di Francesco Cro*
Una sorta di trance che avviene anche naturalmente più volte al giorno e permette al nostro sistema
nervoso di riposarsi
03 GENNAIO 2023
Vincere l’ansia, dominare il dolore, liberarsi dai sensi di colpa e dal rancore; ma anche riuscire a
prendere decisioni importanti, parlare in pubblico o ritrovare il rapporto con una persona cara non
più in vita.
Sono alcune delle possibilità dischiuse dall’ipnosi, stato di coscienza alternativo alla veglia, al
sonno e al sogno (trance), nel quale il soggetto, pur mantenendo l’attenzione e la vigilanza,
attraverso il rilassamento del corpo e il ritiro dagli stimoli ambientali amplia la propria capacità
di cogliere altre connessioni tra le cose e altre possibilità di vita, riuscendo così a immaginare
soluzioni e percorsi innovativi per affrontare le difficoltà dell’esistenza.
Lo stato di trance
Nell’ipnosi clinica lo stato di trance è raggiunto con l’aiuto di un professionista esperto (medico
o psicologo); ma stati di trance naturali si presentano anche spontaneamente nella vita di tutti i
giorni. Questo succede ad esempio quando sogniamo a occhi aperti, o quando ci perdiamo in
fantasticherie senza ascoltare la persona che ci sta parlando, o quando guidando in autostrada ci
rendiamo conto di essere arrivati a destinazione ma non ricordiamo la strada percorsa.
Quanto dura la condizione ipnotica
Questi episodi di trance spontanea si ripetono più volte durante la giornata (all’incirca ogni
90-120 minuti): permettono al nostro sistema nervoso di riposarsi e talvolta ci permettono di
escogitare nuove soluzioni creative e originali. Lo stato ipnotico si accompagna a un rallentamento
dell’attività elettrica del cervello, che passa dal ritmo beta (14-30 cicli al secondo) dello stato
di veglia a quello alfa (8-13 cicli al secondo), tipico del riposo, o a quello theta (4-7 cicli al
secondo) del dormiveglia e dell’ipnosi profonda; le funzioni corporee si rilassano con la riduzione
dell’attivazione del sistema nervoso simpatico, responsabile della vigilanza e delle risposte di
attacco e fuga.
Durante l’ipnosi possiamo riorganizzare e riassociare le nostre esperienze, elaborando schemi
alternativi; ma, contrariamente a ciò che talvolta si crede, manteniamo sempre la vigilanza e
l’attenzione, possiamo uscire dalla trance in qualunque momento lo desideriamo e tutto ciò che
viviamo proviene dalla nostra esperienza, non da suggestioni dell’ipnotizzatore, che ha solamente il
ruolo di facilitare il raggiungimento dello stato ipnotico.
Gli scopi analgesici dell’ipnosi
Lo stato di coscienza alternativo indotto dall’ipnosi, con il suo distacco dalle percezioni, può
essere utilizzato anche a scopo analgesico: l’anestesiologa belga Marie-Elisabeth Faymonville,
direttrice del Centro del dolore della clinica universitaria di Liegi, ha utilizzato per trent’anni
l’ipnosi per indurre analgesia e sedazione, associata a una blanda anestesia locale, in più di
seimila pazienti chirurgici.
Le ricerche e i risultati di Faymonville hanno affascinato lo psicologo Ignazio Palazzo, esperto di
gestione dello stress, per molti anni a Bruxelles nel servizio medico della Commissione europea, che
ha deciso così di approfondire la conoscenza dell’ipnosi a Parigi presso l’Associazione francese per
lo studio dell’ipnosi medica. Nel libro L’autoipnosi per vivere meglio (EPC editore 2022, 144
pagine, 25 euro, illustrato dalla pittrice Alicia Herrero Ansola e corredato di 32 esercitazioni
accompagnate da file audio scaricabili online) Palazzo propone l’utilizzo della trance ipnotica
autoindotta per sperimentare le possibilità di cambiamento, trasformazione e crescita in diversi
ambiti della vita.
Come mettere in moto l’autoipnosi
Per accedere alla trance è opportuno sedersi comodamente, con la schiena dritta e la colonna
vertebrale allineata con la testa, come se un filo invisibile tirasse verso l’alto l’occipite. Ci si
può immaginare in un luogo confortevole come un bosco e rilassarsi, consapevoli di ogni parte del
corpo, concentrandosi sugli atti respiratori. Con gli occhi chiusi si può immaginare di osservare il
verde della vegetazione, sentire l’odore, la consistenza e il sapore dei frutti di bosco, ascoltare
il fruscio delle foglie, restando in questo stato per tutto il tempo desiderato per poi tornare
gradualmente e piacevolmente al qui e ora sperimentando un benessere che durerà per tutta la
giornata.
Il ritmo del respiro può farci pensare alle onde del mare che vanno e vengono, cullandoci e
facendoci distaccare dai nostri pensieri in burrasca che ci assillano continuamente. Guardare con
distacco il flusso caotico dei pensieri, accettandoli senza contrastarli, ci porta a uno stato di
calma nel presente, liberandoci dal continuo rimuginare sul passato e dalle ansie del futuro.
La tela bianca macchiata: un segno che aiuta
Ci si può anche immaginare di dipingere un quadro, colorando una tela bianca, ma lasciando cadere
qualche macchia di colore fuori posto. Quell’imperfezione non deve indurci a buttar via il nostro
lavoro per ricominciare da capo, ma può essere integrata nella visione generale del dipinto
rappresentando un nuovo spunto pittorico. Questo lavoro può aiutarci ad accettare i nostri limiti e
le nostre imperfezioni come caratteri distintivi che danno originalità ai nostri atti, secondo il
concetto giapponese di wabi-sabi (bellezza dell’imperfezione).
Anche il suono di una campana tibetana può essere di aiuto nelle pratiche di autoipnosi,
consentendoci di espandere la nostra coscienza, entrando in risonanza con l’onda sonora che si
propaga senza confini e permettendoci di ricordare, al risveglio, che siamo capaci di andare oltre i
nostri limiti abituali.
In contatto con chi non c’è più
L’ipnosi può aiutarci persino a superare la perdita di una persona cara, evocandola a partire da una
foto o da un ricordo e connettendoci con la sua immagine che portiamo dentro e con la quale possiamo
continuare a dialogare. I nostri affetti vivono in noi e il legame può essere ritrovato se
manteniamo la coscienza aperta a tutte le opportunità. È questo l’aspetto più profondamente
terapeutico dell’ipnosi: abbandonare i limiti e le certezze per attingere al valore curativo
dell’immaginazione e delle possibilità infinite.
*Psichiatra, Dipartimento di Salute Mentale, Viterbo
da repubblica.it
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