< Il mistero dell'uomo: "L'arte di morire e il karma" >
– di Anonimo – Parte quarta
Il mistero dell’uomo:
“L’arte di morire”
(di Anonimo)
– Parte quarta –
– L’arte di morire –
A tutti gli esoteristi incombe un dovere: essere preparati ad affrontare il grande passo finale
sapendo che non è l’Anima che muore ma il nostro corpo fisico. Al riguardo riporto alcuni versi
della Bhagavad Gita:
“Mai lo Spirito nacque, mai cesserà di esistere. Mai vi fu tempo in cui egli non fosse. Fine e
principio sono sogni. Non nato, eterno, immutabile lo Spirito resta. La morte non l’ha neppure
sfiorato, sebbene morta appaia la sua dimora” (canto 11, 20). “
Convincendoci che l’Io non muore, il corso della nostra vita terrena rimane modificato, poiché ci
toglie l’incertezza e la paura del trapasso, e ci assicura che la vita continua nella conoscenza,
per cui il paradiso è dentro di noi che lo costruiamo giorno per giorno.
Dobbiamo imparare a mantenerci accentrati nella testa mediante la visualizzazione e la meditazione,
imparare anche a concentrare le energie vitali al di sopra del diaframma, nel centro del Cuore, con
l’intento di annullare il potere di attrazione da parte del plesso solare che è il centro
dell’emotività.
Prima di disporsi al sonno ritirare la coscienza nella testa.
Educare la Volontà del corpo mentale ad intervenire all’atto del trapasso per impedire alla materia
astrale di organizzarsi a strati più densi verso la periferia che imprigionano l’Anima, ma di
restare diluito in miscuglio con particelle di sostanza mentale in modo da mantenere spiragli aperti
per poter comunicare con tutti i mondi e ricevere le relative vibrazioni.
Per quanto riguarda chi assiste un morente, si consiglia il Silenzio assoluto, affinchè l’Anima
possa fare la debita preparazione per la sua dipartita dal piano fisico. Possono essere usati alcuni
Mantram o pensieri di amore che facilitano il trapasso. Il Cristo diede un esempio del loro uso,
quando esclamò: “Padre, nelle Tue Mani rimetto il mio Spirito”.
Un altro esempio lo abbiamo nelle parole: “O Signore, lascia che ora il Tuo Servo se ne vada in
pace”.
La legge del Karma
La Dottrina spirituale ci presenta l’universo come una espressione di energia. L’elettrone è
energia, che cambia continuamente trasformandosi in luce, calore, elettricità. Anche l’uomo è un
centro di energia che egli assorbe e trasforma in movimenti e attività del suo corpo. Questa energia
è benefica quando è utilizzata per un’azione benefica cui diamo il nome di bene; quando è adoperata
a fare danno ad altri diamo a quest’uso il nome di male.
L’uomo durante la sua vita, perciò, trasforma l’energia universale in bene e male.
In questo processo vi sono delle relazioni fra cause ed effetti che sono regolate tutte da una legge
che, peraltro, regola tutta l’attività cosmica e va sotto il nome di Karma.
La parola Karma, dal termine sancrito Kry, significa creare, fare, agire, nel senso di indicare
l’effetto che segue alle azioni da noi compiute, allo stesso modo come le azioni seguono ai pensieri
da noi formulati. Azioni ed effetti sono strettamente uniti; si tratta di due parti di uno stesso
fatto, una visibile, l’altra invisibile. Disse il Budda che il voler separare l’azione dai risultati
è come voler separare il suono del tamburo dal tamburo stesso. L’azione è preceduta da qualche cosa
di inevitabile, la causa, il movente, ed è seguita da un fatto visibile, la conseguenza.
Le leggi fatte dall’uomo impongono di fare e non fare e comminano una sanzione per l’inadempiente;
la legge del Karma invece è una legge di natura e agisce differentemente, formando concatenazioni
logiche conseguenti.
Al riguardo, l’esempio più comune è quello del ragazzo che persiste di voler toccare una stufa
accesa. Si scotterà la mano; ciò è la conseguenza di una legge naturale che il ragazzo non conosce,
non una punizione.
