Il ruolo dell’ippocampo nell’apprendimento della paura
24 febbraio 2014
L’amigdala è la centrale di controllo delle emozioni, e in particolare della paura, ma può svolgere
adeguatamente questo compito solo con il contributo dell’ippocampo. Sono alcuni neuroni
dell’ippocampo, infatti, che permettono o impediscono all’amigdala di identificare i contesti e le condizioni da considerare pericolosi (red)
lescienze.it
C’è uno specifico gruppo di neuroni dell’ippocampo che ha un ruolo essenziale nell’apprendimento
della paura, la capacità essenziale per la sopravvivenza – di collegare una certa situazione a un
pericolo. A scoprirlo sono stati alcuni neuroscienziati della Columbia University che firmano un articolo su Science.
E’ noto che il centro cerebrale che sovrintende alla gestione delle emozioni, e in particolare della
paura, è l’amigdala. Tuttavia studi recenti hanno indicato che nel processo di selezione degli
stimoli multisensoriali che definiscono il ricordo pauroso – o più precisamente, la situazione da
associare alla paura, e quindi attivare la reazione adeguata entra in gioco anche l’ippocampo, una struttura cerebrale chiave per la memoria a lungo termine.
Per chiarire l’interazione tra amigdala e ippocampo, Matthew Lovett-Barron e colleghi hanno
sfruttato i metodi dell’optogenetica, creando un ceppo di topi i cui neuroni esprimono una proteina,
l’alorodopsina, che reagisce alla luce e può servire da interruttore per attivare o disattivare a comando specifici neuroni.
I ricercatori hanno quindi sottoposto gli animali a classici test di condizionamento, in cui un
particolare stimolo, per esempio un lampo luminoso o il suono di un campanello, viene presentato
subito prima di uno stimolo negativo, come una leggera scossa alle zampe. Normalmente, dopo un po’
il topo impara che il primo stimolo (il lampo) fa prevedere l’arrivo della scossa, e manifesta una
chiara reazione di paura – interrompendo la propria attività e immobilizzandosi, come congelato – ogni volta che vede il lampo, anche se poi la scossa non c’è.
Lovett-Barron e colleghi hanno attivato e disattivato diversi gruppi di neuroni nell’ippocampo dei
roditori, scoprendo che l’attivazione di alcuni specifici neuroni colinergici (cioè neuroni che
usano come principale neuromediatore l’acetilcolina) di una regione dell’ippocampo nota come CA1 sopprime i comportamenti di “congelamento” dopo la presentazione del lampo.
La soppressione si verifica perché questi neuroni colinergici inibiscono l’attività di altri neuroni
destinati a creare un quadro unitario fra i diversi tipi di stimolo che arrivano in un certo arco di
tempo: l’esperienza della vista del lampo restava così un’esperienza a sé stante, non collegata a quella immediatamente successiva della scossa.
http://www.sciencemag.org/lookup/doi/10.1126/science.1247485
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