IL PARADIGMA OLOGRAFICO 2
da “Enciclopedia olistica”
di Nitamo Federico Montecucco ed Enrico Cheli
Il cambiamento è dovuto a un processo di risonanza o alla tecnica di una terapia?
Uno psicoanalista di New York ha proposto che l’ologramma sia un modello molto valido per spiegare
le intuizioni o i cambiamenti improvvisi che avvengono in psicoterapia.
Edgar A. Levenson ha fatto notare che questi cambiamenti awengono nell’intera gamma delle diverse
tecniche terapeutiche e quindi devono essere causate da qualcosa che trascende la tecnica specifica.
La tecnica, egli aggiunge, non è più che una serie di preparazioni cerimoniali al cambiamento.
“Cambiamenti improvvisi, insidiosi o drammatici non avvengono per conseguenze di nessuna tecnica o
procedimento. Se la vita dipendesse da questo, nessun terapista potrebbe produrre un risultato
terapeutico a comando…. L’esperienza psicoanalitica è capricciosa e non affidabile e così
l’esperienza mistica o esoterica”.
C’è invece una forte sensazione che quando la terapia procede bene stia emergendo una configurazione
elusiva, un potente tema centrale che diventa evidente contemporaneamente a tutti i livelli. Il
terapista non sta dicendo niente di nuovo al paziente ma risuona con qualcosa che il paziente sia
‘già e comincia a mettere più’ chiaramente a fuoco. Il cambiamento risulta come conseguenza
dell’espansione di strutture configurazionali organizzantesi nel tempo”.
La stessa interpretazione del terapista non potrebbe produrre il cambiamento “più che un punto nello
spazio possa formare una linea. Non è tanto che il terapista sia corretto nella formulazione della
sua diagnosi quanto che sia in armonia 0 risonanza con quello che accade al paziente”.
“È come se una grande rappresentazione tridimensionale, codificata spazialmente, dell’esperienza del
paziente, si sviluppi nella terapia scorrendo attraverso ogni aspetto della sua vita, della sua
storia e della sua partecipazione col terapista. A un certo punto c’è una specie di ‘sovraccarico’ e
ogni cosa cade al suo posto.”
La configurazione organizzante, o il tema, è emerso in modo drammatico per il paziente.
In un articolo in Contemporary Psychoanalysis (12:1- 20), Levenson cita il modello olografico di
funzionamento del cervello di Karl Pribram e il concetto del fisico David Bohm di una realtà
olografica, implicata.
Levenson dice che il terapista non ha successo perché dà spiegazioni, lo ha perché espande la
consapevolezza delle possibilità di creare o riconoscere configurazioni (più appropriate della
realtà? n.d.T.). Questa attività di espansione e di risonanza colpisce più da vicino il vero
substrato fisiologico della rivelazione.
Il modello olografico suggerisce un paradigma radicalmente nuovo che potrebbe darci un modo fresco
di percepire e connettere fenomeni clinici che sono sempre stati considerati importanti ma che
venivano relegati all’ “arte” della psicoterapia. L’errore è stato il modello di comunicazione: il
trasporto di un messggio attraverso lo spazio interpersonale”.
Commenti al modello olografico
I parapsicologi Stanley Krippner, Charles Tart e Douglas Dean hanno dichiarato che il modello
olografico è coerente coi loro dati sperimentali, in particolare dove esso postula l’accesso a un
dominio che trascende lo spazio e il tempo. Jule Eisenbud trova che la teoria è troppo
meccanicistica. il fisico Evan Harris Walker ha strutturato una teoria complementare quantomeccanica
dei fenomeni psichici; egli di recente ha trattato specificamente gli eventi subatomici che
avvengono nel cervello: “Quantum mechanical Tuneling in Synapthic and Ephatic trasmission”
(International Journal of Quantum Chemistry 11: 102 – 127).
Terence e Dennis McKenna hanno formulato una teoria correlata nel loro libro “The Invisible
Landscape” (Seabury, 1975), in una sezione intitolata “Verso una teoria olografica del cervello”.