La legge del Karma adatta l’effetto alla causa sul piano fisico, mentale e spirituale
dell’individuo. Secondo questa legge il male è una infrazione alle leggi dell’armonia che governano
l’universo. Il violatore di questa legge deve sopportare le conseguenze.
Vi è un potere misterioso in questa legge che conduce, per vie inavvertite, dalla colpa al castigo,
anche se questo debba verificarsi in una vita successiva. Infatti ciascuno di noi oggi è quello che
è a causa delle esperienze vissute nel passato i cui effetti sono impressi nella struttura del
carattere.
Esperienze che, quantunque non ricordate dalla memoria, non sono andate perdute per noi perchè esse
vanno a far parte del materiale di cui la nostra mente è composta e che esistono sotto forma di
caratteristiche, sentimenti, inclinazioni piacevoli o spiacevoli, attrazioni repulsioni ecc.
L’anima, passando da una vita ad un’altra, apprende nuove lezioni, raccoglie nuove esperienze e
impara a riconoscere la pena che deriva dalle azioni non rette e la felicità che accompagna le
azioni buone e corrette.
Gli insegnamenti orientali considerano la vita una potente unità e il Karma come la grande legge che
opera e si manifesta attraverso queste unità e ciò perchè nell’universo tutto è ritmo, simmetria,
reciprocità, armonia.
Quando il Buddismo insegna che il Karma è quel nucleo morale di ciascuno che solo sopravvive alla
morte e continua nella rincarnazione, ciò significa semplicemente che nulla rimane dopo ciascuna
personalità, salvo le cause prodotte da essa, le quali non possono venir eliminate dall’universo,
finchè non vengono bilanciate dai loro effetti legittimi e spazzate via da essi.
Quelle cause, non compensate da effetti adeguati durante la vita della persona che le ha prodotte,
seguiranno l’Ego reincarnato e lo raggiungeranno anche nelle vite successive, finchè non sarà
ristabilita una completa armonia tra effetti e cause.
Gli eventi sono tutti collegati fra loro e congiunti in una serie ininterrotta di cause. Quando, da
una città all’altra viene trasmesso un telegramma, quando il tram ci porta da un punto ad un altro,
noi sappiamo che una certa energia ha prodotto l’effetto.
Sappiamo poco dell’elettricità che genera tale effetto, ma sappiamo che agisce in accordo con altre
leggi. Il movimento della nave che naviga a vela è causato dal vento, il vento è generato dalla
differenza di temperatura fra due luoghi, la temperatura dal sole ecc. e qui ci fermiamo perchè non
conosciamo l’antecedente di questa.
La catena delle cause e dei susseguenti effetti è in realtà senza fine. Ogni fatto nell’universo, e
quindi anche la vita umana, è inseparabilmente connesso con questa infinita serie che si estende nel
passato e nel futuro. La scienza e la religione non sanno spiegarci il perchè di certi oscuri
destini che sembrano senza speranza in esseri puri e innocenti, destini di condanna che sembrano
accusare l’incoscienza della creazione e l’ingiustizia della Divinità.
Non ci sanno dire il perchè di tante disparità e manchevolezze fisiche e morali, disparità di mezzi
materiali e spirituali. Non ci sanno spiegare il perchè del dolore umano. Gli uomini dicono: “E’ il
destino”; ma essi non conoscono le lontane radici, nè sanno quale vibrazione sospinta da una
infinita catena di onde sia il nostro presente.
Per le nostre attività noi facciamo uso di energie e sostanze della vita divina che fluisce
costantemente in noi. Quando, di queste energie, ne facciamo uso contrario alla legge divina, noi
creiamo l’imperfezione, la disarmonia nel piano delle forze invisibili che alimentano e regolano la
vita una.
Queste discordanti attività dell’uomo si vanno ad imprimere nella sostanza universale che le
restituisce alla fonte, cioè all’uomo stesso per mezzo dei 4 elementi: aria, acqua, terra, fuoco.
Questa corrente di ritorno o di restituzione non manifesta subito i suoi effetti, in quanto si
accumula nell’atmosfera sia intorno al corpo fisico delle persone, che intorno alla terra e al
momento opportuno produce un vortice purificatore che, agendo col suo elemento di fuoco sulle carni
dell’uomo, produce dolore.
