(di Giampiero Cara)
Chi sono gli sciamani? Secondo la scienza occidentale più ortodossa e ormai
superata, si tratta di individui molto carismatici che sfruttano questo loro
carisma per suggestionare altre persone, sfruttandone l’impressionabilità.
L'”EFFETTO PLACEBO” E LA REALTA’ IMMATERIALE
Le guarigioni miracolose, le comunicazioni con altre dimensioni e altri
fenomeni straordinari sarebbero dunque dovuti alla capacità degli sciamani
di provocare nelle persone il celebre “effetto placebo”, che è poi il modo
in cui la scienza positivistica cerca di sminuire la straordinaria capacità
di ognuno di noi di autoguarirsi.
Se infatti è vero che, per esempio, una persona può guarire da una malattia
soltanto credendo che uno sciamano, o un rimedio omeopatico, possano
guarirla, ciò significa che la nostra mente ha il potere di guarirci da
qualsiasi malattia. Oppure di superare altre limitazioni del cosiddetto
“mondo fisico”, come dimostrano fenomeni di levitazione o di
chiaroveggenza – o anche, più semplicemente, l’ormai diffusa capacità di
camminare sul fuoco senza scottarsi – ottenuti solitamente da persone in
qualche modo “convinte” – non importa se dal carisma di uno sciamano o da
una fede religiosa – di poterli ottenere.
A differenza della maggior parte di noi, gli sciamani sono in grado di
controllare consapevolmente questo potere della mente di modificare quella
che ci ostiniamo a definire la “realtà materiale”. Dico questo perché da
tempo ormai anche la vera scienza moderna, quella che ha trovato una delle
sue massime espressioni nella fisica quantistica e nella teoria della
relatività di Albert Einstein, ha scoperto che quella in cui viviamo è, in
effetti, una “realtà immateriale”.
Poiché gli atomi sono composti per il 99,9% di spazio vuoto, tutto quel che
esiste nell’universo, anche ciò che chiamiamo materia, è in realtà pura
energia, sia pure ad un livello di vibrazioni diverso. In questa visione,
dunque, pensiero ed energia sono entità omogenee, non separate: in quanto
forma di energia più sottile, il primo può modificare la seconda, che è
energia più densa. Anzi, in realtà, il pensiero è all’origine della materia.
Chi non ricorda l’inizio del Vangelo di Giovanni? “In principio era il
Verbo”, ovvero la parola, che nasce dall’idea, dal pensiero creativo di Dio.
Se consideriamo le cose in questo modo, dunque, non possiamo più dire,
ottusamente, che lo sciamano, solo perché non agisce in modo rilevante sul
piano fisico o “materiale”, non fa nient’altro che suggestionare altri
individui. In realtà, lo sciamano opera su un piano sottile, che è poi causa
di ciò che avviene nel piano più grossolano della realtà manifesta.
I “MAESTRI DI SAGGEZZA”
Alla luce di tutto questo, possiamo dunque definire gli sciamani – quelli
veri naturalmente, non i ciarlatani, che pure esistono purtroppo in gran
copia – come individui capaci di entrare con la consapevolezza nella
dimensione causale della realtà e di operare in essa. Lo strumento di cui
generalmente si servono per entrare in questa “altra dimensione” è
rappresentato dalla cosiddetta estasi o trance, indotta attraverso
particolari tecniche ereditate dal padre o dal nonno, oppure ricevute per
vocazione o “elezione divina”.
In ogni caso, prima di divenire tali, gli sciamani di qualsiasi tradizione
trascorrono un periodo di noviziato, cui fa seguito una “cerimonia
d’iniziazione”, nel corso della quale si trovano a dover superare alcune
prove quali, per esempio, la camminata sul fuoco o la comunicazione con gli
spiriti.
