IL NOCCIOLO E LA BUCCIA
di Anonimo
Possiamo, per comodità, descrivere il nostro essere come composto da due
parti : l’anima e la personalità. Quando l’anima entra per la prima volta
nell’incarnazione ed assume un veicolo (composto da corpo fisico, eterico,
astrale e mentale), si forma una specie di “io” riflesso, chiamato dagli
antichi pensatori “ombra” del vero Ego.
È una sorta di schizofrenia divina e, per un fenomeno automatico di
identificazione, l’Ego dimentica il suo vero stato e crede di essere ciò che
cade sotto il suo esame oggettivo. È un fenomeno dovuto alla mente, la quale
essa stessa, dimentica di essere solo uno strumento, crede di essere un dio,
il solo e vero dio.
Gli gnostici hanno fatto un lungo elenco di dèi formatisi per successive
emanazioni nelle “sfere” o mondi creati dall’attività primordiale, ognuno
dei quali ritiene di essere il solo, vero, unico ed originale “sole
centrale”.
È un lungo discorso che qui è fuori sede. Ogni uomo, come microcosmo,
ripropone lo stesso schema per cui, alla fine, la personalità, l’ombra, dopo
aver dimenticato la sua origine, crede di essere l’unico centro della
manifestazione. Da qui il conflitto originale tra l’aspetto oggettivo e
quello soggettivo. Tutto ciò che rientra nella sfera del proprio corpo
fisico è ritenuto soggettivo, tutto ciò che con i sensi percepisce come
mondo esterno è invece oggettivo, e quindi deve, secondo la personalità,
essere subordinato. Da qui il conflitto dentro la mente stessa.
La mente, che per sua natura è “super partes” riguardo alla totalità delle
informazioni che sono nella sua “banca dati”, si identifica con una serie
parziale di dati che chiama “io” contrapposta ad un’altra serie che chiama
“non-io”. Il conflitto in pratica, prima di diventare “esterno”, tra un uomo
e l’ambiente che lo circonda, è interiore.
Durante la sua peregrinazione terrena (voluta da Dio per la sua formazione)
l’anima contravviene alla Legge. Ciò provoca reazioni ambientali che
finiscono per incatenare il suo veicolo di comunicazione energetica chiamato
“corpo causale”, o anche “veste”. Sono catene reali, catene eteriche che
imprigionano un veicolo pure eterico. Tutto ciò fa sì che l’anima non possa
più controllare perfettamente i veicoli della personalità con conseguenti
limitazioni, disturbi e malattie di vario genere.
La mente non controlla più perfettamente il cervello fisico che diventa
preda di desideri e passioni di livello animale, e comincia a “ribollire”
idee ed ideologie astruse e perniciose.
Quando l’anima ha raggiunto il punto più basso della sua incarnazione e
della sua miseria è giunto il momento della risalita. Essa, comincia a
cercare di liberarsi.
Cerca di agire sui suoi veicoli in base alle forze e le cognizioni che sono
nella sua possibilità di utilizzo, ma ciò non basta. È necessario, ma non
basta. Essa agisce sulla buccia del suo essere, ma non può agire sulla
propria essenza, il nocciolo, perché esso è stato imprigionato e posto fuori
della sua portata a causa del suo mal agire nei confronti della legge, del
mondo e degli altri. Solo Dio può liberarla, Dio per mezzo della Sua Santa
Gerarchia composta da santi e da angeli (per usare una terminologia
cristiana).
Mediante un percorso iniziatico chiamato “omeopatia karmica”, egli viene
curato mediante un sapiente dosaggio di male, ed il processo, simile alla
cura omeopatica normale conosciuta, avviene “a ritroso”.
All’anima sofferente ed itinerante, il “destino” vengono proposti ambienti e
scelte obbligate, durante le quali essa riconosce i suoi errori e paga i
suoi debiti. Ogni reale riconoscimento degli errori inscritti nel suo
subconscio, ogni sostanziale mutamento di visuale rispetto alla vita, fanno
sì che le catene relative vengano tolte.
Così, a poco a poco, mentre i suoi sforzi coscienti lo portano su una via
positiva di amore e di comprensione, il suo “nocciolo” viene liberato, ed
essa ritorna quale era prima di incarnarsi, con la differenza che ora
un’anima vivente cammina sulla terra.
Ora l’anima può divenire un collaboratore cosciente del piano divino ed un
dio vivente essa stessa. L’aspetto soggettivo dell’essere ha conquistato
l’aspetto oggettivo, per formare quello che gli antichi chiamavano
“l’Androgino divino”.
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