili dalla materia periferica dell’involucro o capsula astrale. Chi si trova in tali condizioni, dopo la morte, può incontrare soltanto gli abitanti astrali di basse vibrazioni e quindi i meno desiderabili. Per ovviare a questo, l’uomo che abbia la forza volitiva del suo corpo mentale, non permetterà alla materia astrale di organizzarsi a strati, all’atto della morte, ma soltanto di restare diluita in miscuglio in modo da poter, come una grata, offrire la possibilità all’anima e al corpo mentale di venire in contatto con tutto il mondo astrale e mentale, con gli altri esseri di tutti i sottopiani ed anche con i vivi, mentre dormono e sono proiettati nel mondo astrale. Inoltre, chi è riuscito a sottrarsi al riordino del corpo astrale ha la possibilità di viaggiare in tutto il mondo astrale, per ampliare le sue conoscenze e formulare propositi per la rinascita.
Considerazioni sulla morte.
In generale si guarda alla morte con atteggiamento di desolazione, spesso tragico. Per l’uomo ordinario la morte è una catastrofe finale, il vuoto assoluto poichè implica la fine di ogni rapporto umano, la cessazione di ogni attività fisica, lo strappo di ogni legame di amore e di affetto, il passaggio nell’ignoto pieno di terrore. Gli uomini però dimenticano che ogni notte durante il sonno essi muoiono per il piano fisico e sono viventi e attivi temporaneamente su altri piani, ed al mattino non ricordano perchè non sanno riportare nella coscienza fisica il ricordo di quel passaggio. Essi non sono capaci di scorgere la somiglianza fra il sonno e la morte. La morte è un più lungo sonno, un intervallo fra due periodi di vita fisica. L’uomo che ha oltrepassato la Soglia del Mondo Eterico, è andato via dalla Terra per un lungo periodo di tempo, mentre quando dorme va via per poche ore. Una importante diversità esiste fra morte e sonno: nel sonno il filo dell’Anima rimane intatto e costituisce il canale di rientro nel corpo fisico, mentre con la morte quel filo viene spezzato. Si tratta del sutratma, detto anche filo delle Parche. A recidere questo filo è la volontà dell’Anima.
Per gli aspiranti alla vita dello spirito e per i discepoli sul sentiero la morte è un passaggio immediato da una sfera di servizio e di espressione che essi già conoscono in quanto nelle ore di sonno essi erano addestrati ad agire nel campo del servizio dell’apprendimento. Per gli uomini altamente evoluti si verifica spesso un senso di previsione riguardo al momento della morte, questo deriva dal contatto che essi hanno con l’Anima, e della consapevolezza dei suoi voleri. Quando si tratta di Iniziati, questi al momento del trapasso, conoscendo le leggi di astrazione, si ritirano in piena consapevolezza dal corpo fisico, continuando a funzionare nel mondo astrale. Essi sanno di essere gli stessi di prima, sebbene privi di mezzi di contatto col piano fisico, cioè privi dei sensi fisici. Rimangono coscienti degli stati di sentimento e di pensiero di coloro che amano, per quanto non possono venire in contatto materiale. Però possono comunicare telepaticamente per mezzo della mente.
Giova ricordare che sui piani astrale e mentale lo scambio di comunicazioni si può stabilire più intimo e più sensibile di prima, poiché non più ostacolato dal corpo fisico; tuttavia a tale scambio si oppongono l’agitazione violenta, il dolore e il pianto di coloro che sono rimasti sulla terra orfani o vedovi. L’uomo ordinario, subito dopo morto, si trova disorientato di fronte a condizioni, per lui nuove, che il mondo eterico offre. Questa è la ragione per cui si consiglia di non piangere i morti, di non comportarsi irrazionalmente innanzi alla morte di una persona cara, per non amareggiarla ancor di più mentre si trova in tale disorientamento. Per chi provò in vita solamente godimenti sensuali, il trapasso è un fatto doloroso, perchè il desiderio continua ad eccitarlo senza che vi sia possibilità di appagamento. In tale condizione si rimane finché il corpo astrale non si disintegra, lasciando l’anima rivestita del solo corpo mentale.