Espandendo la teoria olografica alla possibilità che anche il DNA e gli stessi eventi subatomici
operino su principi olografici.
Melvin Werbach, psichiatra e terapista di biofeedback crede che l’ologramma non sia necessariamente
il modello definitivo, “ma che può servire ad uno scopo molto importante fornendo la possibilità di
una base scientifica a quelli di noi che sono abituati ad una forma di pensiero olistico”.
William McGarey, direttore del A.R.E. Clinic di Phoenix, Arizona, e George Baxter della Graduate
Theological Union di berkeley, California, suggeriscono implicazioni metafisiche di un modello di
risonanza.
Cronologia di un’idea
1714 – Gottfried Whilelm von Leibniz, scopritore del calcolo differenziale e integrale, afferma
l’esistenza di una realtà metafisica soggiacente e generante l’universo materiale. Lo spazio –
tempo, la massa e il movimento della fisica e il trasferimento di energia sono costruzioni
intellettuali.
1902 – William James propone che il cervello filtri una realtà molto più vasta.
1905 – Albert Einstein pubblica le sue teorie.
1907 – Henri Bergson dice che la realtà ultima è un impulso vitale comprensibile solo
all’intuizione. Il cervello filtra una realtà più vasta.
1929 – Alfreed Whithead, matematico e filosofo, descrive la natura come un grande nesso in
espansione di accadimenti che non si esauriscono nella percezione dei sensi. Dualismi come
mente/materia sono falsi, la realtà è inclusiva e intrecciata… e Karl Lashley pubblica le sue
vaste ricerche che dimostrano che una memoria specifica non si trova in un posto particolare del
cervello ma è distribuita in tutto il cervello.
1947 – Dennis Gabor usa il calcolo integrale di Leibniz per descrivere una possibile fotografia
tridimensionale: l’olografia.
1965 – Emmeth Leith e Juris Upatnicks annunciano la costruzione di ologrammi per mezzo dei raggi
laser di recente invenzione.
1969 – Karl Pribram, che aveva lavorato con Lashley come neurochirurgo, propone l’ologramma come
modello dei processi del cervello.
1971 – Il fisico David Bohm, che aveva lavorato con Einstein, propone che l’organizzazione
dell’universo sia olografica.
1975 – Pribram sintetizza le sue teorie con quelle di Bohm in una pubblicazione tedesca sulla
psicologia Gestalt.
1977 – Pribram sottolinea le implicazioni metafisiche unificanti della sua sintesi.
Paradigma olografico – vita/coscienza
di Kerz Dychwald
da ‘The Holographic paradigm’.
Dalla teoria olografica sorgono, secondo me, alcune ipotesi fondamentali circa la vita e la
coscienza:
1) Nulla esiste veramente come energia pura o materia pura.
Ogni aspetto dell’universo non sembra esprimersi né come cosa materiale né come non-cosa materiale
esprimendosi piuttosto come manifestazione vibrazionale o energetica.
Quanto più i fisici quantici guardano in profondità nei mattoni primari con cui è costruito il
cosiddetto ‘mondo fisico’, tanto più scoprono che la linea fra quello che è materia e quello che è
energia non è affatto una linea precisa..
Al contrario, le particelle fondamentali della vita sembrano vivere in una ‘terra di nessuno’ fra
questo stati estremi dell’essere. I mattoni della vita sembrano racchiudere probabilità più che
strati di legno e fogli di metallo.
In modo analogo, più i metafisici guardano in profondità ai mattoni primari del cosiddetto ‘mondo
non-fisico’ psicologico, del corpo e della mente, non sono così distinti come molti di noi credono.
Anche le particelle fondamentali o unità di coscienza sembrano vivere da qualche parte nella terra
di nessuno energetica fra i due stati estremi dell’essere. (Come dirò nella sezione sul tempo, la
materia e l’energia appaiono distinte nel contesto illusorio in cui il tempo è fermato, o non
esiste, o dove la menta umana congela il tempo con i pensieri e le macchine fotografiche).
