IL RAPPORTO FILOSOFIA – MAGIA
A cura di Diego Fusaro
Magus significat sapientem cum virtute agendi
(G.BRUNO)
La magia si affaccia per la prima volta sul panorama filosofico con il neoplatonismo ed in
particolare con Plotino . Fino ad allora era prevalsa la concezione aristotelica del sapere per il
sapere , ossia del vedere nel sapere in quanto tale un valore in sè : d’altronde la filosofia era
nata in Grecia proprio con questo scopo , l’ indagare la realtà senza però operare su di essa ,
bensì raggiungendo un sapere solido e personale . La filosofia non serve a nulla e proprio per
questo é il più nobile dei saperi diceva lo Stagirita . Ora il neoplatonismo vede la realtà come
livelli legati da complesse relazioni e comincia a nascere l’idea , presupposto fondamentale della
magia , che l’ intero mondo sia un’ armonia e che toccando la corda giusta si possano avere
risultati su altre “aree” della realtà ; si pensa l’intera realtà come un insieme di segreti e di
corrispondenze .
D’altronde Plotino condivideva la dottrina stoica del legame di simpatia tra tutte le cose e ciò non
può che condurre a porre l’ulteriore questione dell’ efficacia delle operazioni magiche . Per quel
che riguarda gli effetti magici sul corpo Plotino , conformemente del resto alle credenze diffuse
nel suo tempo , pare disposto a riconoscere questa efficacia ; diversa é la questione dell’ anima :
solo quella irrazionale , in quanto collegata in maniera più stretta al corpo , può subire
l’influsso della magia . Ma , d’altra parte , attribuendo un maggior potere all’ anima razionale ,
propria dell’ uomo , Plotino può individuare in essa lo strumento capace di reagire alle forze
magiche ostili e dissolverle , rendendole del tutto inefficaci .
Tuttavia va ricordato che uno scrittore latino originario dell’ Africa , Apuleio , si era già
occupato in qualche modo di magia : nel 158 a Sabrata , presso Tripoli , egli subisce un processo
per magia . Apuleio nega che gli siano imputabili operazioni magiche , ma , attenzione , non esclude
la possibilità della magia , anche ricordando che in persiano “mago” significa sacerdos . Nelle sue
Metamorfosi le pratiche magiche sono rilevanti nello sviluppo della vicenda : come Lucio, il
protagonista dell’ opera trasformato in asino , Apuleio non era forse insensibile alla curiositas
per queste operazioni . Quella di Apuleio rimane comunque una trattazione embrionale del concetto di
magia , più che altro a livello letterario , ben lungi dall’ esposizione neoplatonica .
Ma la magia troverà un terreno di sviluppo fertilissimo nel Medioevo e , soprattutto , vedrà in
Ruggero Bacone un suo strenuo difensore : egli condivide con il francescano Adam Marsh il senso del
pericolo di un avvento dell’ Anticristo , mago capace di approfittare delle discordie che tormentano
il mondo cristiano e servirsi del potere della sapienza per trasformare ogni cosa in male . L’idea
del sapere volto a mutare la realtà é fortissima in Ruggero Bacone : egli sostiene di aver
individuato la “vera magia” , che opera in conformità alle operazioni della natura e della tecnica e
può dare un contributo alla scienza . Il ricorso ad essa é essenziale per il sapiente nel suo
rapporto con il mondo degli incolti , dei simplices : per diffondere il suo sapere ed educare il
mondo dei semplici il vero sapiente deve assumere la veste esterna del mago , ricoprire di un velo i
principi della scienza e della tecnica e trasmetterne soltanto i risultati , in modo che anche gli
incolti possano usarli bene sotto la guida dei sapienti e della Chiesa , punto di riferimento
essenziale della filosofia baconiana e medievale .
Ma é nel Rinascimento , forse ancora più che nel medioevo , che prolifica l’arte magica e trova
sostenitori entusiasti in pensatori quali Marsilio Ficino o Pico della Mirandola , il vivace ingegno
dell’ Accademia fiorentina , o Giordano Bruno , l’ irrequieto nolano autore di un De magia .
L’attenzione generale di cui gode la magia in questo periodo é da ricercare essenzialmente nello
spirito degli umanisti , desiderosi di esaltare la libertà e la potenza dell’ uomo in tutte le sue
sfumature e , indubbiamente , l’ idea di poter operare sulla natura non può che piacere . Ma se in
Ficino la magia e l’astrologia vengono considerate non già manifestazioni di superstizione , ma
tecniche pienamente legittime , rivolte o allo studio dell’ ordine naturale ( l’astrologia ) o alla
realizzazione del dominio dell’ uomo sulla natura ( la magia ) , per Pico le cose stanno
diversamente : egli apprezza con estremo entusiasmo le arti magiche , che consentono all’ uomo di
dominare la natura imponendosi su di essa , proprio perchè vi scorge una esaltazione del libero
arbitrio umano , ma non può assolutamente accettare l’ astrologia : l’ idea che tutto sia
prevedibile tramite la consultazione degli astri é un’ evidente limitazione del libero arbitrio
umano , che trova invece la sua massima esaltazione nella magia .