La permanenza nel piano astrale dipende per ciascuno dalla quantità di sostanza emotiva accumulata e intessuta per effetto di passioni, desideri, delitti, durante la vita terrena. Attraverso l’involucro astrale, l’Anima non può ricevere liberamente le vibrazioni di luce che le pervengono dal piano mentale, poichè questo ha una vibrazione più sottile, però una volta liberata dall’astrale, essa resta libera nel mondo mentale inferiore ove dimorerà finchè non saranno esaurite tutte le forze generate dal pensiero durante la vita terrena, quindi passerà nel mentale superiore o mondo celeste, in cui trasmuterà in facoltà intellettuali e morali le esperienze di natura elevata fatte sulla terra: per mezzo di queste facoltà, l’essere può attingere al mondo celeste nella misura di potenzialità di quei pensieri e di quelle elevate aspirazioni, poiché nel mondo celeste esiste l’infinita pienezza della Mente Divina con la sua illimitata dovizia. Però può attingere solo in proporzione di quanto uno si è reso capace di ricevere. Un individuo, perciò, non trarrà vantaggio se non nella misura in cui si è preparato a profittarne poichè i pensieri e le aspirazioni seguono soltanto certi indirizzi, ed egli non può d’un tratto crearne di nuovi.
In cielo germoglia tutto quello che seminiamo quaggiù e quindi là si possono soltanto continuare le attività iniziate sulla terra, ma nessun altra attività può essere cominciata in Cielo. Vi sono molte direzioni che il pensiero superiore può seguire: alcune personali, altre impersonali. Tra queste ultime si trovano quelle riguardanti l’arte, la musica, la filosofia, la scienza. Chi si interessa ad una di queste branche trova godimento ed una istruzione limitata però dal potere di percezione conseguito. Per il devoto l’oggetto della sua devozione è più vicino e le esperienze sono di carattere trascendentale.
Quando anche la sostanza di cui è formato il corpo mentale concreto è esaurita, resta l’Anima libera con gli atomi permanenti che racchiudono i risultati di tutte le esperienze fatte da ciascun corpo a cui furono associati all’atto della nascita dell’uomo. L’Anima, così libera, attende il momento giusto per rientrare nella corrente della rinascita e riprendere la lezione al punto in cui l’aveva lasciata nella vita precedente. Soltanto dopo tante incarnazioni l’evoluzione si compie. Al riguardo il Maestro Tibetano in “Trattato sul Fuoco Cosmico” dice che normalmente l’uomo comune compie, la sua evoluzione attraverso 777 incarnazioni e, al termine, passa la Porta dell’Iniziazione ed entra in un breve e sintetico periodo finale, in cui egli porta il frutto delle esperienze fatte, trasmutando la conoscenza in saggezza e consegue la liberazione da tutte le forme inferiori che cercano di imprigionarlo. L’uomo, se vuole, può abbreviare di molto questo lungo periodo, percorrendo un Sentiero Segreto chiamato Via Illuminata. Su questo sentiero si avanza con sforzo cosciente per tappe che sono chiamate “Iniziazioni”. Il cammino ha inizio quando l’uomo si focalizza sul piano mentale e comincia a svolgere la sua funzione esoterica di ricevere e riconoscere le idee e di creare coscientemente nuove forme pensiero rivestendole di sostanza mentale. Quando si raggiunge la 3a Iniziazione non si torna più in incarnazione sulla terra, salvo che per missione, o volontariamente per servire la Gerarchia e l’Umanità.
L’arte di morire.
A tutti gli esoteristi incombe un dovere, essere preparati ad affrontare il grande passo finale sapendo che non è l’Anima che muore ma il nostro corpo fisico. Al riguardo riporto alcuni versi della Bagavad Gita:
“Mai lo Spirito nacque, mai cesserà di esistere. Mai vi fu tempo in cui egli non fosse. Fine e principio sono sogni. Non nato, eterno, immutabile lo Spirito resta. La morte non l’ha neppure sfiorato, sebbene morta appaia la sua dimora” (canto 11, 20). Convincendoci che l’Io non muore, il corso della nostra vita terrena rimane modificato, poiché ci toglie l’incertezza e la paura del trapasso, e ci assicura che la vita continua nella conoscienza, per cui il paradiso è dentro di noi che lo costruiamo giorno per giorno. Dobbiamo imparare a mantenerci accentrati nella testa mediante la visualizzazione e la meditazione, imparare anche a concentrare le energie vitali al di sopra del diaframma, nel centro del Cuore, con l’intento di annullare il potere di attrazione da parte del plesso solare che è il centro dell’emotività. Prima di disporsi al sonno ritirare la coscienza nella testa.
