IL PERCORSO EVOLUTIVO DELL’ESSERE UMANO – 1
da “Enciclopedia olistica”
di Nitamo Federico Montecucco ed Enrico Cheli
LE LOGICHE DELLEVOLUZIONE GLOBALE
LAUTOCOSCIENZA, IL SÉ, LE ESPERIENZE DELLESSERE
LA PSICOLOGIA TRANSPERSONALE E LA QUARTA DENSITÀ
Ogni essere ha in sé la natura del Buddha
Antico detto Zen.
LEVOLUZIONE UMANA
L’evoluzione creatrice e il risveglio della coscienza individuale
di Henri Bergson, Premio Nobel
La coscienza appare il principio motore dell’evoluzione.
Se le nostre analisi sono esatte, all’origine della vita vi è una coscienza, o meglio una
supercoscienza…
Mutamento continuo, conservazione del passato nel presente, vera durata, questi attributi sono
effettivamente comuni al vivente ed alla coscienza; si potrà andar oltre e affermare che la vita,
come l’attività cosciente, è invenzione, creazione incessante. A un dato momento, in qualche punto
dello spazio, ha avuto inizio una corrente ben visibile. Questa corrente vitale, attraversando i
corpi da essa stessa di volta in volta organizzati, passando di generazione in generazione, si è
suddivisa fra le specie e dispersa fra gli individui, senza perdere alcunché della sua forza, anzi
accrescendosi man mano che avanzava.
Vista in questa prospettiva, la vita si presenta come una corrente che va da una cellula germinale
ad un’altra con l’intermediazione di un organismo sviluppato.
Tutto avviene come se tale organismo non fosse altro che un’escrescenza, un germoglio che il vecchio
germe sviluppa, nello sforzo di trasfondersi in un germe nuovo; mentre l’essenziale è la continuità
del progresso avanzante all’infinito, progresso invisibile su cui ogni organismo visibile avanza a
cavalcioni nel breve spazio di tempo che gli è concesso di vivere.
Indichiamo subito il principio della nostra dimostrazione: dicevamo che la vita, sin dalla sua
origine, è la continuazione di un solo e medesimo slancio che si è diviso in linee d’evoluzione
divergenti. Qualcosa è cresciuto, qualcosa si è sviluppato attraverso una serie di aggiunzioni che
sono state altrettante creazioni… le cause essenziali che operano lungo tutte queste varie strade
sono di natura psicologica…
…dinanzi all’evoluzione della vita le porte del futuro rimangono spalancate: è una creazione che
prosegue indefinitamente in virtù di un moto iniziale. E’ questo movimento a comporre il mondo in
unità, un’unita feconda, di infinita ricchezza, superiore a qualsiasi sogno intellettuale, dato che
l’intelligenza non è altro che uno dei suoi aspetti o dei suoi prodotti.
Lo stesso vale per intelligenza ed istinto: non v’è intelligenza in cui non si scoprono tracce
d’istinto, e soprattutto non vi è istinto che non sia circondato da una frangia d’intelligenza.
L’istinto è simpatia e se, come tale, potesse estendere il suo oggetto ed anche riflettere su di sé,
ci darebbe la chiave delle operazioni.vitali; analogamente l’intel ligenza, sviluppata e meglio
indirizzata, ci introduce entro la materia: poiché non ci stancheremo di ripetere che intelligenza
ed istinto sono rivolti in due direzioni opposte, la prima verso la materia inerte, il secondo verso
la vita. L’intelligenza a mezzo della scienza da lei creata, ci renderà sempre meglio padroni dei
fenomeni fisici; della vita ci darà soltanto, né d’altronde pretende di più, una ritrascrizione
basata sul pnncipio d’inerzia. Essa le gira tutt’intorno, assumendo, dal di fuori, tutte le
prospettive possibili di quest’oggetto ch’essa vuol attirare nel suo campo, invece di installarsi
dentro di esso. Viceversa è all’interno della vita stessa che ci conduce l’intuizione, cioè un
istinto divenuto disinteressato, cosciente di sé, capace di riflettere sul suo oggetto e di
ampliarlo all’infinito.
L’intelligenza resta il nucleo luminoso intorno al quale l’istinto, anche se ampliato e affinato
dall’intuizione, non descrive che una vaga sfera nebulosa; ma in mancanza di una conoscenza
propriamente detta, quale è quella riservata alla pura intelligenza, l’intuizione potrà farci
cogliere quanto sfugge ai dati dell’intelligenza e lasciarci intravedere il modo di completarli.
Infatti, da un lato, se l’intelligenza si accorda con la materia e l’intuizione con la vita,
occorrerà stringerle dappresso ambedue per estrarre il succo del loro oggetto: e quindi la
metafisica dipenderà dalla teoria della conoscenza; ma, d’altro canto, l’attività conoscitiva si è
scissa in intuizione ed intelligenza allo scopo di potersi applicare alla materia e,
contemporaneamente, per seguire la corrente della vita. Lo sdoppiamento dell’attività conoscitiva
corrisponderebbe così a quello della realtà ed a sua volta la teoria della conoscenza dipenderebbe
dalla metafisica. Invero ciascuna di queste due ricerche conduce all’altra, esse costituiscono un
circolo, il quale ha come suo unico centro possibile lo studio dell’evoluzione: è soltanto
considerando la coscienza nella sua corsa attraverso la materia, in cui si perde e si ritrova, si
divide e si riforma, che noi ci faremo un’idea dell’opposizione reciproca dei due termini ed anche,
forse, della loro origine comune.