Un discorso simile vale per Giordano Bruno , che arriva perfino a vedere la matematica come un
qualcosa assai vicino alla magia : non a caso il processo che lo porterà a bruciare vivo sul rogo il
17 febbraio 1600 comincia con l’ accusa da parte del nobile veneziano che lo ospitava e pare che
egli lo abbia denunciato per dispetto , in quanto Bruno gli aveva promesso di insegnargli la magia –
matematica , ma lui era insoddisfatto degli insegnamenti . Al di là di questa vicenda personale , é
interessante notare l’ interessamento di Bruno per la magia , ossia la capacità di trasformare la
realtà : da un passo di Bruno emerge che cosa egli effettivamente intendesse per magia ; il passo
dice : grande magia sarebbe quella di uno che fosse in grado di passare dall’ unità alla
molteplicità e dalla molteplicità all’ unità . La magia é da lui intesa come capacità di cogliere i
meccanismi secondo i quali l’ unità si articola nella molteplicità , e la molteplicità é tutta
“ricomposta” nell’ unità . In un altro scritto il Nolano dà una definizione del mago , colui che
esercita le arti magiche : magus significat sapientem cum virtute agendi .
La magia , spesso circondata nei secoli precedenti di un’ aura demoniaca , diventa nel Rinascimento
la positiva scienza della trasformazione , segno concreto del dominio dell’uomo sugli elementi .
Possiamo addurre esempi anche in campo letterario : pensiamo al celeberrimo poema dell’ Ariosto , l’
Orlando furioso : per tutto il poema aleggia un clima magico e il personaggio in cui meglio si può
ravvisare la presenza del magico é Astolfo , l’ alter ego dell’ autore , l’ intrepido cavaliere
munito di un corno capace di atterrire i nemici col suo suono assordante , colui che sale sulla luna
in groppa all’ ippogrifo per recuperare la ragion perduta di Orlando . Ma va subito specificato un
particolare : Astolfo , pur avvalendosi quasi esclusivamente di oggetti magici , muove sempre e solo
verso fini razionali . Anche nel poema del Tasso , La Gerusalemme liberata , vi é in qualche misura
presente la magia , sebbene in modo meno radicale e diffuso che nell’ Ariosto : il valoroso Rinaldo
viene incaricato , sul finale dell’ opera , dal “pio” Goffredo di “disincantare” il bosco popolato
da elfi , nani fate e quant’ altro .
Tuttavia é sulla Tempesta di Shakespeare che dobbiamo soffermare la nostra attenzione : considerata
il momento conclusivo , il punto d’ arrivo ed in un certo senso il sigillo della creazione artistica
del poeta , la Tempesta , opera a cavallo tra il ‘500 e il ‘600 , ripropone la questione del magico
. Nel bel mezzo dell’ Oceano , su un’ isola sperduta , dimorano Prospero e sua figlia Miranda ,
allontanati dal ducato di Milano per mano del fratello di Prospero , invidioso del potere
concentrato nelle mani di Prospero stesso . Prospero , che é l’alter ego dell’ autore alla pari di
Astolfo per l’ Ariosto , si destreggia con estrema abiltà tra gli oggetti magici e ha perfino come
alleato un piccolo spiritello dell’ aria , Ariele : servendosi del proprio mantello magico egli fa
naufragare sull’ isola stessa in cui dimora la nave con a bordo il perfido fratello , il suo
equipaggio e l’ alleato re di Napoli per poi potersi riconciliare con lui ; sempre con i suoi poteri
magici egli fa in modo che il bel Ferdinando , figlio del re di Napoli , e sua figlia Miranda si
innamorino e si sposino .
L’ Astolfo ariostesco e il Prospero shakespeariano , oltre al fatto di essere alter ego degli autori
, presentano evidenti analogie : entrambi sono personaggi fittizi che danno spazio alla fervida
fantasia dei poeti ed entrambi si servono delle arti magiche esclusivamente per muovere verso fini
razionali . Tuttavia tra i due intercorre un’ enorme differenza , talmente grande che ha portato
alcuni a definire la Tempesta come vero e proprio testamento letterario di Shakespeare : mentre
Astolfo tra gli strumenti magici si trova perfettamente a proprio agio , tanto da sembrare nato
apposta per loro , e non si sognerebbe mai di separarsene , Prospero , al contrario , sul finire
dell’ opera rinnega la magia , una scienza che egli non esita a definire “rozza” , preferendo
avvalersi delle sue forze , “poche” , come egli afferma , piuttosto che degli incantesimi e dei
libri magici con i quali chiunque può dominare sugli altri e che , soprattutto , se mal usati
possono rivelarsi funesti . Ed é proprio il netto rifiuto della magia che fa della Tempesta il vero
testamento spirituale di Shakespeare e che lo inquadra pienamente nel clima culturale che si stava
respirando nell’ Europa e , soprattutto , nell’ Inghilterra di inizio ‘600 .