Educare la Volontà del corpo mentale ad intervenire all’atto del trapasso per impedire alla materia astrale di organizzarsi a strati più densi verso la periferia che imprigionano l’Anima, ma di restare diluito in miscuglio con particelle di sostanza mentale in modo da mantenere spiragli aperti per poter comunicare con tutti i mondi e ricevere le relative vibrazioni. Per quanto riguarda chi assiste un morente, si consiglia il Silenzio assoluto affinchè l’Anima possa fare la debita preparazione per la sua dipartita dal piano fisico. Possono essere usati alcuni Mantram o pensieri di amore che facilitano il trapasso. Il Cristo diede un esempio del loro uso, quando esclamò: “Padre, nelle Tue Mani rimetto il mio Spirito”. Un altro esempio lo abbiamo nelle parole: “O Signore, lascia che ora il Tuo Servo se ne vada in pace”.
La legge del Karma
La Dottrina spirituale ci presenta l’universo come una espressione di energia. L’elettrone è energia che cambia continuamente trasformandosi in luce, calore, elettricità. Anche l’uomo è un centro di energia che egli assorbe e trasforma in movimenti e attività del suo corpo. Questa energia è benefica quando è utilizzata per un’azione benefica cui diamo il nome di bene; quando è adoperata a fare danno ad altri diamo a quest’uso il nome di male. L’uomo durante la sua vita, perciò, trasforma l’energia universale in bene e male. In questo processo vi sono delle relazioni fra cause ed effetti che sono regolate tutte da una legge che, peraltro, regola tutta l’attività cosmica e va sotto il nome di Karma.
La parola Karma, dal termine sancrito Kry, significa creare, fare, agire, nel senso di indicare l’effetto che segue alle azioni da noi compiute, allo stesso modo come le azioni seguono ai pensieri da noi formulati. Azioni ed effetti sono strettamente uniti, si tratta di due parti di uno stesso fatto, una visibile, l’altra invisibile. Disse il Budda che il voler separare l’azione dai risultati è come voler separare il suono del tamburo dal tamburo stesso. L’azione è preceduta da qualche cosa di inevitabile, la causa, il movente, ed è seguita da un fatto visibile, la conseguenza.
Le leggi fatte dall’uomo impongono di fare e non fare e comminano una sanzione per l’inadempiente, la legge del Karma invece è una legge di natura e agisce differentemente, formando concatenazioni logiche conseguenti. Al riguardo l’esempio più comune è quello del ragazzo che persiste di voler toccare una stufa accesa. Si scotterà la mano ciò è la conseguenza di una legge naturale che il ragazzo non conosce, non una punizione. La legge del Karma adatta l’effetto alla causa sul piano fisico, mentale e spirituale dell’individuo. Secondo questa legge il male è una infrazione alle leggi dell’armonia che governano l’universo. Il violatore di questa legge deve sopportare le conseguenze. Vi è un potere misterioso in questa legge che conduce, per vie inavvertite, dalla colpa al castigo anche se questo debba verificarsi in una vita successiva. Infatti ciascuno di noi oggi è quello che è a causa delle esperienze vissute nel passato i cui effetti sono impressi nella struttura del carattere. Esperienze che, quantunque non ricordate dalla memoria, non sono andate perdute per noi perchè esse vanno a far parte del materiale di cui la nostra mente è composta e che esistono sotto forma di caratteristiche, sentimenti, inclinazioni piacevoli o spiacevoli, attrazioni repulsioni ecc.
L’anima, passando da una vita ad un’altra, apprende nuove lezioni, raccoglie nuove esperienze e impara a riconoscere la pena che deriva dalle azioni non rette e la felicità che accompagna le azioni buone e corrette. Gli insegnamenti orientali considerano la vita una potente unità e il Karma come la grande legge che opera e si manifesta attraverso queste unità e ciò perchè nell’universo tutto è ritmo, simmetria, reciprocità, armonia. Quando il Buddismo insegna che il Karma è quel nucleo morale di ciascuno che solo sopravvive alla morte e continua nella rincarnazione, ciò significa semplicemente che nulla rimane dopo ciascuna personalità salvo le cause prodotte da essa, le quali non possono venir eliminate dall’universo, finchè non vengono bilanciate dai loro effetti legittimi e spazzate via da essi. Quelle cause, non compensate da effetti adeguati durante la vita della persona che le ha prodotte, seguiranno l’Ego reincarnato e lo raggiungeranno anche nelle vite successive, finchè non sarà ristabilita una completa armonia tra effetti e cause.