Mentre quando agisce nell’atmosfera produce cataclismi, terremoti, alluvioni, guerre, quindi dolore
collettivo che ristabilisce l’ordine cosmico turbato.
Queste attività di reazione sono il metodo che la natura segue per purificarsi, disfacendosi della
contaminazione di pensieri e sentimenti di odio, vendetta, collera di cui ribolle il genere umano. A
chi adopera costruttivamente la sostanza e l’energia divina, queste gli verranno rese sotto forma di
gioia, di pace, di ricchezza, di benessere, di felicità.
I pensieri, i desideri, le azioni rappresentano le attività umane che formano le cause motrici degli
effetti che occupano il campo della evoluzione; quindi la formazione del pensiero, del desiderio e
dell’azione fanno capo a tre leggi sussidiarie del Karma di cui diamo qualche cenno:
1° Il pensiero è il potere che costruisce il carattere: come noi pensiamo tali siamo. Questo trova
conferma nell’autorità della tradizione e nelle antiche Scritture in cui è detto: L’uomo è creato
dal pensiero, l’uomo diventa ciò che pensa”.
Nella Bhagavad Gita è detto: “L’uomo è costruito dalla sua fede; quale è la sua fede, così egli è
pure”.
Il potere del pensiero è il potere della creazione. Dio fece i mondi col suo divino pensiero, noi
costruiamo i nostri piccoli mondi col pensiero umano. Se gli uomini sapessero adoperare il potere
del pensiero, la loro evoluzione sarebbe rapida.
Chi emette un buon pensiero riceve una corrente di ritorno buona, mentre chi genera un cattivo
pensiero non ha questo godimento interiore. Perciò il nostro presente è frutto del passato. I
pensieri sono come i semi che cercano di germogliare e svilupparsi in bocciuoli, in fiori e frutti.
Le azioni di questa vita possono rappresentare soltanto il parziale sviluppo del seme-pensiero che
pertanto mantiene la possibilità di interessare anche vite future; ciò rappresenta una dilazione del
Karma, come il fido bancario dilazionato in tante rate.
L’uomo non dovrebbe attaccarsi ai frutti dell’azione; gli Yogi esprimono questo concetto con
l’allegoria dei semi cotti al forno, dimostrando che con la cottura i semi perdono la proprietà di
germogliare, mentre possono servire soltanto per la nutrizione.
2° La forza che chiamiamo desiderio, o volontà, attrae insieme noi l’oggetto desiderato, perciò ci
costringe a muoverci lungo il luogo ove esso si trova e la nostra brama può essere soddisfatta. Il
desiderio è l’unico potere motore nell’universo. Lo troviamo presente nelle composizioni chimiche,
nella calamita che attira il ferro dolce, nelle forze di coesione e di repulsione.
Questo desiderio, quando è guidato dall’interno, da esperienze accumulate e ponderate dalla ragione,
lo chiamiamo volontà.
Ogni cosa che noi desideriamo possedere viene dallo stesso desiderio attratta verso di noi. Questo
fatto non possiamo vederlo nel limite di una sola vita, ma è in una vasta successione di vite che la
forza del desiderio conduce l’uomo dove esso può venire a contatto con l’oggetto dei suoi desideri.
Il desiderio crea in tal modo per noi le occasioni nella vita.
Il monito che ci viene dall’insegnamento occulto è: “siate cauti nel vostro desiderio”.
L’uomo avanza sospinto dal desiderio e nel momento in cui afferra l’oggetto agognato, questo si
infrange e ne segue delusione e dolore. Nulla è più dannoso per il progresso che il perdere la
facoltà di desiderare che sia fatta la volontà di Dio.
3° Le nostre azioni verso gli altri, recando a questi felicità o dolore, hanno per effetto
corrispondente di procacciare a noi felicità o dolore. Così noi raccogliamo quello che abbiamo
seminato e ciò non come una punizione o premio dei nostri errori, o delle nostre benemerenze, ma
come un risultato della nostra attività, come effetto che segue la sua causa, e poichè la nostra
natura e le circostanze che ci riguardano sono determinate da noi stessi, non dobbiamo rimproverare
o lodare che noi stessi che forgiamo il nostro destino piacevole, o spiacevole, a seconda delle
cause che abbiamo messo in moto e perciò noi siamo puniti o ricompensati non per le nostre azioni,
ma dalle nostre stesse azioni.