Come abbiamo già accennato, gli sciamani – che usano tra loro un linguaggio
esoterico, da iniziati – possono essere guaritori, chiaroveggenti, in grado
di consigliare chi si rivolge a loro, ma anche di eseguire esorcismi e di
accompagnare i defunti nell’aldilà. In un certo senso, fanno da spola tra la
nostra dimensione ordinaria e le altre dimensioni, in modo da “poter parlare
con gli dei e riferire I loro messaggi all’umanità”, come scrive il celebre
egittologo inglese Terence DuQuesne. Quest’ultimo aggiunge che gli sciamani
si assumono anche “i percorsi più segreti dell’ascesi spirituale,
sopportando stati estremi di ebbrezza, follia e metamorfosi, alla ricerca
dell’illuminazione propria e altrui”.
Nel suo libro “I Maestri di Saggezza” (pubblicato in Italia dalle Edizioni
Mediterranee), un altro studioso di esoterismo e di antiche tradizioni
spirituali, lo scomparso John G. Bennett (allievo, tra l’altro, del maestro
caucasico di “Quarta Via” G. I. Gurdjieff), attribuiva all’antico sciamano
un’ulteriore funzione, ancor più elevata: oltre ad aiutare gli altri a
vivere in armonia con la natura, egli poteva mettersi in sintonia con il
disegno della storia a livello demiurgico, ed era quindi in grado di
percepire eventi futuri. Ciò gli permetteva, tra l’altro, di dare ai potenti
dell’epoca suggerimenti basati su questa conoscenza di altre dimensioni
spazio-temporali. Non stupisce quindi il fatto che, come scriveva Bennett,
gli antichi mongoli dell’epoca di Gengis Khan, per esempio, fossero assai
gelosi dei loro sciamani e non desiderassero dividerli con altre tribù.
SCIAMANESIMO E SCIENZA
Ma cosa resta oggi della funzione così importante che lo sciamano svolgeva
nei tempi antichi? Sicuramente oggigiorno, tra i tanti sedicenti sciamani,
ci sono tantissimi ciarlatani, in prevalenza sudamericani o asiatici, che
vendono la propria “arte” agli “ingenui” occidentali. Tuttavia, laddove
continuano ad essere effettuate seriamente, anche se in maniera
incomprensibile per la nostra cultura, le pratiche sciamaniche conservano
una notevole efficacia, soprattutto nei confronti della popolazione
indigena.
In alcuni casi, si sono verificati anche dei felici connubi tra le pratiche
degli esponenti più aperti e lungimiranti della scienza occidentale e quelle
degli sciamani tradizionali.
Per esempio, gli etno-psichiatri tedeschi Wolfgang G. Jilek e Louise
Jilek-Aall raccontano nei loro scritti di un’iniziativa pionieristica
dell’International Rescue Committee (IRC) nel campo di profughi tailandesi
di Chiangkham, dove sciamani hmong hanno collaborato con il personale medico
occidentale ad un programma di disintossicazione dall’oppio e di successiva
riabilitazione.
La partecipazione a tale programma da parte di membri delle tribù delle
colline era preceduta da un vero e proprio cerimoniale sciamanico che
illustrava le motivazioni del programma stesso, nonché i modi per rendere
più agevole l’osservanza del regime terapeutico.
A differenza dei programmi di disintossicazione e di riabilitazione
esclusivamente occidentali, il programma integrato da riti sciamanici ha
fatto registrare un tasso di completamento del corso inaspettatamente alto,
fino al 90%. “Ciò dimostra”, concludono i due studiosi, “che l’integrazione
di pratiche sciamaniche nei moderni programmi di disintossicazione dalla
droga può rendere questi ultimi più efficaci, specialmente se calati in un
contesto culturale acconcio come quello di una popolazione ancora diretta
dalla tradizione. Lo stesso fenomeno si registra, infatti, anche per i
programmi di trattamento antidroga basati su tradizioni religiose e piante
medicinali in contesti buddhisti, cinesi e islamici dell’Asia Sudorientale”.
Risultati come questi, e molti altri, fanno capire come siano possibili e
auspicabili una convivenza ed una collaborazione tra metodi “antichi” e
“moderni”, od orientali e occidentali, di agire sulla realtà energetica
globale. Basta non commettere l’errore, davvero stupido, di pensare che gli
antichi rituali di altre culture non valgano nulla solo perché non rientrano
nello schema logico-empirico, invero assai ristretto, della scienza
positivistica e newtoniana, con la sua presunta superiorità su altre forme
di conoscenza.
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