Gli eventi sono tutti collegati fra loro e congiunti in una serie ininterrotta di cause. Quando da una città all’altra viene trasmesso un telegramma, quando il tram ci porta da un punto ad un altro, noi sappiamo che una certa energia ha prodotto l’effetto. Sappiamo poco dell’elettricità che genera tale effetto, ma sappiamo che agisce in accordo con altre leggi. Il movimento della nave che naviga a vela è causato dal vento, il vento è generato dalla differenza di temperatura fra due luoghi, la temperatura dal sole ecc. e qui ci fermiamo perchè non conosciamo l’antecedente di questa. La catena delle cause e dei susseguenti effetti è in realtà senza fine. Ogni fatto nell’universo, e quindi anche la vita umana, è inseparabilmente connesso con questa infinita serie che si estende nel passato e nel futuro. La scienza e la religione non sanno spiegarci il perchè di certi oscuri destini che sembrano senza speranza in esseri puri e innocenti, destini di condanna che sembrano accusare l’incoscienza della creazione e l’ingiustizia della Divinità. Non ci sanno dire il perchè di tante disparità e manchevolezze fisiche e morali, disparità di mezzi materiali e spirituali. Non ci sanno spiegare il perchè del dolore umano. Gli uomini dicono: “E’ il destino”; ma essi non conoscono le lontane radici, nè sanno quale vibrazione sospinta da una infinita catena di onde sia il nostro presente.
Per le nostre attività noi facciamo uso di energie e sostanze della vita divina che fluisce costantemente in noi. Quando di queste energie, ne facciamo uso contrario alla legge divina, noi creiamo l’imperfezione, la disarmonia nel piano delle forze invisibili che alimentano e regolano la vita una. Queste discordanti attività dell’uomo si vanno ad imprimere nella sostanza universale che le restituisce alla fonte, cioè all’uomo stesso per mezzo dei 4 elementi: aria, acqua, terra, fuoco. Questa corrente di ritorno o di restituzione non manifesta subito i suoi effetti, in quanto si accumula nell’atmosfera sia intorno al corpo fisico delle persone, che intorno alla terra e al momento opportuno produce un vortice purificatore che, agendo col suo elemento di fuoco sulle carni dell’uomo, produce dolore. Mentre quando agisce nell’atmosfera produce cataclismi, terremoti, alluvioni, guerre, quindi dolore collettivo che ristabilisce l’ordine cosmico turbato.
Queste attività di reazione sono il metodo che la natura segue per purificarsi, disfacendosi della contaminazione di pensieri e sentimenti di odio, vendetta, collera di cui ribolle il genere umano. A chi adopera costruttivamente la sostanza e l’energia divina, queste gli verranno rese sotto forma di gioia, di pace, di ricchezza, di benessere, di felicità. I pensieri, i desideri, le azioni rappresentano le attività umane che formano le cause motrici degli effetti che occupano il campo della evoluzione; quindi la formazione del pensiero, del desiderio e dell’azione fanno capo a tre leggi sussidiarie del Karma di cui diamo qualche cenno:
1° Il pensiero è il potere che costruisce il carattere: come noi pensiamo tali siamo. Questo trova conferma nell’autorità della tradizione e nelle antiche Scritture in cui è detto: L’uomo è creato dal pensiero, l’uomo diventa ciò che pensa”. Nella Bagavad Gita è detto: “L’uomo è costruito dalla sua fede; quale è la sua fede, così egli è pure”. Il potere del pensiero è il potere della creazione. Dio fece i mondi col suo divino pensiero, noi costruiamo i nostri piccoli mondi col pensiero umano. Se gli uomini sapessero adoperare il potere del pensiero, la loro evoluzione sarebbe rapida. Chi emette un buon pensiero riceve una corrente di ritorno buona, mentre chi genera un cattivo pensiero non ha questo godimento interiore. Perciò il nostro presente è frutto del passato. I pensieri sono come i semi che cercano di germogliare e svilupparsi in bocciuoli, in fiori e frutti. Le azioni di questa vita possono rappresentare soltanto il parziale sviluppo del seme-pensiero che pertanto mantiene la possibilità di interessare anche vite future; ciò rappresenta una dilazione del Karma, come il fido bancario dilazionato in tante rate. L’uomo non dovrebbe attaccarsi ai frutti dell’azione; gli Yogi esprimono questo concetto con l’allegoria dei semi cotti al forno, dimostrando che con la cottura i semi perdono la proprietà di germogliare, mentre possono servire soltanto per la nutrizione.