I fatti… ci suggeriscono l’idea di collegare la vita o alla coscienza stessa, oppure a qualcosa di
simile ad essa.
Tutto avviene come se un’ampia corrente di coscienza fosse penetrata nella materia, carica, come
ogni coscienza appunto, d’un enorme numero di virtualità mutuamente compenetrantisi. Essa ha
trascinato la materia ad organizzarsi, ma insieme il suo movimento ne è stato indefinitamente
rallentato e diviso: quindi per parte sua la coscienza ha dovuto assopirsi, come la crisalide nel
bozzolo in cui si fabbrica l’ali, mentre dal canto loro le molteplici tendenze in esse racchiuse si
suddividevano in serie divergenti d’organismi, che del resto le estrinsecavano in movimenti
piuttosto che interiorizzarle in rappresentazioni. Nel corso di tale evoluzione mentre un certo
gruppo di organismi sempre più profondamente si assopiva, un altro si risvegliava in modo sempre più
compiuto ed il torpore dei primi favoriva l’attività degli altri.
La coscienza appare il principio motore dell’evoluzione.
Fabbricare significa informare la materia…
Lo spettacolo dell’evoluzione vitale ci suggerisce una certa concezione della coscienza e pure una
certa metafisica reciprocamente implicantisi: una volta messe in chiaro, questa metafisica e questa
critica del conoscere potranno a loro volta illuminare alquanto l’insieme dell’evoluzione.
La materia, interpretata come un tutto indiviso, deve essere considerata una corrente piuttosto che
una cosa. In tal modo ci aprimmo la via per un riavvicinamento fra realtà inerte e vivente.
Istinto ed intelligenza si stagliano, distinguendosi su di un fondo unico, che .. si potrebbe
chiamare coscienza in generale, e che deve estendersi esattamente come la vita universale.
Intellettualità e materialità si sarebbero costituite… ed ambedue deriverebbero da un tipo di
realtà più comprensivo ed elevato…
Bisogna ben cominciare col considerare l’intelligenza colta in sé medesima mediante una diretta
intuizione o scorta per riflessione nella natura come in uno specchio.
Questa è la funzione dell’intelligenza umana, agire e sapersi agente, entrare in contatto con la
realtà ed anche viverla, ma solo nei limiti in cui essa interessa il lavoro da compiere, il solco
che si scava. Pure un’onda benefica ci bagna e noi ne attingiamo la forza per lavorare e per vivere;
da questo oceano di vita in cui siamo immersi, incessantemente assorbiamo qualcosa ed avvertiamo che
il nostro essere, od almeno l’intelligenza che lo guida, vi si è formato per una specie di
consolidamento locale. La filosofia non può consistere che in uno sforzo per fondersi di nuovo col
tutto: l’intelligenza, riassorbendosi nel suo principio, ritornerà a vivere il suo processo
genetico: ma quest’impresa non potrà più giungere a compimento di colpo, dovrà essere di necessità
collettiva e progressiva, consistendo in uno scambio di impressioni che, rettificandosi e
sovrapponendosi a vicenda, finiranno col dilatare in noi l’umanità e col farle trascendere sé
medesima.
Soffermiamoci dunque su quanto v’è insieme di più lontano dall’esterno e di meno penetrato
d’intellettualità. Cerchiamo, nel più profondo del nostro essere, il punto in cui ci sentiamo più
intimi alla nostra stessa vita: ci rituffiamo allora nella durata pura, una durata in cui il
passato, sempre in cammino si dilata di continuo d’un presente del tutto nuovo. Ma
contemporaneamente sentiamo tendersi, fino all’estremo limite, la molla della nostra volontà;
bisogna che, con una forzata contrazione della nostra personalità su di sé medesima, noi accumuliamo
il passato che ci sfugge, per spingerlo, compatto ed indiviso, in un presente ch’esso creerà
introducendovisi. Molto rari sono gli istanti in cui ci cogliamo in questa guida; ed essi coincidono
con le azioni veramente libere: ma anche allora, non ci possediamo mai completamente. Il nostro
sentimento della durata, cioè la coincidenza dell’io con se stesso’ ammette vari gradi ma è più
profondo il sentimento e completa la coincidenza, maggiormente la vita in cui essi ci ricollocano
assorbe l’intellettualità oltrepassandola…
Se le nostre analisi sono esatte, all’origine della vita v’è una coscienza, o meglio una
supercoscienza..
Ma tale coscienza, che è un’esigenza di creazione, si rivela a sé stessa soltanto là dove la
creazione è possibile, ed entra invece in letargo quando la vita è condannata all’automatismo, e si
risveglierà appena rinasce la possibilità di una scelta. E’ per questo che negli organismi
sprovvisti di sistema nervoso essa varia a seconda del potere di locomozione e di adattamento di cui
dispone l’organismo; e negli animali dotati di tale sistema essa invece è proporzionale alla
complicazione degli incroci da cui si dipartono le vie cosiddette sensoriali e motrici, cioè alla
complicazione del cervello.