Questo punto suggerisce che i vari aspetti dell’universo si esprimono in forma di strutture
energetiche che si mescolano fra loro, a volte distinguendosi le une dalle altre ma sempre
contenendo informazioni che ne definiscono la natura, lo spirito, lo stile, la consistenza e in
definitiva l’identità. Come suggerisce Buckiminster Fuller: “Sembro essere un verbo”.
2) Ciascun aspetto dell’universo è un tutto in sé, un essere intero, un sistema compiuto in sé che
contiene al suo interno una riserva completa di informazione su se stesso.
Quest’informazione non esiste necessariamente nell’ambito di un sistema nervoso centrale come fatto
o teoria, ma può esistere come informazione energetica o vibrazionale.
Questo punto è particolarmente provocatorio per due importanti ragioni. Primo, la scienza
pre-olografica ha proposto l’esistenza di due categorie generali di materia, quella vivente e quella
non vivente.
In questa struttura, i cosiddetti sistemi viventi vengono intesi come un tutto biologico
fondamentalmente intelligente, mentre i sistemi non-viventi non possederebbero alcuna di queste
caratteristiche. Poiché, invece, tutti gli aspetti delI’universo sarebbero espressioni energetiche,
la rigida linea fra vivente e non-vivente in qualche suo modo primario.
Il secondo punto di sfida ha a che fare con la constatazione che ciascun aspetto dell’universo
contiene e riceve informazione.
Ancora una volta, partendo dalla struttura conoscitiva pre-olografica osserviamo una sorta di
‘chauvinismo umano’ che afferma che se hai due braccia, due gambe ed un cervello di una certa
proporzione relativa al peso del corpo, e stai eretto, ti riproduci sessualmente, ecc., allora
soltanto sei un essere vivente e puoi conoscere.
Nell’ambito di questo nuovo paradigma, invece, ogni cosa non solo è vivente ed esiste come un tutto
in sé, ma è anche informata, in grado cioè di conoscere (knowledgeable), attraverso modalità
informative ed energetiche. Non sto proponendo qui che un sassolino abbia conoscenza di se stesso
allo stesso modo in cui io conosco me stesso. Comunque possiamo osservare in diverse comunità di
animali e di insetti sistemi alternativi di autoconoscenza e di espressione simili a quelli
praticati dagli umani. Per esempio, un sasso può autoconoscersi in maniera del tutto simile ad uno
sciame di api che utilizza elaborati movimenti vibrazionali e strutture energetiche per comunicare
al suo interno, in quanto sciame sprovvisto di sistema nervoso centrale e di proprietà di
comunicazione lineari.
Dovremmo anche ricordare che la semplice dimensione non è un fattore determinante nell’esperienza di
totalità. Un cerchio è un cerchio senza riguardo a quanto è grande. Pertanto, non solo le più
piccole particelle atomiche debbono essere considerate un tutto cioè sistemi intelligenti e viventi,
ma dobbiamo anche vedere il pianeta terra, il sistema solare e la galassia in cui viviamo come un
essere vivente, un tutto auto-conoscente ad un livello energetico primario.
3) Ciascun aspetto dell’universo sembra essere parte di un essere più grande, di un sistema più
complesso ed esauriente.
Se i primi due punti sono validi, allora questa ne è la diretta conseguenza. Infatti, se riteniamo
che ciascun aspetto dell’universo, piccolo o grande che sia, è un essere vivente, vibratoriamente
intelligente, dobbiamo renderci conto che l’universo è composto da un incommensurabile numero di
insiemi, sottoinsiemi e sistemi interconnessi.
Sino a che l’universo si rivela illimitato, possiamo aspettarci che ci saranno schemi olografici
sempre più grandi e più vasti all’interno dei quali esistono gli altri sistemi. Se questo non
bastasse, dobbiamo affrontare la strabiliante nozione secondo cui il nostro universo illimitato
potrebbe esso stesso essere una minuscola particella atomica all’interno di un altro sistema
olografico incommensurabilmente grande.
Questa particolare nozione suggerisce il tradizionale sistema di macrocosmo microcosmo: ciascun
sistema è espressione della dinamica delle sue parti, ciascun sistema olografico sussunto è composto
da molti altri sistemi completi che, in questo sistema più vasto, si esprimono come parti.