2° La forza che chiamiamo desiderio o volontà attrae insieme noi l’oggetto desiderato, perciò ci costringe a muoverci lungo il luogo ove esso si trova e la nostra brama può essere soddisfatta. Il desiderio è l’unico potere motore nell’universo. Lo troviamo presente nelle composizioni chimiche, nella calamita che attira il ferro dolce, nelle foze di coesione e di repulsione. Questo desiderio, quando è guidato dall’interno, da esperienze accumulate e ponderate dalla ragione, lo chiamiamo volontà. Ogni cosa che noi desideriamo possedere viene dallo stesso desiderio attratta verso di noi. Questo fatto non possiamo vederlo nel limite di una sola vita, ma è in una vasta successione di vite che la forza del desiderio conduce l’uomo dove esso può venire a contatto con l’oggetto dei suoi desideri. Il desiderio crea in tal modo per noi le occasioni nella vita. Il monito che ci viene dall’insegnamento occulto è: “siate cauti nel vostro desiderio”. L’uomo avanza sospinto dal desiderio e nel momento in cui afferra l’oggetto agognato, questo si infrange e ne segue delusione e dolore. Nulla è più dannoso per il progresso che il perdere la facoltà di desiderare che sia fatta la volontà di Dio.
3° Le nostre azioni verso gli altri, recando a questi felicità o dolore, hanno per effetto corrispondente di procacciare a noi felicità o dolore. Così noi raccogliamo quello che abbiamo seminato e ciò non come una punizione o premio dei nostri errori o delle nostre benemerenze, ma come un risultato della nostra attività, come effetto che segue la sua causa, e poichè la nostra natura e le circostanze che ci riguardano sono determinate da noi stessi, non dobbiamo rimproverare o lodare che noi stessi che forgiamo il nostro destino piacevole o spiacevole a seconda delle cause che abbiamo messo in moto e perciò noi siamo puniti o ricompensati non per le nostre azioni, ma dalle nostre stesse azioni. Nel corso della nostra vita l’effetto di ogni causa derivante dal pensiero, dal desiderio e dall’azione non sempre è immeditato nel tempo e nello spazio, ma spesso è ritardato o diluito da cause contradditorie e così intorno a noi vengono ad accumularsi cause che formano delle entità autonome e che tendono continuamente a vincolarci, per poi produrre effetti benefici o malefici al presentarsi del momento opportuno in questa o in sucessive esistenze. E’ come una matassa aggrovigliata che non sempre può essere subito dipanata.
Nel maggior numero delle umane vicende convergono molte correnti del passato a sospingerci in diverse direzioni e ad esse si frammischiano pensieri, desideri e azioni del presente. Avviene quindi spesso che forza, pensiero e desiderio del momento siano appunto sufficienti per equilibrare il peso opposto della bilancia. Ora noi viviamo sotto l’influenza di un duplice ammasso di karma, uno allo stato latente, che aspetta l’occasione per esaurirsi e l’altro che produce già i suoi effetti. Ad ogni istante possiamo introdurre nuovi fattori nell’equazione della vita, modificando le risultanze di tutte le forze da noi messe in moto. Questo complesso di forze imponderabili e ultrasensorie, fra loro connesse in funzione di equilibrio, formano il campo dell’etica; se per essere troppo impalpabili e sottili sfuggono alla giustizia umana, un altro piano di equilibrio più sensibile, costituito dalla giustizia divina nel nostro destino, invece le pesa, le registra e ce ne impone la risultanza in forma di gioia e di dolore.
Il karma e il dolore
Il dolore assorbe le reazioni liberamente da noi eccitate nel passato ed opera la progressiva armonizzazione e attuazione della legge, opera cioè la nostra purificazione.Così l’attività della legge del Karma diventa un processo equilibratore automatico che governa tutte le forze e serve a spiegarci tante condizioni apparentemente ingiuste come il rapporto di dipendenza o di supremazia, gli aiuti spontanei, il senso arcano, la devozione incondizionata e il rispetto verso alcune persone, la povertà, la ricchezza, ecc. Per il fatto che noi siamo membri di una famiglia, di una nazione, dell’umanità, si formano dei rapporti reciproci per cui le vie dei nostri destini spesso corrono parallele; in un dato momento convergono, si intersecano, indi divergono per poi incontrarsi di nuovo dopo millenni, nel groviglio del concatenamento delle azioni che si susseguono nel tempo e nello spazio, in connessione al funzionamento dell’universo.
