Il peggiore di tutti i pericoli

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Il peggiore di tutti i pericoli

del Venerabile Isi Dhamma

Tratto da it.dhammadana.org

“Il peggiore di tutti i pericoli”

Ben più distruttore dell’arma nucleare, ben più devastante dell’AIDS, ben più spaventoso del
peggiore degli incubi, qual è il più malvagio di tutti i pericoli? L’incuranza. E’ proprio
l’incuranza la più distruttrice, la più devastante, la più paurosa di tutte le cose!
Lo spirito negligente è spinto in modo inevitabile verso le sue tendenze naturali. Uno spirito non
disciplinato è pieno di impurità, ed il fatto rende perniciose queste tendenze naturali. E’ così che
funziona la natura; basta osservare gli animali selvaggi per rendersene conto: non fanno che
rincorrere la soddisfazione dei propri sensi, con tutti i mezzi e tutte le loro forze, senza alcuna
preoccupazione di uccidere, rubare, violare, ferire. L’Uomo selvaggio è capace di tutto ciò ed anche
di più: di ubriacarsi, di mentire, di insultare, di calunniare, ecc.

L’Uomo civilizzato può abituarsi a rispettare il benessere e la proprietà altrui, per lo meno coloro
che non uccidono gli animali. Tuttavia, ogni “essere civilizzato” e “moderno”consacra tutto il suo
tempo, compresi i periodi che chiama di “attività professionale”, a distrarsi e gioire al massimo
delle sensazioni gradevoli alle quale può accedere, attraverso le sei porte sensoriali (5 sensi
fisici + il senso mentale). Posso arrivare a pensare che una larga maggioranza di uomini viventi in
una società moderna trattenga, più o meno, le sue tendenze selvagge non tanto per una presa di
coscienza saggia, quanto per la paura di venire sottomesso a delle situazioni sgradevoli (punizioni
attraverso la legge, cattiva reputazione, perdita di situazioni confortevoli, ecc.). Se tutte le
leggi del mondo venissero cancellate, resterebbe un solo paese, una sola regione, una sola città,
ove sarebbe possibile ancora condurre un’esistenza più o meno “normale” e relativamente sicura?

Se lo spirito selvaggio non è scaturito dal grande albergo di samsara, quello rispettoso non viene
risparmiato fino a che abita nella noncuranza.

L’ignorante tende a controllare la natura ed a lasciarsi andare.
Il saggio tende a lasciare andare la natura ed a controllarsi.

La spensieratezza di cui stiamo parlando non è “quello stato felice, lontano dalle preoccupazioni
della vita”. E’ l’assenza di paura per le conseguenze reali dei propri atti e per ciò che, presto o
tardi, succede ad ogni individuo che non compie il necessario per tendere verso la Realizzazione. La
noncuranza è cementata, per solidificare ancor più le mura della nostra prigione di cecità e di
attaccamento, da credenze come: “la vita è bella”, “non si vive che una volta sola,
approfittiamone!”,”prego bene, faccio dei frequenti doni, e nulla può accadermi”.

La noncuranza ha, quale radice principale, l’ìgnoranza del Dhamma (le cose, tali quali sono).
Nascere in una famiglia buddista, o venire sollecitato a meditare non basta per disfarsi del più
grande dei pericoli. Quel che necessita per liberarsi dalla spensieratezze è la paura. Dei monaci
affermano, a giusto titolo, che un buon insegnamento del Dhamma è un insegnamento che fa paura. Non
si tratta di una paura qualsiasi; ma, quella di sapere cosa ci aspetta se insistiamo nella nostra
abituale noncuranza.

Questa paura è molto superficiale quando si basa sul credere, o sul supporre: “Voglio ancora
approfittare di qualche piacere, mi ci dedicherò più tardi…” (peccato, più tardi ti ammali e muori
presto). “Non sono ancora pronto, lo farò la vita prossima,,,” (è una cosa imbecille, sei rinato
come verme della terra). Per risultare efficace, questa paura deve sorgere da una diretta
comprensione del Dhamma, non foss’altro che attraverso un pò di meditazione. Più questa comprensione
si approfondisce, più il timore prende forza. E’ un timore sano, un timore che risveglia. Più esso è
forte, e meno sprechiamo il nostro tempo. E’ anche questa paura che ci esorta a rinunciare al
superfluo (cioè, a quasi tutto), ed i saggi sanno bene quanto le cose superflue costituiscano
un’ostacolo alla via della Realizzazione.

Che sia selvaggio, oppure educato, cieco oppure saggio, l’istinto di ognuno lo spinge a porsi al
riparo da tutto ciò che venga percepito come spaventevole. Non ha più ragione di avere paura lo
spirito che si dedica diligentemente allo sviluppo delle qualità necessarie alla Realizzazione del
Dhamma; ossia, al comportamento virtuoso, alla concentrazione pura ed alla saggia conoscenza delle 4
Nobili Verità. E’la paura delle dure conseguenze se cessa di mettere in opera quanto deve essere
fatto per liberarsi da ogni impurità, che mantiene lo spirito nella giusta via.

Quel che è pericoloso non è tanto la conseguenza dolorosa dello spirito, prigioniero della
noncuranza, ma la causa che può farci cadere; ossia, in breve, le impurità mentali. Che non sono mai
risparmiate dall’indifferenza. E le buone azioni, anche se numerose e regolari, non le possono
pulire, più di quanto l’acqua pura possa lavare le macchie di nafta.

Ecco perchè l’Uomo ragionevole, anche se non è esperto, nè in educazione e nè in civiltà, si dedica
a disciplinare il suo spirito, allo scopo di disfarsi di ogni impurità, che noi chiamiammo in pali
kilesa.

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