Nel corso della nostra vita l’effetto di ogni causa derivante dal pensiero, dal desiderio e
dall’azione non sempre è immeditato nel tempo e nello spazio, ma spesso è ritardato, o diluito, da
cause contradditorie e così intorno a noi vengono ad accumularsi cause che formano delle entità
autonome e che tendono continuamente a vincolarci, per poi produrre effetti benefici o malefici al
presentarsi del momento opportuno in questa o in sucessive esistenze. E’ come una matassa
aggrovigliata che non sempre può essere subito dipanata.
Nel maggior numero delle umane vicende convergono molte correnti del passato a sospingerci in
diverse direzioni e ad esse si frammischiano pensieri, desideri e azioni del presente.
Avviene, quindi, spesso, che forza, pensiero e desiderio del momento siano appunto sufficienti per
equilibrare il peso opposto della bilancia.
Ora noi viviamo sotto l’influenza di un duplice ammasso di karma: uno allo stato latente, che
aspetta l’occasione per esaurirsi e l’altro che produce già i suoi effetti.
Ad ogni istante possiamo introdurre nuovi fattori nell’equazione della vita, modificando le
risultanze di tutte le forze da noi messe in moto. Questo complesso di forze imponderabili e
ultrasensorie, fra loro connesse in funzione di equilibrio, formano il campo dell’etica; se per
essere troppo impalpabili e sottili sfuggono alla giustizia umana, un altro piano di equilibrio più
sensibile, costituito dalla giustizia divina nel nostro destino, invece le pesa, le registra e ce ne
impone la risultanza in forma di gioia e di dolore.
Il karma e il dolore
Il dolore assorbe le reazioni liberamente da noi eccitate nel passato ed opera la progressiva
armonizzazione e attuazione della legge, opera cioè la nostra purificazione. Così l’attività della
legge del Karma diventa un processo equilibratore automatico che governa tutte le forze e serve a
spiegarci tante condizioni apparentemente ingiuste come il rapporto di dipendenza o di supremazia,
gli aiuti spontanei, il senso arcano, la devozione incondizionata e il rispetto verso alcune
persone, la povertà, la ricchezza, ecc.
Per il fatto che noi siamo membri di una famiglia, di una nazione, dell’umanità, si formano dei
rapporti reciproci; per cui le vie dei nostri destini spesso corrono parallele; in un dato momento
convergono, si intersecano, indi divergono per poi incontrarsi di nuovo dopo millenni, nel groviglio
del concatenamento delle azioni che si susseguono nel tempo e nello spazio, in connessione al
funzionamento dell’universo.
Ogni nostra vita terrena contiene le prove necessarie proporzionate e adatte per il ristabilimento
dell’equilibrio carmico e per ascendere dalla materia allo spirito. (Prove dilazionate in più
esistenze ecc.).
Così, ad esempio, se un uomo nuoce in modo grave ad una donna sarà certo di rincarnarsi in forma
femminile e di passare per una esperienza adeguata affinchè si renda conto, sulla propria pelle,
delle sofferenze inflitte ad altri; e viceversa se una donna nuoce ad un uomo.
E qui vi riporto le parole di Alcione: “Capricci e amori di tutti i generi ebbi ai miei cenni,
nessuna cosa pura potè salvarsi da me. Profanai ogni castità, schernendo le creature umane umilmente
fedeli. Esaurite tutte le soddisfazioni mi rincarnai in una donna. Mai soddisfatta dalla monotonia
di un solo amante, ebbi molti adoratori e languendo nell’amore trascorsi la vita, patii le
sofferenze della maternità, il dolore di perdere un bambino e la vecchiaia, l’abbandono e
l’indifferenza degli antichi amanti”.
Altro esempio: un egoista, o avaro, o un uomo crudele che cercò soltanto per sè stesso ed arrecò
danni ad altri, nascerà in condizioni tali che per mezzo della sofferenza imparerà a conoscere
l’unità della vita, la fratellanza umana.