Ogni nostra vita terrena contiene le prove necessarie proporzionate e adatte per il ristabilimento dell’equilibrio carmico e per ascendere dalla materia allo spirito. (Prove dilazionate in più esistenze ecc.). Così ad esempio se un uomo nuoce in modo grave ad una donna sarà certo di rincarnarsi in forma femminile e di passare per una esperienza adeguata affinchè si renda conto, sulla propria pelle, delle sofferenze inflitte ad altri; e viceversa se una donna nuoce ad un uomo. E qui vi riporto le parole di Alcione: “Capricci e amori di tutti i generi ebbi ai miei cenni, nessuna cosa pura potè salvarsi da me. Profanai ogni castità, schernendo le creature umane umilmente fedeli. Esaurite tutte le soddisfazioni mi rincarnai in una donna. Mai soddisfatta dalla monotonia di un solo amante ebbi molti adoratori e languendo nell’amore trascorsi la vita, patii le sofferenze della maternità, il dolore di perdere un bambino e la vecchiaia, l’abbandono e l’indifferenza degli antichi amanti”. Altro esempio: un egoista o avaro, o un uomo crudele che cercò soltanto per sè stesso ed arrecò danni ad altri, nascerà in condizioni tali che per mezzo della sofferenza imparerà a conoscere l’unità della vita, la fratellanza umana.
Chi con qualche buona azione cambia il corso della vita di un altro, dovrà sicuramente incontrarsi ancora con quell’individuo in una vita futura, affinchè colui che egli ha beneficato possa avere l’opportunità di ricambiare il beneficio ricevuto. Nel continuo alterno riaffacciarsi dell’uomo sulla terra, la legge di causa ed effetto interviene e ne condiziona la nascita come una potenza equilibratrice. Questa legge permette all’uomo di guardare nell’abisso del proprio destino onde possa meglio operare. L’uomo ha perciò la libera scelta degli atti e delle vie, libera è l’impostazione delle cause, ma non è altrettanto libera la scelta della serie delle reazioni e degli effetti che sono invece imposti irrevocabilmente dalle leggi di casualità, ne deriva che l’uomo e il proprio giudice, il legislatore, l’arbitro della propria vita, il distributore della propria ricompensa e del proprio castigo; è ad un tempo stesso proiezione e schermo.
Il Karma, quale grande legge di giustizia, è amministrato da Intelligenze invisibili, chiamati Reggenti del Karma che non puniscono, ma coordinano soltanto le forze del passato dell’individuo affinchè tali forze, nel nuovo loro raggruppamento quando l’uomo rinasce, lo aiutino a fare un passo avanti verso la sua perfezione per raggiungere la meta o destino finale. I Reggenti del Karma scelgono anche i fattori necessari e distribuiscono karma con compassione e saggezza; scelgono tra i fattori forniti dai genitori del nascituro quelli che saranno più utili all’Anima per la lezione che deve imparare e il lavoro che deve fare in quel corpo assegnatogli dal Karma. Per esempio, per un’anima costruiscono un corpo atto alla manifestazione del genio, per un’altra, un corpo inerte come pietra, ma non sta ai Reggenti di rendere l’uomo buono o malvagio, felice o infelice, loro unico compito è quello di guidarlo a fare un passo avanti nell’evoluzione.
I Reggenti seguono anche i vari tipi di Karma cui i vari individui possono essere mutualmente legati. I vincoli più comuni sono quelli dell’amore e dell’odio, vi sono inoltre vincoli di casta e di razza nonchè vincoli di lavoro o di servizio. Per esempio, un individuo nato in una nazione è aiutato o ostacolato dal Karma speciale che quella nazione si è creata nei secoli. I seguaci di Giulio Cesare, di Napoleone, ecc. saranno attirati da legami karmici verso il loro capo, nelle successive incarnazioni di questi per continuare il lavoro di collaborazione e realizzare il loro sogno della vita. Il Karma presenta tanti aspetti occulti che sembrano astrusi, ma una cosa è però certa: che nessuno soffre senza averlo meritato. Se la legge esige sofferenza, nulla potremo fare per impedirne il funzionamento. Noi però potremo essere i messaggeri scelti a portare soccorso karmicamente dovuto ad uno che ha finito di pagare il suo debito di dolore. Noi siamo soliti guardare soltanto agli effetti del male, dovremmo risalire invece ad esaminare le cause che creano il Karma, per estirparle.
Patanjali ci indica nel sutra 12 del 20 libro i 5 ostacoli che l’uomo deve eliminare per affrancarsi dal Karma e conseguire la liberazione dalla: l. Ignoranza; 2. Senso della personalità; 3. Desiderio; 4. Odio; 5. Attaccamento. Quando l’ignoranza viene sostituita dalla Saggezza, l’odio causato dal senso di separatività è sostituito dall’amore che rivela l’unità sotttostante a tutte le forme, il Karma non viene più prodotto e l’uomo marcia verso la luce.Invece l’uomo suole identificarsi generalmente con ciò che e materiale e dimentica la sua natura divina. Se anche non possiamo eliminare il karma, cerchiamo almeno di conoscere le sue leggi e agiamo ragionevolmente per crearci un destino migliore,e un avvenire più nobile. Ricordiamoci che come il pensiero è un potere creatore e costruisce il carattere, così il carattere è il fattore principale della nostra felicità. Un carattere nobile, fortemente volitivo, fa prevedere un grande destino. Noi possiamo prepararlo quale lo desideriamo, poiché la scelta è nelle nostre mani.