Se ogni unità può contenere parti diverse e ciascuna totalità è fondamentalmente autointelligente,
ne consegue che ciascun sistema olografico è energeticamente conoscibile riguardo a tutte le sue
parti.
4) Poiché ciascun aspetto dell’universo esprime se stesso vibratoriamente e tutte le espressioni
vibratorie si intersecano con l’ologramma originario, ciascun aspetto dell’universo contiene
informazioni circa il tutto e gli insiemi in cui esiste.
Per di più, l’espressione vibrazionale di ciascuna unità olografica è un’affermazione di pura
informazione, possiamo aspettarci che ciascun particolare sia in relazione a ogni altro aspetto
particolare all’interno dell’ologramma originario.
Pertanto, non solo ciascun aspetto dell’universo esiste come asserzione individuata in sé, ma
contiene al suo interno una riserva completa di informazione, che possiamo tradurre come una
comprensione di fondo della natura esistenziale del resto dell’universo… Detto semplicemente,
ciascuna parte non è identica alle altre, ma conosce piuttosto in modo primario gli altri sistemi
olografici alla presenza dei quali esiste.
5) All’interno del paradigma olografico, il tempo non esiste come momenti che si susseguono
ticchettanti, che viaggiano eternamente in modo lineare, da “ora” a “dopo”. Al contrario, il tempo
potrebbe esistere con movimenti multidimensionali in molte direzioni simultaneamente.
Questa nozione mette in evidenza che è il nostro intelletto che ci imprigiona nel tempo, collegando
il concetto di tempo al decadimento biologico e alla morte della personalità. Se ci distacchiamo da
questa illusione, possiamo cominciare ad avere esperienze delle proprietà multidirezionali e
misteriosamente flessibili del tempo. Ogni momento o aspetto del tempo sembra esistere ovunque e
sempre. In tal modo, il tempo è una dimensione piena e vivente, ed ogni momento coesiste in
relazione informata e olografica con ogni altro momento.
In questa struttura, il tempo può essere considerato come un’espressione energetica e vibrazionale,
così ogni aspetto del tempo sarebbe vivo, intero, autoconoscentesi e completamente informato di ogni
altro aspetto dell’universo.
Dovremmo allora rivedere completamente le immagini e i simboli pre-olografici che siamo abituati ad
associare con le altre dimensioni dello spazio e della progressione lineare del tempo: essi
semplicemente non collimano. Il tempo, lo spazio e l’espressione energetica sembrano correlati come
una sorta di nastro di Moebius, multidimensionale, che si intreccia eternamente, muovendosi e
avvolgendosi su se stesso, senza andare in alcun luogo e senza alcun tempo.
Vorrei ricordare paradossalmente che il paradigma olografico non è affatto nuovo. Se fosse nuovo, la
teoria sottostante sarebbe falsa. E’ nuova invece la nostra capacità di sperimentare la natura, e le
possibilità di questo paradigma, in modo che abbia un senso e un’applicazione diretta all’esperienza
che abbiamo di noi stessi e dell’universo.
Religione e fisica – Un approccio olografico
di Sam Keen
da ‘The Holographic paradigm’
Gli antichi tabù contrari all’amore per se stessi nascono dalla nozione errata e degradata sulla
natura del sé interiore dell’uomo. Da sempre è stato immenso il conflitto fra ortodossia religiosa e
misticismo. Le religioni ortodosse suggeriscono di dimenticare il sé interiore, di obbedire alle
leggi, eseguire i rituali, mantenersi nell’ambito delle regole sociali tradizionali. I mistici
insistono che la conoscenza di sé è la strada verso la liberazione. “Vai dentro”, ci dicono.
‘Più vai dentro e più ti espandi. Il regno di Dio è dentro di te. L’eternità esiste in ogni granello
di sabbia’.
Per la prima volta nella storia dell’umanità la scienza e la religione sono compagni nell’avventura
della scoperta cosmica.