Infatti il XVII secolo segna il prevalere della matematica e la riscoperta della ragione , caduta un
pò nell’ oblìo nel medioevo quando aveva ceduto il passo alla mistica e alla fede . Certo nel 1600 ,
così come con qualsiasi altra scoperta , si finì per entusiasmarsi eccessivamente e in modo un pò
ingenuo per la ragione , tanto da proclamarla onnipotente , senza sottoporla ad un più critico esame
. senza porsi l’interrogativo “quanto può la mia ragione?” . E’ evidente che , paradossalmente ,
questo acceso entusiasmo acritico per la ragione finisce per diventare irrazionale proprio perchè
non ci si chiede neanche se essa abbia o meno dei limiti . Sarà poi nel 1700 , con l’ avvento dell’
illuminismo , che si sottoporrà la ragione ad un più critico esame , sebbene già Locke nel ‘600
avesse avuto l’intuizione : ecco allora che Kant istituirà un vero e proprio tribunale della ragione
, dove la ragione é allo stesso tempo imputato e giudice : imputato nel senso che si indaga su quali
siano i suoi limiti e il suo campo di applicabilità , giudice nel senso che é proprio lei che indaga
e giudica se stessa ! Certo questa smisurata fiducia nella ragione umana , che sarà tipica di
pensatori quali Cartesio , Spinoza e Hobbes , é ben lungi dall’ investire il pensiero di Shakespeare
, tuttavia egli ne risente quando avverte l’incompatibilità e la rozzezza della magia , un’ arte che
esula totalmente dal rigore della ragione umana . Non si può poi fare a meno di citare uno dei più
acerrimi nemici della magia , un contemporaneo e compatriota di Shakespeare , Francesco Bacone ( da
non confondere con il medievale Ruggero ) .
Francesco Bacone , volendo rifondare il fatiscente edificio del sapere in modo razionale ed efficace
, si ripropone di buttar giù l’antica costruzione che poggiava su fondamenta mistiche e magiche per
riedificare il tutto su basi razionali e stabili , che segnano il passaggio di secolo (dal ‘500 al
‘600 ) . Ed egli ravvisa nella magia qualcosa di arazionale e incompatibile con il nuovo secolo ,
caratterizzato dall’ imperare della ragione umana : ecco allora che occorre assolutamente staccarsi
dalla magia , che si era pienamente affermata nel medioevo e ancora di più nel Rinascimento .
Francesco Bacone accetta l’idea tipica della magia del sapere per potere , il sapere volto ad avere
risvolti sulla realtà ed é altresì convinto che il sapere per sapere di stampo aristotelico non
serva a nulla , tuttavia non può accettare che questo sapere sia estraneo alla ragione e sia
riservato ad una stretta cerchia elitaria : il mago , lo stregone e così via .
Il sapere deve essere un bene comune , dice Francesco Bacone , perchè comune a tutti gli uomini é la
ragione , di cui tutti disponiamo nella stessa misura : se qualcuno fa più strada di altri é solo
perchè la conduce con un metodo migliore ; é l’idea tipica del 1600 . Ecco allora che con Francesco
Bacone il sapere diventa un bene comune a tutti gli uomini e i progressi non vengono effettuati da
singoli dotati di eccezionali capacità , bensì sono frutto di un sistematico lavoro di gruppo . Il
sapere non deve essere trasmesso in modo oscuro , come facevano i maghi , riprendendo una tendenza
di matrice eraclitea , bensì deve essere comprensibile per tutti e va quindi espresso nella lingua
nazionale . Con Francesco Bacone assistiamo ad un evento importantissimo : il passaggio da magia a
scienza , dove a lavorare per produrre non é più il singolo , ma l’ equipe . Rimane comunque
fortemente radicata l’idea del sapere per potere , che poi caratterizzerà la rivoluzione industriale
, della quale Francesco Bacone é considerato precursore teorico .
E l’idea secondo la quale la magia sarebbe un sapere rozzo e primitivo é coglibile nella Tempesta di
Shakespeare che , per molti versi , può essere vista come emblema del passaggio di secolo : nel
momento in cui Prospero rinnega le arti magiche e si separa dai suoi strumenti e dai suoi sortilegi
può essere visto in chiave simbolica il passaggio da 1500 a 1600 .
D’altronde vi fu anche chi sostenne che Francesco Bacone e Shakespeare fossero la stessa persona ,
ipotesi poco accreditata dalla veridicità storica e più che altro consolidata dalla tradizione
leggendaria . La critica baconiana alla magia trova la sua massima espressione nella Nuova Atlantide
, rimasta incompiuta : Francesco Bacone e i suoi compagni di viaggio naufragano e approdano per caso
sull’ isola di Bensalem , al cui governo vi sono gli scienziati , e non i filosofi , che erano stati
da Platone posti al vertice della sua società utopica . Si tratta di una vera e propria tecnocrazia
, dove , tuttavia rimangono degli elementi magici e misteriosi , che Bacone lo sapesse o no :
d’altronde egli risente molto della tradizione magica anche nel linguaggio di cui si serve : nella
sua lotta contro i pregiudizi ( idola ) , parlerà di idola tribus e di idola specus , termini molto
prossimi al linguaggio magico .
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