La rincarnazione
La concezione del ritorno ciclico sulla Terra, chiamata comunemente rincarnazione, completa il principio della immortalità e lo trascende, dandoci un concetto più esatto del processo che non Puo svolgersi in una sola vita terrena. Presso antichi popoli vi era la credenza della trasmigrazione delle anime; ce ne danno notizia Platone, Pindaro, Pitagora il quale ne fece un dogma della sua Scuola. Alcuni autori, studiosi di esoterismo, sono d’accordo nel riconoscere che nei Rig-Veda, antichissime scritture sacre Indù si rilevano pochi passi che parlano della trasmigrazione delle anime, mentre se ne trovano molti che trattano dell’immortalità dell’Anima.
“Se l’uomo ha fatto delle opere che conducono al mondo del Sole, l’Anima si avvicina al mondo del Sole; se ha fatto opere che portano al Creatore, va nel mondo del Creatore. Così l’Anima va nel mondo cui appartengono le sue opere. A che serve dunque, avere quaggiù desideri e cercarvi piaceri sensuali? Liberatevi dai vostri desideri! Abbandonandovi senza pudore ad ogni voluttà voi non fate che intessere, morendo, nuovi legami con altri corpi e con altri individui. Non c’è fonte di pace e di salvezza che nella conoscenza del Creatore”.
La dottrina della Rincarnazione la troviamo in tutte le Religioni sia nell’aspetto esoterico che exoterico:
Indù – Come l’Anima, rivestita di questo corpo materiale, sperimenta gli stadi dell’infanzia, delle giovinezza, della virilità e della vecchiaia, così, quando sarà tempo, passerà ad un altro corpo, ed in altre incarnazioni rivivrà, si muoverà e rappresenterà la sua parte… Come uno si disfa dei suoi vecchi abiti, sostituendoli con dei nuovi più belli , così anche l’abitante del corpo, dopo aver abbandonato la sua vecchia casa mortale, va ad abitare in altra nuova e pronta per riceverlo. (Bagavad Gita 11, 22).
Ebraica – Dicono che tutte le Anime sono incorruttibili, ma che quelle degli uomini buoni sono soltanto trasferite in altri corpi e che le anime degli uomini malvagi sono soggette a castigo eonico. (De Bello Judaico, II, 8).
Buddista – Se la tua mente è completamente libera, tu non entrerai di nuovo nella nascita e nella decadenza. (Dhammapada, VII, 8).
Cristiana – “Ma io vi dico che Elia è già venuto ed essi non lo hanno riconosciuto. Anzi hanno fatto a Lui tutto ciò che hanno voluto”; allora i discepoli intesero che Egli aveva loro parlato di Giovanni Battista. (S. Matteo, XVI, 13, 14).
Islamica – Dio genera gli esseri e li rimanda indietro molte volte fino a che ritornano a Lui. (Corano, 11, 28).
Per la religione Cristiana è da considerare anche il significato della risposta data da Gesù a Nicodemo che gli chiedeva se il cieco nato aveva peccato lui o i suoi genitori. Questa domanda implica che la credenza nella rincarnazione esisteva già ai tempi della predicazione. Fu il 2° concilio di Costantinopoli del 553 che riprese le decisioni del Sinodo del 531 e vietò la credenza nella rinascita. Secondo la concezione cristiana, dopo la morte l’anima entrerebbe in uno dei tre stadi: inferno, purgatorio, paradiso, per essere punita o ricompensata in relazione alla sua condotta tenuta in vita.
In contrasto con questa concezione fideistica, la Dottrina Occulta afferma invece che ognuno crea il proprio inferno, purgatorio o paradiso, crea cioè la propria coscienza che, dopo la morte, porta l’anima al livello che le consente il suo ideale peso specifico, da dove poi avanzerà mediante un intimo lavorio di autorimorso e perfezionamento spirituale. D’altra parte, questi stadi dell’inferno e del purgatorio non potrebbero essere eterni, perchè una causa finita e momentanea non può produrre effetti infiniti. L’elevatezza della coscienza, di ogni singolo indica un piano ed una meta raggiunta per arrivare alla perfezione che non potrebbe realizzarsi in un’unica esistenza, anche se lunga e fruttuosa. Perciò vediamo nella pluralità delle vite terrene di un’anima la condizione necessaria per la sua educazione e per i suoi progressi.