I1 misticismo e la fisica fanno causa comune. La ricerca sul cervello sta confermando le più
imprevedibili visioni mistiche.
La ricerca scientifica e l’esperienza mistica sostengono entrambe l’idea che ciascun essere umano è
un microcosmo nel macrocosmo.
La mente è un ologramma che registra la sinfonia complessiva degli eventi vibratori del cosmo. Karl
Pribram, Itzhak Bentov e altri stanno scoprendo che la mente è una rete neutrale che codifica in
modo olografico l’intera informazione dell’universo. Una stella esplode e la mente trema. Allo
stesso modo ciascuna cellula nel corpo codifica tutte le informazioni necessarie per riprodurre
l’intero corpo, così ciascuna mente riassume tutti gli eventi cosmici. Quanto definiamo come
esperienza paranormale potrebbe essere soltanto l’immergersi nelle dimensioni senza tempo che
compongono la struttura olografica delle nostre menti. La scienza e il misticismo propongono la
natura onnipresente del sé dell’uomo.
La mente non conosce barriere. Platone diceva: “Il tempo è l’immagine che si muove dell’eternità”.
Accadimenti vibratori, ‘eventi eterni’ della dimensione atomica e astronomica risuonano nelle nostre
menti vincolate al tempo.
Il corpo è un museo vivente di storia naturale in cui l’intero dramma dell’evoluzione è concentrato.
Studi sulle sviluppo del feto mostrano che dal concepimento alla nascita il bambino passa attraverso
tutti gli stadi dell’evoluzione. Nel cammino verso la nostra forma umana, passiamo attraverso tutta
la gerarchia evolutiva: prima di avere i polmoni abbiamo branchie. Glen Doman dell’Institute for the
Achievement of Human Potential ha mostrato con il suo lavoro con bambini il cui cervello era
danneggiato, che se non strisciamo sulla pancia come serpenti o non arranchiamo a quattro zampe come
cuccioli, i cosiddetti cervelli rettili e mammiferi non possono svilupparsi correttamente.
I1 sé è il punto di incontro fra eternità e tempo, il cervello oleografico del corpo evolutivo.
Ciascun sistema nervoso racconta la storia di Betlemme: l’informazione codificata del cosmo si
incarna in ciascun corpo storico. L’essere umano è la porta verso quello che sta oltre.
I1 sé non è soltanto prigioniero del mondo fenomenico, dello spazio e del tempo, di questo corpo:
l’avventura dell’autoconoscenza ci porta verso confini sconosciuti.
Siamo all’inizio di una nuova era di scoperte. L’incontro fra scienza e misticismo aprirà nuove
possibilità e libererà potenzialità che sono scarsamente immaginabili. Possiamo prevedere un po’ del
futuro prendendo sul serio le storie degli straordinari poteri attribuiti agli antichi yogi e ai
mistici di sempre.
Gli obiettivi dell’auto-esplorazione sono oltre la nostra più selvaggia immaginazione, ma il viaggio
all’interno delle dimensioni cosmico-evolutive del sé non possono iniziare sin tanto che non osiamo
andare al di là delle immagine del nostro essere imposteci dai genitori e delle figure autorevoli
sociali e religiose. Il primo passo è andare attraverso la personalità, la corazza caratteriale
creata dal ‘normale’ processo di sviluppo psicologico.
Oltre la soglia vigilata dalla ‘colpa’ e ‘vergogna’ (i guardiani della coscienza rappresentati dai
Giganti i Genitori e le Autorità), nel lontano teatro dei confini della personalità scopriamo tanti
ruoli proibiti, repressi: l’assassino, il playboy, la vittima, il santo-le molte facce di Eva e di
Adamo. Solo quando attraverseremo questo teatro e la sua moltitudine di ruoli, potremo andare oltre
la seconda soglia, dove il viaggio, nelle dimensioni cosmico-evolutive del sé, inizia. Questa
avventura è senza fine.
A questo punto della mia vita non posso dire altro. Vedo l’orizzonte chiaro, ma ho solo sogni,
messaggi, indicazioni da altri viaggiatori che mi guidano verso questo oltre sconosciuto.
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