In che modo ci si può spiegare tale corrispondenza tra organismo e coscienza?
Quindi poiché il risveglio della coscienza in un essere vivente è tanto completo, quanto più ampia è
la possibilità di scelta concessagli, e più numerose le azioni assegnategli, è evidente che lo
sviluppo della coscienza sembrerà dipendere da quello dei centri nervosi. D’altra parte, poiché ogni
stato di coscienza è, per un certo aspetto, una richiesta rivolta all’attività motrice ed anche un
inizio di risposta, non v’è fatto psichico che non faccia entrare in azione i meccanismi corticali.
Sembrerà quindi che tutto si svolga come se la coscienza scaturisse dal cervello e come se nei
particolari dettagli l’attività cosciente si modellasse sui particolari dell’attività cerebrale. In
realtà invece la coscienza non deriva dal cervello, ma l’uno e l’altra si corrispondono, perché
egualmente misurano, 1’uno con la complessità della sua struttura, l’altra con l’intensità del suo
risveglio, la quantità di scelta di cui un dato vivente dispone.
Nell’uomo, la coscienza spezza la catena, solo nell’uomo essa si libera: fino a lui tutta la storia
della vita era stata uno sforzo della coscienza per sollevare la materia, ed una compressione più o
meno completa della coscienza da parte della materia che sulla prima ricadeva.
E’ in tal senso peculiare che l’uomo è “termine” e “scopo” dell’evoluzione; dicemmo che la vita
trascende la finalità, come ogni altra categoria, essendo essenzialmente una corrente lanciata
attraverso la materia, che ne trae tutto quanto può. Non ci fu quindi, propriamente, alcun progetto
né piano, e d’altra parte è sin troppo chiaro che il resto della natura non è stato riferito
all’uomo: lottiamo come le altre specie, abbiamo lottato contro di esse. Inoltre se l’evoluzione
della vita nel suo cammino avesse urtato contro ostacoli diversi, noi saremmo risultati, fisicamente
e moralmente, alquanto differenti da come siamo. Per tali ragioni si errerebbe nel considerare
l’umanità, quale attualmente la constatiamo, come predeterminata nel movimento evolutivo, anzi non
si può neppure dire ch’essa sia il punto d’arrivo dell’intera evoluzione, perché questa si è
compiuta su parecchie linee divergenti, e se la specie umana è all’estremità di una di tali linee,
altre, con altre specie ai loro estremi, sono pure state sviluppate. Noi riteniamo quindi che
l’umanità sia la ragion d’essere dell’evoluzione in un senso ben differente.
La coscienza nell’uomo è soprattutto intelligenza, mentre avrebbe potuto e dovuto essere anche
intuizione. Intuizione e intelligenza rappresentano due opposte direzioni dell’attività cosciente:
l’intuizione procede nello stesso senso della vita, l’intelligenza in senso inverso, trovandosi
quindi automaticamente corrispondente al movimento della materia. Completa e perfetta sarebbe
un’umanità in cui ambedue queste forme dell’attività cosciente raggiungessero pieno sviluppo.
L’intuizione è pur sempre presente, ma vaga e soprattutto discontinua: è una lampada quasi spenta,
che si ravviva soltanto a lunghi intervalli ed appena per qualche istante, ma in sostanza, quando è
in gioco un interesse vitale, essa si ravviva. Sulla nostra personalità, sulla nostra libertà, sul
posto che occupiamo nell’insieme della natura, sulla nostra origine e forse anche sul nostro destino
essa proietta una luce vacillante e tenue, ma che nondimeno spezza l’oscurità della notte in cui ci
lascia l’intelligenza.
Più essa procede in questa impresa, più si rende conto che l’intuizione è l’essenza dello spirito e,
in certo senso, della vita.
Così la filosofia ci introduce nella vita spirituale, ed al tempo stesso ci mostra la relazione fra
la vita dello spirito e quella del corpo. In verità la coscienza è essenzialmente libertà, è la
libertà stessa…
Come il minimo granello di polvere è solidale coll’intero sistema solare e viene con esso trascinato
dall’indiviso moto di discesa che costituisce la materialità, così tutti gli esseri organici, dal
più umile al più perfetto, dalle prime origini della vita sino ai tempi nostri, e in tutti i luoghi
e i tempi, non fanno che rilevare ai nostri occhi un’unica spinta, inversa al movimento della
materia e, in sé, indivisibile. Tutti i viventi sono uniti e tutti cedono allo stesso formidabile
impulso: l’animale ha nella pianta il suo punto d’appoggio, l’uomo è a cavalcioni dell’animalità e
l’umanità tutta intera nello spazio e nel tempo, è un esercito immenso avanzante a fianco di
ciascuno di noi, avanti e dietro noi, in una carica irresistibile capace di spazzar via tutte le
resistenze, di oltrepassare una quantità di ostacoli, forse persino la morte.
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