Il principio divino, che risiede in ogni individuo, si rincarna molte volte (in razze, nazioni, professioni e condizioni sociali e sesso diversi) prendendo dimora in corpi che permettono di prendere coscienza di sè stesso e di giustificare anche che l’individuo è stato creato ad immagine e somiglianza di Dio, cioè formato di un’anima eterna che usa per evolversi corpi distruttibili. Con i suoi sforzi, con le sue lotte e sofferenze, l’anima si riscatta dallo stato di imperfezione, di inferiorità e di involuzione e gradatamente si innalza prima sulla terra, poi attraverso le innumerevoli dimore del Cielo. Nascere, morire e rinascere costituiscono il ciclo della costruzione delle nostre coscienze attraverso il tempo e lo spazio; la rinascita è il mezzo con cui la Grande Legge porge a noi l’occasione di poter correggere gli errori commessi nelle esistenze precedenti e ristabilire così l’equilibrio nelle condizioni che avevano turbato, riprendendo la lezione al punto in cui l’avevano lasciata nella precedente vita.
In ogni esistenza raccogliamo il frutto delle precedenti e seminiamo per le prossime. Morte e rinascita non sono che due punti di fasi successive del nostro continuo rinnovamento, in quanto da un’esistenza ad un’altra ciascuno porta nella sua più alta coscienza il succo distillato delle proprie virtù, delle conoscenze ed esperienze fatte, nonchè il bagaglio delle proprie colpe. Ciascuna incarnazione è come un anello di una catena, come un periodo determinato (dal punto di vista dell’anima) in cui esperimento, esperienza, espressione, sono le note fondamentali in ogni incarnazione. Ad ogni successivo ritorno sulla terra si riprende l’esperimento, si approfondisce l’esperienza e si collega più intimamente l’espressione alla divinità latente in via di sviluppo. Il periodo di tempo che intercorre fra la morte e la rinascita dura finchè l’essere in tale stato non abbia completamente esaurito il groviglio di materia astrale o mentale che ha accumulato nella vita sulla terra. Cessato l’alimento di queste forze, la vita nel mondo eterico cessa e l’essere è convogliato nella corrente della rinascita che lo porta sulla terra, nelle condizioni di ambiente adatte al grado di sviluppo e di evoluzione dell’Ego.
La presenza nel mondo astrale è relativamente breve, mentre nel mondo mentale va da 100 a 800 anni e anche fino a 1000. Un bambino può anche rincarnarsi subito. Nei periodi di vita celeste le esperienze fatte durante la vita terrena si trasformano in facoltà e la loro memoria, impressa negli atomi permanenti, va ad arricchire il tesoro spirituale dell’Ego. La rinascita si svolge secondo la legge di evoluzione ed è intimamente connessa alla legge del Karma, e da questa condizionata; ciò spiega la diversità di circostanze e di orientamenti verso la vita come il fenomeno dei fanciulli genio e di quelli prodigio che sanno esprimere con lampi di intuizione le sorprendenti produzioni scientifiche della loro innata intelligenza.
Ecco alcuni esempi nel campo musicale: Haedel a 10 anni compose dei motivi giudicati degni di essere cantati nella Chiesa. Mozart a 4 anni era già capace di eseguire una suonata, a 11 anni scrisse due pezzi di opera: la Finta Semplice, Bastiano e Bastiana. Beethowen a 10 anni fu pianista avendo superato tutte le difficoltà della tecnica e dell’espressione melodica. Paganini a 9 anni aveva già la maestria del violino.
Nella pittura: Giotto, Michelangelo; quest’ultimo a 8 anni aveva raggiunto la tecnica perfetta del suo Maestro il Ghirlandaio. Rembrandt disegnava a meraviglia, per istinto naturale, prima ancora che sapesse leggere. Marcello Lavillard a 12 anni espose al Salone il suo primo quadro; tanta la sua tecnica e l’ispirazione erano perfette.
Nella Scienza: Leonardo da Vinci a precorso i tempi con invenzioni e soluzioni intuitive in svariati campi di applicazione, Pascal a 13 anni aveva ritrovato da solo le 32 proposizioni di Euclide e pubblicato un trattato sulle sezioni coniche. Newton scoprì la legge di gravità e il calcolo infinitesimale. Infine nella letteratura troviamo Victor Hugo, Giacomo Christon, Pico della Mirandola.
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