Chi con qualche buona azione cambia il corso della vita di un altro, dovrà sicuramente incontrarsi
ancora con quell’individuo in una vita futura, affinchè colui che egli ha beneficato possa avere
l’opportunità di ricambiare il beneficio ricevuto. Nel continuo alterno riaffacciarsi dell’uomo
sulla terra, la legge di causa ed effetto interviene e ne condiziona la nascita come una potenza
equilibratrice.
Questa legge permette all’uomo di guardare nell’abisso del proprio destino, onde possa meglio
operare. L’uomo ha perciò la libera scelta degli atti e delle vie, libera è l’impostazione delle
cause, ma non è altrettanto libera la scelta della serie delle reazioni e degli effetti che sono
invece imposti irrevocabilmente dalle leggi di casualità, ne deriva che l’uomo e il proprio giudice,
il legislatore, l’arbitro della propria vita, il distributore della propria ricompensa e del proprio
castigo; è ad un tempo stesso proiezione e schermo.
Il Karma, quale grande legge di giustizia, è amministrato da Intelligenze invisibili, chiamati
Reggenti del Karma, che non puniscono, ma coordinano soltanto le forze del passato dell’individuo
affinchè tali forze, nel nuovo loro raggruppamento quando l’uomo rinasce, lo aiutino a fare un passo
avanti verso la sua perfezione per raggiungere la meta o destino finale.
I Reggenti del Karma scelgono anche i fattori necessari e distribuiscono karma con compassione e
saggezza; scelgono tra i fattori forniti dai genitori del nascituro quelli che saranno più utili
all’Anima per la lezione che deve imparare e il lavoro che deve fare in quel corpo assegnatogli dal
Karma.
Per esempio, per un’anima costruiscono un corpo atto alla manifestazione del genio, per un’altra, un
corpo inerte come pietra, ma non sta ai Reggenti di rendere l’uomo buono o malvagio, felice o
infelice, loro unico compito è quello di guidarlo a fare un passo avanti nell’evoluzione.
I Reggenti seguono anche i vari tipi di Karma, cui i vari individui possono essere mutualmente
legati. I vincoli più comuni sono quelli dell’amore e dell’odio, vi sono inoltre vincoli di casta e
di razza nonchè vincoli di lavoro o di servizio.
Per esempio, un individuo nato in una nazione è aiutato o ostacolato dal Karma speciale che quella
nazione si è creata nei secoli. I seguaci di Giulio Cesare, di Napoleone, ecc. saranno attirati da
legami karmici verso il loro capo, nelle successive incarnazioni di questi per continuare il lavoro
di collaborazione e realizzare il loro sogno della vita. Il Karma presenta tanti aspetti occulti che
sembrano astrusi, ma una cosa è però certa: che nessuno soffre senza averlo meritato. Se la legge
esige sofferenza, nulla potremo fare per impedirne il funzionamento.
Noi però potremo essere i messaggeri scelti a portare soccorso karmicamente dovuto ad uno che ha
finito di pagare il suo debito di dolore. Noi siamo soliti guardare soltanto agli effetti del male,
dovremmo risalire invece ad esaminare le cause che creano il Karma, per estirparle.
Patanjali ci indica nel sutra 12 del 20 libro i 5 ostacoli che l’uomo deve eliminare per affrancarsi
dal Karma e conseguire la liberazione dalla:
l. Ignoranza;
2. Senso della personalità;
3. Desiderio;
4. Odio;
5. Attaccamento.
Quando l’ignoranza viene sostituita dalla Saggezza, l’odio causato dal senso di separatività è
sostituito dall’amore che rivela l’unità sotttostante a tutte le forme, il Karma non viene più
prodotto e l’uomo marcia verso la luce.Invece l’uomo suole identificarsi generalmente con ciò che e
materiale e dimentica la sua natura divina. Se anche non possiamo eliminare il karma, cerchiamo
almeno di conoscere le sue leggi e agiamo ragionevolmente per crearci un destino migliore, e un
avvenire più nobile. Ricordiamoci che come il pensiero è un potere creatore e costruisce il
carattere, così il carattere è il fattore principale della nostra felicità. Un carattere nobile,
fortemente volitivo, fa prevedere un grande destino. Noi possiamo prepararlo quale lo desideriamo,
poiché la scelta è nelle nostre mani.
Lascia un commento